Alfabeta - anno IV - n. 42 - novembre 1982

Informazioni Einaudi Roussel Teatro. L'originalità e l'inventiva di RaymondRousselnelle sue due commedie. .-Einaudi Letteratura», pp. xv111-1o8, L. 14 ooo. Giudici Addio, proibito piangere. Gli incontri di un poetaconDonne,Crane, Dickinson, Pound, Frost, Ransom, Orten, Halas, Kolaf, Puskin, Yeats,Coleridge. « SupcrcoraUi», pp. xv-24,, L. 18 ooo. Canetti Teatro. « Le nozze», « La commedia della vanità»,« Vite a scadenza»: i drammi che svelano l'universodi Canetti. «Supercoralli •, pp. 1V·l'3, L. 18 ooo. Prévost Storia del cavaliere des Grieux e di Manon Lescaut. Nota introduttiva di Gian Carlo Roscioni. Traduzione di Maria Ortiz. «Centopagine•, pp. xv-163, L. noo. Cavani Oltre la porta di LilianaCavanie Enrico Medioli.Il sequestrocome struttura amorosa. eNuovi Co111lli•, pp. IV·IJ9, L. 7000. Barthes Il grado zero della seri/tura. Il testo di Roland Barthes sulla storia della scrittura, seguito in questa edizionedai Nuovi saggi critici. e PBE », pp. v1-183, L. 7JOO. Trieste Trieste. Un'identità di frontiera di Angelo Ara e Claudio Magris. Il rapporto tra una culturae una città all'incrociodi diverse tradizioni, dal '700 a oggi. «Saggi•, pp. v11-u,, con II illustnzioni fuori testo, L. 1, ooo. Trubeckoj L'Europa e l'umanità. La prima critica all'eurocentrismo. Questa edizione,introdotta da RomanJakobson,proponeun testodel 1920 del celebre linguista,in cui si esamina il mondo europeo e le sue connessioni con la cultura asiatica. «Nuovo Politecnico•, pp. xv1-111, L. ,ooo. Mach Conoscenzaed errore. L'operadello scienziato e filosofoche ebbe un ruoloprimarionellaViennainiziosecolo. Introduzione di Aldo Gargani. «Nue», pp. xLm-462, L. 2, ooo. Ongaro Basaglia Salute/malallia. Le parole della medicina. «PBE», pp. v-270, L. IOOCIO. Luigi Einauèi Luigi Einaudi: il mercato e il Buongoverno di FrancescoForte. Il pensieroe le battaglieeconomiche di Luigi.Einaudi, attraversole sue prese di posizionein rapporto al dibattito scientificoe agli assetti politico-istituzionali. «PBE•, pp. xv-316, L. 10000. Luigi Einaudi, Interventi e relaiioni parlamentari. VolumeI: Senato del Regno (1919-1922); Volume II: Dalla Consulta nazionale al Senato della Repubblica ( 1945-1958). « Fondazione Luisi Einaudi•• pp. 974 e 916, l-. 90 000. ' Storia del marxismo IV. Ifmarxirmo oggi. ri, dalle superpotenze oggi. Eppure basta una conoscenza superficiale di quanto è accaduto nel Medio Oriente dall'inizio del secolo per ravvisare i guasti provocati dal divide et impera delle grandi potenze, che hanno spinto ~u rotte di collisione popoli che, pur conservando la propria identità, avrebbero potuto benissimo interagire pacificamente su di una base di reciproca uguaglianza. Dalla dichiarazione Balfour del 1917, a Stalin che riconobbe subito ma strumentalmente lo stato di Israele, all'alleanza tra Ben Gurion e gli ultimi sprazzi del colonialismo francese e britannico nella regione (1956), per giungere fino all'attuale infeudamento di Begin agli Usa, parallelo e contrapposto all'infeudamento della Siria all'Urss, tutto mostra che il pallino è sempre stato in mano alle grandi potenze. In tutto il periodo che precedette la formazione dello stato, francesi e inglesi fecero letteralmente a gara per fomentare discordie tra arabi ed ebrei, manovrando cinicamente una comunità contro l'altra: ciò che veniva concesso all'una, veniva tolto all'altra, di modo che si scatenasse una guerra tra poveri; e a quel tempo anche gli ebrei d'Israele erano poveri. Diciamo dunque cosl: i due popoli. ebraico e palestinese, sono innocenti: le due dirigenze, no. Ma anche se gli errori delle due dirigenze sono grandi, quelli delle potenze ex coloniali di ieri, e delle superpotenze di oggi, sono grandissimi, e costituiscono inultima analisi il vero nocciolo del problema. Le micce dei conflitti tra palestinesi ed ebrei si alimentano di polveri alla Casa bianca e al Cremlino. Per divenire veramente padroni del loro destino, questi due popoli dovranno emanciparsi dalla tutela delle due superpotenze. Le «bronzee leggi» dello sfruttamento La comprensione per il soldato italiano, invasore e vittima insieme, era proprio l'opposto del moralismo di pretendere dagli ebrei (o, il che sarebbe lo stesso, dai palestinesi) in quanto tali una specificità di giustizia. Quella comprensione era politicamente del tutto corretta, perché derivava dalla lucida coscienza che tutta la forza critica e tutto l'odio vanno rivolti non ai popoli, e nemmeno agli esecutori materiali (i soldati di leva, i semplici esecutori materiali, ecc.), e in modesta parte persino ai responsabili empirici e individuali, che pure sono soggetti d'imputazione sia morale sia reale, ma soprattutto a forze apparentemente più astratte e impersonali, e che tuttavia plasmano la sostanza stessa dello svolgimento storico e dei conflitti armati di ogni tipo: le «bronzee leggi». come diceva Marx, dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo. Solo scrutando in quelle leggi si individua la fisiologia di questo sistema maledetto, e si possono individuare i metodi per estirpare il m.ile, evitando. digressioni fuorvianti. Queste bronzee leggi oggi hanno i loro interpreti maggiori nelle superpotenze, campioni di due forme di sfruttamento differenti, ma entrambe imperialiste. E il veleno sale poi per li rami, intossicando anche entità politiche per le quali appena ieri ci siamo battuti: Algeria, Cuba, Cina, Vietnam - e anche Israele. Ogni posizione che voglia esser di sinistra e non denunci in primissimo luogo ciò, contiene un margine di equivoco, come mostra il dibattitQ del tutto pleonastico su 'voglio esser questo', 'voglio esser quello', 'voglio la luna nel pozzo'. Quasi non potesse og·nuno, restando tranquillamente quello che è, schierarsi e dare un contributo, purché naturalmente la dicotomia individuata sia quella corretta e consenta di sostenere tutto ciò che il nemico combatte e di combattere tutto ciò clie il nemico sostiene. Una dicotomia errata porta a sfrangiare il dibattito e il movimento d'opinione, a porre in oinbra il ruolo dello spirito ~ '?alta e delle granéli potenze. E rap"i; damente si finisce al contrario della 11....,-,,-,-.,...,.,,...,......,....,,.......,..,...,,.....,,.,...,..,,,,,:-.,.,...,,,.,.-..,....,,,._ rfeotica: del solco storto, si accusa la mosca anziché il bue. E in effetti il dibattito si è spesso sfrangiato, portando anche a insensate valutazioni della cultura e tradizione ebraiche. Il Dio di questo popolo sarebbe violento, sanguinario, guerrafondaio, e da ciò deriverebbe una natura intrinsecamente violenta dello stato degli ebrei. Scelgo solo due nomi di grido: Gianni Baget Bozzo e Cesare Cases. Della politica di Gerusalemme il primo («L'ebraismo tra profezia e storia» nel manifesto, 25 agosto 1982) dà addirittura un'interpretazione teologica che identifica Sharon e Giosuè, Beirut e Gerico. Stato d'Israele e religione ebraica affonderebbero le radici in una stessa convinzione: che l'uso della forza da parte degli ebrei costituisce l'epifania divina del diritto e della giustizia. Se Israele attacca e vince, penserebbe l'ebreo, è perché Dio lo vuole; appagato di ciò, Israele tutto vivrebbe «la strage di Beirut nell'innocenza, come un capitolo del libro dei Giudici o del libro (sic) dei ~e». mentre invece ogni popolo cristiano, anche se vittorioso, davanti a simili rovine fumanti s'interrogherebbe angosciato sui propri peccati; anche, ha la finezza di precisare, il popolo tedesco, visto che il nazismo non sarebbe riuscito a iniziarlo al neopaganesimo. Dal che si evince, ahimè, soprattutto che l'ebreo è meno cristiano (=buono) del tedesco. E via strateologando in weltgeschichtlicher Weise: il cristiano è così, il musulmano così, l'ebreo cosl. Sull'induista, il buddista, lo shintoista e generi affini, occorrerà attendere la prossima crisi estremo-orientale. -,Anche Cases, che pur si proclama laico, dipinge il Dio degli ebrei come intento ad alternare tentati genocidi contro il popolo ebraico e genocidi realizzati, per mezzo degli ebrei superstiti, contro altri popoli: Sìn dai tem·pt di Giosuè, scrive Cases, per .èonquistare la Terra promessa gli ebrei «dovettero liquidare un po' d'indigeni: Canao~i e Amaleciti, Gebusei e Amorrei ... , perché sembra chejl loro destino fosse già allora quello di subire il genocidio dei Faraoni oppure compiere miracoli [cioè genocidi. E. R.] a spese di altri popoli,., incalzati «da un Dio cosl spietato, il Dio degli eserciti, che imponeva loro di ammazzare tutti gli abitanti di Gerico, come dopo l'ultima guerra quelli di Deir Yassin» (Cesare Cases, «Ebrei, sionismo e antisemitismo in Italia», nel manifesto, 8 agosto 1982). Non voglio usare parole grosse come «antisemitismo», dato che a volte se ne abusa. Tuttavia, non essendo isolate, queste due posizioni sono anche indicative di un modo non trascurabilmente diffuso di considerare la politica di Begin non solo come frutto tossico della crisi che attanaglia tutta la scena internazionale, bensì soprattutto come il frutto specifico del «lato oscuro» della cultura e del popolo ebraici. E tutto ciò si è già visto nella storia, con conseguenze terribili. Gli israeliani lamentano spesso che il dibattito su di una guerra che molti di loro condannano, e contro la quale organizzano manifestazioni di massa, diventi uno stolto processo alla «natura» ebraica, termine per altro del tutto inconsistente. Circola in Israele un luogo comune: che lo stato degli ebrei rischia continuamente di divenire l'ebreo degli stati. È solo un aforisma, e per di più di comodo? O non contiene invece una qualche verità? Politica antipalestinese, politica perdente Reimpostando il problema nella sua giusta luce, che è proprio quella del conflitto tra le superpotenze, anche gli errori reali della politica di Begin appaiono evidenti. I pilastri di questa politica sono tre, tutti e tre errati a occhio nudo: a) gli Usa non ci abbandoneranno mai, sia perché la diaspora americana è molto potente, sia perché hanno bisogno di un avamposto del «mondo lilìero» in un settore tanto vitale; b) poiché non ci hanno riconosciuto con le buone, gli arabi battuti e ribattuti ci dovranno •riconoscere con le cattive; c) i palestinesi non.sono un popolo, e l'Olp non rappresenta che una centrale del terrorismo internazionale. Che c) sia errato è ormai chiaro a tutti; quali che siano stati e siano gli errori dell'Olp, essa certo oggi rappresenta i palestinesi. Se un dubbio c'era, l'hanno tolto i carri armati di Sharon, conferendo un enorme carisma a una direzione politica che è stata due mesi sotto il fuoco. Già l'aspetto scenografico del ritiro da Beirut lo dimostra: l'ambasciatore personale dell'uomo più potente del mondo che tratta, praticamente, a tu per tu con Arafat; la forza internazionale che garantisce l'onore delle armi a un vero e proprio esercito regolare, ecc. Col che è chiaro che anche b) è totalmente errato: ancora una volta Israele ha perso la pace, dopo aver vinto invano la guerra. Una conferma che strategicamente gli arabi sono più forti, e che hanno ottime carte in mano per isolare diplomaticamente Israele. Un solo esempio: persi in pochissimi giorni un centinaio di Mig, Damasco ha oggi una flotta aerea più forte di priina, ricostituita dall'Urss. Non ha mai letto Sharon il mito di Sisifo? Vittorie militari non sorrette da una politica lungimirante rendono solo rivincite, e più copioso il sangue, più severa la sconfitta politica. Quanto ad a), gli Usa sono il più instabile degli alleati. Non certo per motivi morali, dato che si basano, essi sì, sul genocidio delle popolazioni praticamente inermi di un intero continente, ma per motivi reali. Vera superpotenza mondiale, gli Usa hanno interessi talmente complessi e ramificati, che ogni istante possono difenderli senza Israele. Già oggi vi sono segnali di un prossimo riconoscimento dell'Olp. Certo, il presidente corteggia qualche milione di voti ebrei; ma corteggia anche i voti di altre minoranze, e quando l'ebreo risultasse, ancora una volta, isolato da tutti (e questa guerra è stata un potente fattore d'isolamento), non sarà qualche milione di voti a mutare una politica internazionale. Ancora e sempre: solo ponendosi come polo di sviluppo democratico, laico, multinazionale, alieno dallo spirito di Yalta, Israele può alla lunga sopravvivere. Tutto il resto è sbagliato. Non sono credente, ma mi hanno irritato le citazioni bibliche che Giulio Einaudi ha sparso nei giornali per « Tiro Sidone Beirut», con versetti di Giobbe ed Ezechiele che condannano invasioni e uccisioni, e il cui senso, nelle intenzioni di Einaudi, ritengo suoni: «ex ore tuo iudicium». Come avete accusato i «gentili,. d'empietà perché uccidevano e spostavano confini, e ora voi uccidete e spostate confini? Einaudi conosce poco la Bibbia, se ignora che essa non risparmia certo agli ebrei l'accusa d'empietà. L'invettiva contro la loro «dura cervice" e la riottosità a seguire la parola di Dio ne è il tema dominante. Lasci allora Einaudi che sia il credente a giudicare in nome della Bibbia, e per i propri giudizi attinga alla cultura laica, che non è avara di categorie d'analisi e di valutazione. Ché, se parlasse il credente, sarebbe forse più severo ma anche più pensoso nel condannare Israele, e con Israele molti altri. Dio - direbbe forse - ha scelto questo popolo, al quale appartengo e che non rinnego quando pecca, e nemmeno quando devo contrastarlo, perché testimoniasse di Dio, non di se stesso. Piagato da inaudite sofferenze, esso talvolta ha creduto forse di aver sof- ~ ferto più di tutti gli altri, e di essere ., giustificato per questo. Ma era stato -~ scelto per testimoniare la giustizia di ~ Dio, non la propria. E se ora molti - ~ anche il mio amico I.R. di Tel Aviv- ~ sono caduti tra «gli empi che spostano J; i confini" (Giobbe) recandosi da inva- ij sori a Tiro, Sidone, Beirut, ciò mostra 5 che, lasciato solo, neppure questo po- " polo è differente dagli altri. !;;! Questo serino è partf, di un più ampio intervento sulla questione, in corso di stampa con i relativi documenti.

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