Alfabeta - anno IV - n. 42 - novembre 1982

Non si passa attraverso un poeta, ci si lascia trasportare dalla sua onda: invece di dotarlo di una musica che egli possiede, gli restituiamo quella che lui ci dà. Durante una serata fra amici, si può leggere Baudelaire seduti, ma per recitare Corneille bisogna togliersi la giacca, e per progettare un testo del genere commedia dell'arte bisogna mettersi in brache corte. Vediamo che se la lingua scrittafosse sufficiente, se dicesse davvero tutto quanto c'è da dire e nel tempo voluto, la dizione diventerebbe perciò inutile, almeno come arte positiva: sarebbe una stamperia orale, di cui possono dare qualche lontana idea i suoni piatti del telegrafo. Ecco che abbiamo parlato anche troppo della dizione in un articolo sul mimo! Ma non è un metodo accettatol'andare verso l'ignoto appoggiandosi al noto? E poiché, se ci pensiamo bene, la dizione è una specie di mimo, la specie vocale del mimo, non è buona cosa riesaminarla per affrontare lo studio del mimo propriamente detto in modo non formale? T1111i i principi di cui /,o parlato a proposi/o di ciò che si seme. si possono ripetere a proposito di ciò che si vede: più il 1esro è ricco, meno movimento è necessario, perché qualunque sia l'organo di un virtuosismo, non può che distrarre da un testo sufficiente. C'è di meglio, c'è di più: anche se si tratta di un testo povero, bisogna avere ragioni serie per allontanarsene. Nell'ordine d'importanza dei fattori d'espressione, il gesto arrivaper ultimo. Innanzi tutto c'è la parola, come la si potrebbe scrivere e dunque leggere con gli occhi, poi c'è la dizione, segue l'atteggiamento corretto, in ultimo resta il gesto. Per farsi un'idea dell'ordine d'importanza di qua/I/o apportato dalle parole e dalla voce, basta osservare che una certa pièce destinata al teatro viene data alla radio senza tanti commenti. E qui, allo stesso tempo, appare l'ordine d'importanza del ruolo che ci si aspetta dal movimento visivo. Dopo aver imparato grazie al mio aiuto che, come arte positiva, la funzione mimica dell'attore è davvero ridotta, si rassicurino i miei colleghi. Essa è sempre molto più difficile da assolvere di quella vocale. Bisogna domandarsi se tale riduzione non ne au1ena la diffjcoltà. Non sarebbe p,iacevoleche 1111 fabbro impegnar\ ~ ~ "r\, to a creare un gioiello si rassicurasse improvvisamente venendo a sapere che si tratta soltanto di una cosa piccola? Riconosciamo che è uno strano destino quello di studiare un'arte che non si vede. Tanto più che oggi, se l'arte del gesto si fa notare, è perché non è stata studiata. Passare inosservati - sarebbe questo il compenso per tanti anni di sforzi? - Non si nota il cantante che canta intonato. Tuttavia egli studia l'arte di non cantare stonato. • Chi ci dice che con attori in grado di stare immobili sulla scena senza disagio o di andarci su e giù senza paura, l'autore non avrebbe voglia di fare dei testi poveri? Più poveri ancora e quindi ancora più ricchi se rappresentati. Senza aspettarequesti lavori, non c'è già tra i cartoni della Storia quanto può offrire materia per quest'arte intravista? Convincere gli attori alle sofferenze della pazienza: crociata. Avremo dei crociati? (Milano, gennaio 1954) Aneddoto All'Atelier, stavamo recitando un lavoro di Marce/ Achard. Un attore dichiarò che una certa frase non era abbastanza esplicita. Achard sembrò riflettereper un attimo, poi disse dalla sua poltrona: « Vi dirò che per questo .lavoro avevo previsto degli attori». Dopo di che i suoi occhi o i suoi occhiali - lo sapremo mai? - brillarono di felicità. . ,--·\.···· D mimo sotto vefro Come si mettono certi orologi sotto una campana di vetro, vi si può mettere pure una statuetta. Se, con lafantasia, la immaginiamo viva, pensiamo che i suoi movimenti non possano anraversare la prigione di vetro, che la s1atuanon possa muoversi più di un pesce chiuso in un vaso verticale appena più grosso di lui. Altra immagine: Michelangelo raccomanda: «La tua statua sia tale che se dovesse scivolare dal pendio di una montagna, possa arrivare fino in fondo senza nulla di rotto». Ciò dimostra la preferenza del maestro per la stawa a blocco; perciò metteva al bando la gamba che fa desiderare di appendervi un abito, e le braccia a mulino a vento, perché nella prova da lui immaginata si sarebbero frantumate come biscottini prima di arrivare a valle. Vediamo così, a poco a poco, delinearsi l'immagine dell'attore, quale deve essere dal punto di vista del mimo! Una statua greca che cambia forma sotto una campana di vetro. La statuaria prende spesso come modello un atleta in azione: il discobolo, l'antico pugile, il genio della Bastiglia... ha così prodotto soprattutto dei busti che non differiscono gli uni dagli altri se non per sfumature impercettibili allepersone prive di sensibilità. Quanti busti! Numerosi come cieli. Ed ecco detta la parola: cielo. L'attore deve cambiare la propria statua sotto la campana di vetro trasparente come il cielo cambia di forma e di colore. Non si vede cambiare il cielo. Si vede soltanto che è cambiato. Senza scosse, le nuvole si muovono, mantenendo a/l'apparenza i propri intervalli. Eppure a poco a poco il bel disegno diventa un disegno diverso e altrettanto bello. Ciò che è /o si apprezza senza esserne consapevoli: gli innamorati che indugiano a chiacchierare, il pensatore solitario che medita sotto questo cielo sentono senza saperlo il peso di questo scenario, gli uni sul loro amore e l'altro sul proprio pensiero, senza saperlo. Abbiamo dunque individuato per la mimica del nostro attore una doppia tecnica: 1. il torso piuttosto che le braccia e le gambe, 2. e quando cambia l'atteggiamento, cambiarlo gradualmente. In questo modo il testo ci arriva senza che nulla ce ne distragga. Quoiqu'il ne pousse ni grand geste ni grand cri Il ferait volontiers de la Terre un débris Et dans un biìillement avalerait le Monde'. È la presenza viva e per così dire immobile, illuminata dal testo nelle intenzioni, che minaccia di ingoiare il mondo: non è la bocca. Ed è questa presenza che farebbe della Terra una rovina: non sono le braccia. Il petto si inclina a sinistra? - lentamente ritorna in verticale da dove ricomincia a inclinarsi a poco a poco obliquamente verso destra. Cosa che provoca evidentemente dei cambiamenti di atteggiamento nella testa, in vita, nella gravità del tutto sulle gambe, poiché lo esige l'armonia. Poi, c'è il modo di camminare: ce ne sono mille possibili, voglio dire un'infinità. A questo punto, l'attore esce dallasua campana di vetro. Ma ne esce veramente? Preferisco dire che si sposta con la sua campana intorno. Il camminare ha questo di notevole:non vienenotato. Non è una attivitàcome le altre: in quanto azione non dice nulla, perché dice troppo. Come il verbo essere non dice nulla perché dice tutto. L'assassino che vuol essere sul luogo del delitto, il medico che vuol essere sul luogo de~'opera buona, devono camminare entrambi. Il camminare non è più un avvenimento da quando alcune piante si sono messe in cammino per trovare l'aria che mancava loro. Si cammina un po' come si respira, per trovare ciò che manca. L'attore camminerà dunque senza perciò rischiaredi distrarredal testo: ma non importa come. Ed ecco che l'attore, e io l'approvo in ciò, esce in parte dalla sua immaginaria campana di vetro. Quel che io chiamo busto, è il corpo intero, comprese le braccia e le gambe ... a condizione che braccia e gambe si muovano solo al richiamo del busto e ne prolunghino la linea di forza, come una corda allentata finisce per tendersi quando si è lanciata la pietra legata a un suo capo. È più innaturale, più insolito e allafine più fuorviante tenere le braccia lungo il corpo che allontanarle, se lo esige il busto che si muove, cioè s'inclina o ruota su se stesso. Ma se il braccio si alza da solo, con un movimento autonomo, è d'obbligo una domanda: è proprio quanto si deve fare? Ciò che sappiamo è che lo si fa troppo. Ecco perché: le braccia si muovono con facilità. Inoltre, diventano con grande facilità degli oggetti: si vedono. Il busto, invece, è dietro i nostri occhi: dargli una forma è come chiedere a uno scultore di modellare l'argilla dietro di sé, senza vederla. L'attore che cede allafacilità, privo di una cultura ginnicoestetica, si serve delle sue autonome braccia quando è opportuno e soprattutto quando è inopportuno ... Tutto è possibile, tutto è raccomandabile, nulla è proibito, a condizione che lo esiga il testo: Se c'è emozione, il movimento parte dal busto e si ripercuote più o meno sulle braccia. Se non c'è altro che esplicazione di pura intelligenza, priva di sentimemo, il movimento può partire dalle bracciaper non trasportare che le braccia oppure coinvolgere anche il busto. D'altro canto, più il testo è ricco, più la dizione deve essere povera, e così il mimo. Se il testo è povero - e in questo caso: in genere al limite del gesto - la dizione sarà ricca e così il mimo. Come si vede, tutto ciò non è semplice, e questo articolo si propone di turbare le coscienze tranquille, non di illuminarle. Chi vorrà la luce non avrà che da studiare. L'arte mimica de~'attore è certo meno faticosa di quella del mimo puro, ma al contempo, essendo discreta e di minor volume, è qualcosa di più dell'arte del suo fratello muto: sottile, difficilmente afferrabile, persino misteriosa. (Stoccolma, 1954) Note (J) «È col palato e non col ventre•, Miguel Zamaco,s, Les Bouffons. (2) «I profumi, i colori e i suoni si rispondono•, Charles Baudelaire, Les fleurs du mal. (3) «Il mondo è presente per intero in ogni oggetto•, Georges Chennevière. (4) •Sebbene non facciagrandi gesti e non emetta grida, Volentieri farebbe della Terra una rovina, E in uno sbadiglio inghiottirebbe il Mondo•, Charles Baudelaire, Les fleurs du mal. ...

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