livelli molto alti di diffusione. La concorrenzialità si ristabilisce, probabilmente, su altri piani: utenza pubblicitaria, consumo di informazione-spettacolo, occupazione del tempo libero. Ma sui grandi avvenimenti che realizzano una partecipazione corale del pubblico i mezzi di comunicazione, anziché escludersi, ~embrano sostenersi a vicenda. Quello che è stato richiamato più sopra circa i rapporti fra la nazionale di calcio e certi simboli del potere, informativo e politico, non è certamente estraneo all'altro aspetto di questa vicenda del Mundial: la festa che si è scatenata nelle strade dopo ciascuna delle quattro vittorie azzurre, soprattutto- com'è ovvio- all'indomani della vittoria nella finale. Ed è soprattutto su tale aspetto che si è scatenata una valanga di commenti, alimentata da una congerie di editorialisti, opinionisti, sociologi, intellettuali, uomini politici. Più avanti riportiamo una sintetica rassegna di commenti e commentatori. È abbastanza evidente che l'espressione di massa determinata dalle vittorie della nazionale ha preso alla sprovvista un po' tutti. Si può osservare, in generale, un bisogno dei commentatori di ricondurre il fenomeno a contesti riconoscibili, a criteri esplicativi. Se nel numero precedente avevamo accennato ai media come macchina della stupefazione e dell'esrasi, qui bisogna riconoscere che, di fronte alla stupefazione prodotta da una sorta di estasi colleniva, la stampa ha operato in senso contrario, cercando di «razionalizzare• e persino di «moralizzare• l'accaduto. A nostro aprere- come del resto si è verificato in altre occasioniquando un pezzo di realtà sociale o una sua estesa stratificazione erompe all'improvviso alla superficie, e si mosrra, i media vanno in tilt. Sono incapaci sia di darne una rappresentazione non oleografica, interna a quanto accade, sia di coglierla come segnale di qualcosa che era sfuggito, che stava sul fondo della vita colleniva. Non si tratta solo di un limite dei media, come tali: gli illustri commentatori mobilitati per l'occasione hanno dimostrato che il limite sta nella cultura stessa quando è chiamata a interpretare la vita collettiva. Qualche sguardo più acuto, meno ridullivo- ed è il caso, a nostro parere, di Silvio Ceccato, di Giuliano Zincane e di qualche altronon toglie molto al quadro di insieme, alla sua retorica, al piatto sociologismo, al moralismo delle «lezioni da trarre•. Di fronte alla vastità dell'espressione popolare. ben pochi hanno avuto il coraggi"odi manifestare apertamente, se non un dissenso, almeno un distacco. E fra le poche eccezioni bisogna segnalare quella di Valentino Parlato (Contro il popolo azzurro) sul Manifesro dell' I I luglio, cui ha risposto, sulle stesse colonne, Mauro Paissan con un Viva il popolo azzurro. Di solito si è preferito attribuire alla folla manifestante e festeggiante le motivazioni più comode alla posizione ideologica (e politica) del commentatore, tirando la coperta dalla propria parte in modo cosi maldestro da lasciare nuda l'imerovvisata demagogia. È questo il riflesso estremo della vittoria della nazionale italiana, peraltro accolto dal pubblico con indifferenza, prima che con fastidio: attraverso il «commento•, la stampa si è reimpadronita del corso degli eventi, che le era costantemente sfuggito per tutta la durata del Mundial, ristabilendo la sua prerogativa regale di imporre un senso a situazioni e lettori. Anche una rapida scorsa della rassegna dei commenti può convincere che mai una occasione cosi «frivola• ha rimosso parole e categorie cosi «grosse•. Da lutti percepito il traboccar dell'entusiasmo collettivo al di là della fenomenologia sportiva, ci si è per lo più soffermati sul «nazionalismo•, sull'«identità nazionale•. sul- _l'emblema tricolore. Ma se l'evento sportivo è staio spontaneamente ridotto dalla gente a «pretesto•, come essere certi che l'entusiasmo «tricolore• non fosse a sua volta il semplice prete- ! dialc,p ancqr ? Sulla.i)glia d. ~à sta follia collettiva. i più si sono fermati. l) I giornali «politici» Contro il popolo azzurro Valentino Par/aro, Il Manifesto, I I luglio I 982 «... Quesra mi sembra, ancora oggi, la let1uradominante su quoridiani e settimana/i: una apologia del populismo 'verza' e interclassista (le auto che strombettavano erano anche Range Rovers del valore di molti milioni cadauna). (...) Una impotenza di massa che si manifesra in violenza e narcisismo plebeo. (.. .) Lo spettacolo di questi giorni a Roma è staro (dovrebbe essere) frustrante per chiunque abbia ancora passione politica. (...) Come non cedere alla pigrizia morale e politica secondo cui le masse hanno sempre ragione, o almeno una qualche ragione? (...) Certo- lo so bene e sono conscio del mio status- non capire il popolo è piccolo-borghese, ma andare 'verso il popolo' è fascista, così almeno ci diceva Cesare Pavese, già prima di Pier Paolo Pasolini. (. ..) « È il peggio: parlare di austerità, di rigore, di modernità al seguito di una folla di 'lanzi ubriachi' è solo fare la caricatura di se stessi e avere u11conce/- lo del popolo come sottouomini, '11nterme11schen'. Francamente non penso che Pier Paolo Pasolini sarebbe stato co11la folla plaude111esotto il Palazzo». Viva il popolo azzurro Mauro Paissan. Il Manifesto. I 3 luglio I 982 «No, caro Valentino, non sono d'accordo con il 1110articolo di dome11ica. (...) Tu contro q11ellageme butti ma11ciare-di i11dig11azio11meorale e politica (merce rara, di q11estitempi). lo di q11elLageme mi sentivo parte. (...) Ma che cos'è questa passione politica che porta a esprimere disgusto verso un grande fenome110 di massa? ... I pasoliniani. per fortuna, so11011narazza estinta. (... J Allro p11ntosu cui in parie concordo, /,· autorirà poliriche. Spadoli11i, bas111 g11ardarlo i11 faccia. sic11ramente 11011 sapeva nemmeno chi fosse Zoff Le su,· comparse al balcone di Palazzo Chig, so110state fra il gigionesco e il patetico. (... ) li Psi ha comple/amente ma11ca10 questo app11ntame111t0ricolore (e di cùi siamo contenti, perché Spadolini pi11 Craxi sarebbe stato davvero 1roppo/. ma l'ha mancato solo perché no11lw capito cosa stava mccedendo. U11P". come te, Va/e111i110(.. ..) Penso che. in11anzitutto, ci sia la soddisfazione di gustare alcuni momellli (assai rari) di gioia collettiva. Che male c'è, a essere co111e111Ti?a1110',domani-come dici 111 - /11/10 è fi11ito'». E finalmente, «viva l'Italia»! Ugo l111ini, L'Avanti!, 13 /11glio198! «... 'Italia, Italia' ha gridato il presidente in mezzo a/l'immenso urlo della folla dopo il fischio di chi11s11ra Madrid. E questo grido, dopo pochi minuti, ha unito tutti, 11e/legra11di e nelle piccole piazze del Paese, in 11nmare di ba11dieretricolori q11ali più giovani- e non solo q11e/li-mai hanno avuto occasio11edi vedere. È srata1111g0rande festa popolare, 1111 fatto liberatorio. Ma quel rricolore, q11ell'esplosio11edi gioia, ha un significato più profondo. Si110 a pochi a11nifa, richiamarsi a/l'idemità 11azionleera 'out'. Si diceva' Paese' più volentieri che' Italia'. Q11andoCraxi ha concillso il congresso socialista di Palermo co11 le parole 'Viva l'Italia!', q11ando ha so11oli11eatola tradizione sw:ialista e al rempo stesso parriottica di Garibaldi e del s110mito, quando i socialisti hanno organizzato 1111 importante convegno s11L'Made in lta/y', la11ciando nel contempo l'idea di una serie di associazioni imperniate ml marchio Italia e sul ruolo degli italiani nel mondo, molli osservatori esrerni hanno storto il 11aso.(...) Un semimento a /1111go fr11srra10e represso è ora esploso i11nanzituttotra i giovani, e il Presidente della Rep11bblicastesso ha contrib11ito a' dargli Lastura co11entusiasmo da ragazzo». Non sono fioriti dal nulla tutti quei tricolori ~o Raggi, L'Unità, 13 Luglio 1982 « ... Ma perché-q11esta è la domanda che ci sembra ce11trale-11111c0iò è converso 11ell'eleme111s0imbolico, oste111atame11teesibito, del tricolore. cioè della nazione? E da parte di 11npopolo che, come molti riconoscono, no11è né sciovinisra, né xenofobo, né snob, e a cui, anzi, si rimprovera un deficit di unità culturale, di identità? (...) Da decenni, memre crescevamo come paese moderno più ind11strializzato, più scolarizzato, più libero, più saname111econflittuale e anche più ricco, in mezzQ a infinite distorsioni, iniquirà, pubbliche sporcizie, la pedagogia dominante e anzi ossessiva è stara q11ellache ci indicava il dovere di essere 'come gli altri', o meglio come gli altri 'più civili'. Ogni elemento- sociale, politico, psicologico, culturale- che esprimesse una nostra specificirà nazionale era presentato come un handicap, una colpa di primitivismo e di estraniazio11e.Arrivavamo sempre dopo qualcuno. Ci è stato teorizzato che 1101p1oteva esistere 11nmodello-I rafia, che si doveva essere 'occidentali', non solo 11e/produrre, nel co11S11marmea nel sentire. (...) C'è sempre q11alc1111c0he ha da insegnarci q11alcosa, c'è sempre 1111 modello cui uniformarsi. (...) Non dico che tutto questo fosse e sia consapevolmente prese111enella me/Ile delle moltitudini che si sono veslite di Irico/ore: dico che ILllro questo (e certo non solo q11esto)c'era e c'è obiettivame111edietro q11e/bisogno di riappropriarsi spettaco/armellle di 1111 'iimholo di idt'ntitri na:innale\). La lezione degli «azzurri» Alfredo Vi11cig11erra, Il Popolo, 13 luglio I 982 « ... Oggi. sul palcosce11icodelle socieràavanzate, occupiamo un posto più illuminato. pitì di rig11ardo,da protagonisti. Bisogna essere grati agli azzurri: l'immagi11e della penisola ora è pitì brillante nel mondo. Essi ha1111'0rifi11ito' e consolidato, i11 modo speuacolare e spettacolarmente festoso, co11 q11el grande rito civilissimo e colle11ivoche è lo sport, quell'immagine 'positiva' del nostro Paese che era venuta fuori ov1111q11deopo la liberazione del generale Dozier. (...) I nosrri ca/ciarori, prima che dare una prova di virt11osismo calcisrico, hanno daro prova di capacità professionale, di carattere, di /11cidirà recnica, e q11i11dii imelligenza, di rigore pratico e operativo: cioè di doti che non apparte11go110solo allo sport (...) Ora bisogna che anche gli italiani asco/- ti110bene il messaggio di questa loro ammirevole squadra. Abbiamo i gravi problemi che abbiamo, di carattere economico e non solo economico, visto che la produtrività è insoddisfacente, l'ordine pubblico lacerato da camorra e • mafia dirompenti e da terrorismo ancora no11spento. Se lo stesso spirito, la stessa serierà che han110 caratterizzato l'impeg110 della squadra azz11rrapermeassero il comporramento collettivo, il Paese potrebbe ri11scire nell'ardua impresa di superare la crisi e riprendere il cammino dello sviluppo. È la lezione 'politica' che ci viene dal calcio, e che dovremmo avere tutti la saggezza, oltre che l'umiltà, di ascoltare e meuere in pratica». 2) I direttori «indipendenti» Che festa, riscoprire che siamo ancora comunità Michele Tito, Il Globo, 13 luglio I 982 « ... La 11011tera domenica e illnedl, la 11ottedel 'Mundio/', appartiene davvero alla storia del nostro Paese. (...) Via via che le ma11ifestazioni hanno assumo il carattere di una festa per la festa, hanno prese le cadenze di un immenso gioioso carnevale: senza nemici, senza vamerie di sfida, se11zara11cori.Fuori da ogni rituale l'iniziale slogan 'siamo i più forti' si è perduto nella comemplazione di ciascuno verso tutti gli altri, in 1111 rrovarsi insieme. (...) È possibile essere una com1111itàs:i è visto che q11esto daro faceva premio su ogni altra cosa, e addirittura ha offuscato il senso di celebrazione di "'' evento sportivo. (.. .) La classe politica dirige11teha creduto di mellersi in sintonia con gli umori delle masse esaltando una vittoria con ilpallone e 1101h1a1111c0olto il senso più serio, più rivelatore de/l'evento». Elogio della follia Indro Mo111anelli, Il Giornale, 12 luglio I 982 ''-·· Partila sotto i peggiori auspici, e ritenuta dagli esperti incapace di passare il primo wrno, questa sq11adra ha offerto 11naprova superba, oltre che di brav11ra,di tenuta e di orgoglio. Essa ha sconfitto 1101s1olo tutti i rivali che ha incontrato sul suo cammino, ma anche il diavoletto critico che si acq11attain ognuno di noi e ci raccomanda di non fJerdere il senno per 1111v0ittoria sporti- .-a. No, l'abbiamo perso, e per il momento non vogliamo nemmeno ritro- ••ar/o. Viva l'Italia campione del 111011do!». Gol! Gol! Gol! Gol! Livio Zanetti, L'Espresso, 18 luglio I 982 « ... Le viuorie azzurre sono nate in contrasro con le previsioni degli esperti, 1111gaenia che gli italiani-sudditi di 1111 f1aesein preda a una crisi che mortifica "gni profezia- hanno imparalo a esecrare in lutte le sue specializzazio11i a ••oltefino al qualu11q11ismoed oltre. Fra /'Italia in panchina (1111apanchina a forma di stivale co11ci11q11antottomi- /inni di posti a sedere) e /'11ndicim:wrro in campo s'è stretto un legame e/re scavalca e disprezza ogni mediazione. .Vnn ci sono pitì gur11, i verdelli delle Sibille riempiono le pattumiere». 3) Gli «opinionisti» Le regole del gioco Alberto Ro11chey, La Repubblica, I3 luglio I 982 « ... Forse la co11sapevo/ezza d'una diff11sa inefficienza quoridia11a come alienazio11ecollettiva s'è scaricata nell'efficienza agonistica, percepita come compensazione simbolica del basso grado di coesione e cosrmuività comune. (...) E perché non sarebbe possibile adottare in tulle quelle altre cose la severa disciplina praticata nel gioco, riconoscendo che ogni opera implica l'accettazione di u11a qualche severa regola e insieme competenza recnica, perseveranza, coordinamemo e addesrramento, con quella farica che non è ingrata quanro viene co11dotta al suo fine? (...) Già nel '68 alcuni pubblici ammonirori come il filosofo esistenzialista Nicola Abbagnano avvertiva110 che l'assoluta libertà ludica non esiste affa110,giacché non è possibile affro111arenemmeno un semplice gioco senza regole, mentre og11i regola comporta per necessirà q11a/chemis11radi 'repressione'». 1.nItalia c'è chi il Bearzot lo fa tutti i gioni Cesare Zapp111/i, Il Giornale, 14 luglio I 982 « ... Forse il parago11eche ci apprestiamo a fare potrà apparire audace e arbitrario. Ma ci pare di scorgere in 11n Enzo Bearzot (...) e più ancora i11 11n Paolo Rossi (...) le medesime doti di immaginazio11e che consentono a ralline imprese italia11edi inserire 11e/'prodotto' q11eltafllo in più di n11ovoe di origina/e che permette di stare s11/mercaro i111ernazio11a/e(....) Questo, secondo chi scrive, hanno co11f11same111e semito gli Ì/a/iani dopo la vittoria del Mundio/. (...) Una volta tat110,la geme ha poruto essere contema senza il coma11doe la petulanza della politica, che luttavia ha cercato di strofinarsi anche a q11estoavvenimento per esserne un po' gratificara». , Macchè gioco! Il calcio è una vera e propria religione Giuliano Zincone, L'Europeo, 26 luglio I 982 « ... Solo un gioco? Bisognerà affro11tare 1111'ipotespiiù allarmante, secondo la q11alela gente non è imbecille. Bisognerà affrontare l'ipotesi secondo la q11aleil calcio è una religione. (...) li calcio non è una religio11elaica, è tma fede precristiana e solare, figlia dei culti pagani mai debellati in q11estopopolo mediterra11eo. È 1111 rito che si esprime • al grado massimo 11ellatrasgressione dionisiaca, quando rompe la crosta delle d11eculture dominami, che ha1111p0er emblemi strumenti di tor/tira (la croce) n di fatica (la falce e il martello) e che aspira110entrambe, oggi. ali' ecumenismo, cioè a non avere avversari. (...) Patetico è l'imbarazzo dei politici di fronte a q11esti baccanali. Ridicole le lnro ri11corseper raggi1111gere'q11el/a immensa risonanza che si chiama massa e che si manifesta quando 1101s1entiamo pitì di 11rtare i11 q11alcosadi esterno a noi' (Elias Canetti)». 4) Gli intellettuali Meglio Rossi che morti... Franco Ferrarotti, L'Unità. I 4 /11glio I 982 « ... La vittoria sportiva sembra offrire 1111 lerreno di coagulo, di i11co111reo di integrazione per 11110massa imponente di persone i cui colllatti quotidiani si riducono per lo più alla transazione utilitaria commerciale mentre resta nel fondo de/l'inconscio collettivo il bisogno di una unità più profonda. (...) C'è la gioia, ma è 11nagioia amara. (...) li 'tifo' sportivo 11011è un fenomeno così superficiale come sembra. In Italia gli i111e/lett11astloi rco110il naso di frame allo sport. Comin11ano la rradizione del/'11omodi pensiero emaciato e pallido e molto cristia11ame111ceontrappongono la carne allo spirito». Il rischio sublime della follia Alberto Abruzzese, Rinascita, 16 /11glioI 982 «... Tutti gli intellettuali e t11tti politici del 1rip11diosportivo sanno che q11e-.-, sto meraviglioso eccesso (q11esto 'su- ' blime') della folla sim11/aciò che dovrebbe essere il soddisfacime1110 di qualsiasi desiderio, sanno che la viole11zadi questi radw,i ha la forma spregi11dica1adella morte e del rischio?». Quello che pensano gli uomini di cultura Corriere della Sera, / 3 luglio I 982 - Alberto Moravia «.... Dieci milioni di persone che fanno la stessa cosa sfogano in questo ent11siasmoqualche altra cosa. Chissti r che cnsa». - Paolo Volpo11i «... Non è stato il rapt11sdi :ma conquista o l'esplosione di un gas eccitante e srupefacente, che sprofondi 11e/leind11/genzedell'inconscio e del g11stodelle regressioni a consumo; ma un vero, sentiro rivelarsi e maturarsi di u11sentime11togeneroso e co/leuivo: il senso e il piacere di una conoscenza e di 1111 rapporro, di una conquista sociale». - Silvio Ceccato «... Ho l'impressione che la nostra geme, da anni, ogni volta che mette fuo- J' ri la testa si piglia una bastonata (lo scandalo che no11fa scandalo, la domanda di vita migliore). Allora la gente si chiude ... « È tipico de/l'auività sportiva spostare l'attènzione su una palla, f11oridi sé. E cosi-la festa è di giubilo, di espansione a/l'esterno, non di lerizia imima. Questa festa è come la partila che inizia e finisce nei novanta minuti, è 11ngioco di ripa colleuivo, per stradari rispecchi nella faccia dell'a/rro. Poi fine». ...,
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