Milano suono 11 Dal 19 al 25 luglio 1982 M otard de /ace. Le immagini sono tratte da Care/man. Petit Supplementi a: l'Encyclopedie de Diderot Edizioni Intrapresa Via Caposile 2 20137 Milano L'insonnia della ragione genera mostri. A cura di Umberto Eco. Voci di Omar Calabrese, Umberto Èco, Angelo Fabbri, \1aurizio Ferraris, Renato Giovannoli. Interventi di Luigi \1alerba, Paolo \1auri, Antonio Porta. Motard de dos. Supplemento ad alfabeta n. 38/39 • Luglio/ Agosto 1982 Milano suono 11 Dal 19 al 25 luglio 1982 Motard tel que le voit le conducteur automobile dans son retroviseur. Motard de profil. Motard vu Ju ciel. I
d e Cacopedia Il progetto della Cacopedia è nato circa due anni fa in alcune pizzerie bolognesi. L'elenco delle voci possibili (in continua espansione) è stato steso collettivamente, ma anche le voci singole, se pure firmate,· sono state discusse e controllate dal comitato promotore. Nella sua forma finale la Cacopedia comprenderà centinaia di voci e si configurerà come una summa negativa del sapere o come una summa del sapere negativo (non si è ancora deciso quale delle due formule rispecchi meglio la vol01ltà dei promotori e gli effetti destabilizzanti dell'impresa). Il termine Cacopedia è improprio (ed è stato scelto proprio per questo). Una enciclopedia negativa, non essendo «enkyklios» e cioè circolare, dovrebbe essere quadrata a spiraliforme, o priva di forma riconoscibile. Ma l'opposizione era troppo ovvia. Cacopedia è più popolare, richiama facilmente all'orecchio dei semplici il Cacodemone, e suggerisce una sostanziale malignità. Diciamo subito che il compito della Cacopedia è conoscitivo e morale al tempo stesso. Essa pretende di condurre una recensione totale del/'antisapere. I criteriper la formulazione di una voce della Cacopedia sono quattro: (i) si deve partire da un titolo che costituisca il rovesciamento pressoché simmetrico di un tema de~'enciclopedia «normale»; (ii) da una premessa esatta si debbono trarreparalogisticamente conclusioni sbagliate oppure da una premessa sbagliata si debbono dedurre sillogisticamente conclusioni inoppugnabili; (iii) il risultato deve configurare delle reali possibilità di ampliamento del sapere e le voci debbono far sistema tra loro; (iv) la voce deve servire, ricattatoriamente e terroristicamente, a impedire per i prossimi dieci anni sviluppi scientifici «seri», cioè deve impedire che qualcuno, senza ironia, svolga ef fettivamente quel tema proponendolo come attendibile. Come si vede il quarto criterio pone e sottolinea il compito morale, eugenetico, della Cacopedia. Caso mai il progetto cacopedico arriva in ritardo: ci siamo accorti che in vari settori del sapere, per esempio la sociologia, la nouvelle critique e lapsicoanalisi, non si potevano attuare rovesciamenti cacopedici perché questo era già stato fatto con serietà esuccesso: si pensi per esempio al corpo senz' organi, alla criticacome misinterpretazione del testo, al neoliberismo marxista (o neomarxismo liberista), eccetera. L'indice provvisorio della Cacopedia comprende già una cinquantina di voci e su alcune di queste sono al lavoro illustri studiosi. Marco Santambrogio sta studiando la teoria dei designatori flosci (nomi incapaci di designare chicchessia in qualsiasi mondo possibile), Giulio Giare/lo lavora a una logica della coperta scientifica, Giorgio Sandri aveva accennato alla costituzione di un'Ars Oblivionalis (facilissimo elaborare arti mnemotecniche, ma difficilissimo proporre regole efficaci per dimenticare qualcosa), Tullio De Mauro ha suggerito una monadologia (nel senso etimologico dellascuola delle Tre Venezie). Si sta pensando a un Antigiocasta, a una teoria del dispiacere del testo e a una delle disfunzioni narrative. Di particolare impegno il compito affidato a Paolo Fabbri di elaborare una cinquantina di miti Bororo ciascuno basato su una slipposizione. Il sistema delle slipposizioni è un sistema di opposizioni binarie che hanno subito degli slittamenti. Esempi: natura vs fricative, maschio vs adulto, crudo vs sinistra, vita vs dentale e così via. Di grande momento metafisico è lo studio, già scritto ma non ancora perfezionato, su Wim e Wom. Partendo dal presupposto che tutto sia macchina, e che una macchina elementare sia una scatola nera con un imput e un output, si sono studiate la Without Imput Machine e la Without Output Machine. Una Wim è assolutamente pensabile (anche se di dubbia realizzabilità): è Dio, senza inizio e senza dati esterni in entrata, capace di produrre (neoplatonicamente) uscita continua. Ma come pensare una Wom? Ci si è resi conto che l'intera filosofia occidentale haperso migliaia di anni per pensare ciò che di fatto èpensabilissimo (e cioè un essere cujus nihil majus cogitari possit) mentre non si è posta mai a fondo il problema della pensabilità di un essere cujus nihil minus cogitari possit (appunto la Wom). Il lavoro non è finito perché mancano ancora verifiche tecniche atte a dimostrare come neppure i buchi neri e il diavolo siano istanze attendibili di Wom. Compito morale e scientifico al tempo stesso, la Cacopedia, di cui qui si danno alcuni esempi iniziali, è un work in regress. Dovrebbe poter essere completata al più presto negli scorsi dieci anni. U.E. N.B. I trepezzi che appaiono in riquadro nel contesto della Cacopedia col titolo di «kalopedia» non appartengono al progetto cacopedico p!!rché sospettiamo che dicano semplicemente la verità. Sono stati accettati come contributi al brain storming preliminare. Del pari le voci del « Nuovissimo Melzi d' Eri/» hanno puro valore euristico e costituiscono strumenti e non risultati. Grutier b a. Le gr11ti('r dans sa ca/1i11e. /i. Parti(· l'<'rtica/e ,/e fa ~r11e. ,·. Partie frnrizontafe de fa gr1h'. J CaU, ./i, fa gr1~e. a
Lamappadell'impero unoa uno 1. Requisiti per ona 1/1 m Viene qui discussa la possibilità teorica di una mappa dell'impero uno a uno (1/1 m) partendo dai seguenti postulati: 1. Che la mappa sia effettivamente uno a uno e quindi coestensiva al territorio dell'impero. 2. Che sia una mappa e non un calco: non si considera dunque la possibilità che la superficie dell'impero venga ricoperta di materiale malleabile ·che ne riproduca ogni minimo rilievo; in tal caso non si parlerebbe di cartografia ma di impacchettamento o pavimentazione dell'impero e sarebbe più conveniente dichiarare per legge l'impero come mappa di se stesso con tutti i paradossi semiotici che ne conseguirebbero. 3. Che l'impero di cui si parla sia quell'x, di cui nihil majus cogitari possit, e che quindi la mappa non possa essere prodotta e stesa in una zona desertica di un secondo impero x2 tale che xi > x1 ( come se nel Sahara si stendesse la mappa uno a uno della repubblica di San Marino). In tal caso la questione sarebbe priva di ogni interesse teorico. 4. Che la mappa sia fedele, e quindi rappresenti dell'impero non solo i rilievi naturali ma anche gli artefatti nonché la totalità dei sudditi (quest'ultima è una condizione massima che può essere disattesa da una mappa impoverita). 5. Che si tratti di mappa e non di atlante a fogli parziali: nulla vieta in teoria che in un ragionevole lasso di tempo si realizzi una serie di proiezioni parziali su fogli separati da usarsi singolarmente per riferirsi a porzioni parziali di territorio. La mappa può essere prodotta su fogli separati ma a condizione di suturarli in modo da costituire la mappa globale dell'intero territorio dell'impero. 6. Che infine la mappa risulti uno strumento semiotico, capace cioè di significare l'impero o permettere riferimenti all'impero specie in quei casi in cui l'impero non sia altrimenti percepibile. Quest'ultima condizione esclude che la mappa sia un foglio trasparente steso in modo stabile sul territorio su cui i rilievi del territorio stesso siano proiettati punto per punto, perché in tal caso ogni estrapolazione compiuta sulla mappa sarebbe compiuta in pari tempo sul territorio sottostante e la mappa perderebbe la sua funzione di grafo esistenziale massimo. Occorre dunque che (i) o la mappa non sia trasparente o che (ii) non giaccia sul territorio o infine che (iii) sia orientabile in modo che i punti della mappa giacciano su punti del territorio che non sono quelli rappresentati. Si dimostrerà che ciascuna di queste tre soluzioni conduce a difficoltà pratiche e a paradossi teorici insormontabili. 2. Modi di produzione della mappa 2.1. Mappa opaca stesa sul territorio. In quanto opaca tale mappa sarebbe percepibile in assenza della percezione del territorio sottostante, ma creerebbe una intercapedine tra territorio e raggi solari o precipitazioni atmosferiche. Altererebbe pertanto l'equilibrio ecologico del territorio stesso, così che la mappa rappresenterebbe il territorio diversamente da come effettivamente è. La correzione continua della mappa, teoricamente possibile in caso di mappa sospesa (cfr. 2.2) è in questo caso impossibile perché le alterazioni del territorio sono impercepibili a causa dell'opacità della mappa. Gli abitanti pertanto trarrebbero inferenze circa un territorio ignoto da una mappa infedele. Se infine la mappa deve rappresentare anche gli abitanti, risulterebbe perciò stesso ancora una volta infedele, in quanto rappresenterebbe un impero abitato da sudditi che in realtà ahitano sulla mappa. 2.2. Mappa sospesa Si impiantano sul territorio dell'impero pali di altezza pari ai suoi massimi rilievi, e si stende sulla sommità dei pali una superficie cartacea o lintea su cui, dal basso vengono proiettati i punti del territorio. La mappa potrebbe essere usata come segno del territorio dato che per ispezionarla bisogna rivolgere gli occhi verso l'alto distogliendo lo sguardo dal territorio corrispondente. Tuttavia (ed è condizione che varrebbe anche per la mappa opaca stesa, se non fosse resa impossibile da altre e più cogenti considerazioni) ogni singola porzione della mappa potrebbe essere consultata solo risiedendo sulla corrispondente porzione di territorio, così che la mappa non permetterebbe di trarre informazioni su quelle parti di territorio diverse da quelle su cui la si consulta. Il paradosso sarebbe superabile sorvolando dall'alto la mappa: ma (a parte (i) la difficoltà di uscire con aquiloni o palloni frenati da un territorio integralmente ricoperto da una superficie cartacea o lintea; (ii) il problema di rendere la mappa ugualmente leggibile dé!,ll'altoe dal basso; (iii) il fatto che lo stesso risultato conoscitivo potrebbe essere facilmente raggiunto sorvolando un territorio senza mappa), qualsiasi suddito sorvolasse la mappa abbandonando perciò stesso il territorio, renderebbe automaticamente la mappa infedele, perché essa rappresenterebbe un territorio che ha un numero d'unità superiore almeno di u.10a quello dei residenti effettivi all'istante dell'osservazione aerea. La soluzione sarebbe dunque possibile solo in caso di mappa impoverita che n-0n rappresenta i sudditi. Vale infine per la mappa sospesa, qualora sia opaca, la stessa obbiezione che vale per la mappa stesa: essa impedendo penetrazione di raggi solari e precipitazioni atmosferiche altererebbe l'equilibrio ecologico del territorio, diventandone perciostesso rappresentazione infedele. I sudditi potrebbero ovviare all'inconveniente in due modi: producendo ogni singola parte della mappa, una volta issati tutti i pali, in un solo istante di tempo in ogni punto del territorio, in modo che la mappa risulti fedele almeno all'istante in cui viene terminata (e forse per molte ore successive); oppure procedendo alla correzione continua della mappa in base alle modificazioni del territorio. Ma in questo secondo caso l'attività di correzione dei sudditi li obbligherebbe a spostamenti che la mappa non può registrare, diventando così ancora una volta infedele, salvo essere una mappa impoverita. Inoltre, occupati a correggere di continuo la mappa, i sudditi non potrebbero controllare il degrado ecologico del territorio, e l'attività di correzione della mappa porterebbe all'estinzione stessa di tutti i sudditi, e quindi dell'impero. Non diverso sarebbe il caso se la mappa fosse di materiale trasparente e permeabile. Essa risulterebbe inconsultabile di giorno per l'abbaglio dei raggi solari, e ogni zona di colore che riducesse l'abbaglio solare ridurrebbe fatalmente l'azione del sole sul territorio producendo ugualmente trasformazioni ecologiche di minore portata Umberto Eco ma di non diverso impatto teorico sulla fedeltà della mappa. Infine si trascura il caso di una mappa sospesa ripiegabile e dispiegabile secondo un diverso orientamento. Questa soluzione porterebbe certo all'eliminazione di molte delle difficoltà sovra esposte, ma, anche se tecnicamente diversa da quella di ripiegamento di una mappa di terzo tipo, risulterebbe fisicamente più faticosa e si esporrebbe in ogni caso ai paradossi del ripiegamento che valgono per la mappa di terzo tipo, così che le obiezioni mosse all'una varrebbero anche per l'altra. 2.3. Mappa trasparente, permeabile stesa e orientabile Questa mappa, tracciata su materiale trasparente e permeabile (come a esempio garza) viene stesa sulla superficie e deve poter essere orientabile. Tuttavia, dopo averla tracciata e Poi11ro1111eur du Cfumin deF~r Mitropofit,1i11 de'" Ville,le p,.,.;.. stesa, o i sudditi sono rimasti sul territorio sotto la mappa, o sono saliti sulla mappa. Se i sudditi l'avessero prodotta al di sopra delle loro teste, non solo non potrebbero muoversi, perché ogni movimento altererebbe le posizioni dei sudditi che essa rappresenta (salvo ricorrere a una mappa impoverita) ma muovendosi produrrebbero viluppi della membrana sottilissima di garza che li sovrasta, ricavandone serio disagio e rendendo infedel~ la mappa perché essa assumerebbe una diversa configurazione topologica producendo zone di catastrofe che non corrispondono alla planimetria del territorio. Si deve dunque supporre che i sudditi abbiano prodotto e steso la mappa rimanendone al di sopra. Valgono in questo caso numerosi paradossi già esaminati per le mappe precedenti: la mappa rappresenterebbe un territorio abitato da sudditi che in realtà abitano sulla mappa (salvo mappa impoverita); la mappa risulta inconsultabile perché ogni suddito può solo esaminare la parte che corrisponde al territorio su cui suddito e mappa giacciono; la trasparenza della mappa le toglierebbe funzione semiotica perché essa funzionerebbe come segno solo in presenza del proprio referente; risiedendo sulla mappa i sudditi non possono curare il territorio che si degrada rendendo la mappa infedele ... Occorre dunque che la mappa sia ripiegabile e poi dispiegabile secondo una orientazione diversa, in modo che ogni punto x della mappa che rappresenta un punto y del territorio possa essere consultato quando il punto x della mappa giaccia su un qualsiasi punto z del territorio dove z =/= y. Ripiegamento e dispiegamento consentono infine che per lunghi periodi di tempo la mappa non sia consultata e non ricopra il territorio, permettendone quindi la coltivazione e il riassetto in modo che la sua configurazione effettiva sia sempre uguale a quella rappresentata dalla mappa. 2.4. Ripiegamento e dispiegamento , della mappa Sono da postulare in og_nicaso alcune condizioni preliminari: (i) che i rilievi del territorio consentano il libero movimento dei sudditi addetti al ripiego; (ii) che esista un vasto deserto centrale dove la mappa ripiegata possa essere allogata e fatta ruotare onde dispiegarla secondo un diverso orientamento; (iii) che il territorio sia a forma di cerchio o di poligono regolare in modo che la mappa, comunque orientata, non esorbiti dai suoi confini (una mappa uno a uno dell'Italia, ruotata di novanta gradi, deborderebbe sul mare); (iv) che si accetti in tal caso ' la condizione fatale per cui ci sarà sempre un punto centrale della mappa che giacerà sempre sulla stessa porzione di territorio che rappresenta. Soddisfatte queste condizioni i sudditi possono spostarsi in massa verso i confini periferici dell'impero onde evitare che la mappa venga ripiegata con i sudditi dentro. Per risolvere il problema dell'addensamento di tutti i sudditi ai margini della mappa (e dell'impero) occorre postulare un impero abitato da un·nurrtero di,.s_udditni on superiore al numero di unità di misura del perimetro totale della mappa, l'unità di misura perimetrale corrispondendo allo spazio occupato da un suddito in piedi. Si supponga ora che ciascun suddito afferri un lembo della mappa e lo ripieghi progressivamente rinculando: si raggiungerebbe una fase critica in cui la totalità dei sudditi si troverebbe addensata al centro del territorio, sopra la mappa, sostenendone i lembi ripiegati sopra la testa. Situazione detta di catastrofe a scroto, in cui l'intera popolazione dell'impero rimane rinchiusa in un sacculo trasparente, in situazione di stallo teorico e di grave disagio fisico e psichico. I sudditi dovranno dunque, mano a mano che avviene il ripiegamento, saltare al di fuori della mappa, sul territorio, continuando a ripiegarla dall'esterno, sino a che le ultime fasi del ripiegamento avvengano quando più nessun suddito giace nel sacculo interno. Tuttavia questa soluzione porterebbe alla situazione seguente: il territorio consisterebbe, a ripiegamento avvenuto, del proprio habitat più una enorme mappa ripiegata al proprio centro. Quindi la mappa ripiegata, ancorché inconsultabile, risulterebbe infedele, perché si sa per certo che rappresenterebbe il territorio senza se stessa ripiegata al centro. E non si vede perché si dovrebbe poi dispiegare a fini di consultazione una mappa che a priori si sa infedele. D'altra parte se la mappa rappresentasse se stessa ripiegata al centro, diventerebbe infedele ogni qual volta fosse dispiegata. Si potrebbe assumere che la mappa è soggetta a un principio di indeterminazione, per cui è l'atto di dispiegamento che rende fedele una mappa che, ripiegata, è infedele. A queste condizioni la mappa potrebbe essere dispiegata ogni qual volta si intenda renderla fedele. Rimane (se non si ricorre alla mappa impoverita) il problema della posizione che dovrà essere assunta dai sudditi dopo che la mappa sia stata dispiegata e stesa con •diverso orientamento. Perché essa sia fedele ogni suddito, terminato il dispiegamento, dovrà assumere la posizione che aveva, al momento della rappresentazione, sul territorio effettivo. Solo a questo prezzo un suddito residente sul punto z del territorio, sù •cui poniamo giace il punto x2 della mappa, risulterebbe esattamente rappresentato nel punto x1_della mappa che giace putacaso sul punto y del territorio. Ogni suddito potrebbe al contempo ottenere informazioni (dalla mappa) su un punto del territorio diverso da quello su cui risiede, comprendente un sudditb diverso da lui stesso. Per quanto faticosa e di difficile praticabilità questa soluzione candida la mappa trasparente e permeabile, stesa e orientabile, come la migliore ed evita il ricorso alla mappa impoverita. Se non ché anch'essa, come le mappe precedenti, è sensibile al paradosso della Mappa Normale. 3. Il paradosso della MappaNormale Dal momento in cui la mappa è installata ricoprendo tutto il territorio(sia essa stesa o sospesa) il territorio dell'impero è caratterizzato dal fatto di essere un territorio integralmente ricoperto da una mappa. Di questa caratteristica la mappa non rende ragione. A meno che sulla mappa non fosse collocata un'altra mappa che rappresenta il territorio più la mappa sottostante. Ma il processo sarebbe infinito (argomento del terzo uomo). In ogni caso, se il processo si arresta, si dà una mappa finale che rappresenta tutte le mappe frapposte tra sé e il territorio ma non rappresenta se stessa. Chiamiamo questa mappa Mappa Normale. Una Mappa Normale è sensibile al paradosso Russell-Frege: territorio più mappa finale rappresentano un insieme normale in cui la mappa non è parte del territorio che definisce; ma non sono concepibili insiemi di insiemi normali (e quindi mappe di territori con mappe) anche se stessimo considerando insiemi di insiemi a un solo membro come nel nostro caso. Un insieme di insiemi normali deve essere concepito come un insieme non normale, in cui dunque la mappa delle mappe fosse-parte del territorio mappato, quod est impossibile. Di qui i seguenti due corollari: 1. Ogni mappa uno a uno riproduce il territorio sempre infedelmente; 2. Nel momento in cui realizza la mappa, l'impero diventa irrapresentabile. Si potrebbe osservare che con il corollario secondo l'impero corona i propri sogni più segreti, rendendosi impercepibile agli imperi nemici, ma in forza del corollario primo esso diverrebbe impercepibile anche a se stesso. Occorrerebbe postulare un impero che acquista coscienza di sé in una sorta di appercezione trascendentale del proprio apparato categoriale in azione: ma ciò impone l'esistenza di una mappa dotata di autocoscienza la quale (se mai fosse concepibile) diverrebbe a quel punto l'impero stesso, così che l'impero cederebbe il proprio potere alla mappa. Corollario terzo: ogni mappa uno a uno dell'impero sancisce la fine dell'impero in quanto tale e quindi è mappa di un territorio che non è un impero. N.B. Il presente testo è tratto dall'introduzione del catalogo Hic sunt leones. Geografia fantastica e viaggi straordinari, in programma a Roma, autunno 1982
Calamorfosi I Per lungo tempo gli studiosi delle cose dell'arte hanno contura di un passo di misticamedievale di Giacomo Lacano detto il Verdiglioso, che val la pena riportare per intiero nella accorta trascrizione di Hansie Hans jr.: «La catamorfosi è il trionfo della fantasmagoria, cioè mago ria ( magia, e Omar Calabrese 1911-1981) 2. La sfortuna critica della catamorfosi non va tuttavia attribuita ad una semplice e banale questione di gusto. I principi medesimi della catamorfosi spiegano il forzato silenzio della scienza su ·tale soggetto. La cal'opera sarebbe di necessità destinata al fallimento, o meglio, sarebbe subitaneamente già fallita. Di più: non è ipotizzabile neppure la coincidenza fra scompositore e scompositario, perché, dal punto di vista empirico, nessuno scompositore potrà • siderato il fenomeno della catamorfosi nulla più che una virtuosità tecnica, prodotto di erudizione fine a sè stessa, curiosità priva di reale interesse estetico. Basti pensare ai frettolosi giudizi che perfino alcuni critici contemporanei, magari anche avveduti, ne ha.nno dato 'di recente. Tutta una corrente realista, ad esempio, gli nega ogni valore artistico, sostenendo, come fa il Petruccioli, che «propriamente la catamorfosi non esiste: essendo un falso, non va neppure presa in considerazione» (cfr. C. Petruccioli, I falsari. Guida al conoscitore d'arte, Novosibirsk 1982). l' anopticon Umberto Eco disfarsi del linguaggio, Torino 1971). Lavoro di scomposizione al minimo per antonomasia, la catamorfosi è stata fra l'altro intesa da alcuni studiosi di semiotica come l'emblema per eccellenza della decostruzione del testo (cfr. M: Ferraris, Derridances, Casale Monferrato 1980). Ma il problema non si chiude qui. L'opera catamorfica possiede invero alcune lnteressanti particolarità. Essa, infatti, è si segreta come abbiamo appena notato, ma a due diversi livelli. C'è un segreto del testo, ma c'è anche un segreto del codice. Il primo, gelosamente conservato, è per sua natura indecifrabile, perché il testo non offre interstizi interpretativi. Il secondo, invece, può essere scoperto e descritto ( e lo faremo tra un istante), e spiega compiutamente l'indecifrabilità del primo. La particolarità più curiosa è che, tuttavia, questo secondo segreto, il segreto delle regole catamorfiche, può essere scoperto solo attraverso indizi extratestuali, dato che il testo non offre alcuna traccia in proposito. La catamorf osi, insomma, è fondativa di una tecnica extratestuale del testo. Non che l'estetica idealista abbia espresso in materia posizioni troppo dissimili.È appena di ieri lo sprezzante giudizio del critico ufficiale del «Burlington»: «la questione della catamorfosi »- scrive il Ronchey- si ridÙce in ultima analisi al fattore Kata. E dunque, diciamolo una volta per tutte, riveste interesse solo per gli amanti delle porcherie dell'arte. Chiamiamoli col loro nome. Costoro sono dei briganti». (dr. A. Ronkey, Frigidari, «Burlington», 1, 1981). Ma tant'è. Esperienza visiva conosciuta e studiata fin dall'antichità, la catamorfosi ha subito tuttavia il disconoscimento della scienza almeno fino all'epoca della sua rivelazione contemporanea. Rivelazione che si deve, è bene riconoscerlo, agli studiosi della cosiddetta «psicanalisi selvaggia». Anche se, va aggiunto, la tanto bistrattata riscoperta è probabilmente frutto del caso, e risale forse alla rilet- ■ LI anopticon è un edificio di forma esagonale che racchiude in sé altri cinque edifici di forma esagonale, cosi che tra le mura dei vari edifici si formino come unica intercapedine abitabile cinque corridoi dal percorso esagonale, più una camera chiusa di forma esagonale. L'anopticon realizza il principio del «poter essere visto da tutti senza vedere nessuno». Soggetto dell'anopticon è un carceriere che viene posto nella stanza chiusa esagonale centrale, illuminata da poche feritoie a tronco di cono che permettono l'entrata della luce dall'aldunque inconscio, N.d.T.): allora inconsapevole quadratico, meraviglia dell'essere interno. Come prova l'etimo: catà, principio negativo, donde cataplasma, catatonia, catalessi, e il suo opposto, morfosi, principio attivo e positivo della morfe, il formare e il creare, ma anche di Morfeo, sonno, e •dunque sogno» (da Giacomo Lacano detto il Verdiglioso, Poscritti, a cura di Hansie Hans jr., Vienna-Milano PROSA CONTEMPORANEA to ma non consentono al carceriere di vedere null'altro che una ristretta porzione circolare di cielo. Il carceriere rimane all'oscuro di ciò che avviene' nei cinque corridoi esagonali dove vivono liberamente i detenuti. Dal corridoio a perimetro minore i detenuti possono osservare il carceriere mediante feritoie, anch'esse a tronco di cono, cosi che il carceriere osservato non possa sapere né quando è osservato né da chi. L'anopticon consente al carceriere di non avere nessun controllo sul resto del carcere: egli non può sorvegliare i detenuti, non può tamorfosi, infatti, è un procedimento tecnico che consiste, en gros, nello scomporre minuziosamente le immagini e nel non ricostruirle. Meraviglia dell'arte, dunque, il cui segreto è stato sempre gelosamente conservato nella cerchia dei suoi adepti. Solo lo scompositore può interpretare la propria opera: nel momento stesso in cui esistesse uno scompositario esplicito o implicito, ■ PROSA CONTEMPORANEA impedirne la fuga, non può nemmeno sapere se nel carcere vi siano ancora detenuti né se qualcuno lo osserva, e posto .chequalcuno lo osservi, il carceriere non è in grado di sapere se costui sia un detenuto o un visitatore occasionale di questa machine-à-laissezfaire (vedi anche le macchine sposate e La vierge habillée par ses époux autres ). L'anopticon realizza l'ideale della completa deresponsabilizzazione del sorvegliante, sancita dalla sua punizione, e risponde alla tradizionale domanda «quis custodiet custodes?» alla fine, a partire dal testo, risalire alla sua interpretazione, e pertanto anche il fenomeno cosiddetto della «autocomunicazione> è escluso. Per le sue ragioni intime (diremmo: strutturali) l'opera, pur esistendo come prodotto finale come vedremo oltre, in realtà esiste solo nel suo farsi. Anzi, nel suo disfarsi, come sia pur marginalmente e nebulosamente aveva intuito Jakobson (cfr. Il farsi e il 3. E veniamo dunque alla regola scientifica. La regola generale della catamorf osi risiede nell'uso di uno strumento ottico, il catadiottro. Si tratta di una lente sferica biconvessa limitata da due superfici concentriche di curvatura, tali che qualunque raggio incidente su quella più curva, dopo essere stato rifratto dalla lente e riflesso dall'altra superficie, che è argentata, riemerge ·tornando esattamente su se stesso. L'uso teorico del catadiottro consente due operazioni ■ PROSA CONTEMPORANEA I WERNER HERZOG FITZCARRALDO ALAIN ROBBE-GRILLET DJINN TOMMASO LANDOLFI CANCROREGINA L'ULTIMO FILM-RACCONTO DEL GRANDE REGISTA TEDESCO GUANDA ■ PROSA CONTEMPORANEA BOTRO STRAUSS LA DEDICA UNA TORRIDA ESTATE BERLINESE POST-SESSANTOTTESCA GUANDA UN «POLIZIESCO» COINVOLGENTE E INQUIETANTE I GUANO,;\ ■ BIBLIOTECA DELLA FENICE GEORGES BATAILLE IL PROCESSO DI GILLES DE RAIS PRODIGIO O MOSTRO, GILLES DE RAIS È ENTRATO NELLA STORIA E NELLA LEGGENDA ATIRA VERSO UN PROCESSO... GUANDA IL PIÙ BEL RACCONTO DI FANTASCIENZA DEL XX SECOLO f_ìUANDA ■ PROSA CONTEMPORANEA YUKIO MISHIMA SOLE E ACCIAIO U A FOLGORANTE TESTIMONIANZA DI LETTERATURA E DI VITA GUANDA
..... fra loro opposte. Possiamo immaginare di portare i raggi provenienti dalla superficie riflessa dalla parte opposta dello strumento, e noi osservatori siamo situati all'esterno. In questo caso avremo la cosiddetta catadiottrosi, consistente nella scomposizione Catadiottrosi (><) t • Superficie argentata fig. 1 minuziosa dell'immagine originale, e nella sua restituzione identica punto per punto. La catadiottrosi è però una possibilità del tutto astratta, finora mai realizzata da artista umano. Originale e immagine catadiottrica infatti coincidono, e diventano indistinguibili. La seconda operazione è quella che qui ci interessa. Essa consiste in una straordinaria arditezza mentale. L'artista scompone minuziosamente l'immagine come nel caso precedente, portando le linee dall'immagine riflessa al centro del catadiottro. Ma egli . stavolta non assume posizione esterna all'apparecchio, bensi interna. E pertanto tutte le linee terminano in un punto, ed anche le loro ulteriori riflessioni parimenti terminano nello stesso punto. Il risultato della catamorfosi, pertanto, sarà sempre e soltanto un punto. t Catamorfosi Superfici argentate t ~ ... ~~ fig. 2 Catamorfoti fig. 3 La catamorfosi, insomma, in qualche modo inverte i principi prospettici, ' perché proietta le forme entro se stesse invece di ridurle ai loro limiti visibili, e le disgrega in modo che non si ricompongano in un secondo tempo, quando cioè siano viste da un punto determinato, ma assumano appunto la irreversibile fisionomia di un punto. Esistono alcune varietà di catamorfosi, anche queste desumibili per indizi e solo per indizi, dal momento che, come sarà facile arguire, tuttf i risultati catamorfici sono assolutamente identici, al punto che è persino impossibile risalire dall'opera all'identità del suo àutore (la catamorfosi ~ insomma distrugge dell'autore la no- ~ zione stessa). ~ Le catamorfosi si distinguono in due -~ bo •grandi classi: catamorfosi aperte e ca- .:! tamorfosi chiuse. Le catamorfosi chiuse sono le più semplici: l'immagine da scomporre è ritenuta come data e definita da un contorno che la t! ~ . racchiude; da questa immagine si pro- -e cede alla scomposizione. La catamor- ~ fosi aperta è invece assai complicata, e -:s ~ richiede non solo applicazione ma una -:s notevole dose di creatività. L'ipotesi ~ _ della catamorfosi aperta infatti è che ,., l'immagine non debba essere una e ::_ 1 una sola, ma possa contenere ogni fi- §- gura possibile, ogni figura cioè che possa passare attraverso lo stesso angolo visuale catamorfico con variazioni che riguardano semplicemente il tempo di passaggio, e il mondo nel quale il passaggio avviene. Catamorfosi aperta .-,------, Voi siete qui Superfici argentate fig. 4 Catamorfosi aperta • fig. 5 Sulla liceità della catamorfosi aperta (data I 'inverificabilità concreta, cioè nelle opere) fin dall'antichità c'è stato acuto dibattito teorico. Athanasius Echer, ad esempio, ne accenna favorevolmente in un curioso volume, con struttura di romanzo, che finge il ritrovamento di un manoscritto medievale a Saragozza (cfr. Athanasius Echer, Rosa Rosae Rosae, Giardino dei Finzi Contini 1980, ma l'edizione originale, il «codex riminensis>, è del 1643). Si trova eco della polemica nella confutazione, accesissima, di Ugo da San Vittore nel De Vanitate Mundi, dialogo socratico finora ritenuto del XIII secolo, ma che invece appartiene fiy-Z. fe·3· inequivocabilmente allo stesso periodo succitato. Nel dialogo, che si svolge fra due personaggi, un Interrogans e un Docens, a un certo punto i ruoli sono ribaltati, e 1'/nterrogans (evidentemente lo stesso Ugo) sostiene quasi con isteria: «Meliora probant, deteriora sequuntur», ambigua citazione ovidiana il cui riferimento alle Metamorfosi del poeta latino non può non essere in realtà rivolto alle teorie catamorfiche dell'Echer, altrove accusato di perseguire «sciocche metafore della scienza della logica». Pare che la risposta di Echer non si facesse attendere, ma il manoscritto fu malauguratamente perduto. Ne resta forse una memoria nell'iscrizione presente su una tarsia di Vincenzo delle Bozze. Ma, ahimé!, la tarsia è catamorfica, e, quand'anche la lettura ne fosse possibile, l'originale non sarebbe testato, data la nota tendenza dell'artista all'ipercorrezione. La catamorfosi classica, come abbiamo visto, produce una restituzione a tondo, data la sfericità del catadiottro. Ne esiste però una variante molto rigorosa ma francamente un po' cervellotica: la catamorfosi con restituzione a quadrato, inventata dalla scuola parigina (per ulteriori notizie, cfr. il medesimo volume dell'Echer, in cui sono citati i due maggiori studiosi della scuola, il dottor Quadratus e Paolo da Rimini). La restituzione a quadrato, detta anche del «doppio isoscele», è una interessante trovata che consente forse maggiore rigore nella teoria, se non fosse che si imbatte di continuo nel problema teorico della quadratura del cerchio, che tenta di risolvere a nostro parere in modo arbitrario, applicando fino alle estreme conseguenze la Terza regola del Pignola (detta anche Regola Aurea o Regola di Buridano) e che consiste nel ridurre la sfericità a due sole polarità in opposizione, alfa e beta. Quanto alle catamorfosi classiche, dal punto di vista costruttivo esse fe-4· C.R.S. La matm9.ue du C.R.S. et l'art de s' en servir. }ig. 1. La matraque au repos. flg. 2. La matraque prend son élan. fig. 3. La matraque s'abat . ./ig. 4. La matraq11e (/d~ce. jig. S. La matraque de pro/il. Catamorfosi con restituzione a quadnto • fig. 6 possono essere classificate in due tipi: la catamorfosi a imbuto e la catamorfosi a risucchio. La differenza è puramente meccanica: mentre nella prima la riduzione al punto avviene per via manuale costruendo molti passaggi intermedi di scomposizione, la seconda si avvale di una prospettiva accelerata, senza ulteriori mediazioni. Catamorfosi a risucchio • fig. 8 Catamorfosi a imbuto • fig. 7 Per lungo tempo è stata considerata come vera e propria catamorfosi la cosiddetta catamorfosi a spia (o volgarmente: catamorfosi a occhio di bue), ma questa in realtà è una pseudo-catamorfosi, dovuta all'inventiva di Carlo da Ginsburg, frate dell'ordine dei Minimi, e appartiene non al campo delle Vexierbilder (cioè delle immagini con segreto) ma piuttosto delle Kunstkammer o Wunderkammer, in uso assai più ampio in tutta la tradizione parigina, e non che costituiscono eventi storici veri e propri. 4. Detto della meccanica catamorfica, del suo sistema, delle sue varianti, resta da accennare assai rapidamente alla filosofia della catamorfosi. Le brevi note che seguiranno, se certo non si illudono di tracciare una stòria del pensiero catamorfico, hanno però l'ambizione di sottolineare l'importanza di quella teoria nella cultura occidentale, e di offrire un saggio della sua profondità concettuale. . La catamorfosi in effetti ha origini antiche, e fin dagli albori si manifesta come reazione al razionalismo prospettico. Già in Vitruvio, ad esempio, si trova un accenno probante se appena letto nell'ottica da cui parte questo saggio: «poiché ciò che è vero pare falso, e le cose sembrano diverse da quel che sono, bisogna aggiungere o togliere». All'immagine, naturalmente: che viene intesa come errore della vista a cui si deve rimediare. Insomma: la catamorfosi fin dall'antichità si rivela come il mondo della delusione ottica, medicina della percezione e (come corollario) della _pittura stessa. Accenni in questo senso possono edizionie/o ilpiaceredi leggere ilpiaceredi viaggiare I. MORGNER «NOZZE A COSTANTINOPOLI» Uno stile 'tadicalmente nuovo nella scrittura femminile. Una fantasia esplosiva, un'ironia tagliente. E PRAG~I •llA!liill!,D LANGER F. LANGER «LEGGENDE PRAGHESI» «Praga: capitale magica dell'Europa» André Breton (Lire 7.500) Viaggio in Turchia in /-."gitto ' rin Marocco .Jan 1•010,·II. i J. POTOCKI « VIAGGIO IN TURCHIA, IN EGITTO E IN MAROCCO» L'autore del Manoscritto trovato a Saragozza nei paesi delle Mille e una aotte. (Lire 7.500) M. KUZMIN «VANJA» Pietroburgo: l'educazione omosessuale di un giovane agli inizi del secolo. (Lire 7.500) ILVNÙiO SECONDO GIUQ\ <APOCRlfO) HEt-ff(l(AIWA", H. PANAS «IL VANGELO SECONDO GIUDA» L'autodifesa del «traditore» nell'avvincente e documentata ricostruzione storica di un autore polacco. (Lire 9.000) edizioni e/o, Via Monte Altissimo 7, 00141 Roma t I I ' I I . . I • ... I ,. I ' ' . ' . I I ' I I I I \ I • I ' I t I ' I I
enon ., cosep1u_ Wolf Vostell dé-coll/age musik Ambienti 1959/1981 (M20137) Lire 15.000 Henry Flynt Graduation And Other Countrv And Blues Music (M20140) Lire 15.000 Polyphonix l Première anthologie sonore (M20138) Lire 15.000 Multhipla records • re ., • I Experimentum Mundi f)p,:r.1dim.,,.,11rm~pnr•0,111U1c..,;....._. l,-...1 '4"-·111,l;1lfF.111t·H ... 'f'"\J"'-··aa l>..."t.,'"""""' , .. ,...• ..._........._,._...,_.... ,'-.-.. JM,.,"I ,1,,.-..-."1... f' fl"Jlll'.I ,-~ I• I~,.=· Giorgio Battistelli Experimentum Mundi ....... -- .. ,_. " Opera di musica immaginistica (M20139) Lire 15.000 S.E.M. Ensemble The entire musica] work of Marce! Duchamp (M20141) Lire 15.000 •
essere trovati del resto anche nelle leggende concernenti l'origine mitica della catamorfosi. Plinio, ripreso in altra forma dalla trattatistica antiumanistica come ad esempio in Eugène Baptiste detto il Lopazzo, riporta un aneddoto su Fidia, a proposito del dibattito sulla verità della restituzione figurativa. Fidia e Lisippo concorrono per una statua di Apollo Musagete. Lisippo crea un'opera di perfette proporzioni, Fidia consegna alla giuria un granello di sabbia. In un primo tempo Lisippo viene dichiarato vincitore, e Fidia non solo deriso ma quasi linciato dalla folla inferocita per quello che giudicava non solo uno scherzo di cattivo gusto, ma una manifestazione di ubris. A quel punto Fidia estrae dal pallio un catadiottro e invita la commissione a guardare l'opera di Lisippo. Essa era ridotta ad un punto! E Fidia dimostrò di essere riuscito nel divino compito di produrre non solo un'opera sublime, ma che addirittura comprendeva già quella del suo avversario. Lo stesso Lopazzo riporta poi una leggenda più recente, riguardante la famosa rettifica della colonna a tortiglione. Come è noto, fin dall'epoca romana è stato punto d'onore per i trattatisti d'arte portare alle estreme conseguenze il principio catamorfico adombrato dalla colonna Traiana. Al punto che la colonna stessa ha potuto produrre tutta una architettura della citazione fondata sul suo modello. Il Lopazzo cita una straordinaria esposizione di progetti (probabilmente falsa, ma non abbiamo documenti in proposito) che sarebbe stata organizzata nell'Urbe da Paolo da Roma detto il Portoghese nel 1581, e chiamata via novissima, in cui l'ultimo progetto sarebbe stato catamorfico, come emblema appunto dell'antirazionalismo progettuale. Le leggende, si sa, sono leggende. Ma contengono qualche verità sotto forma mitica. E se è vero che non abbiamo certezza né di Fidia né della via novissima, è vero però che è possibile ritrovare altrove tracce di una forte componente irrazionalista nella trattatistica d'arte antica e nei manuali di geometria e di ottica. Il Trattato arabo di Alhanzen (ca. 9651038) ad esempio è sì un trattato di geometria che porta Euclide in occidente ·(le prime traduzioni vengono appunto fatte su Alhazen). Ma tali P.,y,.fro/0.5,u ["·" tt'st ..; ,/ib" ,fi11frl/1'ge1ue. ( Mdu11,1i.,·,..,. , ◄ 1mp1·(/u11,rio11,fi} traduzioni sono senza dubbio censorie del pensiero del grande matematico dell'Islam. Alhazen infatti è chiaramente ostile alla visione in profondità di matrice euclidea, e traducendo Euclide ne annota il testo con osservazioni durissime, che la tradizione occidentale ha eliminato. Solo in tempi moderni quelle osservazioni hanno ripreso vigore, sostenute da pensatori non tradizionalisti e antideterministi, come il monaco valdese Jean Petit Tot e il suo maestro l'abate tomista René. O come il frate parigino Jean-François Lothar, settecentesco rappresentante dell'ordine degli Uomini Drago (Man-Drake), e convinto assertore della già avvenuta fine del mondo. O come infine i due grandi filosofi del Collège Royal, Hubert Marisch e Louis Damin, che nel ponderoso Questions inouyes ou Récréation des sçavants del 1648 sostennero che «in conclusione si deve osservare che ogni mezzo per conoscere la distanza degli oggetti è incerto», principio sul quale ebbe a fondarsi addirittura una scuola, la ben nota Ecole de Port-au-Prince. Fondazione che riversò sui due sapienti le ire di Le Brut e del suo amico e concorrente Philippe de Champaigne, che intentò loro addirittura un celebre processo nel 1660, che per poco non si conclusein·unsanguinosoduello (cfr. D. Mack Smith, Conseguenze filosofiche . delle notti di S. Bartolomeo. Mussolini e la Francia, «Gente», 17 gennaio , 1971). Qui ci fermiamo. Anche perché il punto è ormai chiaro. La catamorfosi è tema fondamentale di una cultura secolarmente repressa dal razionalismo imperante, e che, al di là della sua rivelazione contemporanea, ha potuto trovare sbocco solo in particolari dottrine della conoscenza del mondo (o dell'ignoranza del mondo), in cosmogonie astruse e leggende misteriose, in scienze occulte, in giochi speculativi se non speculari. Una storia del pensiero catamorfico potrà ritornare con sue- • cesso, io credo, alla radice delle grandi teorie del dubbio e dello scacco simbolico, se non portare sull'òrgine delle stesse «teorie della crisi». Ma qui si i aprirebbe un denso capitolo di questioni che data la sede e lo spazio non ci è concesso affrontare. Valga un'indicazione per concludere. Come ha sostenuto l'indimenticato 1 maestro Henri Fauxillon nell'insuperato La viedeforme: «tutto si può dire di tutto, ma il punto resta il punto». Sublime interpretazione di un mondo in cui realtà e finzione finiscono per squilibrarsi. Resta il punto. Appunto. ComefalsificareEraclito 11 seguente esperimento si propone di falsificare non la nota proposizione per cui tutto scorre (Diels) ma piuttosto quella, apparentemente complementare, per cui non ci si bagna mai due volte nello stesso fiume (Diels). Si intende dimostrare che esistono condizioni ideali in cui, benché tutto scorra, è possibile bagnarsi continuamente nello stesso fiume. Si inizia considerando i casi in cui senza ombra di dubbio un corpo non può mai bagnarsi nello stesso fiume. Il caso assolutamente sicuro è quello del salmone, che come è noto, nuota risalendo la corrente. Qualsiasi sia la velocità reciproca del fiume e del salmone, dato un tratto di fiume x1.......... x10che rappresenti dieci tratti minimi di fiume, posto che il fiume scorra da x1a x10e il salmone risalga da X9 a x1 {x1 essendo a monte e x10 a valle), posto che il salmone inizi a procedere da X9 a xs quando il primo contingente di acqua fluviale (dopo un periodo di secca) ha già percorso tutti i tratti 1.. ...9, è evidente che nel momento in cui il salmone abbia raggiunto il punto xs in un tempo h, il fiume, a qualsiasi velocità proceda, invade il tratto xs-X9 con un contingente di acqua diverso da quello che già ormai scorre da X9 a x10. Il principio vale, per il salmone, anche se si accettassero i paradossi di Zenone: il salmone, come Achille, impiegherebbe un tempo infinito per percorrere i tratti di spazio infinito che separano xs da X9, ma nel contempo il fiume si muoverebbe per conto proprio (e cioè non ci si bagna mai due volte nello stesso fiume anche se vi si fa un pediluvio stando fermi). Diverso sarebbe se il paradosso di Zenone valesse anche per il fiume. Fermo il fiume, fermo il salmone. Ma in tal caso il salmone, in moto dopo la secca, sarebbe fermo a X9, non in forza del paradosso di Zenone, ma perché in attesa eterna del fiume da risalire. In tal caso entrambe le proposizioni «il salmone non si bagna mai nello stesso fiume• e «il salmone si bagna sempre nello stesso fiume» sarebbero entrambe prive di valore di verità, dato che il termine «fiume» non avrebbe alcun indice referenziale. Il salmone sarebbe allora forzosamente animale terrestre (nel corso dell'evoluzione sviluppando quindi estremità con fuzione motorie e polmoni da mammifero). D'altra parte se valessero i paradossi di Zenone non potrebbero esistere fiumi perché esisterebbero solo nevai che impiegano un tempo infinito a sgelarsi e che non si trasforUmberto Eco, Angelo Fabbri mano mai in acqua corrente - salvo che non esisterebbero mai nevai ma precipitazioni atmosferiche che non precipitano, e così via ad infinitum (caso di Universo di Severino). Per i principi sopra esposti non si bagna mai nello stesso fiume chi stia immobile in mezzo alla corrente, posto naturalmente che il fiume scorra, e sia dunque un fiume e non uno stagno: d'altra parte Eraclito non ha mai affermato che non ci si bagna mai due KalopediIa. ldiotrisma Antonio Porta e ome si può anche capire a prima vista non si tratta di un semplice neologismo e neppure di un neologissimo (vedi Luigi Malerba, Il cavallo di Troia,n. I, 1982). È in realtà una definizione che si stacca dalle anguste sponde di un dizionario per navigare verso ipiù spaziosi lidi della kalopedia. La kalopedia amplia il senso di un significato fino a comprendere in esso amplissime zone di esperienze culturali. È il caso, appunto, degli idiotrismi. Basti riflettere alla genesi del vocabolo per capirne l'immensa portata kalopedica: si tratta di una sintesi comprendente idiota e idiozia, aforisma e proverbio, e infine anche il truismo. Per quanto riguarda l'idiota va da sé che si riferisce non tanto all'ilota incoltoma apersona di scarso intendimento, deficiente e soprattutto confusionaria, dunque capace di genialità linguistiche, come ebbe a rilevare in un giorno di continue piogge sul Lago di Garda Wiston Churchill che disse: « La più grande lezione della vita è accorgersi che a volte anche gli imbecilli hanno ragione». E l'aforisma non è forse una definizione che riassume il risultato di infinite precedenti affermazioni? Non è un caso dunque che la prima raccolta di aforismi sia opera del grandissimo medico greco Ippocrate, che alcuni vogliono addirittura fondatore della moderna medicina. Si sa che la medicina è scienza eminentemente statistica. Del resto ilproverbio gli sta molto vicino, è solo un po' più idiota, ma rimane, in sostanza, quel «breve motto di larga diffusione e tradizione che esprime in forma stringata e incisiva un pensiero o, più spesso una norma, desunti dall'esperienza», come ci insegnd l'eccelso Dei. E il truismo? Non deriva forse dall'inglese truism da true, vero, • verità? Come ogni verità, se vogliamo, ovvia, evidente, indiscutibile, lapalissiana, talecioè che sarebbe e, in effetti, è ridicolo enunciare o superfluo spiegare. Psycf10fo.5ue Ls trsts dit., J' int~Jligtna { l3onnu comprt/unsions} Come nasce dunque un idiotrisma? Probabilmente secondo il medesimo processo di spostamento che fonda, e dunque sfonda, una metafora. Spostamenti o sostituzioni, -rovesciamenti di senso dettati da un atteggiamento che è spesso difficile definire più critico che ebete, più corrosivo che lunatico, più idiota, appunto, che aforistico. Scopo di un idiotrisma è forse più il ridicolo che lo spavento. Ridicolizza, cioè, lfn'intera area di convinzioni profonde ed è questo che fa paura. Come basta una venuzza insignificante a metter fuori combattimento un intero cervello più o meno ben funzionante. Gli idiotrismi sembrano essere oggi prediletti dalle nuove generazioni e dai nuovi comici. Tipico l'esempio di Diego Abbatantuono che chiama «misto griglia» un mazzetto variegato di fiori di campo nel momento in cui l'offre, e s'offre; a una dama. Eccone alcuni esempi estratti da vari strati sociali (ognuno potrà continuare da sè, ad libitum): I. Sogno dunque sonno 2. Dio li fa e poi li accoppa 3. Can che dorme non morde 4. Il Parri-cidio non è un Omi-cidio 5. Narciso: un cane che si lecca la coda 6. Tanto va la gatta al cardo che ci lascia il culettino 7. Chi ha tempo non aspetti il Tempo 8. Donna riccia accende la miccia 9. Non svegliare il can che abbaia IO. Marchesa, sono le cinque! Non importa, ho deciso di non uscire 1I. Un nallatole deve nallale la lealtà 12. Meglio una gattina oggi che un uomo domani 13. Amore è nemico di amare 14. Sputa sull'arte e smetti la tua parte 15. Fratelli d'Italia l'Italia s'è pesta 16. Quante e quali sono le dieci pieghe d'Egitto? 17. Spagliando s'impara 18. Frate ci cova 19. Non vegliare il can che dorme 20. Un nano lava l'altro volte nello stesso stagno. Immaginiamo ora un soggetto a che intenda immergersi in un fiume e bagnarsi continuamente nella stessa acqua. Costui dovrà realizzare il progetto Mao, che consiste nel muoversi nel fiume a velocità pari a quella dell'acqua del fiume. La dimostrazione di come, con questo artificio, si possa sempre bagnarsi nella stessa acqua, è intuitiva. Parimenti intuitivo - ancorché erroneo - è che chi nuotasse a velocità vytale che, posta la velocità del fiume come vy,Vi< Vy,ancora una volta non si bagnerebbe mai nello stesso fiume. Il problema sarebbe pertanto (i) come determinare la velocità dal fiume, (ii) come calcolare i propri movimenti per adeguare la propria velocità a quella del fiume, secondo la formula - - - ma= F - K'l'Jv dove mè la massa del corpo, a l'accele- - razione, F la forza sotto la cui azione il corpo nuota, K è un coefficiente che dipende dalla .forma del corpo, 'l'J è un coefficiente di viscosità che dipende dalle caratteristiche fisiche dell'acqua del fiume (densità, temperatura, ecc.), via velocità del corpo. - Supponendo la forza F costante, l'accelerazione produrrebbe un aumento della velocità che porterebbe il corpo ad avere una velocità superiore a quella del fiume. In tal caso si bagnerebbe sempre in acque diverse. D'altro canto se, per combattere questa accelerazione, il corpo nuotasse controcorrente, rischierebbe di trovarsi nella situazione del salmone, sopra esaminato. Tuttavia ad un aumento continuo della velocità corrisponde un aumento dell'attrito col fluid!?.finché a un certo momento il valore F - K'l']Vsi annulla. Allora anche l'accelerazione è zero, e non si ha più aumento di velocità dato che l'attrito col fluido è perfettamente controbilanciato dalla forza applicata. La tecnica consiste nel muoversi solo quel tanto che consente di equiparare la propria velocità natatoria alla velocità del fiume secondo la formula F - VL = K'l'J dovevL = velocità di regime = velocità del fiume.
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