" ..... "' -~ ~ ~ ~ g, -l!. ~ 1 °' ~ ne della fornace», alcuni si camuffavano da giovanetti che venivano bruciati, altri da caldei che cercavano di sterminare i seguaci della vera fede. A questo punto c'era anche una vera e propria recita del fuoco: delle vampate che si ottenevano gettando fango nel fuoco. Dopo la sconfitta dei caldei da parte dell'angelo, essi uscivano in strada. si abbandonavano a violenze. davano fuoco a barbe e carri. Il carnevale è una festa internazionale. A Roma è collegato col periodo dei saturnali, quando gli schiavi recitavano la parte dei padroni, e i padroni li servivano. Il carnevale, come fa notare anche Bachtin, era una sorta di ritorno dell'età dell'oro, quell'età dell'oro di cui parlava Don Chisciotte con i caprai, l'età dell'oro che ricordava Dostoevskij nelle minute di Delitto e castigo. / saturnali non erano solo la festa del cibo, ma erano la festa dell'emancipazione sociale; il momento artistico consiste nel fatto che la genre, pur entrando a far parte di nuovi rapporti sociali, conserva quelli vecchi, come superando/i. Balena qui un duplice atteggiamento verso i fatti, verso i rapporti sociali. Nei giorni dei saturnali non stava bene portare la toga. La città esisteva in una duplicità accentuata, quasi regale. Vediamo ora alcune obiezioni. Il carnevale, nelle sue diverse manifestazioni, si realizza nel corso di molti millenni. Che cosa distingue, allora, le diverse manifestazioni di ciò che Bachtin chiama carnevalizzazione? In primo luogo, non tutti i conflitti si possono definire carnevaleschi. Questo è dimostrato anche dal fatto che i conflitti carnevaleschi venivano fatti coincidere con precise date. La tesi principale del libro di M. Bachtin su •Rabelais e del Dostoevskij è la generalizzazione dei conflitti, al di fuori della modificazione consapevole delle forme letterarie. La generalizzazione a volte riduce in cenere alcuni aspetti della visione reale. Nel libro del /963, Dostoevskij, Bachtin si mostra d'accordo col mio libro Pro e contro ( 1957). In questo libro, integrando molti lavori precedenti, in particolare di Leonid Grossman, mettevo a punto il problema della conflittualità in Dostoevskij e scrivevo a proposito dei suoi romanzi e della peculiarità della sua produzione che:« Finché essa rimaneva amolti piani epolifonica, finché la genre discuteva su di essa, non insorgeva la disperazione per l'assenza di una soluzione. La fine di un romanzo significava per Dostoevskij il crollo di una nuova torre di Babele». Bachtin, ap. 55-56 della sua interessante ricerca,si dichiarava per molti aspetti d'accordo con me. Anch'io considero importante il fatto che i conflitti rivelati da Dostoevskij non siano superati, e che l'umanità li riviva ora proprio perché sono stati fissati in un preciso momenro. Riporto qui la citazione di Bachtin: essa è tratta da una miJInota polemica, pubblicata in« Voprosy literatury» del /960 (11. 4, p. 98): «La caratteristicadel mio lavoro non èla messa in rilievo di queste caratteristiche stilistiche, che io ritengo evidenti di per sé -le mise in rilievo lo stesso Dostoevskij nei Fratelli l<aramazov, intitolando uno dei libri del romanzo Pro et contra. lo ho cercato di chiJirire nel mio libro un'altra cosa: da che cosa è stato suscitato questo contrasto, il cui frutto è la forma letteraria di Dostoevskij, e, nello stesso tempo, in che cosa consiste l'universalità dei romanzi di Dostoevskij, cioè chi ora è interessa/o a questo contrasto». Se mettiamo in evidenza la struttura dei fenomeni storici, noi possiamo decidere che la storiJIsi ripete, ma allo stesso tempo sappiamo che essa si muove. Si muove suddivisa in ripetizioni di tendenza diversa, ma all'apparenza simili. M. Bachtin riunisce tutte le ripetizioni nell'immobilità. Il carnevale dei romanzi di Rabelais è un avvenimento di un'epoca precisa, creato da gente con una precisa mentalità; queste persone indirizzano le costruzioni del carnevale, semplici come la pelliccia rivoltata del carnevale russo, ali'attacco delle vecchie costruzioni. li carnevale di Rabelais è storico. Cosi nel Macbeth di Shakespeare la foresta si muove, avanzando, contro il re-malfattore, ma si trattadi una foresta tagliJita,separata dalle radici: essa è funzionalmente diversa, attuale per Macbeth. Privando i fatti del loro passato, noi offuschiamo il futuro; ma aver staccato Rabelais dal corso generale de/l'analisi della letteratura mondiale, nonostante la convenzionalità della terminologia e dell'analisi del carnevale, è un successo. Le invenzioni e le scoperte consistono nel superamento degli insuccessi, ma non tutte le stelle sono raggiungibili. Anche farne l'inventario è difficile. Tentativo di stabilirela datadi nascitadi Gargantuae del figlio suo Pantagruele, e anche le date e gli scopi delle loro imprese L'epoca di Rabelais fu l'epoca delle grandi ,coperte e invenzioni. li brunitore di specchi Gutenberg cominciò a comporre lettere di metallo separate e a stampare su carta con la pressione di una pressa a vite nel I440. All'inizio del romanzo di Rabelais, Gargantua studia; ha letto la grammatica di Elio Donato e altri due-tre libri,« ... e vi impiegò tredici anni, sei mesi e due settimane. Ma dovete sapere che nel frallempo (il maestro-dottore-V.SJ gli insegnava a scrivere in Tunisia, l'Algeria, la Sardegna, la Baviera, la Corsica, Genova, Firenze, Roma, la Palestina; qui il re Picroco/e intendeva ricostruire il tempio di Salomone, poi conquistare l'Asia Minore e tutte le terre fino all'Eufrate. L'elenco dei territori occupa più di .due pagine. Vengono citate l'Inghilterra, l'Islanda, la Groenlandia, la Polonia, la Lituania, la Russia, Costantinopoli, e finalmente la Mesopotamia. Perdifendere la retroguardia si ipotizza poi la mobilitazione dei moscoviti, i quali devono mettere a disposizione quattrocentocinquantamila guerrieri scelti. Si trattadi una dittatura su tutto il mondo. Gargantua sconfigge gli assalitori e su incarico del padre tiene loro un discorso umanitario, al quale è dedicato l'inizio del capitolo L del primo libro. « I padri nostri, avi e antenati, a memoria d'uomo sono stati di tal sentimento e natura, che delle battaglie da loro combattute hanno, per memorabile segno dei loro trionfi e vittorie, più volentieri eretto trofei e monumenti nei cuori dei vinti, con le loro grazie, che non nelle terre da loro conquistate, con opere d'architettura: perché stimavano assai più il vivace ricordo degli uomini acquistato con liberalità, che non il tacito linguaggio di archi, o colonne, o piramidi, esposto ad ogni intemperia e all'invidia degli altri». I nemici sono in rotta. «Pace ai popoli!», proclama l'umanista. I prigionieri vengono rilasciati e solo i sediziosi vengono trattenuti: « Nessun male fece a loro Gargantua, salvo che li adibì a girare i torchi nella sua stamperia, che aveva impiantata di fresco». Gargantua spedisce suo figlio Pantagruele a studiare alla Sorbona. L'università Rabelais se la rappresentava, evidentemente, già trasformata secondo lo spirito umanistico, dal momento che lo stesso Garga111ua aveva studiato a una scuola di umanisti, faceva sport e leggeva i classici dell'antichità. Gargantua scrive: « Ma, in grazia della bontà divina, luce e dignità sono state nell'età mia restituitealle lettere, ed io le vedo cosl migliorate che, ora come ora, a malapena sarei ammesso fra i modelli della prima classe, io che, giunto all'età virile, ero, e 11011 a torto, stimato il più sapienre di quel tempo ... ». A questo passo aggiungiamo una spiegazione tratta dall'enciclopedia: nel 1507 fu pubblicato in Francia il primo libro greco, e nel 1537 Francesco I prese «souo la sua protezione» l'edizione degli autori greci «per salvare questa attività, alla quale gli umanisti allribuivano gra11deimportanza, dalla censura cattolica della Sorbona». Lo stesso Rabelais in convento era stato accusato di leggerel'«empio Omero» (i111roduzionedi S. Artamonov alla traduzione di N. Ljubimov del romanzo di Rabelais, p. /4). Anche l'educazione di Gargantua per Rabelais è un problema di attualità. Rabelais è un polemista, che si imeressaad una gamma di questioni molto ampia; in particolare, la leueratura greca è per lui qualcosa che in quel momento sta entrando nellapratica dei pensatori. Ecco la /euera del vecchio umanista al giovane: «Ora sono tutte le discipline restituite, e le lingue instaurate: la Greca, senza la quale è vergogna che una persona si chiami dotta, l'Ebraica, la Caldaica, li:, Latina. Ed è praticata con rama eleganza e correzione quell'arte della stampa, che era stata inventata al tempo mio per ispirazione divina, cosl come, per contrappeso, l'artiglieria per suggestione diabolica. Tutto il mondo è pieno di persone sapienti, di prece/lori douissimi, di vastissime biblioteche, e sono del parere che mai ai tempi di Platone, né di Cicerone, né di Papiniano, non vi fu tanta comodità di studio come ne troviamo adesso. E non sarà più il caso di trovare in qualche carica né nelle buone compagnie nessuno che non sia messo a pu1110 nell'officina di Minerva». li libro di Rabelais è seri/lo da un umanista allegro. Rabelais lo aveva infarcito di citazioni dei classici. Si traila di citazioni parodistiche, ma qui la parodia è una maschera; essa volge in scherzo la predica. Gli autori classici per la cerchia di Rabelais ricompaiono come nuovi. li mondo ne festeggia la rinascita. Nel prologo Rabelais cita le parole di Alcibiade dal Simposio di Plato11e,nelle quali viene celebrato Socrate. Socrate era brullo, calvo, se ne andava scalzo, portava abiti rozzi, viveva in povertà, «disgraziato in quanto a mogli», ma dentro di lui c'erano, come nelle scatole/le che chiamavano «sileni», droghe preziose. Rabelais è l'alfiere della stampa e della nuova scienza ristabilita, della conoscenza del fatto che l'uomo è buono e che le vecchie idee sono morte. Egli me/le in ridicolo la mitologia cristiana. La forma del romanzo cavalleresco, con i tradizionali viaggi e le tradizionali gesta, viene utilizzata per far guerra alle tradizioni. li carnevale è alleato dell'umanista, non suo padrone. Non bisogna pensare che gli scherzi di Rabelais rapprese111ino solo il trionfo della carne, anche se quest'aspetto c'è in lui, come c'era nella drammaturgia di Aristofane, di origine rurale, irriverente, e come si verificò nel libro urbano, irriverenre, passato per una terra purificata dalla peste, del Boccaccio. gotico, e scriveva lui stesso tutti i suoi libri: perché non era ancora in Il mondo di Rabelais uso l'arte della stampa». Gli eroi di Rabelais, Gargamua e Pantagruele, so110giga111iu,maCosl ci avviciniamo a conoscere le date de/l'azione immaginaria 11istie re, e semplicemente uomini liberi. Essi sconfiggono llllti, del romanzo di Rabelais; esse ci sono molto necessarie. I giganti, anche i giganti di vecchio stampo usciti dalle favole per battersi co11 modificandosi, vivevano a lungo, e nel corso della loro vita si veri/i- gli umanisti, chiusi nelle armature più diverse, perfi110di pietra. Le cavano importanti avvenimenti. Eccitato da speranze di conquista di guerre degli 11ma11issticonfiggono i giga/lii. Fra' Giova1111iu,omo territori, Picrocole, vicino del buon re, dichiarò guerra al padre di probabilmente di statura quasi normale, si baueva contro i nemici 08UB!QOU!6B88l0!1Q!8 2· ~ i regole monacali e con tu/li i motti delle insegne nobiliari: «Fa' quello che vuoi!» La grande abbazia di Thélème è abitata da gente bella e libera e somiglia a quelle ville abbandonate, nelle quali dame e cavalieri, come racconta il Boccaccio, si raccontarono cento novelle. Presso Thélème esisteva un villaggio di gioiellieri e di altri artigiani, che dovevano aiutare i religiosi a vivere senza preoccupazioni. Nell'abbazia non venivano ammessi gelosi, vecchi sospettosi e ruffiani. Si tratta di una delle prime utopie degli umanisti. Più tardi, Fourier cercò a lungo il denaro per fondare un falansterio. Per fondare Thélème, a dare i tesori necessari fu il giganre Gargantua. Ma il mondo di Rabelais cominciò a poco a poco ad impoverirsi e a ridursi. Cominciava la reazione. Alla fine del romanzo, dopo lunghe discussioni sull'opportunità per Panurge di sposarsi,Pantagruele e Panurge si mellono in viaggin. Le isole visitate dagli amici giganti non si trovano sulle carte i geografiche, ma nelle pagine della storia. Gli oracoli che abitano in queste isole non sono ciarlieri, ma caotici. Tuttavia, il viaggio rappresentato da Rabelais è uno dei tanti viaggi destinati alla scoperta dell'isola delle Utopie. L'isola delle Utopie non fu trovata, ma fu trovato un nuovo mondo, agitato, inquieto e pronto alle guerre. li vento divenne una merce. Durante le battaglie i nemici cercavano con le proprie vele di impedire che il vento arrivasse alle vele altrui. Erano i secoli della vela, i secoli delle lotte fra Olanda e Spagna, Spagna e Inghilterra. Vennero i tempi di gloria per la flotta a vela. Le isole «i cui abitanti si nutro110di venro» erano isole che sorgevano sulla via del commercio e delle scoperte. Quanto più durava la stesura del romanzo, tanto più pareva allontanarsi il trionfo della ragione. E tanto più l0111a11s0i andava a cercare. Thélème 1101s1arebbe stata costruita sulle rive della Loira: vi sarebbero rimaste le rovine di altri conventi e castelli. Per Pa111agruele per fra' Giovanni la felicità pareva vicina. Davanti a loro c'era l'età dell'oro, e l'unica cosa che 1101s1i sapeva era come gli umanisti di Thélème avrebbero pagato i loro operai. Per il momento avevano una riserva, il comributo di Pantagruele, che lo aveva i11vestitonella creazione dell'utopia. Il romanzo cavalleresco di Rabelais è un romanzo sulle forze grandiose dell'uomo. Giovanni è un mo11aco che ricorda il capo di u11ai11surrezionecomadina, che rivivrà in Walter Scoli nella descrizio11edel frate-guerriero della banda di Robin Hood. Gi11nastasco11figge i giga11ti,un povero s1ude111eu,n povero umanista, un dotto scettico nelleprime parti del romanzo non crede alla vittoria, perché i giga/lii sono buoni monaci-filosofi. li mondo di Don Chisciotte gioca al roma11zocavalleresco proprio come egli gioca ai pastorelli e alle pastorelle. Nel secondo volume, Don Chiscioue viene continuamenre ingannato. Nel castello del duca Don Chisciotte viene circondato da una fastosa féerie sul tema del «folle ingannato». Anche nell'eseèuzione del programma minimo il giusto governatore (o meglio, giusto sindaco) e giudice Sancio Panza, utilizzando la saggezza folclorica per risolvere le cause difficili, non può resistere più di un giorno sull'isola di terraferma. È vero che Sancio ha il suo tempo folclorico, la sua storia e il suo futuro. Egli non è solo corpo, ma anche ironia e fiducia. L'uomo, preso solo come corpo, non ha storia, la storia viene creata da/l'umanità. Rabelais fa la parodia del giudizio per distruggere l'assurdità dello svolgimento dei processi, incomprensibile anche per i querelanti. Egli parodia la scienza della Sorbona, il vecchio matrimonio. Ma egli crede ancora al buon re, al re-filosofo, che rifarà ogni cosa, dato che per gli umanisti l'insensatezza del vecchio mondo è evidente. Essi bevono e mangiano molto: banchettano al banche/lo del futuro; così il carnevale assume un significato diverso. La novità è la coscienza che il tempo passa. Per Rabelais e per Gargantua e Pantagruele è già venuta l'età de/l'argento. Si sono aperte le porte del mondo classico. Si può raccogliere e rifondare la medicina, la geografia, la giurisprudenza, costruire edifici nuovi. L'età dell'oro sarà domani. L'età dell'oro è l'età della stampa libera e del parlare aperto; la scolastica sarà superata; il potere della religione subirà delle limitazioni, la Sorbona sarà riformata. Nell'età dell'oro vivranno uomini laboriosi, coraggiosi. L'età dell'oro è il tempo del lavoro, dell'amore e del banchetto. Questo età somiglia al lieto e trionfale finale degli Uccelli di Aristofane. Gli uomini, con l'aiuto degli uccelli, hanno messo il blocco al cielo; la figlia di Zeus è divenuta moglie di un plebeo. li coro canra: Ritirati scansati levati sgombra! Intorno al beato con beata Fortuna volteggiate! Accidenti com'è giovane: bella! La città è stata cosrrui1ain cielo. Si chiamava Nubicuculia, ed erail nome di u11accampamento di uccelli che aveva messo il blocco al cielo degli antichi, che aveva isolato il cielo degli dei dalla terra, la quale prima nutriva gli dei col fumo dei sacrifici. Noi siamo i discendenti di quella grande ciuà. Noi abbiamo bisogno di un mondo vasto e di volare in alto, ma sappiamo che, oltre ai castelli in aria e al so1111a0pancia pie11a,esiste la lunga traccia delle fondamenra di Thélème. La via verso la stella di Dostoevskij sarà aperta dai nipoti di Ciolkovskij. OC) ..... . Gargantua per una lite dei suoi sudditi, ai quali non erano state degli umanisti impugna11do il bastone della croce. Sarebbe stato Ampiezza e storicità di concezione del romanzo di Cervantes ~ pagate delle focacce. Picrocole sognava di conquistare a11cheil sconveniente usare come mazza tutta la croce. Dopo la vittoria, il li roma11zo cavalleresco viveva fianco a fianco con la favola, ] mondo intero, di conquistare le terre francesi, a partire da quelle frate ricevette il diritto di fondare sulla ridente riva della Loira la rubandole spazio. Grazie alla stampa, il romanzo cavalleresco di- ~ vicine al luogo in cui era cresciuto Rabelais, e poi la Germania, la gra11deabbazia di Thélème, con un mo.Ilopolemico verso tulle le venne libro popolare e si trasformò cosl ne/l'esordio del romanzo di "'
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