Alfabeta - anno IV - n. 37 - giugno 1982

Archivio Storico Ticinese 84 (1980), 86-87 (1981) Virgilio Gilardo!li Fonti per la storia di un borgo del Verbano, Ascona Bellinzona, Ed. Casagrande, I 980 Creature, trovatelli, venturini Bellinzona, Ed. Casagrande, I979 Vita e costumi popolari nell'arte delle Valli e delle Tene Tiànesi Bellinzona, Ed. Casagrande, I969 E eco una lettera un po' fuori del consueto, scritta nel Seicento dal- • la «Sig.ra Morte» probabilmente a un abitante di Brissago (almeno questa è la fictio di un testo appartenente alla «grafica macabra•): «Car.mo et Affettionatiss.mo Amante ti saluto. Sono sforzatta a scriverti queste quattro righe di doglianza, e la causa di questa mia risolutione è proceduta che non ti sei lasciato più vedere, e ciò dubitando, che ti sei scordato di una poverella, che tanto t'amo e t'ho amato sempre di cuore dal tempo che tu nascesti: anzi, con amore sviscerato, differente dagli altri amanti ... Considera il torto che tu mi fai, o Car.mo, e non mi hanno fatto cosi molti altri Amanti, che io ho hautti per il passato, e ne ho al presente, li qualli si ricordeno spesso di me. Ma tu, ingratto, non ci pensi mai? ... Ma io vo sospettando che qualche altra Amante più bella di me ti occupi il cuore, e ti sturbi la mente ... >. La lettera è più lunga, ma tanto basta a fame intendere la natura intrinseca e il degrado regionale e popolare della letteratura secentesca del memento mori. Il testo si trova edito insieme ad altri documenti in un codicetto di Brissago, paese dell'alto Verbano, scoperto da Virgilio Gilardoni che ne parla nel n. 84 dell'Archivio Storico Ticinese. Nello stesso codice la Morte si sbizzarrisce a inviare poesie in ottonari a rime baciate che rimandano al prossimo incontro, col destinatario della poesia, sul cataletto prima del viaggio verso «Altra patria altri Paesi»; oppure rime destinate a coloro che sono tanto lenti e meticolosi nel risolvere le liti per «un poco di tena» e saranno poi cosi «spediti• nel morire. Questi testi fanno sentire una nota realistica che è propria della resa dei topoi letterari da parte della cultura «povera• di origine contadina, che inserisce l'immaginario nella precisione di una misera vita quotidiana; ma fanno sentire anche la crudeltà e la satira di cui sa nutrirsi l'anima del popolo destinato sempre a fare da coro di fronte allo spettacolo della vita degli «altri», i diversi da lui. La filosofia popolare di un comune rustico prealpino del Seicento e Settecento è emblematica di quella che Gilardoni giustamente chiama la «pluralità di paradigmi•, complessità di stratificazioni religiose e pagane, sacre e laiche, nutrite di pregiudizi e di eterne verità: cosi le lettere della Signora "' Morte possono tranquillamente ac- _5 compagnarsi agli Statuti del paese su • ~ uno stesso codice, e cosi le immagini ~ iconiche della detta signora e dello ~ stemma di una conunità. Ognuno dei due versanti della scrittura rende valig do l'altro in un laborioso gioco delle ·l parti, dietro cui sta una secolare sag- " gezza • .., Perché proprio Brissago? Non solo ::; certo perché l'area ticinese collabora ~ con la Lombardia prealpina nell'of- ~ frirci dati sulle vicissitudini della co- --~:·_)..-.icaza. l!()l!jllar~~P..~ e: Cu anche il fatto che Brissago è vicino ad Ascona, area privilegiata dell'immaginario in ogni tempo e amata per questo da tanti poeti; e il fatto che a Brissago ci porta uno xenion di Montale (1,8): «Mi abituerò a sentirti o a decifrarti / nel ticchettio della telescrivente,/ nel volubile fumo dei miei sigari di Brissago», dove pure di un fantasma di morta si tratta, che si muove tra le volute del fumo eone i fantasmi asconesi tra le onde della nebbia in riva al lago. Il caso invita a congetturare legami, come ancora una volta Montale insegna. E cosi da Brissago passiamo al vicino borgo di Ascona, la cui cultura popolare sommersa ha dato segni di riaffiorare alla memoria degli uomini attraverso due importanti operazioni culturali: la stampa del 1980 a cura dell'Archivio Storico Ticinese del volume di Virgilio Gilardoni, Fonti per la storia di un borgo del Verbano, Ascona, e una mostra (1982) del molteplice materiale d'archivio asconese di notevole suggestione attuata n~I Liceo Economico di Bellinzona. Se si aggiungono altri documenti editi in vari numeri dell'Archivio Storico Ticinese e riguardanti la Val Leventina, da tutto l'insieme qualche riflessione si può ricavare non priva di utilità per chi è interessato al problema oggi vivissimo della cultura povera, ovvero dei poveri. E prima venga un'osservazione metodologica: chi studia un'area regionale, metti la lombarda o la ticinese, non deve partire da quello che è l'insieme regionale, ma dai sottoinsiemi o nuclei microregionali i cui caratteri stanno per cosi dire a cavallo fra i caratteri locali e quelli appunto regionali. In secondo luogo mancando un regesto a tappeto delle documentazioni, cioè una «banca dei dati» come si suol dire, ci si deve fermare a quella che Gilardoni sulla scia di Ginzburg chiama la «griglia indiziaria• ;e allora a questo punto ci si accorge che va calcolata l'entità non solo delle presenze, ma delle assenze, dei vuoti non casuali ma dovuti a ciò che oggi diremmo un provocato Black out a livello dell'informazione. Il fenomeno è stato studiato con acume da J. Lotman e B. Uspenskij nel volume Tipologia della cultura (Bompiani, 1975, p. 47) a proposito di quello che i due studiosi russi definiscono il meccanismo sociale della dimenticanza e la loro problematica è stata ripresa da chi scrive qui in Alfabeta 20, gennaio I98 I. Tuttavia i testi ticinesi di cui ora ci si occupa consentono un allargamento della riflessione teorica: vi sono fenomeni sociali rifiutati dal potere ufficiale, ·ma su cui non si esercita l'arma della dimenticanza, ve ne sono altri su cui essa si esercita. som Maria Corti ~ . li rispetto ai modelli ufficiali, il potere mette in opera l'arma della dimenticanza, che consiste nella distruzione dei testi e nel silenzio successivo; si cercano cioè tutti i modi possibili per estromettere i fenomeni in questione dalle riserve della memoria collettiva. Lotman e Uspenskij nell'opera citata insistono a ragione sui due diversi tipi di scomparsa dei fenomeni sociali dalla memoria collettiva: c'è la scomparsa naturale, addirittura positiva dovuta al meccanismo stesso della vita culturale per cui «l'inesistenza di certi testi diviene condizione indispensabile per l'esistenza di altri testi, a causa della loro incompatibilità semantica». E c'è invece la scomparsa provocata dai detentori dei modelli ufficiali della cultura. Nelle culture dove tali modelli ufficiali sono poco o niente flessibili, qualsiasi manifestazione trasgressiva nella testualità della cultura è repressa e scompare. Orbene, la cultura contadina del Ticino, come in varie occasioni Gilardoni testimonia nel commento ai documenti della zona (cfr. i testi citati nel pacchetto iniziale), per le sue origini pagane e la sua distanza dai centri di potere, è assai più aperta e disponibile di quella dei centri culturali (vedi gli usi a proposito dei figli illegittimi, nella zona chiamati «venturini», bellissimo vocabolo che si affianca al più diffuso trovatelli, truvadin ). Ì'. potuto cosi accadere che proprio entro la cultura contadina attecchissero operazioni trasgressive, riti considerati ufficialmente diabolici oltre che eretici. Un esempio interessante è offerto da un dotto del Quattrocento, Domenico Macaneo (odi Maccagno), il qua- ' le nella sua indignazione ed enfasi combattiva contro alcune trasgressioni popolari le cita, sommariamente le descrive, dandoci elementi di giudizio non solo sulla complessa situazione di . questa area ticinese sempre alle soglie di tentazioni eretiche (quindi più tardi riformistiche), ma in particolare su fatti, riti di cui nessun documento ufficiaD ove sta lo spartiacque? Di volta le parla (cfr. la citazione integrale dal in volta esso va ricercato nella Macaneo in Gilardoni, Fonti cit, pp. geografia culturale e sociale della 238-9). zona in esame, cioè ovvio; ma c'è al- •Il Macaneo ci informa che nella meno una regola di comportamento zona vi è gente che irride alla fede sociale che affiora dai testi ticinesi, cristiana, emette altri messaggi: sono i pergamene, carte d'archivio, statuti, bovinatores, gli anathematici, i nebumemorie storiche ecc. e che va certo al lones, che recuperano antiche favole; di là del fatto locale. sono porci del gregge di Epicuro, si Quando la trasgressione nei riguardi raccolgono in silvestribus desertis e dei modelli ufficiali non propone un fanno incantationes. antimodello, essa è denunciata nei Non si sa se si è maggiormente atdocumenti con esemplificazione plu- tratti dal recupero di una testualità rima (è il caso dei maghi e delle stre- popolare sommersa, cioè dall'evento ghe). Allorché invece la società, gran- culturale in sé, o piuttosto dall'univerde o piccola che sia, città o borgo, offre so che affiora: quei boschi fra i monti, scgpali.rlella formazione.cli anriroodel---- iu;.cw..."l!aao-ad •J~ce.Lbovuuuo-· Bibl1otecag1nob1ancq res, gli anathematici, a propiziarsi la natura selvaggia per scoprirne gli arcani, per trasformare in riti sacri la propria secolare tristezza e marginalità sociale. Come si diceva sopra, se non incombe il pericolo di un antimodello culturale, ma si tratta di trasgressioni dentro il sistema, allora la denuncia ha luogo e quello che soprattutto ci può interessare è la tecnica mistificante dell'ingrandimento dei fatti. Al proposito assumono particolare rilievo i testi relativi ai Processi alle streghe, documenti leventinesi del Quattrocento editi da padre Rocco da Vedano nel citato n. 84 dell'Archivio Storico Ticinese. Una osservazione preliminare, di natura semiotica: negli Statuti, come in tutti i documenti in certo senso «pubblici•, il sacro, il giusto, il conforme alle leggi vengono messi in luce attraverso l'uso di espressioni, vocaboli o sintagmi, a cui è conferita stabilità nel codice linguistico della comhnica-. zione sociale in quanto sono considerati vocaboli tecnici; il tecnicizzarsi del. vocabolo o del sintagma vuol dire anche il suo cristallizzarsi: all'intero pro-. cesso è legato il formarsi del costume degli abitanti di una località, di un'area, di una regione. Il discorso vale anche specularmente: il contrario del sacro, del giusto, del legale è pure indicato con termini tecnici, voiti a cristallizzarsi e a formare il costume degli abitanti di una zona: di qua ciò che è dato come giusto e di là ciò che è dato come sbagliato: il regno dell'ordine, che è quello dei segni (immagini e parole) e dei simboli, si costruisce cosi sopra una realtà sociale in movimento e innaturalmente la immobilizza, come in una foto istantanea. Diamo ora qualche esempio di que-. sto meccanismo messo in moto dai· modelli, anzi automodelli del potere ufficiale, mettendo l'occhio sui documenti ticinesi dei processi alle streghe: nella catena di vocaboli tecnici riferiti agli srridoni et striane, cioè agli stregoni e alle streghe, vocaboli ormai con; notati dalla tradizione oltre che tecnici, due prendono particolare rilievo nei documenti: vox e maleficium, il primo causa del processo, il secondo causa della condanna. Ci si accorge però subito che quello che conta nel meccanismo sociale è il primo, la voce di un malocchio, di un maleficio, alla quale è quasi impossibile che non segua in un secondo tempo, dopo un certo numero di pratiche sociali, la condanna, il rogo. e osa vuol dire questo? Un atto linguistico, che si manifesta in un enunciato, se diffuso socialmente, diviene verità: nessuno in questi documenti ha visto un maleficio, ma tutti i testimoni hanno udito la vox, hanno sentito dire che il tale oppure la tale ha fatto maleficio a qualcuno o che il tale o la tale appartiene a una famiglia sui cui membri corre la vox di stregoneria (antiqua domo sua habuit illam vocem; il latino è grammaticalmente debole, ma il modello sociale è tragicamente forte: Petrus de Croce è una brava persona, è un valens homo, ma la voxsulla sua famiglia si è impressa, e non c'è niente da fare); la vox è come un fato e ha tutto il potere rovinoso delle cose fatali. Nulla più di questa vox ha potere illocutorio e perlocutorio; il vocabolo tecnico si fa cosi polisemico nell'area dcw-e si sit11anQÒ.-dl.e.._oontrnio.-al..sa.- 4 ero, al giusto, al legale: è la vox populi uguale alla Vox Dei, perciò definitoria; è sul piano legale un indizio soggetto a ripetizione ad opera dei testimoni che si seguono al processo, sicché un indizio diviene dieci indizi e la raccolta dei testimoni faceva parte del meccanismo messo in moto dal potere costituito a danno dei poveri sospetti; è inoltre sul piano del costume sociale segno della identificazione fra la nominatio e il reale: in certo modo nomina sunt consequentia rerum, se uno è detto striane o una è detta stria, lo è. Se il povero sospetto cerca di conquistarsi qualcuno del paese regalando del formaggio, ciò moltiplica i sospetti;se il poveretto, richiesto da un vicino di un po' di latte lo dà, si sentirà dire al processo che da quel momento il latte del vicino per maleficio è diventato meno grasso di prima. La suggestione collettiva è il risultato sociale di quell'ordine segnico che si è sovrapposto alla società viva e finisce con l'identificarla con lo stesso automodello ufficiale. Due spinte contrarie, quindi, coesistono: quella di una cultura per cosi dire bachtiniana-popolare, di cui rarissimi sono gli indizi, e quella di una cultura influenzata dai modelli di lettura del mondo dominanti in tutte le class_i;in movimento la prima, stabilizzata per secoli la seconda. Lo strano però non sta qui, ma nel fatto che, al di là della sopravvivenza documentaria, al di là delle presenze e delle assenze, nella memoria contadina si verifica una autoaccumulazione delle due culture i contrasto. 1proverbi, le massime popolari, i racconti serali nella stalla, alcune delle raffigurazioni iconiche (per cui cfr. i vari testi citati, fra cui anche Vita e costumi popolari nell'arte delle Valli e delle Terre Ticinesi) lo confermano. In quest'ultimo libro alla tavola XXVII c'è qualcosa che ci consente di chiudere con un ritorno al nostro tema iniziale del memento mori popolare; oggetto della tavola è una parte del noto drappo di Mergoscia, che è un drappo,di velluto nero con cantonali di lino intagliato e ricamato che riproducono lo schema popolare del trionfo della Morte, cioè quattro teschi con le ir.segne del Re, del Papa, del Prete e del Contadino; bellissimo il contadino, la cui falce è insieme simbolo di vita in quanto strumento agricolo e simbolo della Signora Morte: un teschio che ride, almeno cosi mi è parso vedendolo. È verosimile che quanto si trova nel Ticino si trovi in altri luoghi della cultura prealpina; certo è che sul grande palcoscenico della cultura popolare contadina molte scene ebbero luogo, molte rappresentazioni del bene e del male, di Dio, del diavolo e dell'uomo che oggi vorremmo riprodurre in base alle rare didascalie della Storia, ma solo una lenta combinazione di metodi interdisciplinari, da quelli della paleografia a quelli della ricerca erudita storica, dialettale, antropologica, della ricerca economica, ai m_etodistimolanti della semiotica volta alla tipologia delle ·culture, potrà far fare dei passi in avanti. Allora gli uomini potranno specchiarsi meglio nel loro passato e concludere con Pascal che tutti i mondi sono compresi l'uno nell'altro, in modo che non c'è atomo che non racchiudà in s6 un universo e non c'è universo che non sia esso stesso un atomo.

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