Alfabeta - anno IV - n. 37 - giugno 1982

Mensile. di informazione culturale Giugno 1982 Edizioni Cooperativa Intrapresa Via Caposile. 2 Numero 37 • Anno 4 Lire 2.S00 20137 Milano Spedizione in abbonamento postale gruppo 111170 A. Graziani: Del sud * G. Galll: Il 7 aprlle nel giugno '82 * M. Corti: Cultura so111111ena E. Floranl Leonettl: Quando crolla Il pavimento * A. Baracca e A. Yulpl-1: Contro Prlgoglne Ditta di riti aHI «Wltldewla»: Regolamento * E. Alllu: I nouveaux 6conomlstes E. Mml: 01111N"ceinesi * P. Ylclnelll: YldeoFll111Festhral * Cfr. * Indici 12-36 * U. Yolll: Burocrati e mallutorl M. Guatterlnl: Danza drastica * A. Porta: Sette stesure * N. Lorenzlnl: Ancora Baudelalre R. Luperlnl: Tempo, poesia, lnforlllClllca * A. Cavaliere: La guerra degll Annltrenta F. Ravanoll: L'enunciazione * C. For111entl: Negri, Il senso del te111~ * M. Mmau: Il coslddeHo «coslddeHo» Giornale del Glornall: Teleglomall * Poesie di F. Dlon ... lvl * Immagini: I rlkalll di Wltldewla Bibliotecaginobianco

Festival Poliphonix di poesia diretta, video, performances e musica Parigi ' Dal 21 al 29 giugno 1982 , 60 poeti musicisti, performers e autori di video di 15 Paesi Tragli altri: DickHiggins, Robert Filliou, WolfVostell, Jean Dupuy, Futuracon ValeriaMaglie ArrigoLora-Totino, MichelMcClure, Linton Kwesi Johnson,grupporock La souris degulinguée, Goelle Leandre, H. N. Enzensberger, A. P. De Mandiargues, Khamsa, BrionGysin, BemardHeidsieck, Julien Blaine, JacquelineDauriac. AmerlcanCenter (21 e 22 giugno) Goethelnstltut (23giugno) MuseoGeorgePompldou (Dal 24 al 28 giugno) SpazioalternativoRoquette (29giugno) Witkacy «génie multiple»: pittore, uomo di teatro, filosofo, studioso di estetica, fotografo, fu molteplice per la varietà di interessi e delle curiosità, per l'insaziabilità delle passioni e della conoscenza, per l'incessante lotta contro gli altri ma anche con se stesso. Ed ancora per la sua schizofrenia tra arte e vita, tra il desiderio di incarnare il proprio pensiero estetico e filosofico e la quotidianità antieroica del periodo della maturità che lo vide fallire laddove si riproponeva il successo (il suo «hauptwerk», come scherzosamente chiamava la sua opera filosofica fondamentale, Concetti e Principi implicati dal Concetto di Esistenza, pubblicato a sue spese, fu un fiasco completo), e forzato a ritrarre, in forme splendide e selvagge, la «buona società» del tempo, che lo considerava un «dziwak», uno strambo. Molteplice dunque: il motivo del «doppelganger» che lo segue passo· passo nei suoi romanzi, si riproduce esplicitamente in uno splendido autoritratto fotografico, dove Witkacy, in divisa di ufficiale della guardia, siede ad un tavolo in compagnia di altri quattro se stesso, dalla medesima espressione diabolica ed impenetrabile, le mani adagiate sul tavolo, quasi ad evocare una magica e «nera» partita a carte. La condizione di Witkiewicz fu - come.ebbe a scrivere il filosofo R. InSommario Augusto Graziani Del Sud (Scrini sul Mezzogiorno,di M. Rossi-Doria) pagina 3 Maria Coni Cultura sommersa (ArchiviostoricoTicinese;Fontiper lastoriadi un borgodel Verbano,Ascona- Creature, trovatelli, venturini - Vita e costumi popolarinel/'artedellevallie delleterreticinesi, di VirgilioGilardoni) pagina 5 Eleonora l!iorani Leonetti Quando crolla il pavimento (Critica della ragione scientifica, di AA. VV.; I modellidellascopertascientifica, di N. R. Hanson) pagina 6 Angelo Baracca e Angelo Vulpianl Contro Prigogine (La nuovaalleanza,di I. PrigogineeI. Stengers). • pagina 7 Eric Alllez I nouveaux économistes (L'economieretrouveér - Demain le capilalisme, di H. Lepage;L'economie de l'offre - Mannaie et monétarisme,di H. C/eaver) pagina 9 Edoarda Masi Ombre Cinesi (Ombre elettriche,rassegnadi film cinesi tenutasia Torinodal 25.2 al 8.3.1982) pagina IO Cfr. pagine 12-13 lndld 12-36 pagine 15-18 Uco Volli Burocrati e mattatori (Otello, regia di A. Piccardi; Enrico IV, regiadi A. Ca/enda;Supplementodel CorrieredellaSeradel27.3.I 982;L'epocadelle sovvenzionie l'attorefunzionale,di C. Me/- dolesi) pagina 19 Commùculoee ■I collabonlori di «AJr■bela,, garden - quella di un pesce gettato a riva, costretto a prolungare la propria agonia. Di fatto egli ricercò sempre la bellezza allo stato più spasmodico e contratto, all'interno di una società che per lui fagocitava la quintessenza dell'uomo per trasformarsi in un moloch opaco ed inerte. Si tratta di un itinerario attraverso la sofferenza, nei suoi aspetti più viscerali e quasi patologici, itinerario illuminato particolarmente dalla sua opera figurativa, quasi del tutto sconosciuta in Italia. Pur ritenendosi «morto all'arte» e considerando altrettanto morta l'arte per se stesso, quest'artista senz'arte riuscì a fare della propria vita e di tutto ciò che andava componento un'evocazione di un rito drammatico, della tragedia di esistere. Il sistema-Witkiewicz, vale a dire l'insieme della sua opera pittorica-teatrale-letteraria-filosofica, è compatto, senza incrinature, attraverso di esso si intravede una personalità complessa e affascinante che plasma e ricicla in maniera originalissima gli elementi più disparati. Witkacy raccoglieva le «curiosità» in album di cose particolari od esotiche, spinto da una analoga passione dei Dadà; il suo museo di particolarità prevede una collezione di «reliquie di gente famosa, fotografie di personalità, oggetti anatomici (un brandello di pelle umana tatuata!), piante allucinoMarinella Guatterlni Danza drastica (Unosguardodal corpo,di G. Celant;New dancesin America,di M. B. Siegel;Drastic Classicism,di K. Armitage e R. Chatam; Steps, Single score, Steps li, di D. Reitz; ValleyCottage,RotaryAction, di B. T. Jones e A. Zane;Fursea/,di Eiko-Koma; Ch. Moulton Dance Company; Mo/issaFenley and Dancers) pagina 20 Niva ·Lo,enzinl Ancora Baudelaire (Scrittisull'arte,di Ch. Baudelaire;Miti e figuredelmoderno,di F.Rei/a; li Novecento, di L. Luperini) pagina 22 Flavia Ravazzoli L'enunciazione (Materialifilosofici VII n. 4/5, dedicatoa Pragmatica enunciazione discorso; La cultura del narcisismo,di C. Lasch) pagina 23 Marina Mlzzau Il cosiddetto «cosiddetto• _ (Come nello specchio,di AA. VV.; Eco e Narciso. Parole e silenzi nel conflitto uomodonna, di M. Mizzau; Potere, sapere e analisi della civiltd,di A. Gargani) pagina 25 Culo Formenti Negri, il senso del tempo (Macchina tempo, di A. Negri; Lucrezio e il materialismo pacificato- Lo stoicismo per esempio, di M. Vegetti;Lucrezioe leorigini della fisica, di M. Serres, La violenza e il sacro,di R. Girard) pagina 28 Giornale del Giornali Telegiornali A cura di /ndex-Archivio Critico dell'Informazione pagina 30 Finestre Giorgio Galli li 7 aprilenel giugno '82 pagina 4 Patrizia Vicinelli VideoFilmFestiva/ pagina li Antonio Porta Settestesure pagina 21 Alik Cavaliere La guerradegliAnnitrenta pagina 27 apertura (con tutti i dati bibliografici, prezzo e paginecompresi) giunga a una sostanziale valutazione orientativa insieme agli apporti teorici e Le collaborazioni devono presentare i seguenti criteri dell'autore dell'anicoJo sul tema; requisiti: c) che, insieme alla piena leggibilità di tipo gene disseccate, stampe, lettere, disegni erotici giapponesi», bastoni da passeggio, oggetti magici legati alla cabala e a/l'occultismo. Questo gusto feticistico di sposare gli oggetti più diversi in una « WunderKammer» macabra che sconvolge la loro funzione originaria, non solo richiama un analogo gusto classificatorio surrealista, ma rievoca conseguentememe la predisposizione di Witkiewicz ad un «parassitismo» che lo vede sfruttare e rubare-nel teatro come nella letteratura - titoli e situazioni, tipi e battute per sconvolger/i con accostamenti irriverenti e blasfemi. Non lontano da tutto ciò si trova la fotografia, una passione perseguita con fedeltà fin dalla prima infanzia. Come per le migliaia di esemplari usciti dalla sua « {)itta di ritratti», Witkiewicz qui colleziona volti umani, concentrando la sua attenzione sui particolari più intensi ed evidenti: la bocca, il naso, gli occhi. Si tratta del/' «inquadratura stretta», ideata dall'autore e realizzata con modi caserecci (un tubo di scarico applicato ali'obiettivo) che permette di ritagliare nei visi uno stretto rettangolo e di esaltarne i particolari, con risulratisplendidi e sorprendenti. Giovanna Tomassucci Poesie Franco Dionesalvi pagina 23 Le immagini I ritratti di Witkiewicz alfabeta mensile di informazione culturale dellacooperativaAlfabeto Comitato di direi.ione: Nanni Balestrini, Omar Calabrese, Maria Corti, Gino Di Maggio, Umberto Eco, Francesco Leonetti, Antonio Porta, Pier Aldo Rovatti, Gianni Sassi, Mario Spinella, Paolo Volponi Redai.ione: Carlo Formenti, Vincenzo Bonazza, Maurizio Ferraris, Bruno Trombetti (grafico) Art director Gianni Sassi Edizioni Intrapresa Cooperativa di promozione culturale a r.1. Redai.ione e amministrai.ione Via Caposile 2, 20 I 37 Milano Telefono (02) 592684 Coordinatore editoriale: Giovanni Alibrandi Composizione: GDB fotocomposizione, via Tagliamento 4, Milano, Tel. 5392546 Stampa: Rotografica s.r.l. via Mas.simoGorki, S. Giuliano Milanese Distribuzione: Messaggerie Periodici Abbonamento annuo L. 25.000 estero L. 30.000 (posta ordinaria) L. 40.000 (posta aerea) Inviare l'importo a: Intrapresa Cooperativa di promozione culturale a r.1. via Caposile 2, 20 I37 Milano telefono (02)592684, Numeri arretrati Lire 5.000 Conto Corrente Postale 15431208 Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 342 del 12.9.1981 Direttore responsabile Leo Paolazzi Tutti i diritti di proprietà letteraria e artistica riservati tamente dalla direzione del giornale, pcrcht derivano da scelte di lavoro e non da motivi preferenzialio personali. Tutti gli articoJi inviati alla redazione sono esaminati, ma la rivista si compone prevalentemente di colJaborazioni su commissione. Il 7 giugno comincia la seconda fase del caso 7 aprile. Preparatevi leggendo i resoconti del processo di primo grado celebrato nelle redazioni de eia Repubblica» e d'Unità>. - ~•• -- ~- ... -- - t..•• ~~·a.~=t _..._._..- .. - ·--~--;~·~ =A:-- - ~,,,--~~ _ .. _ :. (· ~ ~:s '"~ ,...~ e ~,=-~ ~_i). -· ~ # [! :..· ..1~ ~:-:-:=:.:.-: ,.': Èf = :-= ....... ~_:" ----·--- ~ .•....:-=--- - ~ § ·• Pr~ a mezzo stampa il 7 aprile con una introduzione di Ida Farè e Tiziana Maiolo e con una lettera di Toni Negri COM 2 Editrice «Io credo che, prima o poi, questo ltbro sarà acquistato nelle scuole e utilizzato nei seminari universitari per vedere come lo stato democratico-autoritario del capitalismo maturo funziona e fa funzionare i suoi poteri» Toni Negri \mus Quaderni di stooisemi'.n:i maggio-agosto 1981 Testi visivi Omar Calabrese La sintassi dtlla vtrtigine. Sguardi, specchi e ritraili Hubcrt Damisch Us voir, dis-lu; d les decrire Louis Mario La d,scription du tableau et le sublime en peinture: sur un paysagede Pouuin Allonso Procaccini A/berti and The "Point• o/ Perspecliv~ Francesco Ca.setti I bordi dell'immagine a) che ogni articolo non sia piil di una pagina espositivopiuttostochesaggistico,siadatodove~ del giomaJe, ci~ al massimodi 7 canelle di 2000 utile e possibile un cenno di spiegazione o di li Comitato direttivo :: battute, con un'accettabilità fino a 9-10 cartelle richiamoaiproblemieagliaccenamentianteriori S O . . (dovendo altrimenti procedere a taglie rinvii pro- sull'argomento o sul campo. N.B. Gli articoli devono essere inviati in triplice 11:J rgBntZZBZIOne B CUfB lungati); La maggiore ampiezza dell'articolo o il suo ca- copia. L'autore deve indicare: indirizzo, numero eu..,iani .e, di Jean Jacques Lebel b) che il riferimento diretto sui libri indicati in rattere non recensivo sono sempre proposti diret- di telefono e codice fiscale. ~ '-------------'------'------------------------------,-----------------------'----------::--:-----:---"'<= B1bliotecag1nob1anco

,.., " .5 ~ e,. "' 00 "' o ., ~ ·.., " ,.., :: Manlio Rossi-Doria Scritti sul Mezzogiorno Torino, Einaudi, 1982 pp. 207; lire 20.000 L a storia del Mezzogiorno negli ultimi venti anni, che Manlio Rossi Doria traccia nei suoi Seri/li sul Mezzogiorno, è la storia di una lenta e contrastata presa di coscienza della realtà meridionale, delle classi sociali che vi si possono identificare, del ruolo effettivo svolto da ciascuna di esse. Convergono in questa analisi la lunga attenzione che Rossi-Doria ha riservato alla società meridionale e l'intensa partecipazione che lo ha reso protagonista di tutte le fasi più salienti dell'evoluzione del Sud: dalla riforma agraria degli anni cinquanta, ai tenta- .tivi di programmazione degli anni sessanta, all'inserimento contrastato dell'agricoltura meridionale nella politica comunitaria negli anni settanta, fino allo sconvolgimento del terremoto e alle vicende della ricostruzione con cui si è tragicamente aperto il decennio ottanta. Una fede incrollabile nelle possibilità che il Mezzogiorno progredisca verso la costruzione di una società democratica traspare da queste pagine unita ad un lento ma incessante ripensamento che investe l'individuazione degli strati sociali sui quali è concretamente concepibile far leva per una trasformazione del Sud. Nel dopoguerra, Rossi-Doria, considerando superate le posizioni del vecchio meridionalismo, sia nella versione rivoluzionaria di Gramsci, sia nella versione liberista di Giustino Fortunato, si accostò alla corrente del nuovo meridionalismo, che si faceva propugnatrice di un deciso intervento pubblico, volto a realizzare nel Mezzogiorno una politica di opere pubbliche, nell'intento di stimolare un processo di sviluppo industriale. «Ho sempre giudicato e giudico saggia, egli scrive, l'impostazione data alla politica dell'intervento straordinario nel 1950. Nella situazione del paese e del Mezzogiorno qual era in quel momento, sarebbe stato impossibile, sarebbe stato follia, pensare all'immediato avvio di un processo di industrializzazione. L'unica via che fosse possibile seguire era quella di attenuare la disoccupazione manifesta, di migliorare la struttura agraria, di avviare un processo di intensificazione della produzione agricola e di eseguire sistematicamente un programma di opere pubbliche straordinarie con il doppio intento di un generale migliorament9 delle condizioni- di vita delle popolazioni e di creazione di una serie di infrastrutture -. ·1. ·~; \ ·~/li,;. \ ' ~ ! . ·, " \ .' '. \ \ . ! I • I ' . i ; I. ! ' ~~ ,·'; ! I_ Del Sud di base, capaci di costituire le premesse per un successivo processo di industrializzazione» (pag. 20). E, con decisione ancora maggiore: «Su di un punto le incertezze - che dieci anni or sono avevano ancora una certa consistenza - sono definitivam_ente scomparse: lo sviluppo del Mezzogiorno o sarà uno sviluppo principalmente industriale o non ci sarà affatto• (pag. 28). La scelta dell'industrializzazione portava con sé due esigenze imprescindibili, che Rossi Doria affrontò con estrema chiarezza fin dall'inizio. In primo luogo, l'estensione del settore industriale alle regioni meridionali. avrebbe inevitabilmente incontrato l'opposizione delle regioni del Nord. già avviate sulla via dell'industrializzazione da oltre mezzo secolo, ma ancora tutt'altro che consolidate sulla scena internazionale. Di qui la necessità di esigere il riconoscimento del problema meridionale come problema nazionale, tale da sollecitare l'attenzione non soltanto delle· popolazioni direttamente interessate ma dell'intera collettività. In secondo luogo, un programma di intervento pubblico poneva l'esigenza di una pubblica amministrazione dotata di quadri agguerriti, capaci di superare le difficoltà dell'ambiente, di resistere alle pressioni locali, di indurre nuovi modi di agire e di pensare. Inutile dire che simili speranze dovevano generare altrettante delusioni. Lo sviluppo industriale del Mezzogiorno incontrò le resistenze non soltanto e non tanto delle regioni più avanzate del Nord, quanto degli stessi ceti dominanti del Sud. La profonda trasformazione indotta nel Mezzogiorno dalla spesa pubblica, sia attraverso le opere pubbliche realizzate dalla Cassa per il Mezzogiorno, sia attraverso l'intervento della riforma agraria e la legislazione che aveva favorito la formazione di una estesa piccola proprietà contadina, aveva operato una radicale trasformazione nei ceti dirigenti, ma non in senso progressista. I vecchi ceti possidenti, i tanto deprecati proprietari assenteisti del latifondo, cosi come la borghesia minore proprietaria di appezzamenti costieri, vedeva ridotto il proprio peso sociale, o risultava trasformata in detentrice di rendite urbane in luogo delle precedenti rendite agricole. Al suo posto, sorgeva una nuova borghesia di funzionari ·che, in una società dominata dai flussi di spesa pubblica, occupando posizioni chiare nella pubblica amministrazione finiva per raccogliere nelle sue mani il potere nella misura più ampia. Essendo il potere di costoro fondato sul controllo Augusto Graziani dei fondi pubblici, essi riuscivano (e tuttora riescono) ad esercitare la loro autorità nella misura in cui l'economia del Mezzogiorno conserva la struttura di economia sussidiata, legata non già al mercato bensl al sostegno pubblico. Ogni passo verso la creazione di un tessuto produttivo autonomo avrebbe rappresentato per la nuova borghesia di stato, un netto passo indietro. Non vi è quindi da stupirsi se quel tanto di industria che è nata nel Sud sia stata legata a grandi iniziative, in buona parte connesse alle imprese a partecipazione statale, e comunque tutte finanziate attraverso sovvenzioni e sussidi finanziari. Lf industrializzazione che segnava il passo, l'agricoltura delle zone interne che diventava sempre più misera al confronto con il reddito che il lavoratore delle regioni avanzate riusciva ad ottenere, produssero l'aprirsi dei canali migratori in un deflusso di popolazione di dimensioni bibliche. L'ideale, di portare il Mezzogiorno ad un assetto di piena occupazione, ideale che per un istante, all'epoca della riforma fondiaria e della creazione della Cassa per il Mezzogiorno, era parso quasi realizzabile, si rivelò poco più di un sogno. mangiare a sufficienza perché secondo il vecchio detto mangiava 'pane ed erba cotta' - questa miseria non esiste più nelle zone interne. E questo sostanziale progresso è dovuto all'emigrazione> (pag. 100). Benessere materiale e disoccupazione, modernizzazione e clientelismo, grande impresa e lavoro nero si intrecciano nel Mezzogiorno di oggi in un groviglio che pare inestricabile, e che è comunque ben lontano dall'ideale di progresso democratico che il nuovo meridionalismo si prefiggeva come obiettivo. Il Mezzogiorno, proprio nelle zone più dinamiche, vive «uno sviluppo caotico, instabile, precario, irrispettoso di ogni ordine e civile disciplina ... e soprattutto una vita amministrativa e politica incapace di dar soluzione ai problemi di fondo di una società in sviluppo, di fare ordinatamente funzionare gli elementari servizi civili, dominata dalla innumerevole schiera dei piccoli mediatori politici, appartenenti ad ogni partito, interessati ad imprimere carattere clientelare a tutti i rapporti, compresi quelli che nascono sul terreno del collocamento, della previdenza sociale, dell'azione sindacale> (pag. '6). Forse non è facile dire con sicurezza quale sia l'insegnamento che RossiDoria trae da questa complessa quanto deludente esperienza. Ma è certo che la sua fiducia in un riformismo illuminista la cui azione scaturisca dalla saggia lungimiranza e dalla generosità delle regioni più avanzate e delle classi sociali più responsabili, appare oggi assai più pallida di quanto non fosse venti anni or sono. Oggi la sua analisi non parte più dai bisogni del Mezzogiorno per procedere all'individuazione dei mezzi tecnici per soddisfarli, ma procede con prudente realismo dall'analisi della struttura di classe della società meridionale all'individuazione degli strati sociali che sono in grado sia di costruire da soli una società diversa, sia di esigere una amministrazione pubblica diversa, che non sia mera espressione di un potere ed uno strumento di rapina. L e conclusioni che Rossi-Doria trae da questa rassegna delle forze aprono la porta ad una speranza. li Mezzogiorno non è più una società polarizzata fra un ristretto ceto privilegiato ed una massa contadina che langue nella miseria e nell'ignoranza. Nuove figure sociali, sia pure con fatica, stanno emergendo. Da un lato, si va affermando, anche se in misura numericamente limitata, una nuova imprenditoria locale; dall'altro il rientro degli emigranti non rappresenta soltanto, come accadeva in passato, il ritorno di anziani desiderosi di riposo e intenzionati a vivere sul risparmio accumulato, ma anche il riappropriarsi di energie ancora fresche e pronte ad impegnarsi in nuove attività produttive in cui transfondere le esperienze acquisite all'estero. «Gli agricoltori debbono rendersi conto che le stazioni sperimentali, gli studi, i servizi servono a ben poco ... se non trovano agricoltori organizzati in modo da servir di stimolo a quelle istituzioni e da utilizzarne i risultati. L'esempio degli agricoltori francesi dovrebbe e~ser per loro di ammaestramento. Il progresso non è stato, infatti, in questo caso, la conseguenza di un'illuminata azione governativa - che è venuta soltanto in seguito - bensl dell'accordo tra gli agricoltori più avanzati> (pag. 87). Queste sono le forze vive del Mezzogiorno di oggi. Nella misura in cui queste nuove energie sapranno esplicare un'attività costruttiva, ripristinare un'economia di mercato in luogo del groviglio clientelare oggi dominante, e imporre un rapporto democratico fra cittadino e amministrazione, è lecito sperare anche per il Mezzogiorno in un avvenire diverso. Non è una via facile né pacifica, dal momento che il percorrerla significa rovesciare i ceti parassitari oggi detentori del potere: «L'ostacolo principale alla formulazione, all'avvio, e alla realizzazione di una politica di sviluppo delle zone interne è un altro... Per adoperare un'espressione che i contadini usano quando parlano tra loro, l'ostacolo principale è rappresentato da quelli che essi chiamano i 'pirucchi' - i pidocchi- ossia l'attuale classe dirigente che ba il mestolo in mano nelle zone interne, come in tutto il Mezzogiorno> (pag. 106). Liberarsi dai pidocchi non è un processo blando e sereno. Le rivolte che di tanto in tanto sono esplose violente nel Mezzogiorno ne sono testimonianza concreta; ma anche una rivolta è già un segno di risveglio. «L'ultimo e forse più importante insegnamento che dalla rivolta di Battipaglia possiamo trarre, scriveva Rossi-Doria nel 1969, ~ appunte, questo: ~ in atto ormai nel Mezzogiorno la rivolta contro il modo prevalente di condurre la cosa pubblica, la contestazione dei lavoratori alla società politica, al modo di essere delle stesse organizzazioni di sinistra e sindacali> (pag. 7). Mezzogiorno di fuoco, lo denominava allora Rossi-Doria. Si può sperare che quel fuoco non si sia estinto? Nel Mezzogiorno, opere pubbliche e grande industria producevano si uno sviluppo veloce del reddito e cancellavano i segni dell'antica miseria, ma milioni e milioni di meridionali, senza alcuna reale assistenza da parte delle autorità statali, dovevano faticosamente trovare lavoro e sussistenza in altri paesi. «Personalmente, scrive Rossi-Doria, debbo dichiarare che non avrei mai creduto di potere vivere tanto a lungo da vedere la fine della miseria contadina di queste zone, e invece l'ho vista. Oggi la miseria contadina - la miseria della gente che non aveva scarpe, che viveva nelle capanne o in una sola stanza, che non aveva da ..,..:'· I . , I I t ~ I, , r; I ·\ I I l I 1 I I f ! I' I q ( " ! I ·\·-~-~- >; ; I <, . ,_.·., ( I • ·\"(~-- . ; / I /f .:· I ,.:.. . .. ,,~"' /, J , .. · (-· ; : I j ' ........... ___ l r '-- ' )

U na analisi, dal punto di vistadella scienza politica, del numero monografico che la rivista Critica del Diritto ha dedicato al processo del 7 aprile,può partire da due valutazioni cruciali. La prima è la domanda che GiancarloScarparipone a conclusione del suo articolo « Le ragioni di Calogero (e quelle degli altri)»: «Perché tutto questo?... perché processando Autonomia alcuni pensavano non solo di eliminare le sue frange armate ma di risolvere anche, radicalmente, il problema che essa,nelle sue variearticolazioni, rappresentava?... Daquestopunto di vista sapere se Calogero aveva ragione allora non basta più; e si deve invece cercare di rispondere all'altro più grave interrogativo:perché gli hanno dato ragione?» La seconda valutazione cruciale, di Romano Canosa e Amedeo Santosuosso ne «Il processo politico in ltàlia», potrebbe essere una risposta: «A differenza di altri luoghi dove un ruolo prevalente (nellalotta al/"eversione') è statogiocato dall'esercito (Irlanda) e dagli apparati di sicurezza (Germania), in Italiaun ruolo di assoluto rilievo èstato giocato dall'apparato giudiziario (che) per quanto duro possa essere... 'deve' necessariamenteosservaredelle regole. Questo dato... sembra confermare (la tesi)sullo Stato tardocapita/isticocome Stato autoritario di diritto... tale da costituire un modello per tutti gli stati tardoborghesi». In realtà l'Italia si trova in una posizione intermedia tra l'Ulster e la Germania; il partito armato non aveva l'esteso appoggio sociale dei cattolici irlandesi, ma non eranemmeno il ristretto gruppetto tedesco. Dai dati che sono emersi negli ultimi quattro anni, si può parlare di una retedi migliaiadi persone, di settori di insediamento in zone specifiche (fabbriche, ospedali, scuole). L'azione della magistratura italiana non è dunque affatto un modello per stati tardocapitalisti (vedo in questa analisi e in questa terminologia un'eco di tante schematizzazioni errate della sinistrasul «modello» italianoierinella lotta di classe, oggi nella repressione). L'azione della magistratura è invece adeguataallo specifico «casoitaliano», allanecessitàdellaclassepolitica (chesi identifica con lo «stato democratico») di fronteggiare un antagonismo sociale politicizzato sufficientemente estesoper crearepericoli specifici ai suoi componenti (Moro; ma anche i minori), anche se assolutamente troppo debole per minacciare davvero le istituzioni. La rivista critica l'asserzione di Calogero di aver agito il 7 aprile nella convinzione che fosse vicino il momen117 apn1el!!l.,,9iugno '82 di sicurezza. L'insieme dei cittadini italillniera abbastanza indifferente a questa situazione. Lo si vide nel dibattito del 1977 in occasione delprimo grande processo alle Bra Torino, con le polemiche sullaposizione degli intellettuali; lo si vide durante il rapimento Moro (la mobilitazione inizialefu di sinistrae nel timore di un «golpe» di destra); se ne ebbe conferma nei risultati elettorali successivi (1979 e /980/8/ ): nelle grandi città colpite da quegli episodi la sinistra nel suo insieme non arretra, i voti persi dal Pci della «fermezza» vanno sovente ai radicali «garantisti»o ai socialisti «trattativisti». Mase questa è lasituazione generale, la classe politica non può comunque, dal punto di vista della sua legittimazione ali'esercizio del potere, non garantireal massimo possibile tutti i suoi membri e tuttigli appartenentiaigruppi chehanno formato quattro generazioni di militanti dellasinistra. E cioè che nel momell/o crucialedello scontro di classe questo scontro assume anche le forme della lotta armata e che il «proletariato» vi si deve preparare. È anzi dovere specifico di chi rappresenta o afferma di rappresentare questa classe sociale, dare mano a questa forma di preparazione. Si sostiene che gli imputati del 7 aprile non sono in carcereper avere enunciatoin generalequestaposizione teorica (propria fino a qualche anno fa di tutta la sinistra); ma per averne fatto derivare un comportamento (loro e di altri) che si configura in reati. Da quel che ho letto (anche nelle sentenzedi rinvio agiudizio) i reatispecifici, se provati, appaiono, situazione per situazione, di modesta entità; furti di quadri, di cavalli, di francobolli, aspifatti), collega ·questo tracciato concettuale al «delitto Moro» (sintesi delle preoccupazioni della classepolitica); e pone tutte le condizioni giuridiche per rispondere alle esigenze del 7 aprile e anche del processo del /982: trasformare la minaccia che la classepolitica avverte nei termini prima indicati (non insurrezione, ma stillicidio), in unarisposta chepossa esserepresentatacome difesa dello stato democratico. I termini che uso in questa analisi sono quelli di un grande studioso conservatore, Gaetano Mosca. Suo è il concetto di classepolitica, suo quello di formula politica, cioè della definizione che la classepolitica dà del sistema del quale è alla testa: monarchia di diritto divino nel/'«ancien regime», democrazia rappresentativa (o stato democratico) nel nuovo. Va aggiunto che l'ultimo Mosca rivaluta le istituzioni par/amento dello scontro frontale e gli contesta professionali citati, i più minacciati, e talitàaccordataa qualchericercato. Per tari, dapprima assai criticate. che possa reggere l'imputazione di or- una cui dissaffezione, eventualmente alcuni detenzione di armi e documenti La nostra classepolitica si identifica, ganizzazione de/l'insurrezione armata ampliantesi per mancanza di sicurezza (falsificabili) atti alla loua armata e la evidentemente, con lo stato democraticontro lo Stato. personale, avrebbe creato un principio famosa «banda armata» che ne deriva. co «nato dalla Resistenza» (la costituUnavalutazionepolitica credopossa di destabilizzazione diffusa e anche una Il collegamento tra questi fatti e ciò zione del 1948). Identifica gli attacchi confermare questo giudizio. Né Auto- perdita di immagine a livello interna- che preoccupava la classe politica portaticontrodiessacomeattacchiallo nomia (comprese «le sue frange arma- ziona/e. (omicidi, rapimenti, ferimenti di per- stato democratico (il che è speculare te» di cui parla Scarpari), né l'insieme In sintesi: Autonomia e le sue teoriz- sonate del/'establishment ai vari livelli) alla logica delle Br che catturando del «movimento» posteriore al I 977 zazioni (derivazione di un movimento è dato dalle enunciazioni teoricheche li Moroparlano di «attaccoal cuoredello (Br, Prima linea, le varie «formazioni dal quale avevano origine anche altre determinano. È l'analisi di questa sini- stato»).Vede in Autonomia (insieme di combattenti» con le loro radicisociali) esperienze sfociate nella lotta armata) strache motiva quel «ex ore tuo tejudi- teorie, di analisi e di comportamenti sono mai state in grado di promuovere non erano tanto forti da promuovere co» che sintetizza la posizione dei so- presi singolar111e11p1oeco pericolosi, una azione insurrezionale; e a/l'inizio l'insurrezione armata, ma avevuno stenitori del «teorema Calogero» i qua- ma costitutivi di una «area di pericodel I 979 questo «movimento» nel suo peso sufficiente per preoccupare la li annotano pu111igliosame11a1nenate di lo») un pulllo di riferimento dell'antacomplesso era in declino come presen- classepolitica. La «politicità» del pro- pubblicazioni, opuscoli, volalllini. gonismo sociale, nel quale maturano za sociale anche se (eproprio forse per cesso del 7 aprile sta, a mio avviso, in Cioè: i teorici dell'Autonomia rite- personalità che possono poi passare questo) aveva perfezionato il suo appa- questo. nevano possibile e imminente la guerra allalotta armata. Il processo del 7 aprirato «militare» (soprattutto le Br). Questo approccio permette forse di civile in Italia (analisi a mio avviso er- le è anche il processo a/l'antagonismo Questo apparato aveva un retroterra capire meglio il collegamento tra rata). Su questa base suggerivano al sociale sconfitto. sociale, come si è detto, ed era in grado "espressionedi una opinione e respon- «proletariato»di armarsi (insegnamen- A questo proposito va rilevatoche se di colpire, sia pure marginalmente, sabilità di atti specifici, che è uno degli to di Gramsci o istigazione a delinque- l'erroredi.Autonomia e del movimento quella che definiva «la struttura di aspetticruciali della vicenda del 7 apri- re?). Unaserie di comportamenti setto- è consistito nell'ipotizzare una situacomando» dell'establishment: leader le. ria/i erano dati da Autonomia a prova zione di possibile guerra civile e una politici (più allaperiferia che al centro, Dalpunto di vistateorico,gli imputa- della validitàdel primo assumo (guerra classeoperaia disponibile a combattersalvo Moro); imprenditori, dirige/lii e ti non hanno detto nulla di diverso, per civile) e del secondo (il proletariato si la, l'errore del gruppo dirigentedel Pci mantenendo però la spinta sociale dei ceti subalterni a un livello tale da conservare o accrescere il potere contrattuale del partito. Senza /'ava/lode/ Pci, l'operazione 7 aprile sarebbe stata impossibile. Ma questaoperazione e in generalel'avallo all'impostazione Dc volta a presentare il terrorismo come problema principale del Paese,si è risolta in una attenuazione globale delle spinte sociali. Oggi il Pci si chiede perché non si sciopera alla Fiorquando il sindacato lo chiede, un sindacato che ha di fronte una Confindustria tanto sicura di sé da non voler nemmeno cominciare le trattative per rinnovare contratti da tempo scaduti: Licenziamenti e cassa d'integrazione programmata hanno riportato rassegnazione e timore nei settori sociali che sono la forza del Pci. La valutazione in termini di scienza politica delle vicende del 7 aprile sarebbe incompleta, se non arrivasse a registrareche, a Mestre, il 1° Maggio seguito ali'assassinio di Pio La Torre ha visto la minor partecipazione operaia degli ultimi anni. È il simbolo del fatto che per ridurre un antagonismo che non era rivoluzionario, ma diffuso, attraverso un «apparato giudiziario» chepure «osservadelle regole» (Canosa e Santosuosso: su questo punto concordo) il Pci e anche il «teorema Calogero» hanno avallato una interpretazione delladinamica socialedell'ultimo decennio che ha segnato non solo la sconfitta di Autonomia (scrittanel suo essereminoritaria), ma anche del disegno del Pci riassunto nella formula «partito di lotta e di governo>: al governo non ci è andato e la lotta si è esaurita. E ancora una volta è simbolico che Pio La Torre sia stato uccisoper aver cominciato a rilanciare in Sicilia capacitàdi lotta e di mobilitazione che il Pci ha contribuito a logorare ed a spegnere quando si manifestavano su scala nazionale. Sotto l'aspetto storico, si può dire che come altre volte la sinistra ufficiale e maggioritarianon è riuscita a far coincidere la sconfitta della sinistraminoritarioe rivoluzionaria con la vittoria di quella maggioritaria e riformatrice: il_ I 979 può essereperciò paragonato, se non al /922 (la democrazia rappresentativa rimane) al /948 (che chiude il ciclo di dinamica sociale iniziato nel /943). Il comportamento del vertice del Pci ha fatÌo cogliere alla classe di governo un successomaggiore di quanto sperasse: intendeva garantirela sua «struttura di comando», si è trovata a veder esauritaogni spinta sociale innovatrice. Per questo il processo che inizia a giugno mi pare emblematico non soltanto della sconfitta di Autonomia, ma anche della sconfitta di quello che essa riteneva il suo principale avversario, cioè il Pci. Naturalmente, nonostante questa duplice sconfitta, la società italiana rimane caratterizzatada tensioni latenti e il Pci rimane una grande forza politica,forse in grado di elaborareuna strategia diversa da quella minimalista dei secondi anni Settanta. I sistemi politici occidentali conoscono cicli alterni di ondate moderate e progressiste. Una nuova ondata progressista in Italia richiedeuna letturadelladinamica socialepiù recenteche non è quella del «teorema Calogero». li processo del 7 aprile può esserne l'occasione, soprattutto per il Pci. Altrimenti sarà soltanto la sanzione della vittoria moderata, magari in vista di una piattaforma propagandistica per elezioni che seguano quelle del I 979 (preparate, appunto, dal 7 aprile). capi intermedi, soprattutto a Torino - quanto riguarda il pu1110cemrale, da sta armando). come parte della classepolitica è consi- Critita del diritto con problemi per la Fiat - ma anche a quanto è stato detto da «maestri» della Calogero utilizza tutto specularmen- stito nel riteneredipoter eliminare l'an- nn. 23/24 Ottobre '81 - marzo '82 Milano, a Genova, nel Veneto; magi- tradizione rivoluzionaria (da Bakunin te: trasforma l'analisi in progetto (in- tagonismo nelle sue forme estreme (dal Nuove Edizioni Operaie ] strati,giornalisti, uomini dell'apparato a Marx a Nenni, Toglilltti e Secchia) surrezione) e in preparazione (i singoli. rifiuto del lavoro alla lotta armata), _ pp. 11~. lire 7000 ~ ._ __________________________________________________________________________________ __."<; 1ol1otecaginobianco·

Archivio Storico Ticinese 84 (1980), 86-87 (1981) Virgilio Gilardo!li Fonti per la storia di un borgo del Verbano, Ascona Bellinzona, Ed. Casagrande, I 980 Creature, trovatelli, venturini Bellinzona, Ed. Casagrande, I979 Vita e costumi popolari nell'arte delle Valli e delle Tene Tiànesi Bellinzona, Ed. Casagrande, I969 E eco una lettera un po' fuori del consueto, scritta nel Seicento dal- • la «Sig.ra Morte» probabilmente a un abitante di Brissago (almeno questa è la fictio di un testo appartenente alla «grafica macabra•): «Car.mo et Affettionatiss.mo Amante ti saluto. Sono sforzatta a scriverti queste quattro righe di doglianza, e la causa di questa mia risolutione è proceduta che non ti sei lasciato più vedere, e ciò dubitando, che ti sei scordato di una poverella, che tanto t'amo e t'ho amato sempre di cuore dal tempo che tu nascesti: anzi, con amore sviscerato, differente dagli altri amanti ... Considera il torto che tu mi fai, o Car.mo, e non mi hanno fatto cosi molti altri Amanti, che io ho hautti per il passato, e ne ho al presente, li qualli si ricordeno spesso di me. Ma tu, ingratto, non ci pensi mai? ... Ma io vo sospettando che qualche altra Amante più bella di me ti occupi il cuore, e ti sturbi la mente ... >. La lettera è più lunga, ma tanto basta a fame intendere la natura intrinseca e il degrado regionale e popolare della letteratura secentesca del memento mori. Il testo si trova edito insieme ad altri documenti in un codicetto di Brissago, paese dell'alto Verbano, scoperto da Virgilio Gilardoni che ne parla nel n. 84 dell'Archivio Storico Ticinese. Nello stesso codice la Morte si sbizzarrisce a inviare poesie in ottonari a rime baciate che rimandano al prossimo incontro, col destinatario della poesia, sul cataletto prima del viaggio verso «Altra patria altri Paesi»; oppure rime destinate a coloro che sono tanto lenti e meticolosi nel risolvere le liti per «un poco di tena» e saranno poi cosi «spediti• nel morire. Questi testi fanno sentire una nota realistica che è propria della resa dei topoi letterari da parte della cultura «povera• di origine contadina, che inserisce l'immaginario nella precisione di una misera vita quotidiana; ma fanno sentire anche la crudeltà e la satira di cui sa nutrirsi l'anima del popolo destinato sempre a fare da coro di fronte allo spettacolo della vita degli «altri», i diversi da lui. La filosofia popolare di un comune rustico prealpino del Seicento e Settecento è emblematica di quella che Gilardoni giustamente chiama la «pluralità di paradigmi•, complessità di stratificazioni religiose e pagane, sacre e laiche, nutrite di pregiudizi e di eterne verità: cosi le lettere della Signora "' Morte possono tranquillamente ac- _5 compagnarsi agli Statuti del paese su • ~ uno stesso codice, e cosi le immagini ~ iconiche della detta signora e dello ~ stemma di una conunità. Ognuno dei due versanti della scrittura rende valig do l'altro in un laborioso gioco delle ·l parti, dietro cui sta una secolare sag- " gezza • .., Perché proprio Brissago? Non solo ::; certo perché l'area ticinese collabora ~ con la Lombardia prealpina nell'of- ~ frirci dati sulle vicissitudini della co- --~:·_)..-.icaza. l!()l!jllar~~P..~ e: Cu anche il fatto che Brissago è vicino ad Ascona, area privilegiata dell'immaginario in ogni tempo e amata per questo da tanti poeti; e il fatto che a Brissago ci porta uno xenion di Montale (1,8): «Mi abituerò a sentirti o a decifrarti / nel ticchettio della telescrivente,/ nel volubile fumo dei miei sigari di Brissago», dove pure di un fantasma di morta si tratta, che si muove tra le volute del fumo eone i fantasmi asconesi tra le onde della nebbia in riva al lago. Il caso invita a congetturare legami, come ancora una volta Montale insegna. E cosi da Brissago passiamo al vicino borgo di Ascona, la cui cultura popolare sommersa ha dato segni di riaffiorare alla memoria degli uomini attraverso due importanti operazioni culturali: la stampa del 1980 a cura dell'Archivio Storico Ticinese del volume di Virgilio Gilardoni, Fonti per la storia di un borgo del Verbano, Ascona, e una mostra (1982) del molteplice materiale d'archivio asconese di notevole suggestione attuata n~I Liceo Economico di Bellinzona. Se si aggiungono altri documenti editi in vari numeri dell'Archivio Storico Ticinese e riguardanti la Val Leventina, da tutto l'insieme qualche riflessione si può ricavare non priva di utilità per chi è interessato al problema oggi vivissimo della cultura povera, ovvero dei poveri. E prima venga un'osservazione metodologica: chi studia un'area regionale, metti la lombarda o la ticinese, non deve partire da quello che è l'insieme regionale, ma dai sottoinsiemi o nuclei microregionali i cui caratteri stanno per cosi dire a cavallo fra i caratteri locali e quelli appunto regionali. In secondo luogo mancando un regesto a tappeto delle documentazioni, cioè una «banca dei dati» come si suol dire, ci si deve fermare a quella che Gilardoni sulla scia di Ginzburg chiama la «griglia indiziaria• ;e allora a questo punto ci si accorge che va calcolata l'entità non solo delle presenze, ma delle assenze, dei vuoti non casuali ma dovuti a ciò che oggi diremmo un provocato Black out a livello dell'informazione. Il fenomeno è stato studiato con acume da J. Lotman e B. Uspenskij nel volume Tipologia della cultura (Bompiani, 1975, p. 47) a proposito di quello che i due studiosi russi definiscono il meccanismo sociale della dimenticanza e la loro problematica è stata ripresa da chi scrive qui in Alfabeta 20, gennaio I98 I. Tuttavia i testi ticinesi di cui ora ci si occupa consentono un allargamento della riflessione teorica: vi sono fenomeni sociali rifiutati dal potere ufficiale, ·ma su cui non si esercita l'arma della dimenticanza, ve ne sono altri su cui essa si esercita. som Maria Corti ~ . li rispetto ai modelli ufficiali, il potere mette in opera l'arma della dimenticanza, che consiste nella distruzione dei testi e nel silenzio successivo; si cercano cioè tutti i modi possibili per estromettere i fenomeni in questione dalle riserve della memoria collettiva. Lotman e Uspenskij nell'opera citata insistono a ragione sui due diversi tipi di scomparsa dei fenomeni sociali dalla memoria collettiva: c'è la scomparsa naturale, addirittura positiva dovuta al meccanismo stesso della vita culturale per cui «l'inesistenza di certi testi diviene condizione indispensabile per l'esistenza di altri testi, a causa della loro incompatibilità semantica». E c'è invece la scomparsa provocata dai detentori dei modelli ufficiali della cultura. Nelle culture dove tali modelli ufficiali sono poco o niente flessibili, qualsiasi manifestazione trasgressiva nella testualità della cultura è repressa e scompare. Orbene, la cultura contadina del Ticino, come in varie occasioni Gilardoni testimonia nel commento ai documenti della zona (cfr. i testi citati nel pacchetto iniziale), per le sue origini pagane e la sua distanza dai centri di potere, è assai più aperta e disponibile di quella dei centri culturali (vedi gli usi a proposito dei figli illegittimi, nella zona chiamati «venturini», bellissimo vocabolo che si affianca al più diffuso trovatelli, truvadin ). Ì'. potuto cosi accadere che proprio entro la cultura contadina attecchissero operazioni trasgressive, riti considerati ufficialmente diabolici oltre che eretici. Un esempio interessante è offerto da un dotto del Quattrocento, Domenico Macaneo (odi Maccagno), il qua- ' le nella sua indignazione ed enfasi combattiva contro alcune trasgressioni popolari le cita, sommariamente le descrive, dandoci elementi di giudizio non solo sulla complessa situazione di . questa area ticinese sempre alle soglie di tentazioni eretiche (quindi più tardi riformistiche), ma in particolare su fatti, riti di cui nessun documento ufficiaD ove sta lo spartiacque? Di volta le parla (cfr. la citazione integrale dal in volta esso va ricercato nella Macaneo in Gilardoni, Fonti cit, pp. geografia culturale e sociale della 238-9). zona in esame, cioè ovvio; ma c'è al- •Il Macaneo ci informa che nella meno una regola di comportamento zona vi è gente che irride alla fede sociale che affiora dai testi ticinesi, cristiana, emette altri messaggi: sono i pergamene, carte d'archivio, statuti, bovinatores, gli anathematici, i nebumemorie storiche ecc. e che va certo al lones, che recuperano antiche favole; di là del fatto locale. sono porci del gregge di Epicuro, si Quando la trasgressione nei riguardi raccolgono in silvestribus desertis e dei modelli ufficiali non propone un fanno incantationes. antimodello, essa è denunciata nei Non si sa se si è maggiormente atdocumenti con esemplificazione plu- tratti dal recupero di una testualità rima (è il caso dei maghi e delle stre- popolare sommersa, cioè dall'evento ghe). Allorché invece la società, gran- culturale in sé, o piuttosto dall'univerde o piccola che sia, città o borgo, offre so che affiora: quei boschi fra i monti, scgpali.rlella formazione.cli anriroodel---- iu;.cw..."l!aao-ad •J~ce.Lbovuuuo-· Bibl1otecag1nob1ancq res, gli anathematici, a propiziarsi la natura selvaggia per scoprirne gli arcani, per trasformare in riti sacri la propria secolare tristezza e marginalità sociale. Come si diceva sopra, se non incombe il pericolo di un antimodello culturale, ma si tratta di trasgressioni dentro il sistema, allora la denuncia ha luogo e quello che soprattutto ci può interessare è la tecnica mistificante dell'ingrandimento dei fatti. Al proposito assumono particolare rilievo i testi relativi ai Processi alle streghe, documenti leventinesi del Quattrocento editi da padre Rocco da Vedano nel citato n. 84 dell'Archivio Storico Ticinese. Una osservazione preliminare, di natura semiotica: negli Statuti, come in tutti i documenti in certo senso «pubblici•, il sacro, il giusto, il conforme alle leggi vengono messi in luce attraverso l'uso di espressioni, vocaboli o sintagmi, a cui è conferita stabilità nel codice linguistico della comhnica-. zione sociale in quanto sono considerati vocaboli tecnici; il tecnicizzarsi del. vocabolo o del sintagma vuol dire anche il suo cristallizzarsi: all'intero pro-. cesso è legato il formarsi del costume degli abitanti di una località, di un'area, di una regione. Il discorso vale anche specularmente: il contrario del sacro, del giusto, del legale è pure indicato con termini tecnici, voiti a cristallizzarsi e a formare il costume degli abitanti di una zona: di qua ciò che è dato come giusto e di là ciò che è dato come sbagliato: il regno dell'ordine, che è quello dei segni (immagini e parole) e dei simboli, si costruisce cosi sopra una realtà sociale in movimento e innaturalmente la immobilizza, come in una foto istantanea. Diamo ora qualche esempio di que-. sto meccanismo messo in moto dai· modelli, anzi automodelli del potere ufficiale, mettendo l'occhio sui documenti ticinesi dei processi alle streghe: nella catena di vocaboli tecnici riferiti agli srridoni et striane, cioè agli stregoni e alle streghe, vocaboli ormai con; notati dalla tradizione oltre che tecnici, due prendono particolare rilievo nei documenti: vox e maleficium, il primo causa del processo, il secondo causa della condanna. Ci si accorge però subito che quello che conta nel meccanismo sociale è il primo, la voce di un malocchio, di un maleficio, alla quale è quasi impossibile che non segua in un secondo tempo, dopo un certo numero di pratiche sociali, la condanna, il rogo. e osa vuol dire questo? Un atto linguistico, che si manifesta in un enunciato, se diffuso socialmente, diviene verità: nessuno in questi documenti ha visto un maleficio, ma tutti i testimoni hanno udito la vox, hanno sentito dire che il tale oppure la tale ha fatto maleficio a qualcuno o che il tale o la tale appartiene a una famiglia sui cui membri corre la vox di stregoneria (antiqua domo sua habuit illam vocem; il latino è grammaticalmente debole, ma il modello sociale è tragicamente forte: Petrus de Croce è una brava persona, è un valens homo, ma la voxsulla sua famiglia si è impressa, e non c'è niente da fare); la vox è come un fato e ha tutto il potere rovinoso delle cose fatali. Nulla più di questa vox ha potere illocutorio e perlocutorio; il vocabolo tecnico si fa cosi polisemico nell'area dcw-e si sit11anQÒ.-dl.e.._oontrnio.-al..sa.- 4 ero, al giusto, al legale: è la vox populi uguale alla Vox Dei, perciò definitoria; è sul piano legale un indizio soggetto a ripetizione ad opera dei testimoni che si seguono al processo, sicché un indizio diviene dieci indizi e la raccolta dei testimoni faceva parte del meccanismo messo in moto dal potere costituito a danno dei poveri sospetti; è inoltre sul piano del costume sociale segno della identificazione fra la nominatio e il reale: in certo modo nomina sunt consequentia rerum, se uno è detto striane o una è detta stria, lo è. Se il povero sospetto cerca di conquistarsi qualcuno del paese regalando del formaggio, ciò moltiplica i sospetti;se il poveretto, richiesto da un vicino di un po' di latte lo dà, si sentirà dire al processo che da quel momento il latte del vicino per maleficio è diventato meno grasso di prima. La suggestione collettiva è il risultato sociale di quell'ordine segnico che si è sovrapposto alla società viva e finisce con l'identificarla con lo stesso automodello ufficiale. Due spinte contrarie, quindi, coesistono: quella di una cultura per cosi dire bachtiniana-popolare, di cui rarissimi sono gli indizi, e quella di una cultura influenzata dai modelli di lettura del mondo dominanti in tutte le class_i;in movimento la prima, stabilizzata per secoli la seconda. Lo strano però non sta qui, ma nel fatto che, al di là della sopravvivenza documentaria, al di là delle presenze e delle assenze, nella memoria contadina si verifica una autoaccumulazione delle due culture i contrasto. 1proverbi, le massime popolari, i racconti serali nella stalla, alcune delle raffigurazioni iconiche (per cui cfr. i vari testi citati, fra cui anche Vita e costumi popolari nell'arte delle Valli e delle Terre Ticinesi) lo confermano. In quest'ultimo libro alla tavola XXVII c'è qualcosa che ci consente di chiudere con un ritorno al nostro tema iniziale del memento mori popolare; oggetto della tavola è una parte del noto drappo di Mergoscia, che è un drappo,di velluto nero con cantonali di lino intagliato e ricamato che riproducono lo schema popolare del trionfo della Morte, cioè quattro teschi con le ir.segne del Re, del Papa, del Prete e del Contadino; bellissimo il contadino, la cui falce è insieme simbolo di vita in quanto strumento agricolo e simbolo della Signora Morte: un teschio che ride, almeno cosi mi è parso vedendolo. È verosimile che quanto si trova nel Ticino si trovi in altri luoghi della cultura prealpina; certo è che sul grande palcoscenico della cultura popolare contadina molte scene ebbero luogo, molte rappresentazioni del bene e del male, di Dio, del diavolo e dell'uomo che oggi vorremmo riprodurre in base alle rare didascalie della Storia, ma solo una lenta combinazione di metodi interdisciplinari, da quelli della paleografia a quelli della ricerca erudita storica, dialettale, antropologica, della ricerca economica, ai m_etodistimolanti della semiotica volta alla tipologia delle ·culture, potrà far fare dei passi in avanti. Allora gli uomini potranno specchiarsi meglio nel loro passato e concludere con Pascal che tutti i mondi sono compresi l'uno nell'altro, in modo che non c'è atomo che non racchiudà in s6 un universo e non c'è universo che non sia esso stesso un atomo.

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