Alfabeta - anno IV - n. 34 - marzo 1982

Narrare descrivere Ph. Hamon Introduction à l'analyse du desaiptif Paris, Hachette Université, 1981 pp. 268, fr.fr. 106 S. Agosti Tecnkhe della rappresentazione verbale in Flaubert Milano, Il Saggiatore, 1981 pp. 135, lire 12.000 AA.VV. Flaubert à ·1•oeuvre Paris, Aammarion, 1980 pp. 217, fr.fr. 70 AA.VV. «Gustave Flaubert». Les Ades de la Journée Flaubert (Università di Fribourg, 1980) Fribourg, ed. Universitaires, 1981 Memorie di Madame Ludovica manoscritto anonimo fra le carte di Gusta ve Aaubert, a cura di A. Capatti Milano, Il Saggiatore, 1981 pp. 90, lire 5.000 P ur presente in tutti i sistemi semiotici che si fondano sulla rappresentazione (verosimile) della realtà - e ferma restando la variabilità storica circa il rispetto di tale canone - la descrizione sembra costituire un pr:>blema solo nell'ambito della rappresentazione verbale, o meglio, in quella sua manifestazione ortodossa che è la letteratura. Se, infatti, per descrizione si intendono tutte le determinazioni particolari che servono a individuare o a caratterizzare personaggi, ambienti o cose nell'accezione più ampia, si potrà immediatamente riscontrare una prima divaricazione nell'uso che ne faranno, da un lato, i sistemi semiotici ad alto tasso mimetico (tutti quelli che inscrivono la loro diegesi in uno schema più o meno spazializzato: cinema, teatro, arte figurativa) e, dall'altro, l'arte cosiddetta verbale, la letteratura appunto, costretta a veicolare i propri contenuti rappresentativi sul solo asse della temporalità. Nelle arti del primo gruppo, infatti, la maggiore resa nel senso della verosimiglianza va ascritta alla compresenza di descrizione e narrazione; meglio, alla naturalezza di questa saldatura, in quanto tutto quello che riguarda l'apporto contestuale (il cosiddetto sfondo, o «décor> o «milieu•), nonché le determinazioni fisiche e aspettuali dei personaggi, «scorrono• simultaneamente al contenuto diegetico vero e quella esistenza «solitaria>. Le indagini più attente che hanno avuto per oggetto la descrizione (Propp, Genette, Barthes e, come specialista del settore, Hamon), indagini tutte riconducibili ad una prospettiva di tipo strutturalista, hanno, per la quasi totalità, concordato nel riservare alla descrizione un posto subordinato rispetto alla narrazione vera e propria, che costituisce il solo apporto determinante, e relativamente fisso, dell'intero apparato narrativo. In altre parole, alla descrizione è concesso di «rivestire» tali costanti, o di riempire gli interstizi fra i vari nuclei narrativi, oppure di lasciarsi decifrare come specola del narrato, ma non di porsi come istanza altrettanto necessitante. Un primo fattore da cui partire per ridare alla descrizione il suo valore, è di riconoscerne la presenza, pressoché proprio. Per questi casi, solo eccezio- costante, lungo tutto l'arco della narnalmente, cioè solo per via di rilievi rativa, dalle sue manifestazioni primistilistici puntualmente sottolineati da tive di «récit» ancora fortemente caparte dei singoli autori, il dettaglio ratterizzate dall'oralità, e pertanto daldescrittivo può essere isolato fino ad le esilissime pause digressive, a quel emergere in primo piano; ma come massimo di espansione che si ha con la norma generale, la descrizione, non narrativa ottocentesca, e fino alle stesessendo caratterizzata autonomamen- se pratiche «dissolutive• della letterate, vive in stretta simbiosi con la narra- tura novecentesca, che in una delle sue zione. forme più estremizzate (Nouveau Tutt'altre sono invece le convenzio- Roman) capovolge addirittura i terni nell'ordine verbale. 1n questo cam- mini normali d'integrazione fra depo, anche per quel settore della lette- scritto e narrato. ratura che si richiama con maggiore Ora, se l'estensione quantitativa energia all'imperativo del «realismo», della descrizione è da annoverare fra la resa verosimile è minore rispetto le variabili del genere narrativo, e deve alle arti del primo gruppo, proprio per essere pertanto indagata con riferii( vincolo inesorabile imposto dall'or- mento ai contenuti del mondo rappredine temporale all'intera rappresenta- sentato, quello che ci preme di fissare e zione. Quel nesso tra descrizione e di puntualizzare criticamente è innannarrazione che nel primo gruppo si zitutto il modulo descrittivo in quanto dava come inscindibile e simultaneo, tale e, in un secondo momento, di verila narrativa è costretta a reciderlo, ficare se la modifica di un certo canone proiettando nella discontinuità della descrittivo (che riconosceremo nell'ocatena verbale quello che là era «natu- pera di Flaubert, per lo meno nell'amralmente• incorporato al narrato. Ed è bito della letteratura francese, che qui allora proprio questa autonomizza- si prende come punto di riferimento), zione che fa della descrizione un pro- non implichi anche una ridefinizione blema eminentemente linguistico e del genere narrativo stesso, ed in parche implica, di conseguenza, che se ne ticolare dei rapporti fra descrizione e Btt,tibtétegaTnb 0d\ a"rtttl Loredana Bo/zan Nonostante l'evoluzione di cui si diceva, e qualunque sia il contenuto da sottoporre a descrizione, il meccanismo di questa appare relativamente fisso: si tratta di scomporre un determinato referente nei termini che lo compongono, sino a proporne la dimensione più caratterizzata (individualizzata) possibile. Va da sé che l'obbligatorietà di un simile procedimento è più inerente ai personaggi che alle «cose», e proprio per ragioni connesse all'accettabilità del senso in un testo narrativo, in relazione soprattutto alla presenza di una onomastica, di volta in volta variabile. F ra gli interventi critici sul problema descrizione (di cui abbiamo riferito sommariamente all'ininarrativo. Ma accanto a queste considerazioni diverse del fatto descrittivo, a più riprese, nel corso del saggio, Hamon ne propone un'ulteriore configurazione, secondo la quale la descrizione costituirebbe la coscienza linguistica dell'enunciato. Il fatto insomma che la descrizione si dia come scomposizione di un termine globale della referenza· (o «pantonyme» secondo Hamon) negli attributi e negli elementi che lo compongono, dà l'avvio ad una serie massiccia di «mise en équivalence» di elementi del reale (e di conseguenza di elementi del linguaggio), procedura che permette al testo di acquisire u_nalto tasso di leggibilità. --~~ zio), il recente libro di Ph. Hamon ha il merito di riproporne la centralità, attraverso un riesame che, per essere tanto analitico, rischia di produrre una valutazione globale fin troppo eterogenea. Per cui, ad esempio, la presenza della descrizione in un testo servirebbe a propositi diversi di tecnica narrativa, dai quali possono perciò scaturire approcci distinti nel considerare il problema. Il punto forse di maggiore estensione nell'uso della descrizione, riguarda il suo valore di indice esplicativo per le serie di dettagli di cui correda le entità di volta in volta introdotte, e che possono servire anche a distanza per la comprensione del testo. Oppure, e qui Hamon si richiama ad una prospettiva greimasiana, l'unità descrittiva, assimilata ad un attante, è suscettibile di offrirsi ad un'analisi in termini di relazioni attanziali, dove appare chiaro che l'atlante può in questo caso «manifestarsi» sotto forma di entità non antropomorfa: un paesaggio, appunto. Ancora, essa potrebbe essere considerata come semplice prodotto di una tecnica narrativa, una sorta di operatore di focalizzazione, che dà rilievi diversi a singoli elementi delliuniverso '•. I Mauro Montanari, Zitron 1 Che queste procedure interessino interi settori di «sapere» (i lessici particolari dei mestieri o delle tecniche) o semplicemente quel modello basilare dell'equivalenza che è dato dal passaggio da denominazione a definizione, secondo il principio messo in atto dai lemmi del dizionario, esse hanno lo scopo di provocare nel testo un effetto di ripetizione, di esplicitazione e, in ultima analisi, di ridondanza. Tale ridondanza andrebbe allora a compensare quella diversificazione, quella trasformazione, quell'incognito sempre incombente che è invece il presupposto dell'ordine narrativo, assicurando in tal modo la leggibilità degli enunciati. In definitiva, sempre secondo questa prospettiva, la descrizione costituirebbe «un'ipertrofia del paradgmatico», contro tutte le altre operazioni narrative che si inscrivono invece sull'asse sintagmatico. Tuttavia, la leggibilità che il testo consegue attraverso le procedure di messa in equivalenza, è una leggibilità che resta tutta di «superficie», in altre parole che investe soltanto il linguaggio o il metalinguaggio ed è per questo che Hamon può opporre le operazioni descrittive, in quanto strutture semiotiche di superficie, alle strutture semiotiche profonde che viceversa reggono la «grammatica» narrativa vera e propria. Ora, a nostro avviso, è proprio la nozione di leggibilità che bisogna sottrarre ad una considerazione meramente linguistica e ricondurre ad una visione in profondità. Ma per far questo bisognerà allora disgiungere (contrariamente a quanto ha fatto Hamon) la descrizione in prosa dalla descrizione in poesia, e partire proprio dalla considerazione del valore di rappresentazione verosimile connesso al genere narrativo. In questo contesto, la descrizione è sl un'operazione di tipo lessicale, ma il cui valore va ben al di là dello strato superficiale del testo. Corredando ogni unità determinante del testo (sia essa antropomorfa o meno) di tutti i connotati che ne rendono possibile l'individuazione, la descrizione va infatti a costituire il fondamento stesso del senso in un testo di tipo verosimile, precisamente coll'operare la trasformazione da genericità a specificità, a quella specificità delle individuazioni concrete attualizzate nel testo; ed è proprio come operatore di specificazioni, e quindi di distinzioni, che la descrizione potrà fondare la leggibilità -e la massima leggibilità - di un testo in prosa. Con una simile premessa, la descrizione diventa sl condizione di leggibilità, ma in maniera preliminare a qualsiasi manifestazione testuale. È questo a nostro avviso il senso fondamentale della descrizione lungo .tutta la stagione in cui il romanzo ha abbracciato il canone della verosomiglianza; ma è anche il luogo che accrescendosi a dismisura ha finito col minare quello stesso senso, fino a modificare e a scardinare i legami reciproci fra narrazione e descrizione. Nell'ambito della letteratura francese che abbiamo preso come campo (implicito) di verifica, è con Flaubert che il valore della descrizione, quale è stato da noi proposto, trova il culmine della sua applicazione, pur racchiudendo nel contempo i germi di nuove possibilità di rappresentazione. Tuttavia la modifica dello statuto della descrizione non va considerata come un riassetto parziale della rappresentazione, poiché implica un riordinamento ben più complesso dell'ordine narrativo, rivelandosi l'effetto (o la causa) dell'alterazione complessiva dei rapporti fra descrivere e narrare. In altre parole, con Flaubert comincia a corrodersi anche il principio della consequenzialità esplicita e lineare che sorregge l'ordine narrativo, e che raggruppa e collega le varie funzioni narrative, imprimendo loro quella forte impronta coesiva tipica del regime della verosimiglianza. Inscrivibili entro questa linea sarebbero ancora i testi flaubertiani che vanno da Madame Bovary alla Légende de saint Julien l'Hospitalier (la distinzione, operata da Agosti, serve a limitare alla prima delle due serie l'ambito della sua ricerca) mentre gli altri, in misura maggiore Bouvard et Pécuchet e minore Un coeur simple e Hérodias, si inscriverebbero in una semplice coordinazione seriale. M a il romanzo flaubertiano non corrisponde più alla prassi 1ella rappresentazione ortodoss~ perché ha mutato radicalmente, anche in relazione allo speciale rapporto inaugurato dall'Autore con il proprio testo, le caratteristiche stesse del narrare e del descrivere. Schematicamente, con Flaubert si darebbe insomma uno spostamento della re/azionabilità dal piano sintagmatico, che accoglie normalmente le relazioni nella loro più stretta coesione di causa-effetto, al .... ,.,.,

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