dor in questo febbraio dimostra che indubbiamente una componente di «politica interna> influenza la percezione della stampa e lo spostamento dei riflettori su questa o quella parte del globo. Dove il commento del quotidiano comunista appare superticiale è nell'addebitare al «razzismo inconsapevole> le omissioni informative. Emerge qui- nella fretta polemica del corsivista - un luogo comune sul funzionamento del sistema informativo che è duro a morire anche a sinistra. Secondo l'opinione corrente, tale funzionamento dipende principalmente dalla «volontà>, più o meno ideologica e/o politica, di coloro che gestiscono i media (proprietari, direttori o redattori). Le cose non sono affatto cosi semplici. È esatta, verosimilmente, l'ipotesi contraria: è il funzionamento «normale ,. del sistema informativo su scala mondiale a «sopprimere> (o letteralmente, a «non produrre>) informazione da certe zone del pianeta, quantomeno a «classificarle> al livello più basso della gerarchia delle notizie. Solo uno sforzo produttivo e una particolare attenzione selelliva (motivata professionalmente o politicamente) da parte dei media può risalire la china, riclassificare notizie, riempire vuoti, etc. Fattori quali il «razzismo> europeo possono accompagnare o «giustificare> questo comportamento del sistema informativo nel suo insieme, ma è difficile vedervi una causa. Si pensi al ruolo delle grandi agenzie internazionali, alla loro «economia> interna, alla struttura stessa dei notiziari esteri di molti quotidiani italiani, così poveri di spazio e di mezzi da rendere ancora più difficile il recupero di informazione che già non circoli nei canali-standard del sistema internazionale. Le ricerche di studiosi come Varis, Nordenstreng, Galtung hanno mostrato che l'asimmetria dei flussi informativi internazionali sta nelle stru11ure stesse che governano tali flussi. Riportare tutto a matrici decisionali su basi politico-ideologiche serve a ben poco per evitare il ripetersi quotidiano di questo tipo di blackout. Oggi si parla del Salvador, mentre il vicino Guatemala subisce una sorta non diversa nella penombra. Attivarsi una ta/1/um su questo o quell'episodio «corregge» solo in misura minima le distorsioni continue che provengono dalle strutture del sistema informativo. Sarebbe opportuno prendere l'abitudine di chiamare in causa anche queste, senza fermarsi alla fenomenologia che può «pagare> di più in termini di polemica politica. Le notizie dal Salvador forniscono un ottimo esempio di quanto detto finora. Alcuni dei quotidiani che il 2 e il 3 febbraio riportano la notizia del massacro avvenuto nella capitale salvadoregna il 3I gennaio, riprendono un'altra notizia che, nei giorni precedenti, era stata «passata> senza eccessivo rilievo anche da testate come L'Unità stessa o li Manifesto. Le informazioni riguardavano un precedente massacro, avvenuto nel mese di C,icembre nella provincia del Morazan. Nella strage sono stati uccisi dall'esercito centinaia di contadini. La notizia è pervenuta soltanto alla fine di gennaio, grazie a due giornalisti del New York Times e del Washington Post che si sono presi la briga di andare nel Salvador e seguire per un mese le formazioni guerrigliere che combattono la giunta di Duarte. La testimonianza dei giornalisti americani ha messo in notevole imbarazzo l'ammiquestione salvadoregna. Il risultato finale: la strage di una ventina di persone ha fatto «scattare» il meccanismo informativo più del massacro dicentinaia di persone, trasgredendo una delle regole più elementari del «far notizia». Ciò è dovuto semplicemente al fatto che il massacro del 21 dicembre è avvenuto nella capitale ed ha perciò potuto essere riferito con una certa prontezza dalle agenzie di stampa internazionali. li massacro del Morazan è invece stato reso noto grazie al lavoro di due inviati in zone emarginate del paese, quindi con un inevitabile intervallo dagli avvenimenti. Ciò è stato sufficiente a far perdere «freschezza» alla notizia, nonostante la sua importanza anche politica, nel contesto 'Usa, e quindi a renderla meno «attraente• per i giornali itali_aniche l'hanno ricevuta solo per riflesso dal New York Times e dal Washington Post. Si deve sottolineare che - allo stato attuale- non ci risulta che nessun quotidiano italiano abbia ancora"p'rovveduto a mandare un proprio inviato nel Salvador. La sola corrispondenza diretta apparsa sui giornali da noi rilevati è quella pubblicata dalla: Stampa del 9 febbraio (L'altro Salvador, quello «liberato»); si tratta però della traduzione di una corrispondenza di un inviato di Le Monde. È evidente che, in tali condizioni, i media italiani dipendono totalmente dall'attività degli inviati stranieri (;imericani in particolare) e dall'informazione di routine delle agenzie. Se lo sforzo «speciale» della stampa estera porta buoni risultati, anche l'informazione italiana ha la possibilità di salire di livello. Ma anche così occorre che l'apparato dei giornali produca la necessaria «attenzione» al lavoro altrui. Un esempio interessante, sotto questo profilo, è offerto dal Corriere della Sera del 18 febbraio, che effettua uno scoop di un certo rilievo grazie ali' «attenzione> del suo corrispondente in America Latina, Giangiacomo Foà, pur se la corrispondenza perviene da Rio de Janeiro, località certo non molto vicina al Salvador. Il titolo di prima pagina su cinque colonne è: Altri 400 contadini massacratinel Salvador I Eccidio in Guatemala: 53 decapitati. È utile, per comprendere il meccanismo delle fonti, citare un brano dell'articolo di Foà: nistrazione Reagan che, negli stessi «La settimana scorsa a Jucuaran giorni, aveva dichiarato al Congresso nella provincia di Usulatan la guardia che la situazione dei diritti umani nel nacional ha assassinato quattrocento Salvador stava migliorando. La dichia- contadini inermi e, come è successo razione era indispensabile per ottene- nella provincia di Morazan nel mese di re che il Congresso approvasse nuovi dicembre, fra le vittime numerosi i stanziamenti e nuovi aiuti militari a vecchi e i bambini. Tre giorni addietro favore del governo di Duarte. un commando di stato maggiore delonostante l'autorevolezza della l'esercito annunciava una vittoria delle fonte e lo scalpore suscitato negli Stati forze armate: oltre 4.500 soldati aveUniti, la notizia, come s'è detto, è pas- vano partecipato a una offensiva nella sata in sordina sui quotidiani italiani zona di Isulatan ed avevano catturato del 29 gennaio, per poi essere «ripe- una ingente quantità di armi, munizioscata» più tardi nel contesto di articoli ni, apparecchi radio e medicinali. suef~ da!}i ulteriori sviluppi d~, Sempre secondo il comun,icato,, nel ~ tu 10Lecag1nou1an o-·-·-· • combattimento erano stati uccisi quattrocento guerriglieri. «Il giorno dopo però la radio clandestina 'Venceremos' smentiva il comunicato ufficiale ed un reporter americano dell'agenzia United Press lnternational si recava a Jucuaran per appurare la verità. 1 pochi funzionari che egli trovava nel municipio del piccolo centro dovevano confermargli che le truppe avevano assassinato quattrocento persone, nessuna delle quali era armata o faceva parte della guerriglia: erano tutti contadini uccisi per il solo fatto di trovarsi nelle loro case. «Per cercare di attenuare in qualche modo l'effetto che la notizia di questa ennesima strage avrebbe provocato nell'opinione pubblica americana, il comando di stato maggiore salvadoregno ha ieri diramato un nuovo comunicato dove viene rettificato il numero dei guerriglieri. uccisi a Jucuaran, che da quattrocento diventano solo una cinquantina». Ancora una volta, è stato necessario lo «sforzo• di un reporter per rompere il blackout su quanto accade nel Salvador, in particolare nelle regioni più decentrate. Si tratta, con tutta evidenza, di una questione di «capacità produttiva» sul campo, poiché contrariamente alla Polonia, non esiste un controllo ufficiale sull'attività degli organi di informazione internazionale. Se il Corriere della Sera - a differenza di altri giornali, fra cui L'Unità - ha Fabrizio, Stigmathe potuto mettere in evidenza il nuovo massacro di Jucuaran, ciò non dipende dal fatto che i giornalisti del Corriere siano meno «razzisti» di quelli di altri quotidiani italiani. Evidentemente, come spesso accade nel complesso mosaico informativo salvadoregno - dove gli eventi debbono essere ricostruiti e controllati pezzo per pezzo anche a distanza di molti giorni - le notizie «scattano» o meno in funzione dei percorsi che ciascun giornale riesce a instaurare fra le fonti dirette sul campo e la propria rete informativa. Ciò non toglie, è bene ripeterlo, che, se il sistema informativo impone uno sforzo particolare per produrre notizie sul Salvador, indipendentemente dall'atteggiamento dei singoli giornali «a valle» del processo, resta pur sempre la possibilità che ciascun giornale compia opzioni riduttive di natura politicoideologica, sia evitando di fare «sforzi in proprio» sia classificando al ribasso le notizie che provengono da sforzi informativi altrui. La componente politica è senz'altro importante nel promuovere un tema alla prima pagina e nel mantenere l'attenzione su di esso. Come abbiamo visto, ancora il 3 febbraio il Salvador «faceva notizia» in prima pagina solo per i quotidiani di sinistra, con la significativa eccezione dell'Avanti!, apparentemente incomprensibile, se si considera la presa di posizione decisamente ostile alla giunta Duarte che, nei f!or~i successi\i,, i,I,Part,ito .~?~i?list~ , avrebbe assunto, fino a far paventare una crisi di governo sulla questione salvadoregna. Bisogna attendere il 5 febbraio (dopo lo sciopero della stampa del 4) perché il tema raggiunga la prima pagina dell'Avanti!, sotto il titolo Per una soluzione politica del conflitto in Salvador / Colloquio di Craxi col leader del fronte democratico. Ed è soltanto il 5 febbraio che La Repubblica si decide a dedicare un titolo (ancora in pagina interna) al Massacro di civili a San Salvador. È solo il 5 che il Corriere della Sera passa il tema in prima pagina, ma «di rimbalzo» dagli Stati Uniti: Contrasti nel governo di Reagan su un intervento nel Salvador/ Gli Stati Uniti di fronte alla tentazione di un nuovo Vietnam. Ormai avviato a divenire una questione importante di politièa italiana, il tema del Salvador, dopo la presa di posizione comunista e socialista, via via «decolla» anche negli altri «grandi» quotidiani. Il 6 febbraio La Repubblica apre la prima pagina con Per• lini a Colombo «Fermiamo le stragi in Salvador»; lo stesso giorno compare anche il commento di Sandro Viola che abbiamo citato all'inizio. L'intervento del Presidente della Repubblica «smuove» anche// Giorno a portare in prima pagina il Salvador. Ma la Stampa resiste ostinatamente e conserva anche questa notizia in pagina interna, mentre il Giornale tace. Solo il 9 febbraio il quotidiano della Fiat pubblicherà in prima pagina un articolo (Gli Usa hanno chiesto ali' Argentina un intervento militare nel Salvador?) e, sempre il 9 febbraio, il Giornale rompe il digiuno con il già citato editoriale di Montanelli. Nel complesso, l'aurea regola della stampa italiana i/ comme1110 è sacro, la notizia è libera (nel senso, beninteso, che si può dare quando si vuole e quanto si vuole, a seconda dei gusti) viene ingloriosamente confermata dalla vicenda salvadoregna. Occorre arrivare al J 3 febbraio, quando sembra imminente una crisi del governo Spadolini sul Salvador, per trovare in quasi tutte le prime pagine la notizia che una televisione americana ha documentato la presenza nel paese centroamericano di soldati americani armati. La nostra analisi è riuscita a focalizzare solo alcuni aspetti del comportamento della stampa italiana. Abbiamo volontariamente privilegiato gli aspetti, apparentemente più tecnici, riguardanti il meccanismo di trasmissione e selezione delle notizie, lasciando in secondo piano gli aspetti interpretativi e di «confezione» delle notizie stesse. Anche su questo piano, del resto, la stampa italiana non è stata molto fortunata. Il 18 febbraio, sulla prima pagina del Corrie_redella Sera si legge il titolo: Haig: non manderemo nostre truppe; la prima pagina della Repubblica titola invece: Haig non vuole escludere l'invio di truppe americane nel Salvador. La stessa «notizia», interpretata in modo opposto, dà luogo a due notizie opposte. Un tocco in più nel calvario del lettore che accompagna quello della popolazione salvadoregna. Il blackout ufficialmente praticato in Polonia non trova corrispettivo in Occidente per quanto riguarda il Salvador. In questa occasione, i media americani sono apparsi particolarmente attivi e aggressivi anche nei confronti del proprio governo. Ciò non toglie che effetti di blackout nel sistema informativo occidentale emergono a un altro livello, al livello strutturale e produttivo. Si tenga presente che abbiamo analizzato gli avvenimenti salvadoregni esattamente nel loro punto di picco rispetto all'informazione. Nei mesi precedenti, il silenzio era più la norma che l'eccezione. Se i media americani, alla fine, almeno nella loro parte più avanzata, hanno mantenuto fede ai principi conclamati della libertà di stampa, non si può dire altrettanto della «grande» stampa italiana, cauta fino alla reticenza, penosamente casuale e lunatica nell'assolvere i compiti più elementari di informazione. '-·•\•! J J J.; I I, I U 1 I Indice dellacomunicazione a cura di /aia Pedemonte e Tiziana Valenti stampa radiofonia cinematografia televisione elettronica telecomunicazione informatica-telematica satelliti pubblicità politica della comunicazione lndex propone agli utenti specializzati un servizio del tutto nuovo per l'Italia: la sintesi quindicinale delle notizie e dei commenti riguardanti i diversi campi dell'informazione e della comunicazione su scala internazionale. La sintesi è realizzata attraverso la rilevazione sistematica di un campione dei principali quotidiani e settimanali stranieri. Uno strumento insostituibile di aggiornamento e di documentazione per chi ha bisogno di conoscere tendenze e fatti del sistema informativo mondiale. L'indice della comunicazione si riceve per abbonamento, alla quota annua di lire 950.000. 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