Alfabeta - anno IV - n. 34 - marzo 1982

Parola di rock S oleva dire il mio maestro Benvenuto Terracini che storia di una lingua è storia della cultura riflessa io tale lingua. In altre parole la lingua è un fiume sulla cui superficie si riflettono le immagini del reale; se mai, sono alcuni linguisti teorici a buttarvi trÒppi sassi che ne fanno sparire le immagini riflesse. L'indagine è bene si indirizzi non solo sulla lingua nazionale scritta e le parlate regionali, ma su tutti i tipi di coaguli linguistici prodottisi in un ambiente specifico, dai linguaggi settoriali ai gerghi. Oggi tutto si consuma velocemente; anche la lingua. Sicché è proficuo puntare di volta io volta l'obiettivo là dove qualcosa sta succedendo; per esempio, negli anni '60-'65 prese rilievo un tipo di linguaggio studentesco assai metaforico e ironico, decisamente scomparso nell'inquietante '68. Chi si recasse allora alle grandi assemblee studentesche immediatamente si accorgeva del cambio di registro del linguaggio, divenuto politico-teoricotecnologico (curiosa simbiosi che salta all'occhio facendo scorrere qualche schedario lessicale di allora). Oggi il linguaggio studentesco è quasi inesistente, la nozione stessa appare ai giovani goliardica e supervacanea. In tale prospettiva non c'è nulla di stupefacente che si porti l'attenzione sul linguaggio della canzone rock, certo più eversivo a suo modo e originale di quello di buona parte della tradizione dei cantautori, che potremmo in discreto numero chiamare «lirico-dipendenti• per via di quel collegarsi a stilemi della poesia alta o della canzone italiana del passato. Ovviamente una ricerca volta alla lingua del rock è di natura documentaria e non implica di per sé un giudizio di valore. Non appare certo agevole né consolatorio il procedere nel bosco del rock italiano non solo perché impreveduti come funghi nascono gruppi e gruppuscoli ovunque anche se con prevalenza nelle terre del Nord (Bologna, Milano, Genova, Torino, Vercelli, Pordenone ecc.), ma perché nel breve scorrere del tempo dal '77 all"81 si sono verificati tanti mutamenti a livello di musica e di linguaggio rock che gli addetti ai lavori, spesso venticinquenni o giù di lì, parlano enfaticamente di «nuove generazioni•. no, divenuto poi il complesso GazNevada). Questo appartiene alla storia; la preistoria porta a cantine bolognesi, a vecchie case abbandonate, a camioncini dove nei primi anni Settanta i giovani creatori del nostro rock si ritrovavano a suonare, discutere, fare canzoni magari recuperabili più tardi, come avvenne nel primo nastro degli Skiantos pubblicato nel 1977 dalla Harpo's Bazar (cooperativa che succede alla Humpty Dumpty e poi sfocerà nella ltalian Records}: si tratta di lnascoltable dove è ripresa una canzone comMaria Corti differente contesto delle due città. Gli Skiantos sono stati forse il gruppo più originale e creativo del rock italiano. L'etichetta o marca di rock «demenziale• (apparsa sulla copertina del loro primo LP, MonoTono, Cramps 1978) non ha certo favorito all'inizio la decodifica da parte di giornalisti e critici musicali: «Noi che facevamo finta di essere stupidi e loro che ci prendevano per dementi veri•, commenta in un'intervista Freak Anioni (cfr. Giancarlo Riccio, Percorsi del Rock italiano, Milano, Il Formichiere, 1980, 12). Cosi Paolo Bertrando in Bologna Rock (Milano, Re Nudo, 1980) può scrivere per la sola città di Bologna: «Ma se rock demenziale vuol dire Onesto Barbieri, cantante, Ragau..i Selvaggi. In alto: Marco Ferraresi, chitarra, T.K. Skiantos, il rock di Bologna conta gruppi a miriadi: GazNevada, Luti Chroma, Windopeh, Naphta, Rusk Und Brusk, Confusional, Andy Forest And The Strumblers, Grusbir, Cheaters, e ne sta uscendo un 'altra generazione ancora, con gente come il Rutter Gropp, gli Stupid Set o i Guttalan. Forse il meglio di sé è già stato dato dal linguaggio rock negli anni 1977 - 1979; comunque il processo di formazione linguistica ancora non è stato illustrato; siamo a terreno quasi vergine, di fronte alla vasta bibliografia musicale. Il rock italiano nasce, come è posta nel 1972, Makaroni. Un pizzico di attenzione non dico al contesto sociale ma persino ai minuscoli eventi del tempo non danneggia: sempre in /nascoltable la frase del coro Permanent Flebo non allude, come a prima vista si potrebbe pensare, alla droga bensl al fatto che in un certo bar di Bologna i giocatori di biliardo prediligevano l'espressione «Fatti un flebo• quando il tiro di qualcuno risultava debole. Gli esempi di questo tipo si potrebbero moltiplicare e richiedono cani da tartufo. noto, a Bologna ove diviene fenomeno N on potendosi per ragioni di spacollettivo nel 1977, all'epoca ruggente zio esaminare qui il corpus con le della morte di Francesco Lorusso, di sue invarianti generali e varianti Radio Alice, soprattutto del «movi- locali, si estrapolano pochi gruppi col mento 1977• che durante il convegno fine modesto di offrire un esemplare di sulla repressione e il dissenso si spaccò analisi; per Bologna si scelgono gli in due, un'ala politica e una detta Skiantos, per Milano i Kaos Rock e le «creativa•; il rock diviene appunto ragazze del Kandeggina Gang (la cui una delle manifestazioni dell'ala crea- cantante ha poi formato un proprio tiva. Né è un caso che proprio a quel gruppo, Jo Squillo Eletrix). Vi è una convegno vi fosse la prima esecuzione profonda diversità di punto di vista fra di un testo rock (Mamma dammi la i bolognesi Skiantos e i milanesi Kaos BI orctlPca'Urlo Moofà n cor la quale gioca certo anche il A disorientare ha senza dubbio giocato un forte ruolo la carica semantica del termine demenza col suo aggettivo, laddove i vocaboli follia e pazzia già dai tempi di Erasmo da Rotterdam (Laus Stultitiae) e lungo tutta una tradizione intellettuale hanno indicato valvole di ricambio, meccanismi di eversione e molle indirette di verità. Nella chiave degli Skiantos, a loro detta, demenza si identifica con «comportamento» contestatario, teso a «stravolgere gli schemi nei quali quotidianamente viene proposto di riconoscerti• (J. Bellafronte nell'intervista edita in Percorsi, cit). A livello creativo ecco il testo Diventa demente edito nel LP Mono Tono, tutto giocato su una esasperala serie di rime baciate e assonanze prese dal campo semantico della opposizione cultura/non cultura: demente I sapiente I deficiente I deludente I ignorante I imponente I niente; e si aggiungano le rime al mezzo del ritornello: la kultura I poi ti cura I con premura. Come questa speciale nozione di demenza violenta la lingua dei testi? Qual è l'impianto formale del testo che poi sarà cantato, gridato, urlato? Sia detto subito che potrà sembrare arbitrario un discorso che separi l'operazione linguistica da quella musicale, vocale e gestuale, ma all'inizio è prassi pertinente se si vuole uscire dalla dimensione del generico. Solo successivamente è possibile misurare la collaborazione dei due mezzi comunicativi; si noterà allora che in prevalenza la parola ha funzione di illustrare la musica, magari fino a dissolversi fonicamente in essa, ma ci sono parecchi casi in cui il punto di vista ironico o drammalico o mimetico nei confronti del reale offerto dalla tematica del testo è quello che determina diversi usi degli strumenti musicali e della voce umana, al di là della costante generale antimelodica. L'operazione insomma è bidirezionale; fermarsi alla sola musica, come finora si è fatto per il rock italiano, è contribuire a una perdita di identità del «genere» in rapporto al jazz-rock, come ha messo già in luce Umberto Fiori in La parola nel rock e l'Europa (comunicazione ancora inedita al convegno «Lorenzo da Ponte e la poesia per musica», organizzato dal Premio Treviso-Co misso nel settembre 1980). In A!"erica, è sempre Fiori ad illustrarlo, il rock a partire dal 1965 circa (Bob Dylan) diviene una «merce musicale di concetto. [....] Anche nelle varietà di rock che non danno gran peso allelyrics, al 'messaggio', le parole hanno la funzione di orientare il destinatario, fornendo assieme ad altre informazioni exlramusicali (grafica, abbigliamento dei musicisti ecc.) una sorta di 'istruzioni per l'uso', un asco!- to preventivo e insieme un'aura ideologica•. Torniamo agli Skiantos, all'insieme di costanti e varianti con cui si sgrava la demenza del gruppo dal 1977 al 1980, data di Pesissimo (Cramps). 1 prelievi dall'italiano sono sempre al registro medio-basso, salvo punte occasionali e con carica ironica, sarcastica, a seconda. Questo italiano basso serve a un trattamento mimetico del reale oppure deformante in chiave drammatica o ironica o giocosa; comunque sia, coopera sempre a un calcolato disordine linguistico del testo. Aggiungasi l'ossessiva rima baciata che si costruisce su un lessico molto ristretto e iterativo, rima che dà un senso di fisicità grezza alla parola, accentuato dagli effetti vocali e musicali, un senso di esasperazione per il codice comunicativo: come un tic che da una parte coinvolge l'ascoltatore, dall'altro blocca volutamente la comunicazione. Insomma, a differenza della canzone tradizionale, quella rock usa rime baciate e rime al mezzo non a legame, ma a frattura del comimwm discorsivo; questa è una novità di cui si deve tenere conto. L'operazione più riuscita, a parer mio, però non è tanto quella della rima baciata stravolta, fenomeno comune a tutti i gruppi rock e, tutto sommato, abbastanza facile; è lo sfruttamento della figura retorica della paronomasia, il mutamento organico di un fonema; per esempio, nel testo lo me la meno del LP Mono Tono la serie delle rime baciate è rotta appunto da interventi paronomastici: «Basta!!: Non voglio più pasta/ odio la posta/ rifiuto la festa ... » Questo uso è abbastanza frequente negli Skiantos e collega vocaboli di campi semantici diversi ma unificati nel rifiuto e nella contestazione, magari umorali e non ideologici. Cosi in lo sono uno skianto, testo che fra l'altro dà la chiave dell'epiteto Skiantos, derivato quindi da un'espressione della lingua «Che schianto!» in origine riferita al rumore improvviso di qualcosa che si rompe, si lacera, poi figurata e gergale («Che schianto!» o «Sei uno schianto!» nel gergo studentesco degli anni Sessanta indicava l'apparire di una bella ragazza), bene, in questo testo la paronomasia dà gli stessi esiti: a fianco delle rime baciateskianto I affranto I tanto I vanto ecco comparire: tanfo, vento, vengo. Quanto alla predilezione, già americaneggiante, per il grafema K (skianto, makaroni, massakrami, banka, panka ecc.) da collegarsi ad altre grafie aberranti come in Karabigniere, penso si tratti di un fenomeno da mettere insieme alle violenze fonetiche e morfologiche che non mancano e costituiscono l'aspetto più ingenuo del rock demenziale (laddove, se fosse stata un'operazione grafica sottile, si sarebbe limitata alla serie analogica, cioè a casi come Kultura; ma forse è pretendere troppo!). L o specifico di ogni gruppo rock, e quindi anche degli Skiantos, vien fuori all'incontro fra tematica e resa linguistico-musicale. Prendiamo il LP Chino/lo (Cramps 1979); ovviamente i testi non corrispondono che parzialmente alla loro esecuzione sia perché la performance nel rock è per principio aperta anche se non giunge al testo libero della free music, sia perché la struttura iterativa delle strofette consente all'esecutore spostamenti, tagli, ripetizioni, varianti improvvisate, inserimenti di nuove parole, di esclamazioni, urli oppure prolungati si-

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