Alfabeta - anno IV - n. 34 - marzo 1982

Croniciataliana Alberto Arbasino: U potere ovunque J. Da molti anni ormai la grande maggioranza degli italiani si ritiene «alternativa• rispetto a una «istituzionalitb che non esiste più da gran tempo. Quale intellettuale anche vecchio e carico di «centralità» e di successo si sente e si vede mai «ufficiale• e non «casual•? Non per nulla, in epoche di perdita del centro, «metropolitano• equivale, rigorosamente, a «periferico>. 2. La gran differenza (o novità) è che la società attuale è ossessionata e dominata dalla nozione di Potere, scorge Potere ovunque, sogna Potere ininterrottamente; e solo in funzione (esclusiva, primaria) del Potere, discute e dibatte ogni aspetto della propria vita sociale e culturale. Avveniva già all'epoca delle Signorie e dei Principati. È anche una fase antropologica paragonabile ai periodi in cui una società «si fissò• preferibilmente sulla Religiosità, o sulla Aggressività, sulla Prestanza Fisica, ò sulla Malattia. 3. Chiunque lavori comunque in Italia ha riacquistato la già perduta «mancanza di ogni responsabilità» per le conseguenze del proprio lavoro o non-lavoro. Le conseguenze, per la comunità e per i singoli, possono essere di volta in volta favorevoli (per il relax, le vacanze, il rifiuto del lavoro, il tempo libero, ecc.), e negative per i ritardi e le lentezze nelle prestazioni di carattere sociale (scuole, trasporti, ospedali, giustizia, ecc.) Tutto questo va conducendo a nuovi equilibri più «sofb che «duri» - non siamo certo in Polonia - e bisognerà vedere se i danni per gli utenti «in attesa• (dei tribunali, delle poste, delle cliniche, ecc.) saranno maggiori o minori dei vantaggi del «lavorare poco• acquisiti e rivendicati dai datori di prestazioni spicciole. (La dama può evitare la Saub, e farsi curare i denti in un ospedale cantonale svizzero spendendo assai meno che da un dentista italiano. li detenuto, invece, non può farsi giudicare entro 24 ore da un tribunale di Zurigo: si troverà di fronte un suo coetaneo magistrato italiano, coi suoi stessi tempi e le sue stesse abitudini.) 4. La «violenza istituzionale• dei giudici ha conseguenze indubbiamente pesanti per alcuni cittadini imputati; però appare omologa e analoga ai diversi tipi di violenza «generale• e «media• nel nostro Paese: «grande violenza• terroristica e gangsteristica, con missili malgrado tante marce contro i missili, e anche ammazzando per una pelliccetla o una catenina; violenza spicciola e diffusa nella praxis quotidiana previdenziale, assistenziale, aeroportuale, commerciale, scolastica, ecc.; violenza «spettacolare• vidimata e ratificata da cicli cinematografici e televisi sponsorizzati da autorità pubbliche, assessoriali, tavole rotonde. Dunque, anhe i giudici appaiono (come tutti) «immersi nel sociale», cioè corrispondenti a tutte le connotazioni contemporanee «all'italiana• e ai nostri «valori• collettivi anuali. (Niente affatto proconsoli inviati da Eisenhower o da Maria Teresa. Al contrario: uguali a noi, con i nostri identici difetti, lamentevoli, però in altri contesti anche rivendicati e vantati come post-moderni o come repèchages.) 5. Esclusione & Controllo ... sono titoli Sllggestivie «da riempir la bocca• in seminari e retrospettive. Nella praxis, rimane da appurare se sia conveniente e opportuno re-inserire i cosid- • detti «malati di mente• in quelle stesse famiglie e in quei medesimi ambienti Un elemento caratteristico della situazione di oggi, nelle società complesse, è la mancanza di un'analisi condivisa dai più o con valore medio di orientamento. È forse utile esaminare i caratteri delle istituzioni, con esempi dei processi in corso, sia nella sfera politica rappresentativa che nell'organizzazione del lavoro, nella prassi giudiziaria, nell'uso del sapere. Ciò può dare forse un modello valutativo di questo periodo, di cui possediamo il termine «a quo» (lo stato di diritto) e non l'alrro termine. O può dare una serie di nocizie dei contesti. Proviamo a indicare alcuni dei quesiti possibili (e proponiamo ad interlocutori d'intervenire con scritti brevi, su uno di essi, o su un altro punto caratteristico emerso nella loro osservazione). I (base). Oggi risulta che «dissenso», «disubbidienza», «trasgressione», sono termini e atti ricorrenti con valenza po/irica, culwrale, comportamentale: e sembrano talora collocarsi come sostitutivi delle forme classiche di opposizione, lotta politica, alternativa. E si ripresenta un movimento di base che porrebbe saldare varie componenti. Che cosa significa ciò? è acuito o ridotto il controllo centrale? c'è uno sli(tamento espansivo oppure una dispersione? Occorre inoltre considerare che nel periodo contemporaneo organismi che si erano posti contro lo -Stato hanno assunto aspetti isriwziona/izzati. I gruppi che non s'identificano con lo Stato corrono il rischio di restare senza rappresentanza e organizzazione politica? E si può pensare che la nuova protesta sociale decada per una procurata difficoltà di organizzazione, oppure essa ha la capacità di sconfiggere i tentativi di legarla? Ancora: già anni fa contro le centrali nucleari si presentava in alcuni paesi una forza d'urto di base; e oggi si ripropone il problema dell'uso di armi che furono causa e terreno e motore di ogni loro angoscia e disturbo. (Ricordo, per esempio, di prima mano, uno perdere la ragione ogni volta rientrando forwsamente nel proprio «territorio», da cui nasceva ogni orrore; e ridiventare un fringuello ogni volta che si poteva abbandonarlo. Ma che vergogna, dover ripetere la tematica dell'Evadere, davanti agli imbranati della psicologia). In quanto ai bordelli, non so quanti preferiscano una «situazione» tra falò e cespuglio, pistola puntata e blenorragia; e quanti invece amerebbero «interni» illuminati con igiene, protezione, tranquillità, possibilità di scelta, mancanza di «lusco e brusco». So bene che non pochi hanno erezioni nella prima situazione, e «fiaschi» nella seconda. Ma non sono né un «esper- •to» né uno statistico. Antonio Negri: Nessnn futuro Può esistere ancora un concetto di «base»? Non voglio entrare nel merito filosofico-politico della questione. Mi basta mettere sul piatto della discussione alcuni stereotipi di movimento, dei movimenti europei per la casa e per la pace, in particolare. J. «No future». Una volta, nel '68, ci si chiedeva: come costruiremo il nostro futuro? Ora: abbiamo ancora un futuro? li tempo oggellivo è segnato Bibl1otecag1nob1anco nucleari e delle postazioni di missili. Quali quesiti su questo fuwro si possono formulare? Il (potere). Alcuni ritengono che nelle nostre società il potere è assai meno esteso e forre che in quelle anteriori. Si aggiunge che non c'è un luogo dove il potere si possa stimare specificamente collocato. Infine si rileva che esso è così imbrigliato dalle strutture di cogestione(di carattere interclassista) che per ridare movimento a queste società occorre la ricostruzione di sufficienti margini di manovra. Ma non può darsi che la forza del potere oggi stia proprio nella sua frantumazione, in modo che esso è in rutti i contesti? E ciò significa veramente, come taluni affermano, che non c'è più un «centro>}? O piuttosto occorre una ridefinizione del potere in quanto è inadeguata l'idea che ne abbiamo? lii (lavoro). Il lavoro è investito da qualche decennio, con un ampio e pressante processo di «isriwzionalizzazione» che parte dalle posizioni di tipo solidaristico-corporativo della carta costilllzionale del I 948 e arriva alle leggi «garantistiche» della prima metà degli anni Settanta in Italia. Ma quando il lavoro si scontra col capitale e le sue necessità di riproduzione, allora esso, nonostante llltti gli a/testati, appare, proprio sullo stesso piano istiwzionale, sfornito di potere. I licenziamenti «per esigenzedellaproduzione» (siala robotica o il decentramento produttivo o altri tagli) non a caso si svolgono come liberi, e i lavoratori colpiti non sembrano più in grado di potersi difendere. Mt1tano i nomi (non ci sono più proprietari e proletari ma «impresa» e anche «prestatori di lavoro») semplicemente? O ciò deriva dai processi d'informatizzazione, che richiedono una particolare conoscenza tecnologica? O mentre mwa la strllllllra produuiva, e con essa muta la stratificazione operaia, si danno forme fin qui impreviste di comando, dal pericolo della guerra atomica, dalla proliferazione dell'industria nucleare, dalla crescente militarizzazione delle metropoli ed in genere del terrritorio (Viva i carabinieri a cavallo!), dalla distruzione della biosfera umana, dalla schiavitù dei rapporti familiari e • di produzione, dalla disoccupazione e dai tagli all'assistenza, dalla prigione, dalla tortura divenuta consuetudine ... Quale futuro? «No future». Può esistere una «base» senza un tempo davanti? Quale base, per che cosa? «Noi pensiamo solo qui e ora». 2. li linguaggio è assolutamente inafferrabile: esso è duplicato secondo infinite dimensioni. La teoria si presenta sempre come controllo sociale. Il linguaggio delle istituzioni è assolutamente coerente con le finalità del dominio e con quelle della dialettizzazione di ogni opposizione possibile. «Sprach/osigkeit»: non parlare. «Sprachlose Ohnmacht an allen Fronten •: muta impotenza su tutti i fronti. Il conoscere nasce solo dall'interesse immediato e non esige la trasformazione in linguaggio. Il potere non è in alto e noi in basso: il potere è dappertutto e si mangia tutti i linguaggi. 3. La rivolta giovanile ha riscoperto il corpo, come unico linguaggio possibile. «Aufstand der Korper»: insurrezione dei corpi. L'angoscia e il tremore verso il futuro ti riportano necessariamente all'immediatezza del corpo. «Freaklich in der Katastrophe»: liberi e irresponsabili davanti al potere. Solo senza corrispondenti forme di lolla? IV (giustizia).// mo.dello classico di realizzazione della giustizia nello Stato democratico borghese è noto: il «potere git1diziario» costilllito da giudici indipendenti dagli altri poteri (legislativo ed esecutivo) è chiamato a «dire» quali comportamenti sono conformi alla legge e quali no, legiuimando i primi e sanzionando i secondi. Il giudice in questo schema si muove come «istanza terza», distinta e superiore rispetto alle parti in conflitto. Tale modello è stato sostilllito in Italia da un altro, nel quale l'attività prevalente dei giudici non è più quella d'istanza terza, ma quella di organi dire/li d'indagine, vale a dire di «parti» difronte all'altra parte rappresentata dagli inquisiti: con l'effetto che, pur agendo nella veste di parti, essipossono privare gli inquisiti della libertà personale per anni. Si pt1ò valutare questo fenomeno come una «violenza istituzionale», oppure valgono per esso altre ragioni? V (esclusione e controllo). La risposta tradizionale a quasi tulle le forme di «devianza» sociale è costituita da dispositivi e meccanismi di esclusione-internamento (manicomi, carceri, !t1oghi chiusi di prosituzione, ecc.) Nel periodo recente si è notevolmente ridallo il numero di questi luoghi. Tale processo sembra tuttaviagiunto al termine; e mentre a/wni di essi sono ritornati a funzionare a ritmo serrato (i carceri), per altri formalmente «abo/itf» si comincia a parlare di riapertura. È possibile che la riscoperta di vecchi arnesi sia sufficiente a realizzare il controllo sociale in queste società? O si possono già prevedere nuovi strumenti e modi nuovi di controllo sociale? Pubblichiamo in questa prima serie le risposte di Arbasino, Negri, Rambaldi. Altre seguiranno nei prossimi .numeri. il corpo dà indicazioni sicure di liberazione. Le possibilità e le alternative vitali si oppongono immediatamente alle determinazioni culturali e alle obbligazioni della società industriale e dell'assetto metropolitano. «Contro la colonizzazione del corpo»: il corpo può essere ricostruito. Liberazione della sessualità come elemento portante: «indubioprolibido». «Pensare qui ed ora»: meglio, un «pragmatismo di lotta» 4. La comunità è l'unico orizzonte. Comunità è casa, è collettività, è pace. Per affermare questi valori bisogna distruggere quelli del potere. «Wertkonservativ gegen Strukturkonservativ»: i valori tradizionali non sono reazionari, anzi, sono rivoluzionari. Possono essere portati contro il potere. La comunità è un elemento sempre nuovo, che rinnova il vecchio, non lo demolisce: «Renovieren stati Demolieren ». La comunità costruisce. Non vogliamo una vita che proceda per Aut-aut noi ragioniamo per Et-et. Il negativo.della comunità è costruttivo: si capisce bene perché il potere attribuisce al negativo una connotazione distruttiva. Le antitesi tradizionali, fra l'essere autentico e l'essere sociale, fra Gemeinschaft e Gesellschaft, fra l'ontologico e l'ontico, fra il mito e la storia, ecc. ecc. non hanno senso. Solo la comunità e l'immediatezza della sua costruzione giudicano di ciò. 5 Il potere non è il male - esso è vecchio e nuovo, vivo e morto, razionale ed irrazionale, capitalista e proletario, ecc. ecc. È impossibile dire qualcosa del potere che non sia equivoco. In effetti l'unica cosa sicura è: «Gewa/t ist», il potere è. li potere va preso dal di dentro poiché è il problema stesso della vita. La Svizzera o la Germania federale sono Groenlandia, un mondo di ghiaccio: tale è il potere. «La rivolta è il rompighiaccio». La rivolta è coestensiva alla totalità: Non è rivolta politica perché tutto è politica. li privato è politico perché non c'è - esso è pubblico. La comunità è pubblica. Non c'è luogo privilegiato della rivolta: c'è rivolta ovunque ci sia potere. L'anarchismo è un vecchio arnese: solo la banda Bonnot è simpatica. Tutto il potere viene dal basso, certo: perché è rapinato dabbasso. Non posso ragionare del potere se non perché vi sono immerso. Distruggere il potere è vivere. «La morte è controrivoluzionaria». Questi sono alcuni, pochissimi, degli stereotipi che corrono nel movimento tedesco. In Italia non si sentono urlare nelle piazze per la semplice ragione che ilmovimento non è ancora tornato sulle piazze. Ma anche in Italia la letteratura giovanile- la musica - l'idioma di ghetto son pieni di questi stereotipi. Chi ha voglia di raccoglierli non potrà che verificarli. li fatto che non si riconoscano d'emblée, significa solo che la separazione fra il mondo della reazione e quello della rivoluzione non è segnato spazialmente. Su tutti gli spazi della società corrono queste due linee. L'antagonismo attraversa tutto. Attraversa tutti gli spazi collocando nella dimensione del tempo l'opposizione. Il concetto di «base» non solo non è definibile: non è rintracciabile neppure anraverso l'inchiesta. Chi inchiesta chi? Con quale linguaggio? Chi rappresenta chi, sia pur solo nella descrizione? Un tempo, quando il concetto di «base» fu per la prima volta smantellato, esso fu tradolto in quello di «contropotere». Che cos'è un contropotere disteso sul tempo della liberazione? che esclude ogni spazio perché è inerente al tutto della società? Ma questo tempo è «no future» - eppure «La catastrofe è ricca». La scienza del controllo sta lavorando sul tema: coesistenza di due culture. Vale a dire che anche la scienza del controllo capitalistico e statuale esclude la possibilità di un recupero del concello di •base». L'unico schema che tenti di assumere la nuova realtà per quello che è, nella dispersione potente dei soggetti irriducibili, è parodossalmente quello neoliberale - un tentativo di concepire la totalità e le sue differenze come mercato. Anche in questo caso il concetto di «base» non si dà: il mercato eguaglia i soggetti e li rappresenta solo come totalità, come risultato. Ma l'immagine neoliberista è già in crisi. Resta dunque solo il problema della coesistenza delle due culture? A me sembra di slma non mi interessa. Come sempre il problema è sapere da ·che parte si sta. Se su una base o dentro una base. lo sto con Calibano, con Papageno, con Herr Pflasterstein. Enrico Rambaldi: La giustizia « Un uomo è accusato di un delitto; voi lo richiudete prima di tutto in un' orribile guardina; non gli permettete di comunicare con nessuno. I testimoni che depongono contro di lui, e che appartengono di solito alla feccia del popolo, sono ascoltati in segreto dal solo giudice con }I suo cancelliere; rinchiuso con loro, il giudice può far dire tutto quello che vuole». (Voltaire)

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