Alfabeta - anno IV - n. 34 - marzo 1982

Beniamin Vft,'91 Bataille Denis Hollier (a cura di) Le Collège de Sociologie (1937-1939) Parigi, Gallimard, 1979 Walter Benjamin Avanguardia e rivoluzione Introduzione di Cesare Cases Torino, Einaudi, 1973 pp. Xli + 238, lire 2400 Lettere 1913-1940 Raccolte e presentate da G.G. Scholem e T.W. Adorno Torino, Einaudi, 1978 pp. Xli + 423, lire 10.000 Critiche e recensioni Torino, Einaudi, 1979 pp. 364, lire 8.000 Georges Bataille L'azzurro del cielo Prefazione di Jacques Réda Torino, Einaudi, 1969 pp. 168, lire 1.400 In una lettera da Hans Mayer inviata a Denis Hollier. curatore del libro Le Collège de Sociologie (Gallimard, 1979), lo studioso tedesco, ricordando il periodo degli incontri con Bataille e della collaborazione al Collège, contesta la data del I8 aprile 1939 alla quale Hollier fa risalire la sua conferenza «Les rites des associations • politiques dans l'Allemagne romantique», ritenendola anticipata di qualche settimana rispetto alla data effettiva in cui la conferenza dovette tenersi. A sostegno di queste tesi, Mayer pone il fatto che il suo exposé era stato previsto dai membri del Collège «come l'ultima riunione prima delle vacanze estive», e aggiunge: ciò «è anche il motivo che, se non mi sbaglio, aveva costretto a rinviare all'autunno seguente una conferenza che doveva fare Walter Benjamin». Se la conferenza benjaminiana non poté aver luogo in quanto proprio nel luglio di quell'anno il Collège cessò ogni attività, la segnalazione mayeriana è tuttavia utile nel metterci sulle tracce del riserbo con cui Benjamin aveva avvolto la sua partecipazione al Collège. Non solo dunque scopriamo in Benjamin un assiduo frequentatore del retrobottega della libreria Galerie des Livres al n. 15 di rue Gay-Lussac dove ogni sabato, poi ogni martedì sera, si svolgevano le séances del Collège, ma egli doveva godere di una particolare considerazione se, come racconta K.lossowski su Le Monde del 31 maggio 1969, poteva assistere ai «conciliaboli» di un gruppo che non si caratterizzava certo per la sua apertura. Ora, conoscendo l'interesse minuzioso e spesso rivolto a fatti marginali di Benjamin per le cose francesi a lui contemporanee, non si capisce perché sul Collège, in cui abbiamo appena visto quanto fosse coinvolto, non dia testimonianza quelque part. Forse un esame più particolareggiato dei suoi rapporti con il Collège potrebbe chiarirci, almeno in parte, i motivi di questo inspiegabile silenzio. Va detto a questo proposito che fin dall'inizio il rapporto tra Benjamin e i membri del Collège si pone sotto il .!; segno del dissenso teorico e dello scong:i tro politico vero e proprio: «sconcerta- <>. to dall'ambiguità dell'a-teologia acéphalienne», dice Klossow·ski,Benjamin rimprovera al Collége di essere su una brutta china e «di fare il gioco di un puro e semplice 'estetismo prefascistizzante'• in quanto, come già era successo con gli intellettuali tedeschi, «il rilancio metafisico e politico del- ~ l'incomunicabile ... avrebbe preparato t il terreno psichico e favorevole al nazi- .; smo». Purtuttavia, dice sempre Klossowski, anche se su questo punto dell'analisi benjaminiana «nessuna intesa era possibile•, e «benché Bataille e io fossimo allora in opposizione con lui su ogni piano, noi lo ascoltavamo con passio-. ne• (si veda la «Lettera su Walter Benjamin», ora riprodotta in parte da Hollier nel libro da lui curato). E la misura di questo ascolto ci è data, tra le altre cose, anche dal fatto che proprio nella conferenza inaugurale delle attività del Collége pronunciata da Bataille e Caillois il 20 novembre 1937, «La sociologie sacrée et les rapports entre 'société', 'organisme', 'ètre'», tra i pochi riferimenti che essa fa figura in chiusura quello al saggio benjaminiano «Parigi. La capitale del XIX secolo». A questo punto sarebbe generico continuare a parlare del silenzio benjaminiano sul Collège, perché dei singoli componenti egli parla invece in diverse occasioni e circostanze, sia dando testimonianza critica delle loro opere, sia informando gli amici lontani della loro attività quotidiana. Valga a titolo di esempio la lettera a Gretel Adorno del 17.1.1940 nella quale, e a distanza clipoche righe uno dall'altro, vengono citati «il nostro amico» Klossowski, Leiris (Benjamin si proponeva di intervenire su un suo «curioso libro»,Age d'homme) e Caillois verso il quale ha dure parole a proposito della «requisitoria antinazista» da lui appena pubblicata, «la cui argomentazione riprende, senza alcuna sfumatura o modifica, quella che occupa i quotidiani del mondo intero». Ancora su Caillois ricordiamo il giudizio fortemente negativo espresso da Benjamin sulla Zeitschrift fur Sozialforschung in occasione della comparsa sulla rivista Mesures dello «studio sociologico». L'aridité, che si conclude con queste parole: «È triste vedere come un'ampia corrente limacciosa sia alimentata da fonti situate ad una notevole altitudine». Sarebbe vano tuttavia ogni tentativo di consultare gli scritti benjaminiani al fine di trovarvi una qualche parola su Bataille. Ciò starebbe dunque a significare che il silenzio di Benjamin non riguardava in realtà il Collège, bensl uno dei suoi membri fondatori e di maggior prestigio: Georges Bataille. O, per meglio dire, il silenzio benjaminiano sul Collège non è che l'effetto del silenzio su Bataille. Silenzio che non a caso viene a coincidere con un momento di svolta estremamente significativo del pensiero di Bataille che, a partire dal periodo '32-'34 (è il tempo della collaborazione alla Critique sociale) si va affermando, secondo quanto sostiene Queneau, nella sua completa originalità. Ma questo «pensatore originale» si presenta a Benjamin con alle spalle un silenzio decisivo: quello su Marx e su Hegel, e se il primo non sarà più citato da Bataille, il secondo, sussunto via Kojève, lo porterà all'incontro con Heidegger. E proprio col pensiero di Heidegger nel suo complesso, e in particolare con la sua teoria della conoscenza nella storia, Benjamin è in totale dissidio fin dall'inizio degli anni '30, a par!ire cioè dalla sua adesione al materialismo storico e dialettico. È di questo periodo (7.3.I931) la famosa lettera a Rychner in cui Benjamin, esponendo le ragioni del suo «modo di vedere materialistico», confessa a un certo punto di sentirsi più vicino «alle grossolane e rozze analisi di un Franz Mehring che alle più profonde perifrasi del regno delle idee prodotte oggigiorno dalla scuola di Heidegger». Mentre sette anni dopo, nella lettera a Gretel Adorno del 20.7.1938 che consideriamo a questo riguardo definitiva, riferendosi a un numero della rivista sovietica in lingua tedesca lnternationale Literatur in cui viene fatto figurare come «seguace di Heideggeu per il suo lavoro sulle affinità elettive, Benjamin commenta seccamente: «La miseria di queste pubblicazioni è grande». Per sgombrare il terreno da eventuali malintesi che potrebbero a questo punto sorgere, diciamo che, malgrado sia in privato che Benjamin muove dure critiche a Bataille, il silenzio del primo nei confronti del secondo non è una faccenda privata, né si può considerare come una sorta di rimozione del pensiero batailliano. Benjamin al contrario ha sempre presente politicamente Bataille, e il suo silenzio è peraltro carico di «allusioni» e di tracce, come in questa «curiosa» lettera, l'ultima, a Theodor Adorno del 2.8. I940 in cui Benjamin scrive: «Ho parlato con Felicitas dell'assoluta incertezza in cui mi trovo riguardo ai dirà tut_tavia la vittoria e'.:ttorale del Fronte popolare del '36, alle soglie della guerra civile. Dall'altro vi è l'intreccio politico rappresentato da una seconda coppia di personaggi: i rivoluzionari di professione Lazare e Miche!, giunti in Spagna per partecipare a fianco della classe operaia agli scontri di Barcellona. Ma Lazare e Miche! si dimostrano incapaci di porsi in rapporto corretto con la lotta politica spagnola e di riflettere sulla loro posizione sociale privilegiata senza rinnegare nello stesso tempo la propria condizione di intellettuali e le proprie competenze specifiche, preferendo al lungo processo di presa di coscienza rivoluzionaria dell'intellettuale la scorciatoia della fede politica e dell'adesione immediata, spontaneista, alla causa proletaria. Cosicché questi due mecenati dello spirito rivoIuzionario che non hanno saputo restare intellettuali e divenire, in quanto tali, rivoluzionari, andranno Maurizio «Mao» Manintlli, basso t synt., Ktrosent miei scritti. (Per le carte dedicate ai Passagen il timore è relativamente minore che per gli altri)». Questo brano sta dunque a testimoniare del complesso rapporto, ricco di sfumature e di risvolti, tra i due, e alla sfiducia politica di Benjamin verso Bataille corrisponde la fiducia che egli nutre sulla conservazione delle sue carte sui Passagen che, messe in salvo al momento della fuga da Parigi nel giugno del 1940, si trovavano nelle mani di Bataille, da lui nascoste alla Bibliothèque Nationale. Se Benjamin tace su Bataille, possiamo perciò affermare che Bataille taccia a sua volta su Benjamin? Sl, se ricercassimo in lui una parola «chiara», diretta o consequenziale. Ma prestare udienza a Bataille, sentire cosa ha da dire su tutto ciò, significa soprattutto prestare udienza ai suoi testi. Orbene, uno ve n'è che ci pare rompere questo silenzio, e nel modo più appropriato: si tratta del romanzo Le Bleu du Ciel la cui stesura finale reca la data del «maggio I935». Questo romanzo, pressoché dimenticato da Bataille e pubblicato solo nel '57, è costruito su un duplice intreccio: da un lato vi è l'intreccio «erotico» dei due protagonisti di estrazione borghese: Troppmann (il narratore) e Dirty, ambientato principalmente nella Spagna delle sommosse e degli scioperi del '34, la cui dura repressione non impeincontro al «naturale» fallimento della loro azione politica, registrato da Troppmann con queste parole: «Lazare e Miche! erano stati liquidati contemporaneamente dai loro amici, in parte come francesi estranei alla Catalogna, in parte come intellettuali estranei agli operai. Seppi più tardi che il loro affetto e il loro rispetto per Lazare li avevano messi d'accordo con uno dei Catalani che aveva proposto di allontanarla come straniera all'oscuro delle condizioni della lotta operaia a Barcellona» (c.n.). Rappresentanti «inconsapevoli» della concezione dell'intellettuale come «esponente dello spirito» che largo seguito ebbe negli ambienti intellettuali di sinistra degli anni '30, Lazare e Miche! sembrano modellati sul saggio benjaminiano L'autore come produttore che, come ebbe modo di scrivere Benjamin all'amico Scholem, «prende posizione su problemi attuali della po_litica letteraria». Fermo restando che né il romanzo di Bataille né il saggio di Benjamin possono rivendicare diritti di originalità teorica in campo politico, e lasciando all'altrui interessamento il pur meritorio scrupolo filologico di verificare se quel 27 aprile I 934 Bataille si trovasse al parigino Istituto per lo studio del fascismo ad ascoltare la conferenza benjaminiana su L'autore come produitore, soffermiamoci invece su quanto i due testi hanno di politicamente affine. È a questo livello che si profila la giuntura Benjamin-Bataille, dove L'autore come produttore costituisce il dispositivo teorico anteriore e insieme il testo tutore di L'azzurro del cielo, mentre quest'ultimo si pone come una uscita (per usare un termine barthesiano) del testo benjarniniano, che lo incontra come sua differenza. Che poi questo incontro abbia le caratteristiche della transitività dell'«imbattersi» più che della fissità emblematica della connessione tra saggio e romanzo, e preluda già al definitivo distacco,~ l'evidenza del nostro intervento. Di una convergenza relativa dovuta in primo luogo alla particolare situazione storica si tratta, rimarcata anche da un altro importante saggio benjaminiano, sempre del '34: «La posizione sociale dello scrittore francese», in cui si legge: «Il fatto che questi intellettuali abbiano abbandonato la loro classe per votarsi alla causa di quella proletaria non significa che siano entrati a far parte di quest'ultima. Ciò non è accaduto» J>!!rché, prosegue Benjamin, pur vivendo per il proletariato, essi «non agiscono come proletari>. L a giuntura Benjamin-Bataille che abbiamo qui sommariamente delineato anche al fine di restituire, in questi anni di singolari renaissances, Benjamin al suo giudizio politico (un esempio fra i tanti: Céline definito «adepto del fascismo»), è anche, abbiamo precisato, differenza di pensiero e scarto politico che si allargherà sempre di più se consideriamo il «poi• del percorso intellettuale batailliano, vale a dire quello successivo al periodo '38-'40. Difatti, per tornare a noi, se ~ sotto gli occhi del «testimone» Troppmann che acquista dimensione di verità l'inutilità del fideismo rivoluzionario di Lazare e Michel, vero e proprio errore politico esiziale allorché Miche( si farà ammazzare nel corso degli scontri di Barcellona, lo stesso Troppmann ci fornisce anche la misura dello scarto Benjamin-Bataille. Tornando da solo, sano e salvo, in treno a Parigi, egli inaugura di fatto la fase batailliana dell'esperienza interiore del '43, mentre Dirty non manca di anticipare quel tipo di «oggetti• su cui Bataille accentrerà sempre di più, con l'ostinazione che gli è propria, lo sguardo. E se la vita e il pensiero umano fossero regolati dal solo destino, si potrebbe allora affermare che il ritorno di Troppmann-Bataille a Parig.i lasciando la Spagna sulla soglia della guerra civile, e la morte di Benjamin al confine con la frontiera spagnola 5 anni dopo braccato dalla Gestapo ci diamo molte cose sullo scarto politico tra i due. Ma non è con queste illuminazioni che la storia si «fa». Del resto, i francesi sono poco inclini a riconoscere certe liasions (come rivela anche Perlini, agganciando il Barthes delle Micologies a certo saggismo adorniano), né per converso lo stesso Benjamin amava molto giocare a carte scoperte. Dopotutto, ciò che resta sul terreno come risultante concreta è l'elaborazione politica complessiva della funzione e la posizione dell'intellettuale nel processo produttivo come si ri-trova negli «interventi> (dal saggio al romanzo) dell'epoca . E talvota non si danno forse degli incontri di cui preferiamo non testimoniare quando addirittura non sapere, ma da cui non manchiamo di trarre, in qualche modo, stimoli e suggestioni?

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