Alfabeta - anno IV - n. 33 - febbraio 1982

< l Mensile di informazione culturale Febbraio I982 Numero 33 - Anno 4 Lire 2.500 Printed in ltaly Edizioni Cooperativa Intrapresa Via Caposile. 2 20 I37 Milano fl•1~11qa1m9 LafflUlica come --"a. :t: C?Jk\lioo . Niccolò Castigliani Le favole di Esopo . • Salmo XIX disco rTL 70082 Sfotto lfl.fl GrazianCi, acciarIilluminatVi,iviani, CanosaM, agnaghiV, itacolonna 1 Deleuze, Simonetti, • Sassi,Mauril,uperiniM,. asi, MizzauC, alabreseP,orta,S. essi,LuXun, Meddemme9le,onetti,Matheron, . Guattare1cc. ·· A. Grcalmal: Keylies, monetaristi e srafflani * A. lllumlnati: Il viaggio letterario * R. Canosa: lcleologla della sicureua Blackout: 11memoriale Magnaghl e l'Intervento cli Cacclari * F. Leonettl: Per l'al'tlglano oNlmo, massimo J. Meclclemmen: Il sesso della molte * Cfr. * M. Mlnau: L'altro, la parola, Il desiderio * F. Sessi: Escursioni nell'lmmaglnario Testo: Quando arriva la luce ... , cli Lu Xun (a cura cli E. Masi)* P. Mauri: Il veleno• buono R. Luperinl: La mediazione è saltata * L. Vitacolonna: Elimologla L'maomalla Spinosa (G. Deleuse, F. Guattari, M. Fenaris, A. Malheron)* O. Calabrese: Schermo cleUe mie brame A. Polta: Errori segnaletld * G. Sassi: Una sinistra censura cli sinistra * Poesie cli C. Vlvlanl e A. Scarparo Lettere * Appuntamento a La Spala* G-E. Slmonetti: Il suldcllo • Vatel Glornale del Glornall: Polonla 13 Gennaio* Immagini: Il mercato delle armi Bibliotecaginobianco

Trimestrale della Cooperativa scrittori e lettori Direuore responsabile Paolo Mauri Comitato di direzione Gianni Celati, Giampaolo Dossena, Gaio Fratini, Giuliano Gramigna, Angelo Guglielmi, Alfredo Giuliani, Luigi Malerba, Walter Pedullà, Antonio Porta Numero 1 • Inverno 1981 A. O'Neil, M. Corti, T. Scialoja, I. Calvino, A. Tabucchi, L. Malerba, A. Giuliani, F. Pessoa, G. Fratini, C. Villa, A. Boatto, C. Salaris, G. Celli, F. Chiesura, A. Porta, E. Rothstein, G. Almansi, E. Gorey . bbSolo ~ 10 a onamento Abbonamento per un anno (4 numeri) Lire 20.000 Inviare l'importo~: Cooperativa Intrapresa Via Caposile 2 • 20137 Milano Conto Corrente Postale 15431208 Inmpresa mailing Avanpardie artistiche Volumi unici in edizione originale limitata Ristampe anastatiche delle più prestigiose pubblicazior,i delle avanguardie artistiche. Edizioni Jean Michel Piace, Parigi (IRI) La RévolutionSurréaliste Collezione completa dal n° I del I /12/1924 al n° 12 del I 5/12/1929 Rilegato in un volume in piena tela con sopracopertina f.to 29,5 x20,5 • 528 pp. lire 80.000. (IR2) Le Surréalismeau service de la révolution Collezione completa dal n° I del luglio 1930 al n° 6 del Maggio 1933 Rilegato in piena tela con sopracopertina f.to 29,5 x20,5 • 407 pp. lire 80.000. (IR3) Revues de Depero Numero unico Futurista Campari l 931 •Futurismo 1932 • D~iamo Futurista 1933 Rilegato in piena tela f.to 32 x24 • 224 pp. lire 70.000. (IR4) L'Art Postal Futuriste / a cura di Giovanni Lista ,' • Rilegatura in tela f.to 24,5 x18,5 • 80 pp. lire 15.000 (IR5) Cobrabulletinpour la coordination des investigations artistiques Collezione completa dal n° I Anno 1948 al n° 10 Anno 1951 di cui i numeri 8 e 9 completamente inediti Rilega)o in piena tela f.to 32 x24 • ·356 pp. lire 80.000. (IR6) Dada: Zurich/Paris1916 1922 Comprendente: i due numeri della rivista Cabaret Voltaire Dada numeri I e 8 Der Zeltweg numero unico Le Coeur à barbe Rilegato in piena tela f.to 32 x24 • 256 pp. lire 60.000. Gli ordini sono da effettuarsi tramite bollettino di Conto Corrente Postale specificando il codice del libro richiesto e intestandolo a Intrapresa Via Caposile 2 • 20137 Milano c.c.P. 15431208 Il prezzo dei volumi è comprensivo ,i di /.V.A. e spesepostali i lmn!l'eu.matHng QUANDO I DNA Le immagini di qu,!!!el~!mero SONO VENUTI DA NEWYORK PER FARE IL LORO CONCERTOA MILANO, AVEVANOIN TASCA QUESTO NUMERO. Le foto di questo servizio sono state realizzate in un periodo che va dal gennaio al seuembre '81, prima a Parigi, al salone internazionale dell'aeronautica e dello spazio, oltre che di armi e armamenti connessi, aeroporto di Le Bourget, poi durante le consuete marwvre di primavera e autunno della Nato in Friuli, e in altre situazioni minori, sfruttando ogni minimo spazio che mi è stato concesso. Il materiale che ne è uscito non può essere né esauriente né completo, date le dimensioni gigantesche dell'industria bellica mondiale; può certamente essere fruito per il suo valore documentario-simbolico. Dino Fracchia, fotografo Nelle foto scauate da Fracchiasi profilano due livelli. Quello da vetrina, la grande messinscena tecnologica del mercato di Le Bourget, dove i singoli soldati sono promossi supermen dalle maschere. La guerra all'ésposizione sembra lontana e sporca, in vendita c'è l'efficienza, la perfezione, la promessa di una morte istantanea, privata del sangue. Il secondo livello, molto più vicino ali'esercito italiano che ad altre formazioni, almeno in superficie, ripropone un «volto umano» della guerra, rime/le in campo la verità della paura e dell'inefficienza così streuamente legata alla instabile nostra natura. Tornano i muli e i soldati parlano, si confidano, forse, con i fraterni animali. Il fango sporca carri armati e missili, gli elicoueri sorvolano o sono pronti a sorvolare non si sa ben~ che, forse trincee di morti di paura. La vera guerra è altrove, nei bunker superproteui dei Generali che devono decidere se usare o meno le atomiche «tattiche». I soldatini di piombo e le piccole armi giocauolo fanno parte del presepe, del più brutto presepe mai immaginato. «Il presepe non mi piace» disse una volta Edoardo e parlava di un presepe reale. Questo somiglia troppo a un inganno perché qualcuno possa crederci anche per un solo istante. A.P. COMEE• AIJDATA, CE LO RACCOIV. MARI.IATElUU.GIJI R.ESPONSAB[L2DEGLr SP!l'TACOLI DI RADIO POPOLAltE. •sue.MO A.LI.APO&rA DELLARAMO. APRO E MI CIWIDI OCCHIALI DA E.A.KBIWOCHE STUDIA TROPFO. E1 ARTOLIIDSAt, DEI llfA, E C<lf LUI C1 E' UIA RAGAZZAITAL~AMERIC.UA. .;_ E PEKSARECHE TtrrtO ERA IATO TROVODAV.UTI tJll PERSC.AGGIO ft ro,.-zno AHERICAJIO, GRACILE, CQI 1------------------,------------------,------------------t ~O:~ ~~~i:.~ ~rrv:~ I S • Frediano Sessi Gianni-Emilio Simonetti vuo ••o•osroa ... • NILAIIO, • I Ommarlo POSSE.RADIO POPOLAREAD Of!CAll'IZZARE Il. COIIESCUrSiOnÌnell'immaginario li suicidio di Vate! i!~1fllgc>~ ~~~ ~~'! U,ci~°'1sg~;I~ (Effeui di reale nel testo flaubertiano, pagina 27 r tu•. e• uro ca;r, rt c01cERToDEI ,,.. Augusto Graziani Keynes, monetaristi e sraffiani (Macroeconomia, di R. Dornbusch e S. Fischer; Macroeconomie Theory, di T.J. Sargent; Il mestiere dell'economista come lo vedo io - Teoria economica o storia del pensiero economico, di F. H. Hahn; Una svolta ad U nella teoria economica, di L. Spaventa; Esperimenti intellettuali ed economia politica, di N. Salvadori) pagina 3 Augus(o, Illuminati (I viaggio letterar~o (Winterreise, di F. Schubert; Viaggio in Turchia, in Egiuo e in Marocco - Manoscriuo trovato a Saragozza, di Jan Potocki; Umano, troppo umano, di F. Nietzsche; Pensieri diversi, di L. Wiugenstein) pagina 5 Romano Canosa Ideologia della sicurezza pagina 6 Blackout Il memoriale Magnaghi e l'intervento di Cacciari pagina 8 John Meddemmen Il sesso della morte (Il vento nei salici, di K. Grahame; Il regno segreto, di R. Kirk; L'argent, l'amour et la mort en pays d'oc, di E. Le Roy Ladurie; Paradise Lost, di John Mi/ton) pagina 9 Marina Mizzau L'altro, la parola, il desiderio (Mikhail Bakhtin. Le principe dialogique e Écrits du cere/e de Bakhtine, di S. Todorov; Estetica e romanzo, di M. Bachtin; L'énonciation de la subjectivé dans le /angage, di C. Kerbrat - Orecchioni; Menzogna romantica e verità romanzesca, di R. Girard) pagina 11 crr. . pagine 12-13 Testo Lu Xun Quando arriva la luce a cura di Edoarda Masi pagine 15-18 di S. Agosti; li viandante e la sua orma, Appuntamento a La Spezia . ~o"~L.U.Jis~o~~~~-'ii~ LA RAoio. ICII 21 Su.- a cura di u. Artioli e F. Bartoli; Go- pagina 28 AJ:~E~ :ci 1~i~ 2 gkr~! 0s~il~~· ne-go, à fa guerre comme à faguerre: /o vrcru ALLA GENTE. VICIIAu LORO InursS1É spazio della parola, topologia e tecnica Poesie AL~~JA~.f;~~zi:1c~u~;~ ~ r::;~~~~2 S • r,· d. S F( • S fi t tt Cesare Vt'vt·an·, HAHo Pn11cu I■ RADIO POPOLARE. p 1cana 1 1ca, 1 • mz,; e osse u o 2~~~f~go~it~~ ~Oi'Jj'{J un tradimento, di A. Porta) pagina 9 e 10 • 000 soci. t11• P agina 19 A I s RADIO orSP01re1LE {i] t..nJ-Dll, pa~1~aa22carparo IJ'rs~~~'."'>SStlJllte. r'O. 'O/AHI Luciano Vitacolonna Etimologia (L'etimologia, di A. Zamboni; Dizionario etimologico della lingua italiana, di M. Corte/lazzo e P. Zolli) pagina 23 L'anomalia Spinoza: 1 Gilles Deleqze e Felix QuaUari , ~ , Spinoza contro Habbes pagina 25· Maurizio Ferraris Filosofi per un filosofo pagina 25 Alexandre Matheron Nelle cose stesse pagina 26 Gilles Deleuze Lettera italiana pagina 26 Omar Calabrese Schermo delle mie brame (Il diriuo a/l'informazione e i processi di manipolazione nella comunicazione televisiva (convegno); L'occhio universale: modelli di n,'/uppo, programmi e pubblico delle televisioni del mondo, di C. Sartori; Fanotizia, di G. Cesareo) pagina 28 Giornale dei Giornali Polonia 13 gennaio A cura di lndex-Archivio critico del- /' Informazione pagina 30 Finestre Gianni Sassi Una sinistra censura di sinistra pagina 7 Francesco Leonetti Per l'artigiano ouimo, massimo pagina 19 Paolo Mauri Il veleno è buono pagina 20 Romano Luperini La mediazione è saltata pagina 22 Antonio Porta Lettere Lettere di Massimo Celani, Sergio Landran Piedilupi, Redazione Critica del Diritto pagina 29 mensile di informazione culturale dellacoopera,ivaAlfabeto Comitato di direzione Nanni Balestrini, Omar Calabrese, Maria Corti, Gino Di Maggio, Umberto Eco, Francesco Leonerti, Antonio Porta, Pier Aldo Rovatti, Gianni Sassi, Mario Spinella, Paolo Volponi Redazione Carlo Formenti, Vincenw Bonazza, Maurizio Ferraris, Bruno Trombetti (grafico) Art direc10r Gianni Sassi Edizioni Intrapresa Cooperativa di promozione culturale Redazione e amministrazione Via Caposile 2, 20137 Milano Telefono (02) 592684 Coordinatore editoriale Giovanni Alibrandi Composizione GDB fotocomposizione, via Tagliamento 4, Milano, Tel. 5392546 Tipografia S.A.G.E. 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PN 101.5/107.6 arinaCvetaeva LRACCONDTIOSONECKA aprimatraduziondei uncapolavornoarrativo egliinizidelsecolo. o l. 7.000 nunparadossarlaeccontoascatolecinesi. nenigmadellavitadiShakespeare. o l. 6.000 nnaAchmatova EROSEDIMODIGLIANI naletterasconvolgenctehelamadie i Kafkadecisedinonconsegna.r.e. •la Cultura• iloMagri AGGISOUTHOMAHSOBBES Il elementdi ellapolitica Unaprimacompiutaricostruziondeelpensiero i Hobbesdi cuisi gioveràladiscussionaettuale uifondamendtiellapolitica. o l. 18.000 Errori segnaletici pagina 24 1-----------------'----------------'------------------tcollezione •Catalogo• Comunicazione ai collaboratori di «Alfa. beta» Le collaborazioni devono presentare i seguenti requisiti: a) che ogni articolo non sia più di una pagina del giornale. cioè al massimo di 7 cartelle di 2000 battute. con un'accettabilità fino a 9-1 O cartelle (dovendo altrimenti procedere a tagli e rinvii prolungati); b) che il riferimento diretto sui libri indicati in apertura (con tutti i dati bibliografici. prezzo e pagine compresi) giunga a una sostanziale valutazione orientativa,insieme agli apporti teorici e critici dell'autore dell'articolo sul tema; c) che. insieme alla piena leggibilità di tipo espositivo piuttosto che saggistico. sia dato dove è utile e possibile un cenno di spiegazione o di richiamo ai problemi e agli accertamenti anteriori sull'argomento o sul campo. La maggiore ampiezza dell'articolo o il suo carattere non recensivo sono sempre proposti direttamente dalla direzione del giornale, perché derivano da scelte di lavoro e non da motivi preferenziali o personali. Tutti gli articoli inviati alla redazione sono esaminati, ma la rivista si compone prevalentemente di collaborazioni su commissione. Il Comitato direttivo N.B. Gli articoli devono essere inviati in triplice copia. L'autore deve indicare: indirizzo, numero di telefono e codice fiscale. LyttonStrachey LAREGINVAITTORIA ConunsaggiodiVirginiaWoolf •la figuradi LyttonStrachey è cosiimportante nellastoriadellabiografiadacostringere unapausa...• V.W.O l. 15.000 tttittrttttIIIIII . .;.:,:i;.:.,:,:-.:r:,:.❖:❖:r:v:,.: Il Saggiatore B1bliotecag1nob1anco

Keynes,monet1risteisraffiani R. Dombusch e S. Fischer Ma.croeconomia Bologna, Il Mulino, 1981 pp. 740, lire 30.000 T.J. Sargent Macroeconomie Tbeory New York, Academic Press, 1979 F.H. Hahn cil mestiere dell'economista come lo vedo io», in Politica ed economia, maggio 1981 F.H. Hahn e Teoria economica o storia del pensiero economico», ivi, settembre 1981 L. Spaventa e Una svolta ad U nella teoria economica». Lezione tenuta all'Università di Roma il 20 novembre 1981 N. Salvadori Esperimenti intellettuali ed economia politica Milano, Franco Angeli, 1981 N on vi è corso di teoria economica, al di qua o al di là dell'Atlantico, che non riconosca come fondamentale l'insegnamento di John Maynard Keynes. Ma, al di là degli omaggi verbali e del rispetto terminologico, forse non ve ne è uno solo che riproduca con fedeltà la sostanza del suo pensiero. Si potrebbe pensare (e molti lo ee!1sanoLc~e chiedersi oggi, a quasi mezzo secolo di distanza dalla Jfubblicazione della Teoria generale dell'occupazione, quale fosse la vera teoria economica di Keynes, rappresenti una mera pignoleria filologica. E lo sarebbe, se Keynes fosse stato un pensatore qualsiasi e non il portatore di una visione del capitalismo, non soltanto precisa in sé ma anche radicalmente diversa dall'ortodossia allora dominante. Rintracciare le fila del pensiero keynesiano avrà certamente il sapore dello scavo archeologico; ma rappresenta al tempo stesso uno scavo all'interno delle idee di oggi, nel tentativo di ritrovare una parte di noi stessi, forse dormiente, forse narcotizzata, ma, c'è da augurarselo, ancora vitale. L'idea del potere in Keynes La visione del meccanismo economico che Keynes si trovava dinanzi, praticata da colleghi eminenti, insegnata dalle cattedre dell'intero mondo accademico, era quella di un capitalismo formato da una miriade di operatori individuali (imprenditori, lavoratori, consumatori, risparmiatori) iquali, intrecciando una rete fittissima di contrattazioni singolari, determinavano inconsapevolmente l'assetto economico della produzione, della occupazione, e del consumo. Per spiegare il funzionamento dell'economia, il metodo individualista non aveva bisogno di ricorrere ad alcun concetto di classe, concetto che restava ai margini della teoria economica ufficiale. In un meccanismo del genere, veniva ammessa la presenza di ogni sorta di attriti, perché si sa bene che nessun congegno è perfetto; ma, e questo era il punto centrale, il meccanismo stesso escludeva la possibilità che un soggetto, un gruppo, una classe sociale, esercitasse alcuna forma di potere su altri soggetti, o che le decisioni di alcuni avessero un peso maggiore di quelle di altri nel determinare l'assetto economico generale. Se potere vi era, questo andava ricondotto alla presenza di :~~az~o!1~ ~'?n~~-is_~~{~~n~p<!I! ~ naturali, accordi, cartelli, consorzi). Ma, rispetto all'ideale del capitalismo puro, si trattava di deformazioni che una società autenticamente democratica avrebbe dovuto e potuto combattere e dissolvere. Keynes, invece, senza essere né socialista né marxista, aveva netta l'idea del potere. Nel sistema capitalistico, il potere di cui godono gli imprenditori è quello di decidere e porre in essere l'attività produttiva, fissare quali nierche la lotta di classe fosse un equivoco da superare. I suoi capitalisti a volte (come nel Trattato sulla moneta, del 1930) seguono con baldanza la stella del profitto, altre volte (come nella Teoria generale, del 1936) vagano disorientati fra le nebbie dell'incertezza. Ma, quale che sia il criterio che regge le loro decisioni, è certo che i capitalisti di Keynes non sono mercanti isolati, immersi nella moltitudine che popola il mercato, Caccia inglese Jaguar con le varie combinazioni dei suoi carichi bellici ci, con quale tecnologia, in quale ammontare, vengono prodotte, quanti lavoratori trovano occupazione e quanti restano disoccupati, quanto gli occupati percepiranno sotto forma di salario reale, quale ammontare di beni potranno consumare. L'idea del potere esercitato dai capitalisti-imprenditori è fermamente radicata nel pensiero di Keynes e ricorre con regolarità in tutte le sue opere. Appare forse mutevole il modo in cui egli tratta un problema ulteriore, e precisamente quello dei criteri con cui i capitalisti amministrano il potere di cui dispongono. Su questo punto, il pensiero di Keynes, anche perché sospinto da eventi storici diversi, non appare pienamente cristallizzato. Keynes non era marxista ((forse non aveva nemmeno letto /1 Capitale direttamente e si era accontentato di un riassunto, scritto da un certo McCracken), e quindi non pensava che la storia dell'umanità fosse retta dalla lotta di classe; anzi pensava bensl soggetti dotati di potere. L'idea del potere che Keynes accolse era un'idea dissidente, ma non era certamente un'idea nuova. Chi volesse rintracciare la storia, si troverebbe a ripercorrere a ritroso l'intero cammino del pensiero umano. Allorché Keynes prese a svilupparla, egli non stentò a trovare alleati fra gli studiosi suoi contemporanei dell'Europa continentale: Schumpeter, che dikggiava l'idea del consumatore sovrano, Georg Knapp, con la sua famosa teoria statalista della moneta, Albert Hahn con il suo mito del banchiere sovrano. Quali che fossero i precedenti e le concordanze, fatto si è che, fra il 1920 ed il 1930, Keynes, ormai quarantacinquenne, procedendo sotto braccio con il suo amico e collega di poco più giovane Dennis Robertson, accantonò l'idea del mercato come insieme di azioni individuali coordinate da una mano invisibile e sviluppò una teoria del capitalismo basata sull'idea delle classi e del potere. Militare dell'artiglieria alpina duranre le esercitazioni Nato in Cadore B1bl1otecag1nob1anco Questa teoria trovò posto sia nel Trattato sulla Moneta che nella Teoria generale dell'occupazion~. Essa assunse, nelle due opere, aspetti analitici diversi, perché nello scrivere la prima opera Keynes era dominato dal problema delle oscillazioni cicliche e delle fluttuazioni dei prezzi, mentre nello scrivere la seconda, egli aveva in mente la disoccupazione che dilagava in tutti i paesi industrializzati. Ma, al di là di questi adattamenti dovuti all'oggetto concreto dell'analisi, l'idea centrale rimase immutata. In sintesi, l'idea che Keynes propose del meccanismo capitalistico è la seguente. Gli imprenditori decidono il volume di produzione complessivo: per la produzione di beni strumentali, essi seguono linee autonomè, basate sulle prospettive di profitto e sulla situazione dei mercati finanziari; per la produzione di beni di consumo (e qui seguiamo la versione della Teoria generale) essi si uniformano alla domanda del mercato. Ma, poiché la domanda di consumi è una frazione stabile del reddito guadagnato, e l'unica componente davvero autonoma sono gli investimenti, si può dire che siano proprio le decisioni di investimento a determinare il volume globale di produzione. Con questo, anche il livello di occupazione, (e quindi la disoccupazione) e di conseguenza la produttività marginale del lavoro ed il salario reale vengono ad essere univocamente deterMilitare americano in esercitazione minati. Le decisioni indipendenti degli imprenditori in merito al volume degli investimenti determinano dunque tutto: produzione, occupazione e distribuzione del reddito. Di fronte alla situazione fissata dalle scelte degli imprenditori, cosa possono i lavoratori per modificarla? Pressoché nulla. Se le scelte degli imprenditori creano disoccupazione, i lavoratori potrebbero accettare una riduzione dei salari, nella speranza di veder crescere la domanda di lavoro. Questo è infatti il rimedio contro la disoccupazione che la teoria tradizionale suggeriva. Ma, nello schema di Keynes, la caduta dei salari risulta inefficace. Infatti, anche se invogliati dalla caduta dei salari, gli imprenditori assumessero nuovi lavoratori e producessero un ammontare più elevato di merci, essi non riuscirebbero a venderle, dal momento che la domanda globale non crescerebbe di altrettanto (infatti la domanda di consumi crescerebbe meno della produzione mentre la domanda di investimenti resterebbe immutata). Si determinerebbe dunque un eccesso di offerta che a sua volta provocherebbe una caduta dei prezzi. A questo punto, essendo caduti sia i salari che i prezzi, il salario reale tornerebbe al livello primitivo, e le concessioni dei lavoratori, oltre che improduttive sul terreno dell'occupazione, risulterebbero anche vanificate nei fatti. Keyncs concludeva quindi che, non soltanto una caduta del salario non accresce l'occupazione, ma addirittura che non è nel potere dei sindacati di attuare una riduzione del salario reale. In un'economia capitalistica, egli osservava, tutto quello che i sindacati possono contrattare è il salario monetario, e cioè la quantità di moneta corrisposta ai lavoratori. Il salario reale è tutt'altra cosa. Esso dipende non soltanto dal salario monetario, ma anche dal livello dei prezzi; e il livello dei prezzi è una grandezza che sfugge inesorabilmente al potere di contrattazione del sindacato. Se i sindacati, cosl come la teoria tradizionale immaginava, potessero davvero contrattare il salario reale, e cioè la quantità effettiva di merci che gli imprenditori consegnano ai lavoratori, si verificherebbero due circostanze ché contrastano con la realtà dei fatti. Da un lato, gli imprenditori, contrattando il salario reale, concorderebbero anche il volume e la composizione del prodotto nazionale, e perderebbero quella autonomia nella sfera della produzione che invece Keynes-_ riteneva fermamente che essi avessero; dall'altro, una contrattazione basata sul salario reale implicherebbe un patto di scambiare un dato ammontare di lavoro contro un dato ammontare di merci, il che darebbe al capitalismo la natura di un'economia di baratto, mentre, come Keynes non si stancava di riaffermare, carattere preminente del capitalismo è quello di essere un'economia monetaria, un'economia cioè nella quale le contrattazioni vengono effettuate esclusivamente in moneta. A ben vedere, è proprio sulla natura di economia monetaria che i capitalisti-imprenditori fondano il proprio potere di decisione. Infatti, in un'economia monetaria, soltanto chi dispone di moneta può accedere al mercato ed acquisire merci o comprare forza lavoro, e, nel sistema capitalistico,so/tanto gli imprenditori (oltre che il settore pubblico) possono contare su una disponibilità originaria di moneta, in quanto le loro spese vengono finanziate dal credito bancario. I lavoratori- -c,msumak>ri -invece - Ele-vono

vendere la propria forza lavoro e incassare un salario, e soltanto successivamente possono accedere al mercato. Gli imprenditori di Keynes, così come hanno il potere di attivare il processo produttivo, possono ridurne il livello, provocando disoccupazione e crisi. Anche per questo aspetto la natura di economia monetaria si rivela cruciale. Infatti, la decisione dei capitalisti di ridurre la domanda di investimenti comporta una decisione simultanea di tenere invece maggiori scorte liq~ide, il che implica, da parte dei capitalisti, la convinzione che la liquidità sia, fra le1ante forme di collocazione della ricchezza, la più redditizia, o quella meno esposta a perdite. La natura' monetaria dell'economia capitalistica, l'essere il capitalismo una economia basata sul potere, e il suo essere soggetto a crisi, sono dunque aspetti inscindibili, in quanto facce diverse del medesimo meccanismo. Ne è prova il fatto che quanti hanno tentato di costruire una teoria del capitalismo come teoria di una società senza potere e senza crisi, hanno finito con il costruire anche la teoria di un'economia senza moneta. Keynesiani e monetaristi Forse la costruzione teorica di Keynes non fu mai veramente compresa se non nella cerchia più intima dei suoi allievi. Fu compreso, e nel secondo dopoguerra anche largamente adottato, il suo messaggio a favore di un intervento più sistematico dello Stato nel mondo dell'economia. Degli aspetti prettamente teorici del suo pensiero si intuì però la profonda carica critica. e i tentativi effettuati per cancellare l'elemento di eterodossia che egli aveva introdotto, furono pronti molteplici e scaltri, Al giorno d'oggi, come si legge nel saggio di Luigi Spaventa, questo processo di annullamento può dirsi compiuto, e la dottrina dominante si ritrova sulle posizioni tradizionali di mezzo secolo fa. Il primo passo, in questa opera di fagocitazione del pensiero keynesiano entro gli schemi tradizionali, fu quello di accantonare il problema centrale di Keynes, che era quello di descrivere il sistema capitalistico come sistema fondato sul potere, limitandosi a discutere la sua conclusione più vistosa, quella della tendenza del capitalismo a generare disoccupazione. Keynes veniva cosi ridotto a un teorico della crisi, alla stregua di mille altri. Su questo terreno di discussione ridotto, le forze non hanno tardato a dividersi. Da un lato, si schierano coloro che riconoscono a Keynes il merito di avere indicato nella disoccupazione il problema più acuto del capitalismo moderno. Costoro, che al giorno d'oggi si fregiano dell'etichetta di «economisti keynesiani», comprendono studiosi di grande prestigio, quali Frank Hahn, James Tobin, Lawrence Klein, Franco Modigliani. li loro problema è quello di spiegare come, anche nell'ambito di una teoria di stile tradizionale, possa generarsi disoccupazione. Le cause cui essi riconducono il fenomeno della disoccupazione sono le più svariate: attriti, rigidità dei prezzi o delle quantità, insufficiente trasparenza dei mercati, incertezza sull'andamento del futuro, e via dicendo, in un fuoco d'artificio crescente di complicazioni teoriche. Sul fronte opposto, si colloca la semplicità glaciale dei così detti «monetaristi»,i quali vantano anch'essi personaggi di grido, quali Milton Friedman, Thomas Sargent, Robert Lucas. Costoro, pur riconoscendo l'esistenza di attriti e di malfunzionamen- . ti, sostengono tuttavia che il meccanismo del mercato possiede una sua funzionalità di fondo, e che esso, purché liberato da sovrastrutture mono.polistiche, è in grado di garantire la piena occupazione (il testo più moderno e più completo è l'ottimo manuale di Dornbusch e Fischer; quello più avanzato e analiticamente sviluppato è quello di Sargent). Uno degli argomenti centrali di cui i monetaristi si servol\o merita di essere ricordato. Keynes aveva affermato che una caduta dei salari risulta sterile ai fini dell'-0ccupazione, perché essa non dà luogo ad un aumento adeguato di domanda globale, per cui anche se gli imprenditori, invogliati dalla caduta dei salari, decidessero di aumentare l'offerta, essi non riuscirebbero a vendere le maggiori merci prodotte. I monetaristi attaccano proprio questo punto, e sostengono che una caduta dei salari non può mancare di produrre non soltanto un aumento di offerta ma anche un pari aumento di domanda. Essi riconoscono che la caduta dei sdlari ed il conseguente aumento di offerta· producono una caduta dei prezzi. Ma questo è soltanto un primo effetto ìmmediato. La caduta dei prezzi infatti aumenta automaticamente il potere d'acquisto delle scorte liquide e induce i detentori di esse a spenderne una parte, o per , acqu·istare titoli (il che fa cadere i~tasso del! interesse e stimola 1t domanda di beni capitali) o addirittura per acquistare beni di consumo (il che accresce direttamente la domanda di merci). Quindi una caduta dei salari produce alla fine anche un aumento di domanda che si protrae fino a paregg-iare l'offerta. Per valutare la rilevanza di questa argomentazione, si deve ricordare che, per i monetaristi, il mondo dell'economia è costituito da operatori razionali, ciascuno dei quali massimizza il proprio utile personale ed è soggetto Salone dell'aeronautica di Le Bourget Equipaggiamento militare alla regola dell'utilità marginale decrescente. Di conseguenza, al crescere delle scorte liquide, l'utilità marginale di esse deve necessariamente declinare, il che, prima o poi, induce il soggetto a disfarsene per convertirle in altre risorse. A questo punto, in qualche mercato, non importa se in quello dei titoli o in quello delle merci, la domanda deve aumentare. Il capitalismo possiede dunque un meccanismo interno di reazione alla crisi e garantisce la piena occupazione. (Inutile aggiungere eh~ questa argomentazione perde il suo valore se, tornando al pensiero di Keynes, cerchiamo di applicarla ai capitalisti, i quali agiscono, come. diceva lo stessò Keynes, non per procurarsi utilità persona- _ le, ma per trasformare denaro in maggior denaro, e per i quali può agevolmente darsi il caso che l'investimento più at!raente sia il non investimento, e cioè l'accumulazione di liquidità, senza che ciò dia luogo ad alcun declino nell'utilità marginale delle scorte liquide possedute). L'argomentazione dei monetaristi è congegnata in modo particolarmente astuto, perché collega il meccanismo ' della ripresa all'agire raziònale del soggetto che massimizza il proprio utile personale. Essa si presenta quindi come apparentemente inoppugnabile, almeno per chi acce11icome ovvio il fatto che le regole dell'utilità marginale si applichino non soltanto al consumatore, ma indistintamente ad ogni e quaJsiasi soggetto' ecpnomico. Nessuna meraviglia, quindi, che i keynesiani di oggi siano caduti nella trappola. Come unica argomentazione da contrapporre al ragionamento monetarista, essi hanno osservato che una caduta dei prezzi metterebbe le imprese in difficoltà, in quanto accrescerebbe il peso dei debiti monetari contratti in precedenza; argomentazione debole, alla quale i monetaristi rispondono agevolmente, osservando che difficoltà simili si superano mediante una indicizzazione generale dei debiti monetari. I keynesiani sono stati quindi coSalone de/l'aeronauticadi Le Bourget Equipaggiamento militare strelli a ripiegare sull'argomento principe dell'incertezza, che, come è noto, può indurre nel funzionamento dei mercati le deformazioni più mostruose. L'argomento dell'incertezza e della scarsa trasparenza dei mercati è un argomento di rilevanza teorica limitata, ma di peso pratico fondamentale. I monetaristi infalli, per tenerne conto, sono stati a loro volta costrelli ad elaborare l'intera «teoria delle aspellative razionali», nel tentativo di dimostrare che un sogge110 razionale, il quale sappia raccogliere informazioni correlle nel mercato e sappia anche utilizzarle a dovere, è in grado di prevedere l'andamento dei prezzi e dl vincere l'opacità dei mercati e l'incertezza che domina il futuro. È proprio intorno alla teoria delle aspellative razionali che oggi il diba11ito è più acceso. Keynesiani e monetaristi sono dunque apparentemente fermi su posizioni opposte. I keynesiani pongono l'accento sui difetti dell'economia di mercato e sostengono la necessità di un intervento pubblico riparatore, mentre i monetaristi sono pronti a segnalare i guasti prodo11i dall'intervento pubblico e raccomandano che il mercato venga lasciato a!ia sua razionalità spontanea, che ne costituisce sempre il timone migliore. Tu11avia. anche se sul terreno della politica economica e sulla valutazione dell'efficienza comparativa dell'intervento pubblico f dell'agire privato, i 1 loro giudizi !f1vergono, il fattq, stesso che ìl dibattito proceda con cosl cordiale inimicizia e senza che l'attenzione reciproca venga meno un solo istante, indica che le due scuole debbono avere un sottofondo comune. Infatti esse convergono nel rifiutare qualsiasi visione di classe della società e nel considerare il capitalismo come costituito da individui che agiscono su un piano di parità, tutti dotati del medesimo potere, che è soltanto quello di accedere al mercato, contrattare e scegliere, fra le soluzioni accessibili, quella più 0 conveniente: visione questa che è Equipaggiamentoper la guida A vista di missili filoguidati proprio della scuola tradizionale neoclassica. Sraffa e i neoriairdillni All'infuori dei grandi raggruppamenti dei keynesiani e dei monetaristi, rimane un terzo arcipelago, quello degli «econom1s11 neoricardiani». Finora, costoro hanno sdegnosamente rifiutato di lasciarsi collegare ad altre correnti ed hanno anzi ostentato un certo disprezzo verso ogni altra tendenza teorica. Essi hanno lasciato intravvedere una possibilità di accomodamento parziale con la dottrina di Keynes, ma, da parte dei keynesiani, le loro cortesi anche se limitate aperture, sono state ricambiate con bordate di fuoco. Chi voglia averne un saggio gustoso, può leggere l'intervista concessa da Frank Hahn a Politica ed economia nel maggio scorso. Rispello alle correnti dominanti. la scuola neoricardiana resta quindi sostanzialmente isolata. I neoricardiani fondano il loro pensiero sull'opera di Piero Sraffa. Considerato in sé e per sé, il famoso libro di Sraffa, Produzione di merci a mezzo di merci, pubblicato nel 1960, affronta un problema estremamente circoscritto: analizzare la determinazione dei rapporti di scambio fra merci in ·un'economia avente una struttura produttiva rigidamente predeterminata e che ammetta invece una flessibilità nella distribuzione del reddito fra salari e profili i. Quali possano essere i rapporli fra questa analisi ed i grandi temi della macroeconomia, è difficile dire. 'ei limiti in cui è lecito fare illazioni, si potrebbe presumere che Sraffa, uomo di sinistra, amico di Antonio Gramsci, critico mordace della politica bancaria del fascismo e per ciò esule in Gran Bretagna, sia più incline a vedere il mondo dell'economia come basato sul potere e sul conflillo che non sull'eguaglianza e l'armonia. Inoltre, la sua familiarità con Keynes, protrallasi per un ventennio, fino alla morte del maestro, lascia pensare che qualche influsso reciproco possa es ervi stato. Ma, su questi temi, S.raffa non si è espresso all'epoca in cui i suoi lavori venivano pubblicati, ed è improbabile che il grande vegliardo lo faccia adesso. Dovendo procedere per indizi, più che le tracce biografiche è consigliabile valutare quelle analitiche. Il modello iniziale di Sraffa considera un sistema economico nel quale la quantità prodotta di ogni singola merce viene considerata come una grandezza data, quasi si trattasse di un elemento esterno ai meccanismi ed ai problemi dell'economia strellamente intesa. Al tempo stesso, il suo modello non analizza i meccanismi che reggono la distribuzione del reddito tra salari e profitti, ma si limita ad indagare le conseguenze che il variare della distribuzione esercita sul sistema dei prezzi relativi. Queste caratteristiche fanno sl che, per quanto ciò possa apparire paradossale, il modello di Sraffa si collochi assai prossimo, nella visione generale, a quello di Keynes. Anche Keynes considerava produzione e distribuzione al di fuori delle contrattazioni di mercato e, come abbiamo detto, la caratteristica innovativa del suo argomentare, consisteva nell'affidare ai meccanismi del potere proprio quello che la teoria tradizionale allribuiva al potere del mercato. Qui tuttavia ogni riflessione deve arrestarsi. I processi indiziari, oggi tanto io voga nella scienza come nei tribunali, sono pur sempre fragili. Per di più, i seguaci di Sraffa si sono impegnati esclusivamente nell'approfondimento analitico del tema posto dal maestro, senza affrontare esplicitamente il problema dei collegamenti con altre scuole o tendenze. Uno dei pochi tentativi di desumere, dagli scritti dei neoricardiani, una visione generale del processo economico, è quello effettuato da Nero Salvadori nel bel libro su Esperimenti intelletwali ed economia po/irica. In modo diretto, i neoricardiani hanno parlato molto poco. Se provocati, come ~ accaduto di recente ad opera di Frani< Hahn, essi si sono limitati a rib.ldirc che il loro modo di affrontare la teoria dei prezzi è l'unico corretto; ma cosa essi pensino del resto del mondo, essi non lo hanno rivelato. Quando, dopo l'anno duemila, si scriverà la storia della rivoluzione keynesiana e di ciò che ad essa segui, si dovrà riconoscere che, mentre imonetaristi si dichiaravano estranei all'ottica keynesiana,mentre i keynesiani, pur difendendo il maestro, gli riconoscevano gravi errori e finivano con il collocarsi su un terreno diverso, mentre i neoricardiani tacevano corrucciati, il messaggio di Keynes era andato totalmente smarrito.

Il viaggiQ.l.~.wtterario F. Schubert W"aterreise (D. Fischer-_Dieskau - J. Demus), DGG 2702-028 Jan Potocki Viaggio ÌII T•cllia, in Egitto e• Marocco Roma, ed. e/o, 1980 pp. 201, lire 7500 Jan Potocki Maaoscritto trovato a Saragozza Milano, Adelphi, 1965 e Milano, Mondadori, 1976 F. Nietzsche Umano, troppo umano Milano, Adelphi, 1965 rist. Milano, I 1979 (lire 4500), Il 1981 (lire 5500) L. Wingenstein Pensieri diversi Milano, Adelphi, 1980 pp. 163, lire 6500 I modelli «classici» di viaggio attribuiscono al protagonista un incremento di conoscenza dovuto alla varietà dell'esperienza o al conseguimento di una mèta specifica. L'originario schema iniziatico che li sottende può svilupparsi tanto nelle peripezie dell'Odissea, dove Kavafis ha ben visto che il percorso è più importante dell'approdo («Itaca ti ha concesso il bel viaggio•), quanto nella queste du Graal, dove l'obbiettivo predomina. Le prove che il viandante attraversa, in bosco o in mare, sono allacciate alla mèta e per le une o per l'altrà passa l'arricchimento dell'esperienza e dello spirito, si perviene alla pace o alla sal- -Vezza. Che ~ viaggio sia veicolo di conoscenza e di presa di possesso del mondo diventa del tutto palese nelle grandi «narrazioni• allegoriche medioevali, per esempio in quell'itinerarium mentis in Deum che da Bonaventura a Dante era addirittura un luogo comune della cultura cristiana, con quella plurivalenza di senso morale, simbolico e allegorico messa in luce dal Singleton. A questo grande modello, che ancora in apertura dell'epoca romantica resta suscettibile di accogliere nuovi contenuti di laica Bildung - pensiamo ai viaggi italiani di Goethe e Stendhal, che segnano l'appropriazione di una regione della sensibilità e della storiae persino di promozione allegorica (il goethiano suggello dell'itinerario faustiano, Alles Vergiingliche ist nur ein Gleichnis, troverà ancora trepida eco all'inizio del XX secolo nell'Vlll sinfonia di Mahler), si affiancano nuovi paradigmi di viaggio. Essi segnano un diverso rapporto della soggettività con il mondo e che n.oncostituiscono in nessun modo una successione di fasi, anzi tendono a ricorrere e intrecciarsi in uno spazio sovraffollato in cui coesistono diversi tempi, «figure• e realtà eterogenee. In quell'universo, cioè, in cuf i viaggi organizzati a catena di montaggio si sovrappongono alla cultura del viaggio materiale verso Oriente o mentale via droga verso l'illuminazione e insieme tutti si configurano come fughe da. qualcosa ed erratica irrequietezza nella speranza o nella delusione dell'espansione d.el vissuto. Un ben singolare e precoce ( 1805) paradigma di viaggio è quello del Manoscritto trovato a Saragozza di Jan Potocki. Il bizzarro nobile rivoluzionario polacco chiude fantasticamente in Spagna il periplo mediterraneo iniziato con i viaggi in Turchia ed Egitto del 1784 e in Mar~c~ gel} J9 I_, ilcpi resoconto culmina con una favola di viaggio che già cupamente allude alla sua impossibilità: «Insensato, dopo un anno di penoso cammino cosa avresti trovato? Di tutte le passioni la curiosilà è forse quella che si consuma più rapidamente: cessa presto di occupare la mente del viaggiatore, che rilorna alle rive della patria; egli misura la distanza e la luce dell'allegriacessadi illuminare il paesaggio straniero che lo circonda... Non andare avanti al tempo per vivere in quello che deve ancora venire! Guarda questa gente che fa il bagno nell'Eufrate: non nuota a fatica verso l'onda che deve arrivare; aspetta, sicura che passerà come le altre». li disincanto per il modello utopistico di viaggio suggella il resoconto del viaggio reale, la cui continuazione (da Cadice a Parigi) si trasfonde invece nell'invenzione fantastica del Manoscritto, o meglio del tentativo continuamente frustrato di salire «per la via più breve» (già negata a Dante!) dal1'Andalusia a Madrid attraverso la Sierra Morena. Non solo «a lui convien tenere altro viaggio», ma ogni viaggio è impedito, il viaggiatore rimbalza continuamente indietro all'urto con una muraglia disognoedigomma, in un'incessante coazione a ripetere. li protagonista incon'ira /ii(atti due bellissime cugine arabe clandestinamente rientrate in Spagna, dorme alla Venta Quemada e si congiunge in-sogno con esse, risvegliandosi poi sotto la forca da cui pendono due briganti impiccati e putrefatti. li tema si ripete in mille varianti, arrestando il viaggio reale e moltiplicando invece, attraverso un incastro a scatole cinesi di racconti, la stessa situazione che sempre più ascende a toni archetipi, venendo la coppia a corrispondere a figure della Cabala e ai Gemelli. Gli schemi del romanzo picaresco e libertino sono utilizzati a rovescio, per inibire l'azione attraverso la ripetizione ossessiva dello stesso frammento iniziale di r.arrazione: emerge la tecnica pura della fiaba (teste Propp, iniziatica) ma come rinvio interminabile. Il meccanismo da Mille e Una Notte allude all'impossibilità insieme di compiere un viaggio e di raccontare una storia sino in fondo. U n paradigma assai più diffuso e tipicamente romantico è quello che, rovesciando l'itineraio volto a una mèta, parla del viaggio come fuga da un centro, allontanamento dalla vera dimora; la nostalgia sanziona l'ineffettualità del nostos, del ritorno a casa. Il Viaggio invernale (Winterreise, 1827), composto da Schubert sui modesti versi di W. Wiiller, fissa il tipo dell'errare disperato, lontano dall'amata, verso la morte, secondo una tradizione che dura sino ai mahleriani , !,_it4.1;(:eif!~/qf ~r.en,d_e'!qe~fflP), ~a B1bliotecag1nob1anco nella stessa mitologia wagneriana al tendere verso il centro di un Parsifaf corrisponde l'esilio di Wotan viandante dal Walhalla. La soggettività è costruita in un • mondo ostile, tende a definirsi per esclusione e ripiegamento, rotola via dal centro, si, ma con disperazione. Esiste ancora una via, esiste ancora·un'oggettività, ma sono stravolte, occultate: «Nun ist die Welt so triibe, / der Weg gehiillt in Schnee». I cartelli segnaletici rimandano infine a una via di uscita dal mondo, indicano spietatamente l'irreversibilità della distruzione: «Einen Weiser seh ich stehen / unverriickt vor meinem Blick: / eine Strasse muss ich gehen, / die noch keiner ging zuriick». li soggetto non sta più a suo agio in casa propria e spinge la finitudine creaturale verso la morte, come un tempo la spingeva verso l'aldilà. li paradigma è più vasto ma anche più generico del preciso istinto di morte sotteso alla coazione a ripetere del Manoscritto; non per niente Potocki aveva limato per anni la palla d'argento fino a farla entrare nella canna della pistola con cui si sarebbe suicidato ... D'altra parte il luogo ormai deputato del viaggio-fuga come Bildung negativa si strema nell'ironia: al termine della sua «educazione sentimentale» FrMéric Moreau si dà a lunghi vjaggi, conosce «la malinconia delle navi, i freddi risvegli sotto la tenda, la vertigine dei paesaggi e delle rovine, l'amarezza delle amicizie troncate ... >. Qui veramente si chiude la speranza di un annullamento significativo, di un termine resistente opposto al centro perduto/ rimpianto. Anche il senso del rifiuto è derisorio. Un terzo paradigma specifico è quello del viandante che a più riprese traversa le pagine di Nietzsche, trovando una prima forte definizione in Umano, troppo umano: «Chi anche solo in una certa misura è giunto alla libertà della ragione, non può poi sentirsi sulla terra nient'altro che un viandante- per quanto non un viaggiatore diretto a una mèta finale: perché questa non esiste. Ben vorrà invece guardare e tener gli occhi ben aperti, per rendersi conto di come veramente procedano tutte le cose nel mondo; perciò non potrà legare il suo cuore troppo saldamente ad alcuna cosa particolare: deve esserci in lui qualcosa di errante, che trovi la sua gioia nel mutamento e nella transitorietà». E viandante, in questo senso, è Zarathustra quando afferma: «Sono passati i tempi in cui potevano capitarmi eventi casuali;· e che cosa potrebbe ormai capitarmi, che non fosse già mio!». La dimora non è più mèta, e neppure illusione di fuga, ma congedo, coesistenza con la realtà dispersa e .3.~P,ira,~(o!~1Ie tram97tp; t la_d_i~_e~ione - l'unica possibile - in cui s1 muove l'amico dell'Àbschied che chiude il· mahleriano Canto della terrà, mentre contraddittoriamente sogna ancora il ritorno a casa, l'integrità della fanciullezza e della sua propria morte. Ed evidentemente è ancora qui che fa riferimento l'ideologia del nomadismo, la cui ultima celebrazione sta nei Mil/e p/ateaux di Deleuze. La varia combinazione di questi tre paradigmi sopra la trama onnipresente del viaggio-resoconto di apprendimento definisce le rappresentazioni della soggettività entro il mondo nell'epoca in cui la soggettività stessa è messa in discussione e gradualmente dissolta nella sua pretesa di unità psicologica e di autonomia legislativa. L'io cartesiano, uscito a passeggio nel mondo, vi si è perduto nella misura stessa in cui lo ha assoggettato e manipolato. Ma poiché l'era della tecnica, il Gestell quale occultamento destinale dell'essere è storicamente articolato in fasi e si produce attraverso contraddizioni che generano soggetti collettivi e conflitti materiali, non sorprenderà che la metafora del viaggio rifletta situazioni sfaccettate e variabili e possa assimilarsi a un rotolare senza fine via dal centro tanto poco qu~nto 3 un tendere lineare a una mèta luminosa di progresso. La retorica del nichilismo si apparenta troppo a quella del progressismo per non lasciarci sospettare che forse è preferibile dedicarsi agli intrecci e alle scansioni differenziate. V ien·e anche in mente che per gran parte del pensiero filosofico occidentale la struttura soggiacente è una struttura musicale o, per altro verso, romanzesca. Nel senso della forma-sonata e della logica dello sviluppo tematico o in quella del romanzo di formazione e viaggio. Lo si avverte in Hegel, ma fino a Wittgenstein in tutta evidenza e proprio nei suoi più dispersi aforismi. E persino superfluo è ricordare quanto «musicalmente» pensasse Nietzsche. La struttura intuitiva del pensare occidentale di oggi è piuttosto cinematografica, l'occidentale è direttamente western. li flusso del pensiero si articola sui tempi e i modi della simulazione filmica e televisiva, con quelle qualità di violenza spettacolare e di rapidità di scorrimento che ineriscono al mezzo (la violenza è sopportabile proprio perché scorre e lo scorrimento veloce costringe ad accentuare i toni della violenza). Cosl la grande allegoria del viaggio di conquista del mondo, l'attraversamento del territorio dell'aggressione, fa tutt'uno con la storia del western e rapidamente si contamina con tutti gli altri paradigmi faticosamente elabora- •t~ ~all'<?c,c!d~?t~ ;uro~? /~~sical;~?- mantico. Abbiamo cosi, dopo le carovane dirette alla frontiera ·con grande strage di-indiani e bisonti, la fuga senza scampo, il ritorno a casa, il vagare senza mèta dichiarato metafora della transitorietà (quest'ultima linea dal cinema influenza la letteratura on the road per tornare trionfalmente al·<:inema, vedi Peckinpah e Wenders). Mai come in questo caso «l'americanismo è qualcosa di europeo• (Heidegger ), il western esprime il mondo moderno «occidentale» nella sua tendenza al tramonto, nel protendersi della volontà di potenza fra illimitata facoltà di distruzione e autodissoluzione del soggetto. Non è un caso che nei finali anni di Cambridge Wittgenstein ricollegasse i temi della sua riflessione alla struttura della forma musicale classica (e non di quella contemporanea, dimostrando repugnanza perfino per Mahler) e trascorresse però i pomeriggi a visionare film western. Anche nella fantascienza possiamo osservare il trapasso dal viaggio verso la frontiera (la prima s• f dei mostri e delle astronavi) alla constatazione della fine della frontiera o alla sua interiorizzazione, impossibilità del viaggio e nomadismo intergalattico. Ma qui si rivela una dimensione intrigante. li cinema aveva spezzato la struttura di senso del romanzo e della musica classica, quella struttura di verosimiglianza inerente al récit che troviamo anche nelle più dissolventi sperimentazioni, e l'aveva spezzata con la velocità dell'immagine, l'infinita possibilità di associazioni, accelerazioni e arresti e mutamenti di racconto, destituendo in<egralmentç, nel suo nuovo «tempo», l'autorità dei nessi narrativi e l'unità del soggetto percipiente; laddove il lettore controllava la vicenda e perfino il suo frantumarsi, lo spettatore è trascinato nel flusso e proprio quando si illude di riprendere il controllo- impugnando, per estensione, il telecomando televisivo- è pienamente imprigionato nella logica del significante ed emarginato dal rapporto con i significati. L'immagine filmica e televisiva possiede però una verosimiglianza di altro tipo che, se occupa una nuova regione della costituzione dei soggetti, esclude la possibilità di ulteriori avanzamenti. Paradossalmente per descrivere quell'universo informatizzato che sempre più si avvale di immagini analogiche prodotte con logica digitale (cfr. Formenti, Alfabeta n. 29) serve meglio una nuova letteratura fantastica. La difficoltà di fare buoni film di fantascienza è indicativa. Lo spessore di una problematica di universi paralleli o di una macchina informatica universale è troppo esiguo per l'immaginario filmico, richiede ancora i vecchi arnesi della parabola, del viaggio, deU'utopia/ ucronia. L'Eterno Ritorno si affaccia per un attimo nel montaggio cinematografico degli archetipi ma si conclude inmodo ineguagliabile nella Biblioteca illimitata e periodica di Borgès. I molti possibili viaggi richiedono_ dunque veicoli diversi, con scambi singolari e inaspettati e diversi accessi al mondo. Che non vi sia più un unico schema di viaggio rinvia alla difficoltà di pensare il mondo in immagini, sotto ideologie unitarie: che è un risultato storico non della frammentazione dei nessi sociali ma del pieno dispiegarsi di quelle forze che ad essa hanno portato. L'oblio dell'esse.re sociale è tutt'uno con quel tipo di rappresentazione che comincia a dissolversi insieme ai suoi supporti materiali. Trattasi peraltro di processi alquanto lunghi e complicati ... .,., " .s Oc " e,, / :;;:i °' .... -9 li: .e, .e, ~ .., .., <: " .i .e, $ "

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