Alfabeta - anno III - n. 31 - dicembre 1981

I f articolo di Eugenio Battisti I. («Indagine per Ginzburg», v. Alfabeta n. 29) mi trova concorde su molti.punti, a parte l'ammiccamento - mi auguro spiritoso - al Breviario d'Estetica di Benedetto Croée. Del resto ho già manifestato le mie LeGraziediPiero perplessità sulle ipotesi pierfrancescane del Ginzburg sia pure limitandominegli spazi costretti de L'Espresso-ad una rapida analisi della parte palesemente più fragile del suo lavoro, quella riguardante la Flagellazione. Discutere sulla stampa di questi problemi è disagevole e forse imbarazzante, e tuttavia, se appena si ha quel minimo spazio necessario, risulta molto proficuo, per un confronto che esca dàll'asfittica e rissosa cerchia degli addetti ai lavori. Vorrei quindi soffermarmi su un'altra opera in particolare, il Battesimo di Cristo. Battisti ha esposto benissimo le carenze, anche metodologiche, della lettura del Ginzburg, e non ha voiuto difendere a tutti i costi la propria interpretazione. Credo però che si debba aggiungere qualcosa, partendo dalla constatazione che, in sostanza, tutti concordano sulla per altro evidente assimilazione del gruppo dei tre angeli che fiancheggiano il Cristo all'iconografia delle tre Grazie. Divergenti sono soltanto i pareri sul significato simbolico da attribuire a tale riferimento: le Grazie in quanto simbolo di armonia e di concordia, secondo De Tolnay, che si basava su una medaglia di Niccolò Fiorentino riproducente le Grazie con la scritta «Concordia»; le Grazie in quanto simbolo di liberalità (dare, ricevere, restituire) secondo il Battisti, i:be si rifà giustamente al significato più diffuso, da Diodoro Siculo, Seneca e Fulgenzio al Boccaccio e all'Alberti. Ma perché questa allusione al Battesimo? Forse perché, ipotizza il Battisti, il committente era un ricco mercante, 1 magari tacciato d'usura. Non convinta, la Tanner, seguita da Ginzburg, opta per la concordia religiosa, e «dunque• (!) della riconciliazione tra le due Chiese, d'Oriente e d'Occidente, sanI cita dal Concilio di Firenze nel 143~. Ma l'unico simbolo cclnosciuto di tale riconciliazione è la stretta di mani (delle due mani destre) tra Salomone e la Regina di Saba. Nel quadro di Piero, per altro, un angelo tiene nella mano destra la sinistra, e non la destra, dell'altro. Un patto sancito con simile stretta di mani oltretutto sbilenca susciterebbe la diffidenza di qualsiasi contraente: mercante di vacche o uomo di stato. C'è un equivoco che inficia la congettura alle basi: in realtà nessuno si è mai sognato di leggere, nel gesto delle Grazie una «stretta di mano• come patto d'amicizia. Il significato di «concordia» (amicizia, armonia) discende dallo stessissimo gesto da cui discende il significato - niente affatto contrastante- di «liberalità>, ossia dal gesto di dare-ricevere-restituire. Non so se sono chiaro: tanto chi assumeva le Grazie come simbolo di concordia, quanto chi le assumeva come simbolo di liberalità, si basava su un'identica interpretazione del gesto, interpretazione che non presenta alternative: passarsi una cosa di mano in mano (dare-ricevere, dare-ricevereassai più di certi significati fondati anche sulla permanenza della tradizione classica e sulla continuità della patristica. Il Ripa descrive i fin qui non considerati attributi delle tre Grazie: «Una d'esse haverà in mano una rosa, l'altra un dado, et la terza un mazzo di mirto (...) La Rosa significa la piacevolezza, quale sempre dev'essere tra gl'amici (...). Il dado significa l'andare, et ritornare alternamente de i benefitii, come fanno i dadi, quando si giuoca con essi. Il Mirto, che è sempre verde, è segno, che l'amicitia deve l'istessa conservarsi». Ora, nell'assunzione di Piero, il dado non figura; ma i due angeli che si tengono per mano hanno l'uno un serto di rose, l'altro di mirto, il che sottolinea la loro assimilazione all'iconografia delle Grazie, che non si limita all'intreccio dei gesti. e iò premesso, resta da vedere quale attinenza possa avere il tema delle Grazie non già con avvenimenti dell'epoca o con la professione dei committenti, ma santo Cielo (altro che elucubrazioni metodologiche!), con il tema del Battesimo di Cristo. La risposta è intuitiva, giacché alla Grazia divina si accede appunto attraverso il battesimo. Grazie, si dirà, non Grazia. Ma verifichiamo, consultando un "iesto un tantino trascurato in questa dotta ricerca di fonti e di riferimenti: il Vangelo. Non paia banale ricordare che il soggetto del dipinto è tratto appunto dai Vangeli: «Mentre Gesù, ricevuto il battesimo, stava pregando, si apri il cielo e lo Spirito Santo scese ·' sopra di lui in forma corporea come di colomba e venne dal cielo una voce: Tu sei il mio Figlio diletto• (Luca, 3, ' 2,-22). «Ho visto scend'è~ lo Spirito come colomba dal cielo e posarsi su di lui. Neppure io lo conoscevo. Ma chi mi ha mandato a battezzare con l'acqua mi ha detto: - Colui sul quale vedrai scendere e posarsi lo Spirito, è quello che battezza nello Spirito Santo. E io bo visto e testimoniato che lui è il Figlio di Dio» (Giovanni, 1, 32-34). Intanto, si chiarisce il perché della presenza degli angeli, del resto tradizionale nell'iconografia del Battesimo restituire ), non già stringersi la mano di Cristo: stanno a indicare la designain segno d'accordo. zione divina, aiutano Giovanni a ricoCiò emerge chiaramente dalla voce noscere nel Cristo, segnalato anche «Amicitia• del Ripa (1593) che ri- dalla Colomba, il Figlio di Dio. È per prende alla lettera il Cartari (1556) e questa prima ragione, evidentemente, fonde strettamente i concetti di libera- che l'angelo a sinistra addita il-Cristo, lità e di amicizia: «Et delle gratie l'una affisandolo. stringe la mano, ovvero il braccio del- Ma la «testimonianza• del Battista è l'altra, perché l'ordine di far benefitio completata da queste parole: «Dalla altrui è, che debba passare di mano in sua pienezza noi tutti riceveJl)mo, e mano, et ritornare in utile di chi lo fece grazia per grazia; perché la legi:e fu prima, et in questa maniera il nodo data per mezw di Mosé, la grazia e la dell'amicitia tiene strettamente gl'- verità vennero per mezw di Gesù Crihuomini uniti fra di loro.» sto» (Giovanni, 1, 16-17): «Gratiam Il Cartari e il Ripa sono testi poste- pro gratia». «Al posto dell'antica grariori a Piero e però raccolgono tutta zia la nuova», giacché, commenta --~g"'fa~~~g;-~.s.1 d::o~n~·~= 0e".'e.~.va= 1~~·~•i-.'è"..,u"'S~n~-;;;-~~;;,,,;;""A"'~"J-~-u--s ifnY l!ffl ~ n\Vf'a'él d'd'òffi!i':' 00 duo nare organicamente le biografie degli Anche per Agostino si tratta di «due artisti, e nessuno si sognerebbe di non grazie»: ma sono quella della fede e tener conto delle notizie del Vasari su quella dell'immortalità, la quale seun artista del Quattrocento: per quan- conda grazia non è che la ricompensa , tolenotiziesideforminonel tramando della prima: «ipsa fides gratia est; et Maurizio Calvesi vita aetema, gratia est pro gratia». Insomma, si «riceve» per aver già ricevuto, più che per aver dato. Poiché, nel Vangelo di Giovanni, il passo cosi interpretato si collega strettamente alla «testimonianza» del Battista e al battesimo di Cristo, nulla di più verosimile che Piero, rappresentando agli angeli secondo l'iconografia delle Grazie, intendesse alludere precisamente a questo. Abbiamo detto che i due angioli si danno la mano, non per stringere un patto d'alleanza, ma per passarsi qualcosa, il beneficio ovvero «grazia». Dare, ricevere, restituire. La fede è Grazia, dice Agostino, dunque è un ricevere, ma è insieme un dare, in cambio di cui si riceve un'altra, Grazia, la vita eterna. Gli attributi dei due angeli (rose e mirto), propri delle Grazie, si adattano comodamente al significato agostiniano: il sempreverde (il mirto, pianta dell'oltretomba), notoriamente designa eternità: dell'amicizia, secondo il Ripa, ma altrettanto bene la vita eterna. Le rose, simbolo potevano, del resto, risultare perfette e razionalmente oliate. Altra significativa connessione. La generosità del Cristo nell'offrire all'umanità, attraverso il battesimo, i benefici della grazia, o delle grazie, era sentita come «liberalità». Così Le Maitre de Sacy, rifacendosi alle chiose dei «Santi Interpreti• (i Padri della Chiesa), commenta il versetto sopra citato di Giovanni («Dalla sua pienezza tutti ricevemmo, e grazia pe( grazia»): «Possedendo in se stesso la pienezza di tutt'i beni, li comunica con liberalità alle sue creature, ed egli resta tuttavia sempre egualmente pieno di questi medesimi beni, di cui è l'inesausta sorgente.» «La gratia è un ben proprio di Dio, che si diffonde in tutte le creature per propria liberalità di esso lddio», scrive il Ripa, echeggiando la concezione paolina della grazia come dono gratuito. Ma già il Battisti aveva segnalato un passo di San Tommaso, in cui si esalta la «liberalitas• del Redentore, pur senza diretto riferimento all'elarPiero della Francesca, «Il Battesimo di Gesù», National Gal/ery, Londra. polivalente (di purezza, di amore, di martirio, di carità) non contrastano con l'idea della fede: ma soprattutto, l'angiolo-grazia cinto di rose ha una veste bianca (ispirata alla statuaria classica), che è simbolo comune e costante di fede. Il terzo arigelo, abbiam detto, addita il Cristo, e cosi lo segnala al Battista, ma anche a noi spettatori, e ai due compagni: Cristo è colui dal quale il Beneficio proviene ed a cui va restituito sotto forma d'amore e sottomissione. L'amore tra il fedele e Gesù è a sua volta un continuo scambio: «Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anif~ftf"!!"~ffii ~if{t!;ittr'?,e,'>gt: sto, nella logica del dare-ricevere-restituire. Ma non è necessario giurarci; simili concettose e frequentatissime costruzioni, in cui il dato pagano veniva piegato al significato cristiano, non gizione della grazia. Dunque il ricorso che Piero fa all'allegoria delle Grazie come liberalità (dare, ricevere, restituire) per alludere alle Grazie del Cristo come testimonianza della sua liberalità, anche in questo si giustifica pienamente. Altri spunti concordanti. Macrobio, come riporta il Cartari, colloca le Grazie nella destra di Apollo per mostrare che «la divina mano è larga donatrice a' mortali delle gratie sue•. Ancora Cartari, sostiene che le Grazie ammoniscono l'uomo ad imitare «la bontà divina, la quale al farci bene è sempre presta•. uo!Rf;'!;iuU!I, =·.-e.!llr<ti, u11uu.. t (:.. j. Sidice dono perché è dato a coloro che nulla prima hanno dato, grazia perché concesso a chi anzi è debitore.» Come si vede, sebbene attraverso diverse sfumature di significati, si insisteva a parlare della «grazia» in termini, per cosi dire, di economia: di debito e di credito, di dare e ricevere. T utto questo, più o meno, avevo già scritto (in Storia dell'Arte 24-25, 1975), anche se non risulta dal resoconto che Ginzburg dà delle interpretazioni del Battesimo di Cristo. Egli mi attribuisce invece un «primato di ridicola presunzione» e, del mio vecchio articolo, cita solo alcune frasi che dovrebbero risultare comiche (come in effetti, così estrapolate, possono risultare), in quanto collegano l'allegoria delle Grazie come liberalità (dare, ricevere, restituire: «et quasi cum fenore•, dice l'Alciati, cioè quasi con l'interesse) con la logica del precapitalismo, nel quadro dell'idealismo neo-platonico. Ma questo fa parte di un lungo e complesso discorso che non riguarda le intenzioni di Piero, bensl le possibili implicazioni che ilsuo sistema stilistico «delle equivalenze» induce a ricavare da un punto di vista non più iconologico, bensi ant;opo-sociologico, partendo dalle connessioni tra «valori• dell'arte e «valori» economici e monetari, mediati dall'ideale alchemico dell'oro. E tante altre cose, caro Ginzburg, non si possono davvero esorcizzare, per quanto imperi il riflusso, con il trucchetto di una citazione spaesata. Cose su cui, qui, non ho avuto né lo spazio né la voglia di discutere, perché ho solo inteso riportare l'attenzione sui'dati della mia lettura pertinenti all'iconologia del Battesimo, ovvero ai significati che in esso Piero ha intenzionalmente velato. Ma si badi: anche a questo livello, non sono affatto escluse altre allusioni. Che il committente (che per altro si chiamava «Graziani») potesse essere un ricco mercante, magari tacciato di usura, è ipotesi del tutto priva di riscontri oggettivi ma non da scartare a priori: di essa Battisti non deve affatto pentirsi, semmai dobbiamo ringraziarlo di tante sue intuizioni geniali. Che si giocasse, nella società del tempo, sull'equivoco della «liberalità» (come • generosità e come forma economica di scambio) è del tutto evidente. Quanto alla cronologia del dipinto, concordo con Battisti che è certamente più tarda di quel 1440 cui la si vorrebbe ancorare, per rendere plausibile il palesemente inesistente riferimento alla riconciliazione delle due Chiese e la fantasiosa ipotesi di un omaggio ad Ambrogio Traversari. Longhi, è vero, più di mezzo secolo fa, datò il Battesimo al 1440; ma datava cosi precocemente anche la Flagellazione, che Ginzburg stesso riconosce doversi spostare assai più avanti negli anni, per gli oggettivi riscontri già da tempo segnalati dal Clark. Dimenticavo: quei signori nello sfondo, visibili in lontananza dietro alla figura del catecumeno, hanno vesti e copricapi orientali che, scrive Ginzburg, li caratterizzano «come sacerdoti bizantini». Ma anche di essi c'è una plausibile e semplice spiegazione nel Vangelo di San Giovanni. La «testimonianza» del Battista era infatti avvenuta alla presenza di «sacerdoti e leviti• mandati da Gerusalemme per chiedergli chi fosse il Cristo, e se non fosse lui stesso (Giovanni, 1, 19-28). Secondo Giovanni Crisostomo, costoro erano spinti da una segreta invidia nei confronti del Salvatore: sono gli stessi ·Farisei, osservano Teologi e Santi Padri, che avevano rifiutato di essere battezzati da Giovanni, come racconta il Vangelo di Luca (7, 29-30): «E tutto il popolo che l'ha udito, e anche i pubblicani, riconobbero la giustizia di Dio facendosi battezzare col battesimo di Giovanni. l farisei invece e i dottori della legge resero inefficace, per quel che li riguardava, il volere di Dio, non facendosi battezzare da lui.» Essi dunque sono ritratti da C't)ululppusnat cacecmneno, cne mvece si spoglia per essere battezzato: simbolo del popolo, ottemperante al volere di Dio. .... "" °' .... ~ a

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