Cfr. Tonino Guerra D miele (poema) Rimini, Maggioli Editore, 1981 pp. 164, lire 7.500 Cominciamo dalla dedica: «Ma la mi ma,/ me mi ba,/ ma la mi nòna, /me mi nòn / e i bisnònn, / e ma tòtt quèi / chi zcuré:..a snò in diàlèt.» (Riporto la traduzione delle ultime parole: •A tutti quelli che parlavano solo in dialetto•.) La novità di questo nuovo libro di poesie di Tonino Guerra (dopo I bu, del 1971) è fondamentale: a fronte del testo in dialetto (quello di Santarcangelo di Romagna, che è lo stesso di un altro eccellente poeta, Raffaello Baldini) c'è la traduzione in lingua, opera parallela di Guerra. Dico: opera parallela, perché mi pare la definizione calzante dell'uso di uno specchio linguistico per raddoppiare un testo dialettale che diventa cosi, a sua volta, doppio: testo e pretesto. Il dialetto come luogo linguistico dell'immaginazione, produce il suo doppio, in lingua italiana, come rifondazione e prolungamento del lavoro originario dell'immaginazione dialettale. Il caso dunque di un poeta che traduce (dunque trasforma, riscrive, risente) se stesso, non può che essere straordinario e i risultati ne danno conferma. Il linguaggio materno (il diàlèt) produce immagini, crea nuove immagint senza essere rimosso ma, al contrario, riformandosi di continuo nella propria trascrizione, permette al poeta di rimettersi in volo a partire da quel territorio, che è già linguistico, appunto, non soltanto emozionale. Opera parallela anche in un altro senso: i protagonisti sono due fratelli che vivono specchiandosi uno nell'altro, tanto che in certi momenti il fratello e lo specchio possono essere confusi, scambiati (vedi il canto XXXI). Questo ulteriore raddoppio esce dall'utopia fondamentale della poesia di Tonino: la costruzione di un universo parallelo, l'unico vivibile. E non si tratta semplicemente di un gioco di scatole cinesi, si tratta invece di scoprire, svelare, una dimensione metafisica del mondo. Per essere più preciso: una dimensione religiosa che recupera i valori assoluti dell'immagine e della pronuncia (il verbo che si fa.mondo e torna ad essere verbo). La prova di quanto dico si trova in una delle poesie più riuscite di Tonino, quella dedicata alla fica (qui •canto ventiquattresimo»), che così dice: «La fica quando è ora / è la faccia del Signore/ la sua bocca. / È dalla fica che è venuto fuori / il mondo, con gli alberi, le nuvole, il mare/ e gli uomini uno alla volta / e di tutte le razze. / Dalla fica è venuta fuori anche la fica. I osta la fica!». Quando dico: dimensione metafisica e religiosa dell'universo, non parlo necessariamente di Fede; al contrario tento di rispecchiare, di definire, la dimensione linguistica dell'Universo, l'unica che ci è dato di conoscere. In questa dimensione il sistema dei segni non può che rinviare a se stesso, a un pro:,rio doppio, che il linguaggio poetico, per così dire, supporta. Ma in questo rinvio, in questo rispecchiamento parallelo, la conoscenza è, indipendentemente dall'essere, che per definizione («lo sono colui che è») resta ineffabile. Ma l'ineffabile produce, paradossalmente, «il miele», cioè quello che riusciamo a dire del mondo. Quel «miele» che Tonino raccoglie con pazienza e nei tempi lunghi della sua distillazione, e ci restituisce come u ...lnrP rhP rpc.:ii;:tP. nitre_oue11'~1f_im~ro Antonio Pana C-Ongressi Cgil-Fllpc e Cgil-Fils « Un nuovo sindacato unitario dei favoratori dell'informazione» Torino, Teatro Nuovo, 28-3 Ì ottobre, 1981 Due sindacati elaborano un progetto di fusione e di unificazione delle strutture per cercare di «assicurare una politica unitaria delle comunicazioni di massa, siano esse della carta stampata o via etere, siano esse del libro, del teatro o del cinema». La Filpc, sindacato dei poligrafici, e la Fils, sindacato dei lavoratori dello spettacolo, aderenti alla Cgil, hanno tenuto contemporaneamente i loro congressi, a Torino, ed hanno votato la loro fusione. Nasce così un nuovo sindacato: la Federazione Italiana Lavoratori dell'Informazione e dello Spettacolo (Filis). li progetto di un sindacato unitario dell'informazione era già stato posto,. dieci anni fa, all'ordine del giorno, ma la politica di unità sindacale perseguita dalle tre confederazioni ha assorbito molte energie e deviato parte dei percorsi innovatori che ogni sindacato stava incubando. I poligrafici e i lavoratori dello spettacolo della Cgil hanno infine deciso di attuare il progetto senza ulteriori rinvii e di aprire il capitolo del sindacato dell'informazione. di nuovo sindacato ci è stato imposto dalla realtà produttiva, ma nasce anche dalla presa di coscienza di classe e non tanto come opzione di tipo organizzativo», ha affermato Franco Lay, che fa parte della segreteria del nuovo sindacato. La «realtà produttiva» dell'informazione è certo un momento cruciale del sistema capitalistico ed è auspicabile che il nuovo sindacato si adoperi a determinarne i contorni e le modalità da un punto di vista più largo, con un impegno d'elaborazione teorica che permetta d'ottenere risultati adeguati alle trasformazioni del sistema dell'informazione. Uno dei primi compiti politici che il nuovo sindacato si è attribuito è la ripresa delle proposte di riforma che riguardano i diversi settori dell'informazione e l'applicazione della stessa riforma RAI, troppo spesso deviata o congelata. A questo proposito, la Filis Paolo Gallerani Personale alla Galleria «Il Salotto» Como, ottobre 1981 Sembra facile a prima vista, dire da dove vengono le macchine lucenti di acciaio e rame di Gallerani. Mimesi di una modernità tecnologica, che nella precisione del centesimo di millimetro vogliono produrre un'emozione estetica adeguata alla nostra epoca. La congiunzione dei congegni (degli ordigni, dice Gallerani, citando con precisione puntigliosa Tommaseo) perfettamente funzionanti alla loro palese inutilità, sotto la luce naturale della galleria che piove dall'enorme lucernario, sembra essere responsabile dell'effetto di straniamento che incatena il nostro sguardo e lo fa correre lungo le superficie levigate, le manopole, i pezzi incastrati nella scatola di montaggio. Un'operazione a metà fra l'amore delle macchine e la nostalgia dell'arcaico, come scrive Eugenio Battisti nel catalogo della mostra. Anch'io, la prima volta che le avevo viste, fuori da questo ambiente, avevo pensaio che la fascinazione che esercitavano provenisse da questa ambiguità. Rivedendole adesso, mi accorgo che c'è dell'altro. Gli angoli acuti e ottusi, non retti, che delimitano le tavole e i piani di lavoro, l'effetto specchio, sempre obliquo, generato dalle tavolette di rame che sporgono, a bandiera, dal lungo regolo di acciaio, il lento movimento con cui si solleva e si inclina ìl piano della tavola barraseni: sono tutti elementi che rimandano a una presenza segreta, ma senza il compiacimento di nessuna metafora. li richiamo che è implicito in tutte queste opere diventa esplicito nelle ultime: lunghi regoli di acciaio, con elementi snodabili, che recano ad una estremità delle forme di legno. A volte non è facile distinguere, a prima vista, il confine tra i due materiali: ma non appena si è individuato e toccato il legno, ci si accorge che le gallerie sinuose, i meandri con cui è lavorato non sono altro che il cavo, la forma nascosta di una mano. Quello che il rapporto fra pieno e vuoto suggeriva soltanto nelle altre sculture, qui diventa un invito, discreto ma irresistibile. Il gioco oppositivo fra presenza e assenza diventa più scoperto, ci accorgiamo che non c'è solo un elogio della perfezione della tecnologia, ma l'allusione - e forse più che questa - ad una nuova psicologia, ad una nuova figura tra l'umano e il non umano che popolerà questo universo, il cyborg. Gallerani (lo dice in un intervento molto preciso Koeing) mostra solo dei sentieri, e centellina le sue rivelazioni. Le sue opere non hanno titoli, ma le sue impugnature nascoste hanno un'epigrafe. È la risposta dell'indio all'antropologo che lo interroga: «anche il popolo del mais ha un canto/è molto bello/mi rifiuto di farlo conoscere». Antonio Caronia ·' ~-~ . ...,-:·, è decisa a lottare per coordinare il si- '. sterna pubblico al sistema privato, imponendo a quest'ultimo il rispetto nell'ambito locale, oggi scavalcato nella corsa alla costruzione di networks nazionali. Un altro compito è stato individuato nella costituzione di una Consulta che organizzi un rapporto più stretto fra sindacato dei lavoratori e forze culturali: «un punto d'incontro non occasionale per discutere insieme- lavoratori, giornalisti, autori, musicisti, scrittoi. attori - le questioni che investon8 spettacolo». La stampa italiana ha trovato opportuno tacere sulla nascita del sindacato dell'informazione: una ragione di più per darne notizia su queste colonne. Index Raymond Queneau Segni, cifre e lettere e altri saggi Torino, Einaudi, 1981 pp. 337, lire 15.000 Il libro da portare con sé per i prossimi tempi dovrebbe essere questa straordinaria antologia ordinata da Italo Calvino col favore di qualche sua affinità con l'autore di Zazie dans le métro (ma anche di Odi/e, dei «fiori blu» e degli Exercises de Style ). Iniziata insieme allo stesso Queneau, la raccolta sceglie tra i suoi tre volumi di saggi e scritti d'occasione Biìtons, chiffres et lettres (1950 e 1965); Bords (1963}; Le voyage en Grèce (1973). Lo scopo di Calvino è di restituire il ritratto intellettuale di Queneau, «iL disegno d'un atteggiamento e d'un'organizzazione mentale che non s'adattano mai alla via più facile». Facile impresa per noi lettori diventa invece scoprire l'indice di questo volume per rintracciarvi itinerari di puro godimento. Vi si può ripercorrere la teoria ormai classica della «letteratura potenziale» di cui è esempio notevole Cent mille miliards del poèmes, «una specie di macchina per fabbricare poesie»: si tratta di dieci sonetti, ogni verso dei quali è stampato su una striscia di car- • ta, e può combinarsi con i versi di ogni altro sonetto. Il tempo di lettura fornito in questo modo si aggira intorno ai 200 milioni di anni. Al capitolo «Grafie» si possono decifrare pittogrammi in prosa e in poesia, mentre a quello «Omaggi e scoperte» si possono ascoltare considerazioni su arte e letteratura di sicura memoria ai narratologi. Come il passo in cui Queneau paragona il testo letterario alla cipolla, ogni strato della quale rappresenta un diverso livello di lettura, e coglie la possibile autonomia tra il complesso delle significazioni presenti nei testo ed una pragmatica della loro interpretazione. Nello stesso capitolo scopriamo la banda dei «fous littéraires», gli autori eterocliti dissepolti dai fondi della Bibliothèque Nationale secondo il principio «né maestri né discepoli». Nel progetto che doveva raccogliere i risultati di questa ricerca (inseriti in seguito nel romanzo Les Enfants du limon, 1938), è del tutto palese la vocazione enciclopedista di Queneau, che ha le sue radici nella passione - rara in un letterato - per le matematiche, e che si esprime nella convinzione che non !)Ossasussistere uno iato fra scienza e letteratura. Quest'ultima deve ad esempio «ereditare» dalla prima lo strumento del metodo, come tecnica ~tO"(Q'ueìieaifiìon crede - ...1 --6 ..... iv»-r,ma nel senso del «jeux d'esprit». Ne è testimonianza la partecipazione di Queneau all'impresa dellarivista l'Ou/ipo, di fondare una nuova retorica «matematica», e di restituire nel sistema delle scienze una nuova centralità alla Poesia. Isabella Pezzini unnumero L 3.000 - unanno L 15.000 via delle Fosse di Castello, 6 - 00193 Roma • Tel. 6544589- C.C.P. 82877002 mensile di • cinema teatro musica ogni fine mese in edicola ............. Ull&111 .. C.C.,.L14111117 ll'IUIATIAIIU,-allU,llllMI IPIIIRCMIIIIUACUllll..........,.A .... Rivista di fumetti e d'altro Anno XVII - n. 12 (201) dicembre 1981 lire 1800
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