Alfabeta - anno III - n. 29 - ottobre 1981

I!immagil]g,siociale Evelyne Patlagean «Storia dell'immaginario», in La nuova storia, a cura di J. Le Goff · Milano, Mondadori, 1980 pp. 317, lire 5.000 Bronislaw Baczko «Immaginazione sociale», in Enddopedia Einaudi 7 Torino, Einaudi, 1979 pp. 1119, lire 45.000 Bronislaw Baczko L'utopia. Immaginazione sociale e rappresentazioni utopiche neU'età deU'illuminismo Torino, Einaudi, 1979 pp. 459, lire 15.000 Vittorio Foa Per una storia del movimento operaio Torino, Einaudi 1980 pp. 291, lire 15.000 11campo della immaginazione sociale ha contemporaneamente il fascino di un discorso fin troppo noto, che continua da almeno un secolo, e quello di un terreno inesplorato. Fin troppo noto è il riferimento all'immaginario come universo e rappresentazione collettiva, punto di incontro tra il dibattito estetico e artistico sull'immagine e l'immaginazione e le grandi ricerche inaugurate dalla storia del folklore e dalla storia delle religioni. In,' termini cosi estensivi una storia stessa dell'immaginario come quella delineata dalla Patlagean non può che irradiarsi in molteplici direzioni dal momento che «il campo dell'immaginario è costituito dall'insieme delle rappresentazioni che superano il limite posto dai dati dell'esperienza e dalle associazioni deduttive ad esse legate. Ciò significa che ogni cultura, quindi ogni società, o addirittura ciascun livello di una società complessa ha il proprio immaginario». Si può provare anche a ricostruire alcune piste della nozione stessa di immaginario nella cultura del novecento. Pénsiamci agli scritti giovanili di,Sartre (L'immaginazione, 1936 e L'immaginario, 1940) dove l'immaginario è descritto come una funzione speciale della vita psichica («Ogni immaginario apre uno sfondo di mondo ma, reciprocamente, qualsiasi apparizione del reale implica sempre un superamento nascosto verso l'immagine»). Ma pensiamo anche a Merleau-Ponty e al suo studiare la percezione come campo, alla luce della Gesthalttheorie, ai suoi scritti sul cinema e la nuova psicologia. Ma pensiamo anche, oltre al folklore e alla storia delle religioni, alla «storia delle mentalità». Il campo si allarga: negli stessi anni degli scritti del giovane Sartre la scuola francese degli Anna/es apre la ricerca sull'immaginario sociale con gli studi di Bloch (La societàfeudale, 1939) e di Luciene Febvre (/I problema dell'incredulità nel secolo XVI°, 1942). Il ruolo giocato dal concetto di immaginario può forse essere distinto in due tempi per ciò che riguarda l'intera cultura novecentesca: la prima metà del secolo, gli anni fra le due guerre, con effetti di frontiera e di condensazione-accumulazione, da un lato, ma anche con riferimenti culturali idealistici e richiami all'inconscio collettivo come Spirito. Nella seconda metà del Novecento l'immaginario diviene tema di lavoro permanente di tutte le scienze umane. In un certo senso si potrebbe provare a ricostruire una storia di intrecci e di mediazioni, di sfondamenti e di accumulazioni teoriche (e utili spunti possono essere trovati in J. Starobinsky, «Lineamenti per una storia del concetto di immaginazione•, in L'occhio vivente, Einaudi, 1975). ty «dentro all'utilizzazione di un linguaggio psicanalitico (Freud), etnologico (Levy-Bruhl), sociologico (Max Weber, Friedmann)». Le premesse fenomenologiche si orientano in una doppia direzione, «quella onirica della genesi psicologica dell'immagine e del simbolo, condotta sulla analogia col mondo magico e secondo i processi tuazioniste, da Lefebvre -anch'egli pubblicato ne «La scienza nuova>,- a Giorgio Cesarano). N ella seconda metà del novecento l'immaginario cresce in risonanza e raggiunge il suo statuto teorico e la sua legittimazione: dall'imagerie degli scritti di Bachtin ai Miti FrancFoortini Editto contro i cantastorie 1963 Non è assolutamente necessario A causa delle differenze che, trasmesse dalla antichità, ancora sussistono, gli uomini sono distaccati l'uno dall'altro e non possono sentire il dolore altrui. qualsiasi sentimento di pietà. Molto meglio essere travolti da una speranza grande come una cupola. Perché è assolutamente necessario parlare contro la tendenza lnolire, perché ciascuno ha la speranza di far schiavi ad accettare qualsiasi compromesso? Perché non decidiamo una volta per tutte che gli altri e di mangiare gli altri, si dimentica che anch'egli ha la stessa prospettiva di essere fatto schiavo e mangiato. «la parte inferiore può strappare l'iniziativa»? [ Con questa mano che si contrae ali'orlo (Lu Shun) della fossa di spini e smuove una scheggia di pietra]. [Anche gli alberi e la macchia del mo/Ile appaiono come truppe nemiche]. Come alcuni distretti della regione montagnosa possono solo attaccare e molestare di continuo! Solo quando le forze nemiche • ;, (sazie di pane e di sonno) Non posso gr,ramire alcuna cominuifà, del pensiero nè della volomà. Su questo sopra'tìutto contano i nostri avversari. Però nei villaggi non si gioca più a cane, siano annientate, solo quando si siano sollevate le masse, le grandi città, le stazioni ferroviarie ... Questa è la tattica di dov'è forte il potere delle leghe comadine trasportare l'oppio è vietato. A nutrire i maiali si consuma il grano. «liberare il regno di Giaio assediando il regno di Wei». Questa è una guerra lunga e spietata, È stato proibito preparare piatti con germogli di bambù. Agli amenati si sacrifica solo della frutta. una guerra di lunga durata. Molti parlano di vittoria finale. Ma come dobbiamo combattere per essa? Nel circondario di Liling non è più consentito di girare per le case per esaltare la primavera e gli spiriti e di cantare canzoni con accompagnamento di nacchere chiedendo l'elemosina. La lega contadina Le difficoltà crescono ovunque nel paese. [Sparì nel 1937 deportato a Jennisseisk e probabilmente fucilato_]. Le difficoltà crescono ovunque nel paese. ha arrestato tre mendicanti. Li ha obbligati a trasportare argilla e a cuocere mattoni. Ora che Luciou è caduta e Nuhan è in pericolo molti non parlano più di vittoria finale. Il nemico è forte e noi siamo deboli. Ora, che al mattino Ma è bello esaltare la primavera, cantare i poveri morti. Che male fanno i cantastorie alla comunità? è più freddo e al mattino è più nebbia e i pensieri non dicono quel che faremo domani. Il nemico è forte e noi siamo incerti. I poveri morti ci. ricordano di starci aspenando. La primavera è così bella da essere inumana. Il canto del cantastorie riporta il passato irrecuperabile. E tutto questo fa dolce la vecchia vita. Il nostro accerchiamento è come la mano di Budda che si trasforma nella montagna dei Cinque· Elementi, una catena che attraversa tutto il mondo. La fa santa e sopportabile. Una lotta di vita e di morte. Per ciò che riguarda la prima metà del novecento la nozione di immaginario è quasi una parola-ponte, un terreno di incontro tra filosofia, psicologia, storia, antropologia, psicanalisi, sociologia, che sembra convergere sulla ricerca di una zona altra, ereditando tutto lo spessore del dibattito su natura e cultura, mito e logos, raison e reverie. Nella seconda metà del secolo l'immaginario raggiunge invece il suo statuto teorico e la sua legittimazione: in Italia, può essere interessante segnalarlo, troviamo nel 1956 su una rivista del disgelo e del nuovo marxismo critico come Ragionamenti una recensione, alquanto critica, di P.B. (Piero Bonfiglioli) a Le Cinéma ou l'homme imaginaire di Edgar Morin, dove si indicano i referti culturali complessi e compositi che stanno alla base del discorso sull'immaginario: oltre al simbolismo e al surrealismo, oltre ai teorici del film come Balàzs, il «quadro di referenze» si allarga e Bonfiglioli ricorda appunto Sartre e Merleau-PonNon lo vogliamo più. freudiani di proiezione-identificazione fino alla nozione di 'psichismo totale' della camera e dell'universo filmico; quella sociologica, che lega la genesi del cinema allo sviluppo generale della civiltà e delle tecniche (la contemporanea 'civiltà deli'occhio' ...)•. Ma da noi, se si volesse ricercare le piste, credo sarebbe utile verificare l'approccio di frontiera della nozione di immaginario attraverso il lavoro editoriale di Mario Spinella e la direzione della collana «La scienza nuova» per Dedalo negli anni sessanta e settanta: troviamo infatti fin dal primo titolo della collana (La falsa coscienza di J. Gabel) una direzione di ricerca fortemente attraversata dalle implicazioni aperte dall'immaginario. È in questa collana che viene pubblicata l'opera di Bachelard con i suoi scritti sulla reverie accanto a testi come Le strutture antropologiche de/l'immaginario di G. Durand. (Andrebbe indagato in tal senso il rapporto fra lo stesso Spinella e suggestioni culturali si- , d'oggi di R. Barthes alla foucaultiana Storia della follia come lettura della riconversione e trasformazione dell'immaginazione· occidentale. Si pensi alla ormai celebre tripartizione di Lacan (immaginario, simbolico, reale) oppure alle immagini della società nella sociologia industriale e nella ricerca sociologica in generale (Popitz, Wright Mills, Negt). Si pensi alle immagini dello spazio e del corpo in antropologia, all'immaginario sessuale nella critica femminista (Luce Irigaray, Questo sesso che non è un sesso, Feltrinelli I 978), alla sociologia della conoscenza e alla sociologia fenomenologica di Schutz, Berger, Luckmann, gli esempi da citare sarebbero numerosissimi e in direzioni molteplici. Quel che era importante sottolineare è appunto la piena legittimazione dell'immaginario nelle scienze umane, perfino il suo sfondamento. Eppure resta dentro questo discorso fin troppo noto che è il discorso dell'immaginario, la impressione di un campo di ricerche di cui esplorare le connessioni. Rappresentazione collettiva, memoria, immaginazione dentro l'antagonismo sociale: come si costituiscono, come si riproducono, che spessore reale esprimono? Il richiamo a Marx è in questo senso obbligato. Non troviamo infatti in Marx stesso uno schema globale di interpretazione delle «rappresentazioni> che una classe sociale si fa di se stessa, dei suoi rapporti con le classi antagoniste e con la società intera? E quanto nel 18 Brumaio Marx esamina le funzioni delle maschere e dei costumi che gli attori sociali prendono a prestito durante le crisi rivoluzionarie non sta ancora una volta parlando dell'immaginario sociale? Si può inoltre, a ragione, affermare che il costituirsi stesso di un sistema di rappresentazione collettiva dentro i rapporti mercantili, il feticismo delle merci, è la più grandiosa spiegazione e rappresentazione dell'immaginazione sociale stessa. E tuttavia il riferimento marxiano è più che altro a quel vero e proprio nesso illusorio tra situazione oggettiva e coscienza che è la rappresentazione ideologica del sociale e di sé, «sovrastruttura di illusioni, modi di pensare e concezioni della vita> che «si eleva al di sopra delle differenti forme di proprietà e delle condizioni sociali di esistenza». Se mettiamo da parte la metafora della sovrastruttura con i suoi riferimenti spaziali (al di sopra, al di sotto) perché rischia comunque di riproporre una lettura rigida, interessata a cogliere in questi accenni a un insieme di mentalità e di rappresentazioni collet-' rive il riferimento da un lato a quel «dare una forma> che è auto-strutrurazione dell'immagine e dall'altro all'illusorietà che in essa agisce dentro l'immaginazione dell'individuo singolo. È il tema assai noto della falsa co• scienza, lo scambiarsi come «dato> e «naturale> ciò che è pur sempre risultato sociale. L'impatto dell'immaginazione sociale sui comportamenti collettivi si presenta dunque come blocco, dovuto anche ad assenza o insufficienza di conoscenze positive e critiche. È il rapporto fra ideologia e scienza. Per questo il proletariato rivoluzionario non sembra aver bisogno di passare attraverso l'immaginario: «esso coglie i suoi compiti che sono 'obiettivamente' determinati dalla storia. L'utopia del proletariato, classe trasparente a se stessa, fa tutt'uno con l'immagine della futura società socialista, senza classi e senza Stato e che segnerà la fine del predominio dei miti e delle ideologie» (Baczko)., È uno dei grossi nodi del marxismo, l'interrogativo stesso su come, nel rapporto fra essere sociale e coscienza, si formi la coscienza sociale. Qui non ne ricordiamo ovviamente i passaggi (la classe-in-sé e la classe-per-sé) ma il peso che tutto ciò ha avuto in larga parte del marxismo ufficiale. Dal momento in cui la base materiale è scientificamente conosciuta ecco che il sapere tende a riacquistare una supremazia e il ruolo di coscienza costituente: conoscere le leggi che presiedono alla realtà e porsi come coscienza costituente rispetto alla coscienza costituita degli individui particolari, fino ai momenti di super-coscienza della forma-partito ideologizzata a sede unica della coscienza sociale. È qui che finisce col fondars_iquasi un doppio sapere, uno scarto differenziale tra la

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