1. Il sistema non è un'entità trascendente, come invece è comunemente supposto esserlo l"io'. 2. Le idee sono immanenti in una rete di canali causali lungo i quali si propagano le trasformate delle differenze. Le 'idee' del sistema hanno in ogni caso una struttura almeno binaria: non sono 'impulsi' ma 'informazioni'. 3. Questa rete di canali non è limitata alla coscienza ma si estende fino a includere tutti i canali dei processi mentali inconsci, siano essi neurovegetativi, repressi, nervosi, ormonali. 4. La rete non ha per confine la pelle, ma include tutti i canali esterni lungo i quali può viaggiare l'informazione. Include anche quelle differenze efficaci che sono imnianenti negli 'oggetti' di tali informazioni. Include i canali sonori e luminosi lungo i quali viaggiano le trasformate di differenze inizialmente immanenti in cose e in altre persone - e specialmente nelle nostre stesse azioni» (Verso un'ecologia della mente, Adelphi, Milano, 1980, p. 351). I n sostanza ciò che viene a sparire è la possibilità di identificare in modo chiaro ed univoco un centro progettuale: le caratteristiche mentali del sistema non ineriscono a nessuna delle sue parti ma sono immanenti all'insieme in quanto totalità, inoltre i singoli sistemi sono sempre aperti ad una relazione con contesti ambientali che «C'è del marcio in Danimarca!» (Shakespeare) «Chi coltiva l'illusione dello Stato è destinato ad essere digerito e cacato.» (alla maniera di Rabelais) L a farcia - come la politica nel mondo rovesciato del Capitale - è il capolavoro assoluto della putritudine. A differenza di questa, tuttavia, la farcia è i/1errenostesso della resurrezione del negativo, catarsi, vale a dire, piro/ettando su Hegel, il culmine del sapere gastrologico. Parlando di farce ci prenderemo alcune libertà, d'includere fra quelle di dicembre anche i «pasticci», ovvero i pàtés - questi testamenti del fegato! - soprattutto i pàtes de venaison, il pàté di merlo della Corsica e i pàtés de chat di cui i politici sono gli applauditi marchandes. Poi, le terrines, pensando a quelle di foies de canard di Toulouse e di Nérac, le carpe farcite au foie gras di Neuvic e i Godiveau, alla Bourgeoise e quello alla Richelieu. Ancora, visto che la,cucinaè un camposanto e che noi, a differenza di George Sand, non vogliamo ripulire né questa, né Rabelais, aggiungiamo i plltés a/l'italiana, quegli «affogati» nella gelatinache annunciano i pranzi di nozze e fanno la gloria delle rosticceriesul corso, ma sarebbe già vergogna definirli aspic de farce de fois. La pratica della sinéddoche ci permette una parentesi e un'acrimonia, giacché la farcia è il blu di metilene del politico e della sua cattiva coscienza. Ambedue sottendono un ordine gerar• chico, ma solo nellapolitica s'invera la struttura sacrificale della società ché favorisce il sonno storico dell'agnello/ operaio, che èpoi dire, senza rugositàe ricorrendo al gergo analitico, che la farcia è il contenuto effeuuale ed espressivo dell'«es», «il nipote invece dello zio», una caricaturaumorale delle circostanze. Colorita formula del Gorini, parlando di autopsie. Come contenuto espressivo dell'«es» essa appalesa la p~/sione mimetica che spinge al consumo di cadaveri, pulsione che esacerba il desiderio di distruggeree di assorbirela violenza-forza della vittima. Tuttavia, incidendola col senso comune, questa pulsione appare oggi come un «istinto» che ha perso la sua laidezza. Prova non richiesta della domesticazione politica delleemozioni, dell'odore di rigovernatura delle de- ~Il VU possono riassorbirli in unità mentali di ordine superiore. Dall'automa vivente di Marx - che ora non ci appare più una metafora ma una intuizione anticipatrice- su su fino alla visione fantascientifica della Gran Macchina di Gerrold, assistiamo al tramonto del Dio trascendente, simbolo di un universo infinito ed aperto sull'assolutamente Altro, e all'avvento di un Dio immanente, modello di un universo implosivo fatto un po' a scatole cinesi, in cui la mente umana perde definitivamente i suoi privilegi veri o presunti, riassorbiti dall'orizzonte totalizzante del codice. Al passaggio da una rappresentazione trascendentale-gerarchica ad una visione stratificata dell'essere, articolata esclusivamente in relazione ai livellidi complessità relativa del reale, ha contribuito non poco il radicale antiumanesimo comune a marxismo, strutturalismo e ad altre forme di pensiero sviluppate dalla grande cultura della sinistra, che si trovano tuttavia, oggi di fronte alle difficoltà che questa trasformazione oppone ad una teoria ed una prassi fondate sulla progettualità umana legata alle varie forme di conflitto: sociali, economiche, nazionali, ecc. I tentativi per risolvere queste difficoltà, mi sembra che si stiano sostanzialmente sviluppando in tre differenti direzioni. La prima consiste nel negare l'esistenza di qualsiasi crisi di progettualità. L'importanza del nuovo contesto tecnologico viene sottovalutata, o ammessa solo dal punto di vista della crescita quantitativa: il sistema mondiale delle comunicazioni rappresenta solo un aumento della posta in palio nello scontro sociale, politico e militare per il controllo sulle «forze produttive». Questo atteggiamento, che potremmo definire da «stanza dei bottoni», è ovviamente il più pericoloso: trattando la rete come uno strumento di comunicazione neutro, buono o cattivo a seconda di chi lo usa, non è assolutamente in grado di valutare le interazioni che sfuggono al controllo dei terminali umani. Nel tenace rifiuto ad abbandonare la tradizionale «dialettica» soggettooggetto (che in questo caso denuncia spiccate tendenze ad appiattirsi sul polo soggettivo) sono latenti una infinita gamma di possibilità negative: da una politica sindacale sbagliata al rischio di un conflitto atomico. La seconda ammette la crisi della progettualità nelle sue forme tradizionali, soggettivistiche, ma tenta di offrire agli operatori del conflitto politico nuovi strumenti razionali che consentano loro di interpretare la progettualità immanente alle caratteristiche «mentali» dei sistemi tecnici. Qui è sparito l'immaginario sulla stanza dei bottoni; vi è chiara coscienza che non esistono istituzioni politiche, sociali od economiche che siano effettivamente in grado di controllare le «idee» e le «decisioni> che si producono come autoprestazioni dei vari livellisistemici in misura tale da assumerne il governo permanente. Si tratta quindi di aderire il più possibile alla oggettività dei processi, di appropriarsi della razionalità immanente dei sistemi in cui ci si trova volta a volta ad operare, fino ad essere in grado di modificarne progressivamente le prestazioni. Mi pare che il merito di tale atteggiamento consista soprattutto nell'aver compreso che i mezzi di comunicazione non sono clave, strumenti da afferrare ed agitare contro il «nemico», ma che costituiscono ormai, nella loro reciproca interdipendenza ed integrazione su scala mondiale, uno scenario dato a priori che predetermina in larga misura l'arco delle nostre possibili alternative di azione. Esiste infine una terza posizione che nega risolutamente qualsiasi possibilità progettuale, che annuncia il definitivo tramonto della forma progetto, sia essa ispirata a modelli vecchi o nuovi di razionalità. Al contrario dellà posizione precedente, che indicava i limiti del progetto nella sua necessaria parzialità, nella sua sovradeterminazione da parte della superiore razionalità del mezzo tecnico chiamato ad attuarlo, quest'ultimo punto di vista mette in luce l'effetto di indeterminazione che il medium scatena ai danni del senso originario del progetto. «Il medium è il messaggio»: dall'enunciato di Mac Luhan fin9_alle più recenti riflessioni di Baudrillard sugli effetti di neutralizzazione e deviazione del senso nei media, sembra svilupparsi un indirizzo che considera l'apparato di comunicazione come una sorta di «inconscio tecnologico», nel quale, più che forme superiori di razionalità, tendono ad oggettivarsi e materializzarsi potenti immagini archetipe, che operano deviando le interpretazioni di qualsiasi messaggio sotto le leggi del giudizio estetico-simbolico. Entrambe le ultime posizioni confermano che l'allegoria di Gerrold ha ormai robusti riscontri nelle rappresentazioni del mondo operate dal sapere postmoderno. Certo nessuno crede che possa esistere una forma di dominio tecnologico dell'umanità di quelle dimensioni, ma l'immagine di un megasistema di interazioni fra sistemi comunicativi che sfugge in larga misura non solo al nostro controllo, ma anche alla nostra comprensione, si fa strada. Che esso si presenti più come oggettivazione tecnica di un Superio o di un Inconscio collettivi, non fa molta differenza ai fini del disagio che provoca. Non resta che sperare che Gerrold abbia avuto ragione anche nell'immaginarsi il suo Dio-macchina, tollerante, benevolo ma soprattutto indifferente dei destini umani. Sullafarciamocrazie. Quanto alla piroletta hegeliana vale lapena di far notare come l'homo ècosì strettamente legato all'humus da rendere apodittico l'equilibrio linguistico di una «bonne farce». Ma di questa dimostrazione deve rendere conto, ciò che non siamo, il «philosophe de table». Per esseredialetticia noi basta la diffe• renza, e lasciamo volemieri agli «accademici» la felix culpa d'imporre - nell'insonnia neo-heideggeriana • l'una sull'altra, visto che nella nostra cucina un amen è sufficiente per passare dalla vigilia all'unto, per festeggiare la festa sugli altari decorati di «boudins» - il cui ripieno, drogato dal sangue e dagli escrementi, si digerisce meglio, insegnano i beccai di Konigsberg, se innaf fiato con l' eau de mille fleurs. La fesw • scatena la prodigalità, cosa e' è di più sospeuo agli occhiferiali dei nemici della dialettica? Per passare oltre, la farcia - souo l'aspeuo fenomenologico - invera la figura del «corpo totale» - quella eh,• nel «lacanismo» forza lo stadio dello specchio - da essa sono esclusi le appendici e leprotuberanze, tutti-gliorifizi e tutti i germogli, ogni traccia d'incompiutezza, di crescitae di moltiplicazione. Non nasce forse con la diarreala coscienza della rivolta? Cruda, soprat· tuuo quando è a base di fegati, essa ha lo stesso buon odore fiorito dei «gioielli discre.ti»,poi, subentra il cotto come sua verità, espressione di una pépsis, nel compendio di Teofrasto, evento ontologico che prende consistenza nel/'o• scura chiarezza della cottura e che i jurons-snocciolati nell'impasto -profumano di speranze leccarde, come quella, dice Rabelais, di veder cadere l'arrosto dalla croce. Le catacresi, che accompagnano lo smembramento preparatorio del/'animale, e le metonimie, con le descrizioni di battaglie, rafforzano l'allegoria gastrologica della farcia di precipitare verso il basso, il materialee il corporeo, le illusioni politiche di Roncisvalle, il senso stesso di conflitto e di violenza di cui si nutre la morale borghese. Così, parafrasando Emmanuel Lévinas, «la cucina si oppone alla morale come la filosofia a/l'ingenuità». Questa funzione oppositiva della cucina svillaneggia una presunzione del politico, di voler semplificarlegl'intreccidi senso a scQpi10dei significati, senza ;endersi conto che, ogni volta, a dispetto delle appa-. Gianni-Emilio Simonetti renze, non è il «senso», ma il «nesso» ad essere semplificato. Rileva questo nesso un discepolo di Hegel, la guerra: epifania solaredelle illusioni dellapolitica. Lucidità che non appartiene né ai filo-nietzschiani né aipessimisti, cioè, a quelli chenon sanno vedereche lo spirito è qualcosa di simile ad un osso. Considerato, come spiega Freud, «che in certi casi la Kreug significa il suo dolore», notiamo di passaggio, come il lardodel politico è edipico, frut· to di cattive rimozioni più che di panta• grueliche digestioni. (Con disprezzo. La cronaca conforta d'emblée la nostra immaginazione. È il caso di quell'uomo di Stato, campione del buon {!()l'('rllo (' t/('/ ,·oltaetl\tl('('U.' ( ÌÙll'lllllli Y. l"angu~. (i. Hugnl.."I. Cicn11;.1im.:. Jeannette, O. Domingucz, cadavere squisito, 1935 Spado/ini. Cfr., Settimana, Bologna, 13 maggio 1944.) Alle infamie del politico preferiamo i paradossi del mondo alla roversa, dei goliardi, giusta/'interpretazione glottologica di «golosi», di Eliogabolo, indoratore di pesci, di becchi d'uccello e di zampe di pavone, di Jeffrey Hudson, un nanetto alto diciottopollici che Walter Scott celebra con il nome di Peveril du Pie, di professione farcia nei pàtés di Carlo di Scozia. Tagliata la crosta l'Hudson balzava fuori, recitava un breve complimento di circostanza, fa• ceva la riverenza e se ne andava. Non riusciamo ad immaginare una metafora più riccadi saggezza senile di questa irruzione del meraviglioso pranzo. Aggiungiamo che Jeffrey Hudson si era meritato, per questo, due invidiabili privilegi, di no~ togliersimai il berreuo davanti allacorte e-<:ondispensapapali nodo e la spada sono i simboli del buon governo, a/l'opposizione non resta che il fuoco. le - di mangiar grasso tutti i giorni del- Come un dilettante può preparare un l'anno. paté di stagione alla moda dell'lsére A differenza della festa - che ha gli stando in Italia. Per dodici stessi leggiadri attributi del/'acqua, Farmarinareper quattro/cinque ore, bevandaespecchiodell'uomo-lospet• nel Madera, 400g. di noce.di vitello, taco/o, come la politica, sono una for- 200g. di filetto di maiale, un fagiano di ma divorante. Prendere le parti della media grossezza. Le carni tagliate a cucina vuol dire, allora, riconoscere pezzetti, il fagiano disossato con ilpetto l'audacia, ovvero, la chiaroveggenza tagliatoa striscioline.Sale epepe quandei tropi. Essi sono stati, nella fattispe- 10basta. Scollarecon due noci di burro cie, come scrive Ferdinando Neri, le il fegato del fagiano, una manciata di vere farcitures dei secoli intorno al- fegatini di pollo e una di fegatini di l'anno mille. La concordanza genetica, coniglio, meglio se di tacchino. Tutti che diamo per scontata, tra «farcia» e puliti con cura. Tritate e poi ballete in « farsa» - comune nel basso latino - un mortaio le carni meno il petto del ,piega il fine·delle épitres farcies-per fagiano. Aggiungéte·50g. di lardo bat- /"arcieree la freccia è Io stesso, il volo, tuta fine, 50g. di strutto, due dita di l"were senza pietà i santi e i sintomi.-cognac, dodicimarronilessatieschiac- «C'est là un vrai motifde farce~e ciati, 30g. di mandorle tritatefini, se è il Mortensen!· possibile, un po' di midollo di bue pulie$t a questione sulla legittimitàdi io e scottato. Aggiungete metà del Maiomrapporre lafarcia alpolitico. È una dera rimasto, impastate bene e a lungo, litote. Essa discende dal fatto che nes• con le mani. rnno mai si sarebbe sognato nel XW Stendete la pasta (vedi avanti), fodewcolo di chiamare farces le diableries rateci uno stampo rettangolare (quello dei misteri. per il pane a cassetta). Disponete sul li concertogeneticosi rafforza, infine, fondo uno strato di fettine di lardo ta· con la constatazione che la farsa è, tee- gliate fini, poi, metà della farcia. Ag11icamente,un entremets, una fonna giungete il pe110del fagiano mescolato totale che spezza il mistero tragico. con due tartufi neri e tagliati a fiammiOivaricandosi nel ludus e nell'interlu- fero, spruzzate con un po' di cognac. dium essa perde, rispetto alla «farcia» Coprite con il resto della farcia pre- /a consistenzagrottesca dei due corpi in mendo bene con le mani. Riasse//ate la uno solo, l'indecenza chiassosa dei pasta e chiudetesigillando i bordi dopo charivari, la follia festiva. Così, inau.- averli inumiditi. Praticate tre forellini gurando il 18.Brumaio di Luigi Bona- di circa un centimetro di diametro sul parte a Marx non rimane che sancire la tetto e infilate in ognuno un rotolino di Spaltung definitiva, conseguenza di cartaoleata imburrata. Sono gli sfiatauna tragedia, come spettacolo. toiper l'umidità che si fonna durante la La chiave analiticamostra con suffi• cottura. Dorate con un rosso d'uovo. ciente evidenza laforza del transfert se Eventualmente decorate il tu/IO con un intendiamo questaespressionecome un tralicciodipasta. Mettetein forno caldo punto di non ritorno, quello nel quale (175°) per un'ora epoi a calore ridotto la scaltrezza della parola sopravvanza per altri 20 minuti. Se durante la cottula pesantezza dell'esperienza leccarda ra tende a colorirsi troppo coprite il Questa scaltrezza rende sinonimi re- pllté con un po' di alluminio. Servite gressione e caduta fare/udendo gli quando e caldo/tiepido. Tagliate/o a «enigmi profetici» degli épitres farcies, fette con un coltello seghettato. l'aspetto ami-moderno della festa, di Pasta «à foncer». essere collettiva e storica, di fermare il Fatesul marmo un craterecon 500g. tempo del progresso. di farina setacciata,aggiungete300g. di Diciamo, allora, che la farcia rivela burro, 2 uova, 1_5gd. i sale,pepe, acqua l'iperdeterminazione della parola nella un po' alla volta. Impastate bene e /apolitica come sintomo di una ferale sciate la pasta su una scodella all'aria debolezza, allo stesso tempo in cui essa per almeno due ore prima di stenderla. aspira ad essere /'«incendio mondiale» Si consiglia un Bourgogne rosso. del desiderio, di cui parla Bachtin. Giovane.
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