Mensile di informazione culturale Edizioni Cooperativa Intrapresa Via Caposile, 2 settembre 1981 Numero 28 - Anno 3 Lire 2.000 20137 Milano fl•U11QJ:a1;fi9 I.a musica come scelta. Printed in ltaly ARCHIVFIIOBI SergiuCelibidache BrunoWalter OaraHaskil RudolfSerkin BenedettiMichelangeli Porta:Unagrandenarrativa Graziani:Il governodell'inflazione lndex:Retoricadelterremoto Labirinto simbolo "i della madre terra, ~ .. indiani Hopi, Oraibi. • V ). 't ]' I' . ~ I l ~ VattimOl:'irrazionalismo (acciari,BarbianiL: afelicità A. Porta: Raccontare, nominare * A. Graziani: Il govemo clell'infladone T. Lowit: Sindacati senza operai * A~Porta: I bronzi cli Piero * A. Caronia: È naturale che sic. a llRciale L. De Donno: 111itomo clegli animali * Cfr. * Testo: L'i1TC1Zionalismocl,i G. Vattlmo R. Giovannoli: Postmoclem comics * D. Charles: Lamusica e l'oblio M. Pono: Il sogno cli Calvesi * F. Masini: Il cabaret * Sulla felicità (M. Cacciari; L. BatWani) G. De Toffol: Riscrivere e mutilare * P-sie cli F. Belbametti, L. Malerlla, A. Merini P. Volponi: Ca Grancla: grandissima, vuota Blackout * Giomale clei Giomali: Retorica clel tenemoto * Immagini: Labirinti
m&m media & messaggi Linguaggi, figure, scenedelleculture rivista quadrimestrale Argomento del primo numero (settembre/dicembre 1981) Il Tempo e la Parola La rivista sarà venduta in libreria Ciascun numero costerà Lire 8000 Per gli abbonamenti (lire 22000) utilizzare il c/c n. 16786352 . intestato a: media & messaggi Via N. Tommaseo, 13 35100 Padova Leimmagini diqu~~~ab!!'mero ,.· :' Labirinti. Antichi, moderni. Mitologici, religiosi. Ufficiali, borghesi. Il labirinto è in qualunque cultura un archetipo dell'immaginario colleuivo. O forse una metafora della cultura medesima: percorso difficile, contorto, ostacolato all'interno di un universo che pure ha una sua struuura profonda, e che anzi in tale struttura ritrova la sua decifrabilità. O ancora una metafora del pensiero, definibile non per la sua linearità ma per la sua contorsione in un reticolo di ipotesi, di verifiche, di ritorni all'indietro, di rischi conoscitivi. Ci sono molti labirinti, naturalmente. Una esauriente catalogazione la si può ritrovare nella mostra e nel conseguente catalogo di Hermann Kern per il Comune di Milano e per i tipi della casa editrice Feltrinelli. Aldilà dei modelli logici, sostanzialmente tre (o forse quattro come sembra suggerire Sommario Antonio Porta Raccontare, nominare Eco in un suo saggio sul tema), ci sono anche molti labirinti anche sul piano della pura figurazione. E ciascuno di essi, oltre ad esseremetafora del sapere, o del pensiero, è anche e contemporaneamente metafora più specifica. Il labirinto della scrittura, ad esempio, raf figurazione della decifrazione grammatologica e anche della produzione leueraria.. O il labirinto religioso: rappresentazione dei meandri del mistero spirituale e della necessità di iniziazione alla difficoltà della scoperta mistica. O il labirinto del Palazzo, da Cnosso alla residenza nobiliare inglese, figura sostitutiva dell'impossibilità di fermare stabilmente l'immagine del potere e la sua essenza. Ed ancora, se volete, il labirinto come decorazione: ovvero lamano e lo sguardo che si perdono nell'astrattezza del rappresentare i vagheggiamenti del pensiero. Oppure il labirinto Marzio Porro Il sogno di Calvesi (Hypnerotomachia Poliphili, di F. Colonna; Il Sogno di Polifilo prenestino, di M. Calvesi) pagina 21 Ferruccio Masini Il cabaret pagina 23 come rappresentazione realistica: unico modo per esprimere «veridmivamente> la scoperta geografica ed • il viaggio del nomade e del vagabondo. Anche quello fra i labirinti risulta essere un viaggio. Un viaggio che pian piano abbandona le coordinate della storia e della geografia, perdendosi fra figure e strutture, fra analogie e differenze. Un viaggio che è esso stesso labirinto, dunque, all'interno delle pagine del nostro giornale. Così come labirintico è e vuole essere il giornale stesso, frutto di un sapere non dato e non definito una volta per tutte, ma fatto di ricerca e di difficoltà, di andate e ritorni, di affermazioni ed immediati ripensamenti. Un sapere rischioso, insomma. Anche perché non è certo che si possa sempre ritrovare ilprovvidenziale filo di Arianna. Blackout Jaroslav Novàk Lettera a Paolo Volponi pagina 28 o.e. Collegio degli avvocati difensori, Comitato per la liberazione immediata di Giorgio Bellini pagina 29 Immagini Labirinti Intrapresa spettacoli Cooperativa di promozione culturale Musica Giancarlo Cardini pianofone a due mani ~driano Bassi, Italo Lo Vetere pianofone a quatJromani Giorgio Battistelli percussioni Fernando Grillo contrabasso Giancarlo Schiaffini trombone Frances-Marie Uitti violoncello Luigi Cinque azioni musicali Giuseppe Chiari azioni musicali Cristina Kubisch azioni musicali Davide Mosconi azioni musicali Walter Marchetti azioni musicali Antonello Neri azioni musicali Juan Hidalgo azioni musicali Giuliano Zosi azioni musicali Danza \ - '_ \ - I / ✓ f,,, ...._l .....I ' I ·- •'- ...._-I\ -1,.,,. ,_,,/: 1'-, ... ✓ ......,.- ,,, ,, _, ,✓,- (Il peso del mondo, di Peter Handke; Diario di un sognatore, di L. Malerba; Campo di bauaglia, di F. Leonelli; Il lanciatore di giavellotto, di P. Volponi) pagina 3 Massimo Cacciari Nostalgia del vedere pagina 24 ---------- Valeria Magli alfabe-ta azioni danzate su testi poetici '/ , I - I ,, -' , "/ / \ - / ...._...,\ / \ .,,,.I .,, - \ .,.~, ' - I .; I/ - - / ;aa,-,-. ., '✓'~ ~- ,'.l.'.Mt I ,-: 'i ,,'✓-''I .,, ' .......... , / .,,.,-✓ .... -.. ..,.. .... ,/,, .....- I ... ,'_ ✓ 1'".~\" ...., .,., I,_ \ ✓ \-:\/1 .,,,,,1 ,,,..,.. __ \-.... \ / ' / "' I \ - \ I - I - 1 ':,. " - ' I \ I ..". :;-;;.~ ~ , ~:.~~ .. -o~ ~ Ql.!L A.,..,_,;-;,-, ,--- ..... ~~'\- , .... ,,,,.\,, ~ -,~ - ,,,, ';-' .... -,, 1-/,I _, - ,, 'I\ I\/ ..::-,1\1\ .:1_1 .(_I;--,,::,,,:,__.._! ' I - - \ I ,,,- ....../..... I I / I - ,,, \ ' ' ,, •..,,, -,-, .... / .... , _, -'✓- ~1 ..,,,,., .... ::' ;_,, I~,-,' I - I \,, ,- I ~ ;- , .,,. ,, ,, I ~I~ I /'I/,.,.., ... I l.1 1 '_1 ✓ _-/":;\-.,I \ - \ ......J..,.-. ., - / - ' - - ,,,. \ - ...._:., - I , .... - \~\-I ~I~ I ., I.:,,,.-_~ I ~ ..... ~ Cl- ~,èMJCA-.:: ~, ~,;', ,~,., - 1~ìv,nrmm1 ;-_,-;-_r;-,,~ ~ ■,u~~ftAlJ~,... ,,,.,,,., ~' ÌIO(tv'iun'9tr àN-,-'-- 1 ; :~ -;ì ~· \/,--,.."I."~ .,.., \.., .,,./1- ,,, ~ ~~ftfJ.OIJ-,,' \ ?~ ~ '., ~ :-', -I:- '~'- ,, è,~--,-,,,.,,,_ - ~~' , /II, . ,- '\ _,~..-1 I - , ,, ,,;~,,-...- \1 •Al~~~-,!✓ ,'.!. / I .,,. \ -. .. ✓ ..... ,..,. I - 1' \ ..-' ,....' I \ Augusto Graziani li governo dell'inflazione pagina 5 Thomas Lowit Sindacati senza operai pagina 7 Antonio Caronia È naturale che sia artificiale (The Tunnel Under the World, di F. Pohl; The Man in The High Cast/e, P.K. Dick; The Unsleeping Eye, di D. Compton; The Dispossessed, di U. Le Guin; The Giri who was Plugged in, di J. Tiptree jr. e A. Sheldon; Triton, di S.R. Delany) pagina 10 Cfr. pagina 12 Testo Gianni Vattimo L'irrazionalismo pagina 15 ~-flltf]I I 1'~11~::: ...... ,,( '..-a~Ìfl'loM'•...._,,--:::-•,.~- 1 -:' ·Renato Giovannoli ,,11~lkl 1111111-,,,-,,,, ' Postmodern comics -,; ~ -;-;..1 ,✓:-~ ...\., ;....~ ,✓-✓-~ --:,',,,. ,'-; , - , - , , ' 1 - .! 1- , - , - ' - 1•.:_- , ,' ,' (Frigidaire, rivista mensile; Andrea , '1 ..,,, I ,\... I 'I • ,, I - Laura Barbiani Pornografia felice pagina 25 Giuseppe De Toffol Riscrivere e mutilare (Il Giorno, di G. Parini; L'Adone, di G. B. Marino; Vita d'un uomo, di G. Ungaretti; Myricae, di G. Pascoli) pagina 26 Giornale dei giornali Retorica del terremoto a cura di lndex-Archivio critico dell'informazione pagina 31 Fmestre Paolo Volponi Ca granda: grandissima, vuota pagina 4 Antonio Porta I bronzi di Piero pagina 8 Luigi De Donno Il ritorno degli animali pagina 11 , 1 , - ,'illN'.n.1,,, 1 -H- ,_ ,,'';_,,,_/, . Pazienza, -di A. Pazienza; Flash Gor- ..'..-r'a. .,,. .J,-,,,,_ ...,.,,,,_.,,_ 1 ,.-,,.. ,•- ,. , - , 1, , , ', don, di A. Raymond; Superman sele- Poesie .... ,,,_,,,_✓ .... °';-..!.,,,I-,,,,-,,,,, .......... ,,,,, . d' .. B &C d' F BI . ,7~-.-.~~•~~ ~, ì.:, _., 1 , 1, , _ ..::- 1 ztone, t autori vari; atman o, t ranco e !rametti ~==t~~,m:~1~•,~~ ;~~~/:i) r:,~7a:alerba • ;~~.._, .ftlC.111!11~ , , Meno Mao ,, .. , - -- - :#1 ' - ' ~-~I' Daniel Charles pagina 19 ~ - •' USCM '',. Ì; La • l' bi. Alb M •• mensile di informazione culturale della cooperativa Alfabeto Comitato di direzione Nanni Balestrini, Omar Calabrese, Maria Corti, Gino Di Maggio, Umbeno Eco, Francesco Leonetti, Antonio Porta, Pier Aldo Rovatti, Gianni Sassi, Mario Spinella, Paolo Volponi Redazione Vincenzo Bonazza, Maurizio Ferraris, Carlo Formenti, Marisa Giuffra (segretaria di redazione), Bruno Trombetti (grafico) An director Gianni Sassi Edizioni Intrapresa Cooperativa di promozione culturale Redazione e amministrazione Via Caposile 2, 20137 Milano Telefono (02) 592684 Coordinmore editoria/e Gigi Noia Composizione GDB fotocomposizione, via Tagljamento 4, Milano, Tel. 5392546 Tipografia S.A.G.E. S.p.A., via S. Acquisto 20037 Paderno Dugnano (Milano) Distribuzione Messaggerie Periodici Abbonamento annuo L. 20.000 estero L. 25.000 (posta ordinaria) L. 30.000 (posta aerea) Inviare l'importo a: Intrapresa Cooperativa di promozione culturale a.r.l. via Caposile 2 20137 Milano Conto Conente Postale 15431208 Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 281 del 1975. Responsabile G. Di Maggio Tutti i diritti di proprietà letteraria e artistica riservati s:: ,, -----.-,-,-.,,, ,. 1 _ 11~,,, mus1cae o 10 a ermi -~ ,llfl.S ,8' ,-,,, ~' ,' •· 1 , -, ' pagina 19 pagina 25 ~ - IJU ,' , 1 / I I\ - I ~ \ I I - ,/ ,- . ., I\ .,. I/.,. { I..._ ...,_I ..._ 1,,,-1..1..-_______________ _. ________________ ....__ ___________ ':'"""_-I ..., _ ~, 1 :-1, ,._' -1 - 1 ~ - 1 , ~ 1-, ..'.-;- ,' 1 , 1 , 'Comunicazioneai coUaboratordii «Alfa- dicati inapertura (contutti i dati bibliogra- proposti direttamente dalla direzione del oO ,, ':. '~I '-' '~~ '' '.... ·,_:, - ' beta» fici. prezzo e pagine compresi)giungaa una giornale, perché derivano da scelte di lavo- ~ : ,-/ ::-,- ':\',~ ~~~ ~ 1-."'- ",-.• sostanziale valutazione orientativa,insieme ro e non da motivi preferenziali o personali. ] ,•~ ,~:~~,,,'- _:-(l.l.n, ,-e~\ _', ',.:,\ ✓, ':, agli apponi teorici e critici dell'autore del- Tutti gli articoli inviati alla redazione sono - - , 1 ~~-- 1':--': l'articolo sul tema; esaminati, ma la rivista si compone preva- - ~ - t , 1 _ , ,.,.,..... ._ 1._.~ 1 '' Il ' ,, ' Le collaborazioni devono presentare i c) che. insieme alla piena leggibilità di lentementedi collaborazioni su commissio- / ~, - ,~ ',' _.._-._....- ,........... ,,,,,Ì seguenti requisiti: .; _ - -~, _ ,, _ - tipo espositivo piuttosto che saggistico. sia ne. "' ,.,- - 1 ; ,■~, ~; •--;- '.'_.- 1 ' a) che ogni articolo non sia più di una dato dove è utile e possibile un cenno di Il Comitato direttivo ~ 7 1 I '... ,-;,;l~~; ...~.~;' ~,✓;<: pagina del giornale. cioè al massimo di 7 spiegazione o di richiamo ai problemi e agli s:: ,' 1 --~,I,~, , ; 1 - cartelle di 2000 battute. con un'accettabili- accertamenti anteriori sull'argomento o sul l:! , 1 - ,, ', ' •·' - , , ' 1- ·- tà fino a 9-10 cane Ile (dovendo altrimenti campo. "' ,' 1:; 1 ~ - '- ._- , , - ' ~,/ _-, procedere a tagli e rinvii prolungati); La màggiore ampiezza dell'articolo o il t -,- {1 'fll~'-:11(■' ' b) che il riferimento diretto sui libri in- suo carattere non recensivo sono sempre ~ , I/,,_,-::,,,,./ ,...__,.,.\J _,, r - ., I N.B. Gli articoli devono essere inviati in triplice copia. L'autore deve indicare: indirizzo, numero di telefono e codice fiscale. Poesia Von Bonazza Corrado Costa Giulia Niccolai Adriano Spatola Arrigo Lora Totino Tomaso Kemeny Nanni Balestrini Gli artisti qui elencati sono rappresentati in esclusiva dalla coo·perativa Intrapresa per informazioni telefonare a Cooperativa Intrapresa Via Caposile, 2 20137 Milano Telefono (02) 592684 Ultimi Segnali Arti Teatro Cillà si terrà a Varese nell'Ala Napoleonica dj Villa Ponti dal 24 al 26 Settembre prossimo a cura Assessorato alla Cultura e con la collaborazione della Bibliocca Giaccari. La prima edizione di questa nuova Rassegna, curata da Giuseppe Bartolucci Vittorio Fagone Luciano Giaccari. prevede spettacoli della Gaia Scienza. Falso Movimento. Antonio Sixtv. Asconi/Cristadoro. Fabio Bcrardi -e seminari con relazioni tenute da Filiberto Menna. Renato Barilti, Achille Mango. Silvana Sinisi. Francesca Alinosi. Paolo Landi. Rossella Bonfiglioli. Franco Bolelli, Umberto Artioli cd altri. Oltre agli spettacoli cd ai seminari sono in programma videodocumentazioni di teatro realizzate dalla Biblioteca Giaccari durante la Rassegna Paesaggio Metropolitano di cui si avrà -anche una Mostra Fotografica allestita da A. Turctta.
Raccontaren,ominare Peter Handke D peso del mondo Milano, Guanda, 1981 pp. 140, lire 7.000 Luigi Malerba· Diario di 11D sognatore Torino,.Einaudi.,-Ì981 pp. 144, lire 8.000 Francesco Leonetti Campo di battaglia Torino, Einaudi, 1981 pp. 188, lire 10.000 Paolo Volponi D lanciatore di giavellotto Torino, Einaudi, 1981 pp. 204, lire 10.000 CJ è un punto che rimane fondante di ogni possibile nuova discussione e/o esplorazione intorno al linguaggio, è il rammemorare di Heidegger. Per Heidegger ramme~orare significa in ultima istanza avvicinarsi alla condizione originària dell'Essere che, di per sé, rimane inattingibile; se cambiamo la parola Essere con Altro scopriamo il legame deciso che stringe Lacan a Heidegger: il linguaggio, la scelta della voce contro il silenzio, è sforzo impiegato in una lotta fatalmente perduta contro l'alienazione dell'essere. Si parla ma non si tocca ciò che si nomina, non si attinge l'oggetto del discorso. Per Lacan non c'è un Essere originario «perduto> ma una distorsione costante, patologica. che ci impedisce di vivere senza malattia: di qui l'interminabilità dell'analisi e insieme l'inganno della terapia, di cui Freud era pienamente consapevole. come è noto. el pieno dell'insolubile crisi interviene un terzo modo di pronunciare il linguaggio, che è il raccontare, il narrare, vicino al rammenmorare di Heidegger, ma senza la pretesa di attingere l'Essere: il raccontare diventa pronuncia del nostro esserci, cioè della nostra vita cosi come pensiamo possa articolarsi, a partire dalla critica e dalla rifondazione del linguaggio. II raccontare, che sembra essere progetto tutto «postmoderno> rimane anche moderno proprio in virtù di quel passo critico iniziale; senza il quale si cade o ricade, in un orfismo senza speranza. Rammemorare significa dunque rendere attuale il ricordo, o meglio: attualizzarlo senza cedere alle tentazioni della letteratura di memoria. senza cedere alla favola, all'illusione. che è poi una buona, mi pare, definizione della letteratura di intrattenimento. La memoria deve dunque farsi pronuncia, nominazione, e rifondare l'esistente, il trasmesso, ben consapevoli che prima di questa pronuncia l'uomo ha scarse probabilità e/o possibilità di esistere. Potrebbero queste affermazioni essere lette soltanto come il progetto di una nuova narrativa, quasi più come speranz.e che come realtà, come non fosse d'obbligo per ogni responsabile operazione letteraria saldarsi da una parte su una solida critica del linguaggio trasmesso e dall'altra articolarsi in una nuova dimensione che in prima istanza si presenta solo come letteraria. È necessario dunque sottolineare con forza che una «poetica della pronuncia», cosi come ho cercato di delineare, sia pure a grandi linee, deriva con chiarezza da una stagione letteraria della narrativa che considero di primaria importanza, proprio perché i narratori che prenderò in considerazione sono riusciti a indicare con fermezza un territorio di intervento (appunto quello della memoria= pronuncia) obbedendo a una necessità che mi pare giusto definire storica. II primo libro che dà un'impronta decisiva alla fondazione di questa poetica è quello di Peter Handke, li peso del mondo, uscito in Germania nel 1977 e tradotto quest'anno da Guanda. Quasi tutto il lavoro di Handke si fonda sulla critica del linguaggio, basti pensare a li mondo interno dell'esterno dell'interno (uscito in Germania nel 1969 e pubblicato da Feltrinelli nel 1980) e al suo frutto più maturo, Infelicitàsenza desideri (Garzanti 1977). l/ peso del mondo ne è la conferma, anche teorica, decisiva. Dice Handke: «Questo libro potrebbe essere definito un reportage; non è il racconto di una coscienza, ma piuttosto il più immediato e simultaneo reportage di essa.,. Vanno sottolineati i due aggettivi: «simultaneo e immediato» per misurare senza ombra di dubbio la distanza incolmabile che separa una letteratura di memoria da una letteratura di pronuncia. E basta leggere poche pagine de // peso del mondo per rendersi conto che questa pronuncia lil>.:ra.tk-n111di1ionant.:. è Antonio Porta rio assai riçlotto di sopravvivenza di stampo neo-crepuscolare. I libri di narrativa italiana che prenderò ora in esame strutturano in modi diversi questo progetto di attualizzare la memoria nel senso che è stato sottolineato da Handke; per meglio dire: partono tutti e tre da strutture in certa misura tradizionali per rovesciarle e ricavare da esse, dopo averne criticato la fondazione originaria, alcune modulazioni inedite, dunque nuovi linguaggi. Cominciamo con l'esempio dell'ultimo libro di Luigi Malerba (Diario di un sognatore), scrittore che, come è noto, è partito sempre da progetti di modificazione linguistica e sempre si è servito di voci paradossali. La struttura di partenza del Diario è in apparenza tra le più innocue: scrivere fedelmente i propri sogni nell'arco esatto di un anno, dal 1° gennaio al 31 dicembre. Anche il linguaggio del sogno è tra i più esplorati. da più di due secoli a questa partl' e-tra i più ktti anchl· ne-Identro una sospensi9ne del tempo, per trovare il tempo del raccontare, che è quello dell'esperienza dell'essere nella storia e nel mondo. Gli eventi che chiamiamo «sogni» vengono cosi a far parte a pieno diritto della storia reale, quella che abbiamo chiamato «essere». Ma l'essere abita il linguaggio o anche: l'essere e il linguaggio possono coincidere, dunque riscrivere un linguaggio come quello che struttura il sogno significa dare al sogno tutti i lettori che gli spettano, i lettori di un'intera società. Ne viene che la scrittura del sogno di Malerba è, dal punto di vista dei tempi verbali, tutta in «presa diretta», televisiva piuttosto che cinematografica, tutta al presente: perché raccontare è presa di contatto con l'essere nel momento stesso del suo accadere storico-sociale. Si portano così a compimento alcune premesse che la cultura europea stava elaborando da qualche tempo, basti pensare al libro di Georges Perec. La boutique obsrnre. 124 reves. uscitn in Francia da Dl·noi:1lll'i i '17~. I 1,·uh. Villa d'/:.\lt'. lnn.,um,· 111 '"'"'' di l:11,·1111,· l>11p<'rt1(c 15.!5·/hfJ.IJ. ,·diltl a R,111111 nt'I 15 7.1. la premessa indispensabile di quella attività critica all'interno del linguaggio che fonda una nuova libertà letteraria, quella che passando attraverso i multistrati del deposito socio-politico delle parole, tenta di pronunciare un modo nuovo di intendere il rapporto linguaggio-realtà. È chiaro che «il peso del mondo> che Handke assume sopra le sue spalle linguistiche è prima di tutto il peso di una società, quella che si inscrive nella lingua tedesca, ma è tale la sua forza critica che il metodo risulta efficace e applicabile entro altre lingue e società: ed è questo il frutto duraturo del lavoro delle avanguardie da un secolo a questa parte, il punto di conoscenza nell'ambito della scrittura che può (a mio parere: deve) essere messo a profitto. Ogni progetto letterario può fondarsi sulla critica del linguaggio trasmesso e non può fondarsi sopra la fuga da questo, sopra il suo puro e semplice annullamento; in quest'ultimo caso la memoria diventerebbe soltanto un limbo e il progetto dovrebbe essere iscritto entro un territol'antichità (ricordo che la casa editrice Adelphi ha pubblicato nel 1975 li libro dei sogni di Artemidoro, vera e propria enciclopedia teorica e pratica scritta nel Il sec. d.C.). Ma lo scarto iniziale di Malerba è essenziale: i sogni, dichiara, non vanno interpretati, vanno semplicemente vissuti, e vissuti in pubblico. Il loro senso è sociale, la loro attualità si pone al di là della memoria, ben oltre la storia di un'anima o di una coscienza. Scrivere i sogni con questa premessa è l'unico modo di viverli, di conoscerli come eventi: il loro significato non può essere soltanto individuale, la loro interpretazione è demandata al lettore di quel racconto che il sogno diventa sulla pagina. E qui mi pare chiaro il senso che viene a assumere il termine "racconto", senso che tento di definire nel modo seguente: memoria attuale dell'essere. Attenzione: essere con la e minuscola. Luigi Malerba assume un tempo narrativo semplice (il diario di un anno solare), ma sospende il tempo reale, poiché i sogni sembrano nascere dove sono scritti i sogni di Perec tra il novembre 1968 e l'agosto 1972, quasi il diario notturno di una delusione politica. Anche q_uestisono sogni senza interpretazione, per l'appunto soltanto scritti. Luigi Malerba ha portato questa necessità del rendere pubblico il sogno al punto di massimo rigore e serve dunque, più di Perec, come riferimento per ogni lavoro futuro nel medesimo territorio. Ma il libro di Perec porta con sé una postfazione di Roger Bastide che occorre citare perché potrebbe essere la prefazione al libro di Malerba, nel senso in cui la scrittura di Perec ha in parte eluso proprio queste possibili premesse (che infatti vanno lette più come aperture radicali che come commento a una realizzazione avvenuta). Dice Bastide: «Car si on écrit ses reves et si on les communique à des lecteurs, c'est qu'on transforme le monologue nocturne en dialogue, c'est qu'on fait de la nuit une 'boutique', donc une pièce ouverte à un public, à une clientèle, non une chambre dose. C'est que le reve devient un lieu d'échange entre Ies hommes.» Su un punto si è accesa una certa discussione, che pare opportuno affrontare anche qui: che cosa significa la mancanza di analisi nella scrittura dei sogni di Malerba (che è la stessa «mancanza» di Perec)? ln altre parole: che valore ha la scrittura di un sogno (la scrittura di una «scrittura» per immagini, quella del sogno, appunto, che sembra già compiuta in sé) senza il tentativo di un'interpretazione? (Come ho già detto, Malerba programmaticamente rifiuta l'interpretazione simbolica dei sogni). Che valore ha il sogno restituito ai lettori di narrativa, cioè a ogni possibile lettore, credo, senza le successive associazioni che costituiscono, per cosi dire, la «prova della verità» del sogno? Mi pare di avere già in parte risposto dicendo che il sogno trascritto da uno scrittore assume un valore sociale, come sottolinea, a conferma, Roger Bastide. Si istituisce cosi un uso pubblico-sociale del sogno allo scopo di in.tegrare la nostra esperienza «diurna» con quella notturna riportata finalmente alla normalità. Non lasciate, dunque, che le «tenebre» agiscano indisturbate: ci deve pensare lo scrittore ad alzare i pesantissimi veli della menzogna per restituire in eredità gli ~nigmi della letteratura, quegli enigmi che un'intiera società è, casomai, chiamata a risolvere. Per analogia mi pare possa funzionare come «prova» che ci viene da quell'antichità, che sempre più sentiamo come nostra contemporanea, dalla Gr~cia, naturalmente, quello che si narra del filosofo-saggio Epimenide (la cui biografia quasi immaginaria può essere letta nelle Vitedei filosofi di Diogene Laerzio e di cui si è parlato su Alfabeta nel saggio appena pubblicato sul labirinto). Erede della saggezza «labirintica» di Cnosso si racconta che l'impresa maggiore di Epimenide fu dormire ininterrottamente per 57 anni. Durante questo lungo sonno Epimenide si occupò solo di sogni. Quando si risvegliò ne sapeva abbastanza per essere chiamato a Atene a dettare le nuove leggidel vivere civile. Questo non perché il sogno lo mettesse in contatto con gli déi ma perché nel sogno si apre quello spazio sospeso dal tempo dove tutta l'esperienza umana può essere esplorata senza le distorsioni provocate dalla storia quando sta divorando se stessa. R iemerso (resuscitato?) miracolosamente dalle fauci della storia, dove si era buttato con improvvisa e mirabile generosità politica, con Campo di battaglia, Francesco Leonetti dà al termine che ho «messo in campo» in questo scritto, il termine pronuncia, un'accentuazione assai forte. Da una parte la pronuncia della memoria delle lotte, dal '68 in poi, è cosi acuta da riscattare l'assoluta inconsistenza teorico-politica che stava alla base delle lotte medesime in favore di un duraturo risultato di resistenza umana, di irriducibilità di certe conquiste che alcuni potranno definire minime e che io preferisco considerare eccezionali: la consapevolezza della nostra posizione nell'attuale schieramento di forze in una società che proprio in virtù della sua crisi permanenlf è capace di scarti imprevedibili e positivi. Solo che è finito il tempo delle lotte, almeno delle lotte «frontali» ed è iniziata l'epoca dell'intelligenza e della costruzione, passo dopo passo, senza che il «passo dopo passo» cancelli o riduca l'orizzonte dell'andare avanti, del cambiamento. Campo di ballag/ia è, in questo territorio nuovo, dove ci troviamo a agire e operare, una pietra
di paragone e un punto di riferimento. Perché si dimostra irriducibile nella difesa degli errori e insieme disponibilissimo al nuovo, in una precisa fase dialettica. Il ritorno di Leonetti al fare letterario dopo tanti anni di militanza politica (di lotte «frontali», appunto) ha attraversato un primo momento che definirei «cronachistico»: Percorso logico e In uno scacco rimangono ai miei occhi punti di passaggio e la conferma viene proprio da qui, da Campo di battaglia, dove dalla cronaca-resoconto si arriva a quell'incadenscente memoria-attualizzante che sto cercando di delineare. La scrittura non può che essere, a questo punto, decisiva ed è proprio nel fare scrillura (dunque: nel guidarci lungo il percorso) che Leonetti dà la misura eccellente del suo progetto: la scrittura come riscatto politico. Il rammemorare come ripresa dell'essere in chiave tutta materialistica. Basti citare queste righe, di pagina 47, in corsivo: «Lo zinco lucido, gli apparecchi rutilanti, le memorabili corse fino al supremo istante, tutto è cosl nel superficiale nulla, in un posto latente e oscuro che invece emerge ormai e dice la sola verità. La grida in silenzio. La vita collettiva è una periferia, ridotta a rottame, a cascame di antichità, con trombe che non suonano né marce né qualche falsetto, afflosciante, in un'aria che alle palpebre fa puntura d'irritazione continua, tra gocce fredde di pianto.» Proprio perché Francesco Leonetti ha ritrovato il suo ritmo straordinario, quasi da virtuoso, Campo di bat1aglia può reggere in tutto il suo percorso la felicità dello splendido avvio della parte più strettamente dedicata all'ospedale, dove il comico teorizzato, come si sa, da Bachtin, funziona esattamente da elemento straniante, carnevalesco: e l'ospedale diventa il luogo della vitalità contro la morte esorcizzata da una sessualità continuamente affiorante e controllata senza rimozioni, senza rimorsi. Si troveranno cosl nella parte centrale del libro (pagine 88 e 89) due tra le più belle poesie che Leonetti abbia scritto, tanta è l'urgenza di quel ritmo ritrovato e assecondato. So bene che alcuni lettori hanno avuto e potranno avere delle impazienze per le parti più propriamente politiche del «romanzo» (e di romanzo nel senso più fondo del termine si tratta: di processo di trasformazione, dunque) ma hanno avuto e avranno torto, perché la noiosa disperazione del racconto degli scacchi politici è memoria necessaria alla preparazione del progetto finale, che è progetto netto di rinascita, di ricominciamento, con un passaggio arduo ma inevitabile dentro una visione diversa, rigenerante, cosmica, della natura. Attiro l'attenzione sulla frase di Dino Campana citata in epigrafe: «Noi ci svegliammo piangendo ed era l'azzurro mattino» e vi invito a saltare alle ultime righe di Campo di battaglia che cosi suonano: «... per noi che siamo volentieri ghiri, per noi certamente quando avviene il risveglio, che avviene a un suono di corno d'avorio, l'essere diventerà differente ... L'essere allora in noi è un'altra forma: una forma priva dell'intelligenza, che si è dimostrata inutile e a mezza via; invece una forma di vita naturale che forse è anche sensibile: e svegliandosi come pietre è l'azzurro mattino del paradiso.» N e i nuclei di resistenza di Malerba e Leonetti sono il riscatto sociale del sogno e il fare scrittura, anche con artigianale sapienza, anche come riscatto politico, il nucleo attivo de Il lanciatore di giavel/0110 di Paolo VoiAltafulla, Tarragona, Spagna. Labirinto policromo, da edificio romano (230 d.C.) poni è quello dell'irriducibile bisogno di creatività che nel romanzo si manifesta e si compie soprattutto nel modo in cui si articola la narrazione. Sono infatti d'accordo con quello che ha scritto Angelo Guglielmi a proposito della trama del Lanciatore di giavellotto (Paese sera del 5 giugno '81): si tratta di un puro traliccio utile soltanto a sostenere, nell'attenzione del lettore, la trama più vera, che sta uno strato più sotto quella precostituita. La storia del ragazzo Damin non è quella dei suoi rapporti con la madre e con una società iniqua e oscena, ma la storia dello svelarsi del nucleo pulsionale che la storia tradizionale ricopre, il nucleo del suo essere creativo, cosi forte da costringerlo quando si svela del tutto, a un volo mortale e perfetto come il lancio perfetto di un giavellotto, come una curva disegnata da una mano lasciata libera di agire su un foglio candido. Così il colpo di roncola che Damìn sferra sul collo della sorella Lavinia quando il corpo di lei si rivela in tutta la sua possibile creatività erotica, immagine di una creatività assoluta e irraggiungibile, lascia il segno come il gesto impossibile verso un'apertura totale che una società ormai fascista è tornata a proibire: il nucleo pulsionale rimosso una volta liberato dal processo creativo, se trova dinnanzi a sé la chiusura di una mancata risposta sociale (in una parola: il fascismo) non può che esplodere in un gesto di morte. Nonostante questo rischio la creatività originaria deve essere sempre e comunque liberata, ieri come oggi. La dimostrazione di quanto ho detto sta nei passaggi narrativi, cioè in quei momenti in cui la scena cambia e si procede oltre: questi passaggi sono tutti lirici, imprevedibili quanto invece era prevedibile la trama-traliccio di cui si è detto. In altre parole: dato un certo traliccio (una trama già nota) la narrazione si sviluppa e snoda per merito .delle immagini che la mente creativa di Damln scopre all'improvviso. Un esempio lampante mi sembra il seguente: «Cosa insegnano l'Iliade e l'Odissea? Non tutti sono Achille o Agamennone, e nemmeno Aiace e nemmeno Ulisse o Ettore: qualcuno può essere Menelao. Tanti invece i marinai, gli arceri, i fanti, i portatori; i portatori di provviste, di armi, di vasi. Vasi, - ripeté Damìn a se stesso, - pieni di tempo e di sciagura. Usci quel giorno dalla scuola con il proposito di allevare tortore.> (p. 55) Ecco, con questo scatto, il proposito di allevare tortore, inpreveduto e inprevedibile, comincia un'altra fase del narrare. f:. ciò che intendo per snodo narrativo lirico. Ma ci sono almeno altri due passaggi che occorre sottolineare in rapporto a quella riaffermazione della creatività di cui ho detto. Il primo è la scoperta del giavellotto (anche questo un passaggio lirico): «Nel pomeriggio Damìn corse al campo sportivo e dal custode si fece dare, inventando una giustificazione, un giavellotto regolamentare. Si piazzò al margine del campo, brandendo l'attrezzo con un'emozione molto forte che però via via passava e si distribuiva nell'equilibrio che il giavellotto prendeva dentro la sua impugnatura. L'ansia cominciò a vibrare, gli accese la forza di agire e gli dettò la rincorsa e il lancio> (p. 53). Dunque è il giavellotto che «detta la sua légge> a· Damln, la legge della perfezione del materiale artigianalmente elaborato e sarà come la matita e il foglio che chiameranno la mano di Damln alle figure della sua immaginazione nel secondo passaggio di cui voglio pari~ qui, quello della scoperta del disegnare. Leggiamo a pagina 170 e I 71 (i puntini e gli omissis sono miei): «Per il tema di figura disegnò la madre appoggiata a un telaio sul quale era tracciato un ordito nella forma di una grande tela di ragno. Il corpo femminile era chiuso dentro una veste classica... Nel terzo tema disegnò una vallata appenninica sbranata da una brutta stagione di fine inverno ... Nel pomeriggio aspettando la corriera disegnò al tavolo di un caffè dei gruppi di donne nude a caccia di cerbiatti e degli atleti, in riposo anch'essi nudi, languidamente distesi tra i muscoli... Disegnare gli consentiva di poter guardare ancora intorno a sé, di poter sopportare la realtà e anche di comprenderla e conservarla ...> Comprendere, conservare, difendere, creare, vedere il futuro, resistere nel presente, tutti verbi di un progetto di lettura che da Handke a Volponi, attraverso Malerba e Leonetti, e pochi altri, ha oggi una forza e un'energia che mi sembra di potere indossare gli stivali delle sette leghe. CaGrandag: r'°,g~issimvau, ota L a mostra della Ca' Granda organizzata nelle sale di Palazzo Reale dal comune di Milano dall'Ospedale Maggiore e dalla regione Lombardia è davvero tuua da vedere e da lodare. Avrebbe meritato le folle delle due divinità di Riace o del gigantesco Picasso, anche se le stupefazioni e le lodi qui, davanti alle sequele di ritraui, allepiante e ai documenti del suo corpo di cinquecento anni sarebbero state meno clamorose lasciando piuuosto spazio al giudizio, allo studio, a una compenetrazione critica di tono storico e civile. La mostra scopre la capacità, la forza e l'ingegno di una comunità di affrontare e risolvere uno dei suoi problemi umani e sociali piu gravi e minacciosi per il corso della sua vita e del suo. equilibrio: quéllo della ma/auia e de/l'indigenza, delle conseguenti necessità di ricovero e di assistenza; a cominciare dalla metà del quallrocento per giungere fino ad oggi, al momento in cui entrando nel portone di Palazzo Reale può capitarvi di sentire lo strillo di un'ambulanza in corsa verso uno degli infiniti appuntamenti del male. Vedeteprogel/are e sorgere l'ospedale nella metà del quattrocento, « il glorioso albergo de' poveri di Dio, sotto Francesco Sforza, duca quarto di Milano» nei disegni e nelle piante del grande Filarete;le disposizioni dei letti, i meccanismi organizzativi, le avvertenze mediche, i grandi scomparti. Il primo regolamento generale dell'ospedale a stampa redai/o nel cinquecento, esempio fondamentale di disciplina organizzativa sociale, che ordina nei suoi trentasetteparagrafi anche le norme per tu/li gli ufficiali in servizio alla Ca' Granda (non esclusi l'archivista, il sacerdote, il barbiere: nell'ordine) e quelle per l'accettazione e la distribuzione dei malati: all'ospedale del Brolo, gli infelli da morbo gallico; all'ospedale di S. Dionigi, i tignosi; a/l'ospedale di S. Vincenzo, i pazzi, i ciechi, i sordi, i muti; all'ospedale di S. Celso gli infanti esposti; all'ospedale nuovo di Donna Bona, lefiglie adulte esposte; a/l'ospedale di Santa Caterina, le figlie adulte esposte con vocazione religiosa; agli ospedali di Sant'Ambrogio e San Simpliciano, i vecchi, gli storpi, gli affelli da mali incurabili. Via via vi sarà documentata tu/la la vitade/l'enorme ospedale, il piu grande d'Europa, e la vicenda continua della sua fabbrica. li seicento si apre con l'esposizione di un bella annunciazione del Guercino e intanto i documenti prossimi vi dicono quando e da chi è stata commissionata la tela, quanto tempo il pillore ha impiegato a dipingerla, il prezzo convenuto e pagato «in ducatoni cinquecento con l'Annunciazione e qualche angelo di sopra». La costruzione della fabbrica procede con un secondo grande fondatore, tale Giovanni Pietro Coreano, Patrizionobiliare lombardo dedito a traffici e commerci per accrescereil patromonio feudale. Intanto si allineano gli imponenti ritraiti di tanti altri bene/allori, nobili e borghesi, rigidi, severi, con gli occhi ben fissi davanti su/l'osservatore a conferma della convinzione caritativa e anche del suo peso e bene materiale, confermato immediatamente sotto dalle mani in evidenza sul cartigliobollato dell'atto di donazione. Ritraiti lombardi, densi più che di realismo di materialità. A guardarli di seguito tutti insieme emettono calore vivo, odore e anche il senso di un possibile allarmante contagio. Cogliete quello di Giovanni Ambrogio Rosate, setaiolo, dipinto da Francesco Pagani. Vi è palese la compenetrata, orgogliosa saggezzamercantile dell'uomo, la sua tristezza di vedovo tre volte, la solitudine che lo indurrà a chiedere come contropartita per la donazione di tutti i suo beni, un modesto vitalizio, villo e alloggioper sé e per il proprio cavallo. Il sel/ecento presenta i Nuovi Sepolcri alla «Rotonda» o «Foppone», la spezieria, la crescitadel livello generale della cultura medica. La fabbrica continua ad espandersi e ne/l'ultimo decennio del secolo allunga una nuova ala fino alla via Lagheuo. Il merito è di un «terzofondatore», il notaio Giuseppe Macchi, patrizio, illuminista, pubblico amministratore abile quanto prepotente, famoso tra il popolo per la sua sordida avarizia. Ha spinto due sorelle, che dovevano somigliargli ed essere quindi piuttoso brulline, in convento, ha accumulato moneta su moneta duerni/ioni duecentosessantacinquemila lire e lascia tutta la somma all'ospedale. Il ritratto locoglie seduto al tavolo da lavoro, un poco stanco ma ancora tenace, col! il testone che sorge dalla convenzionalùà della parrucca incassato e piegato tra le spalle a guardare e pensare; l'abito comune, un po' liso, tuuo rosso per risca11are con la vivacità del colore la grossolanità del tessuto. Poggia la mano sinistra come appena tolta da una occupazione faticosa su una grande pianta d'architello, dove è disegnata, esauamente indicata dall'indice teso come strumento di precisione e misura tu/la l'ala che potrà essere costruita con l'impiego dei suoi soldi. La mano destra stringe per compiacimento la gamba in fuori, verso culliquelli che dovranno guardare e ricordare; mentre il vasto peuo e il testone respirano nello studio, come ben capisce la scheda del catalogo, ma piu che bonariamente con civile, ostinata convinzione nel lavoro, nel denaro, nella pubblica amministrazione. Che bel ministro del Tesoro sarebbe proprio in questi giorni estivi del 1981 il Macchi, avaro e illuminista, con forte senso di sé ma in quanto protagonista di una società e del suo stato! li ritrai/o è opera del Biondi, mediocre ma puntuale pillore che doveva servir bene alla simiglianza e alle esigenze del commi/lente e che non doveva per giunta costare molto. Fra i ritratti del secolo non perderete certo quelli del Ceruti, il grande lombardo del tempo, con «quella carica umana che legiuimava la sua pi11ura anche al di là delle frontiere della miseria» come giustamente scrive il catalogo. L 'ouocento è ricco di grandi illustrazioni, elenchi, consuntivi, prospelli, bilanci e vedute come di ricorrenti citazioni di «grandi» medici e di «grandi figure», meno di donazioni e di autentici progressi; tanti comunque i benefattori e ormai piu intrisi delle mosse e riserve della carità: e tanti e di diverso stile i ritratti, dipinti persino da Francesco Hayez e da Pelagio Pe/agi. Appaiono tulle le grandi distinzioni, veree proprie scissioni sociali, del benpensantismo borghese: ilpatrimonio privato dal bene pubblico, l'amministrazione dalla politica, l'arte dalla conj/iltUalità della vita sociale. Aumentano i bei gesti, la pietà, la commozione e tuni i loro devoti particolari; come aumentano la moltiplicazione a stampa e l'alca diffusione di tu/lo ciò tra il popolo, tra l'animazione macchieuistica, marginale e minuta della folla. li novecento non può non tener conto che Milano è ormai industriale, collegatacon l'Europa, capitalemorale ed economica dell'Italia, nuova potenza. Come non può ignorare che la medicina ha scoperto nuove malauie, per lo piu sociali, contagiose quindi, e nuovi modi di terapia e cura. Cominciano così «le grandi realiuazioni», perfino la costruzione di un nuovo ospedale a padiglioni separati. Si avviano le convenzioni con la regia università per il servizio coordinato delle cliniche, gli arrangiamenti interni, gli ammodernamenti e le modifiche, piuuosto sempre tra ilprecario e il burocratico: mancano spesso fondi, leggi, approvazioni, ecceteraeccetera. Intervengono perfino danni bellici e restauri e insieme gli specchi squadrati e le lamiere di nuove crociere e di nuovi spazi. L'ospedale non è piu da tempo una casa milanese, per quanto «grande» possa ancora essere;è ormai del Regno e dipende perciò anche da Roma, dal governo d'Italia. I benefattori sono sempre piu piccoli e colorati, individuati nel loro atteggiato particolare, fuori dei ranghi e senza nessun legame e tanto meno rappresentanza sociale. I loro ritratti vanno dallo stantio naturalismo ottoè'entescoalle arditezze avanguardistiche di un Sironi, dalle riminescenze metafisiche di un Callà alle elaborazioni novecentesche di un Funi. Intanto si è persa l'identità la posizione e la misura della Ca' Granda e si indugia alquanto smarriti davanti a/l'incombenza ufficiale, altrove disposta e rilevata, della vastità imperscrutabile della nuova pubblica istituzione ospedaliero-sanitaria al passo con i tempi, anche questi poco misurabili e piuttosto confusi. La mostra è importante, e molto, anche per questo senso finale di smarrimento e di sottrazione. Unuomo solo, visitatoreanento che sia, non conta piu 'lanto: nemmeno se gli toccasse entrare dentro l'oggetto della mostra da malato, bìsognoso di ricovero e di cura. Al posto della Ca' Granda c'è ormai un «grando» problema. Questa mostra sarebbe stata proprio da visitare per cogliervi oltre che la perfezione e la bellezza dellesue esposizioni, una civile sicura occasione di conoscenza storica e politica: da visitare quindi anche in massa, delegazioni, scuole, comitati, partiti, sindacati proprio secondo il suo insegnamento. Sarebbe stato bene in ogni caso farsi accompagnare dalla consultazione del munitissimo e bel catalogo che per fortuna resta al di là dei tempi de/l'esposizione. Fra le presentazioni delle prime pagine vi è da leggere un pezzo di Testori della sua migliore qualità lombarda, fra il critico d'arte e il cronachista locale: bello ancora di piu se vorrete leggere al posto della parola carità e tutte le frequentissime volte che questa vi è usata un termine che rappresenti la solidarietà sociale, sia pure nelle sue forme piu dirette, di volontariato, per esempio impegno civile, sentimento del comune, o, ancorameglio, senso e desiderio di giustizia. La Ca Granda, cinque secoli di storia ed arte dell'Ospedale Maggiore di Milano marzo/agosto I 98 I, Palazzo Reale, Milano Il catalogo è pubblicato dall'Electa
Ilgoverno· 4.tll' inflazione 11vertice confederale dei primi giorni di luglio si è concluso in modo assai simile a una capitolazione. I sindacati hanno accettato l'idea di concordare con le autorità di governo un tetto di inflazione e di regolare le proprie richieste, contrattuali o in tema di scala mobile, in conformità. Con questo accordo. di cui sarebbe un errore trascurare la portata, il sindacato accetta l'idea che il regime salariale sia davvero il responsabile dell'inflazione. È questa un'idea ormai tanto diffusa, e per di piu affermata e ribadita da destra come da sinistra, che il fatto che anche i vertici sindacali implicitamente la facciano propria, può sembrare un evento normale, quasi dovuto. Se fosse anche un'idea fondata, ci troveremmo di fronte ad un sindacato che, potendo a suo piacimento decidere l'arresto o la prosecuzione del processo inflazionistico, avrebbe ormai nelle sue mani le sorti dell'intera economia del paese. Purtroppo, questa visione semplicistica, sebbene sbandierata con apparente convinzione, è assai lontana da ogni interpretazione ragionevole dei fatti. Il sindacato, ben lungi dall'essere al timone dell'inflazione, è se mai la vittima degli attacchi disgregatori che l'aumento dei prezzi porta contro la sua compagine: in clima di inflazione, gli aumenti contrattuali dei salari si sono ridotti a cifre piu che modeste, il grado di copertura del punto di contingenza si è drasticamente ridotto, la quota dei redditi da lavoro sul reddito nazionale declina inesorabilmente. C'è di che mettere a repentaglio il credito e la coesione di qualsiasi organizzazione sindacale. el dibattito sulle responsabilità del sindacato in materia di inflazione, vi è un aspetto che non sarebbe dovuto sfuggire e che invece, nel clima di demonizzazione antisi•ndacalecorrente, passa per lo piu inosservato. Mentre gli esponenti governativi, i commentatori piu seguiti, gli analisti piu acuti, si diffondono a spiegare gli effetti nefasti che gli aumenti dei salari producono sull'andamento dei prezzi e sulla competitività dell'industria italiana, i vertici della Confindustria ed i rappresentanti piu autorevoli delle grandi imprese assumono un atteggiamento del tutto diverso. Con fiuto economico e politico assia piu fine, ormai da alcuni anni il grande padronato ha chiarito che il proprio obiettivo è quello di portare il sindacato a trattare non sul salario monetario, ma su quel terreno assai piu rilevante che, con termine un po' generico, viene a volte detto della produttività, e che comprende temi ormai familiari a tutti, che 11annodalla mobilità, al lavoro straordinario, all'assenteismo, alle condizioni di lavoro. Il padronato sa bene che è su questo terreno che si misurano le forze rispettive della classe lavoratrice e del capitale, e che una volta riguadagnato lo spazio perduto in questa direzione, non sarà difficile trovare un accordo sul livello del salario. Le dichiarazioni in questo senso da parte di responsabili dell'industria privata sono state chiare e ripetute: nessuna discussione sul salario, ma tutta l'attenzione sul costo del lavoro, e cioè sui fattori che determinano la produttività del lavoratore. Insistere, come pure tanti fanno, sul problemadel salario significa schierarsi, in buona o in mala fede, su un fronte ormai superato e non condiviso piu (e forse non condiviso mai) nemmeno dagli interessati diretti. Cose non molto dissimili si possono ripetere per l'altro demone dell'inflazione, il meccanismo della scala mobile. La sentenza piu accreditata, in materia di scala mobile è che pur non trattandosi di una causa primaria di inflazione, la scala mobile rappresenterebbe tuttavia uno strumento di amplificazione delle spinte inflazionistiche e sarebbe quindi uno dei fattori responsabili del fatto che l'economia italiana sia afflitta da un tasso di inflazione piu elevato degli altri paesi occidentali. Non è facile dire se questa tesi sia scorretta o semplicemente tautologica. La scala mobile è un meccanismo di difesa del salario reale; se funzionasse alla perfezione, essa consentirebbe al salario reale di restare immutato quale che sia l'aumento dei prezzi. La presenza della scala mobile rende impossibile, almeno in linea di principio, ottenere una riduzione del salario reale attraverso l'aumento dei prezzi. In assenza di scala mobile, per ridurre il salario reale, diciamo, del 10%, è sufficiente un aumento dei prezzi esattamente del 10%; ma, con una scala mobile perfetta, aumento di prezzi e aumento dei salari procedono di pari passo, e l'inflazione può procedere all'infinito senza alcun effetto sul salario reale. Come va descritta una situazione simile? L'interpretazione piu ragionevole porterebbe a dire che lascala mobile sta esercitando la sua funzione difensiva nei confronti del salario reale, funzione che consiste appunto nel rendere inutile l'inflazione. La lettura dominante è invece un'altra, e precisamente che la scala mobile sta amplificando la spinta inflazionistica. In Italia, la scala mobile è ben lungi dall'essere perfetta, sia perché gli aumenti dei salari scattano con tre mesi di ritardo, sia perché la copertura del punto di contingenza è inferiore al IOOo/.q. .Di conseguenza, di fronte ad aumenti dei prezzi volti a ridurre il livello del salario reale, l'inflazione che si sviluppa non è infinita; ma è comunque certo che la sola presenza della scala mobile fa sì che, per ridurre di un qualsiasi ammontare il salario reale, non basta piu un aumento dei prezzi di eguale misura, ma occorre un aumento molto superiore. Ma questo dipende dal fatto che la scala mobile sta svolgendo la sua funzione, anche se in misura incompleta, e non dalla pretesa presenza di meccanismi perversi. Le polemiche contro il salario monetario e contro la scala mobile non possono quindi e.ssere prese nei loro termini letterali. La prima è un'argo- < ., t - • " t ;\ .. ~ \, i 'l,-~c.~ struttura industriale dai paesi avanzati verso paesi emergenti. I paesi a struttura industriale sviluppata si riservano i settori di punta, nei quali le tecnologie sono le piu avanzate o rivestono importanza strategica, mentre i settori piu consolidati e meno innovativi vengono trasferiti nei paesi in via di sviluppo, là dove i costi della mano d'opera sono incomparabilmente piu bassi. Operazioni simili richiedono trasformazioni profonde nella struttura produttiva dei paesi avanzati, i quali devono ridimensionare settori interi Disegno per tatuaggio, India meridionale del proprio apparato industriale, trasferire lavoratori da un settore all'altro, affrontare, per i settori in declino, uno stato di crisi prolungata. Licenziamenti, fallimenti, riduzioni della produzione nelle grandi imprese dei paesi ava!lzati trovano la propria origine in questo processo di revisione della divisione internazionale del lavoro. ln questo processo di ristrutturazione internazionale anche l'inflazione svolge il suo ruolo. L'inflazione porta con sé un aumento dei tassi di interesse. In apparenza, si tratta di aumenti soltanto nominali, dal momento che, come tutti si affannano a spiegare, un'impresa che si indebiti pagando il denaro anche al 20%, restituisce a,lla scadenza un capitale monetario svalutato dall'inflazione, per cui il tasso di interesse reale è di altrettanto inferiore, e a conti fatti può risultare anche negativo. Ma, in casi come questi, l'apparenza inganna. È vero che, l'inflazione riduce il livello reale del tasso dell'interesse; ma, al tempo stesso, l'inflazione costringe le imprese a inFigure di danza nei labirinti, Svezia precristiana. mentazione ormai sconfessata anche da parte padronale, la seconda equivale· all'ingenua scoperta che la scala mobile ha la funzione di proteggere il salario reale. Né l'una né l'altra argomentazione consentono di far passi avanti per l'interpretazione corretta dell'inflazione, e quindi nemmeno di acquisire idee su come combatterla. P er trovare il bandolo della matassa, occorre sostare l'attenzione sulla scena internazionale. La grande trasformazione che ormai da oltre un decennio si sta svolgendo nell'industria mond.iale consiste nel trasferimento di interi segmenti della debitarsi in misura crescente, non per espandere il loro giro d'affari in termini reali ma soltanto per tenere dietro all'espanzione del giro d'affari monetario conseguente all'aumento dei prezzi. Quindi, nei rapporti di credito, l'inflazionereca con sé una indicizzazione incorporata: da un lato svaluta i debiti precedenti, dall'altro costringe a contrarre debiti sempre piu estesi. Quando poi nelle fasi di inflazione, i mercati finanziari richiedono tassi di interessi piu elevati, essi accollano alle imprese produttive un onere supplementare netto, e ne riducono automaticamente i profitti. Senonché, i profitti che, in clima di inflazione e di tassi di interesse elevati, scompaiono dalle gestioni industriali ricompaiono nelle gestioni finanziarie. Infatti, mentre le grandi imprese industriali singolarmente prese, si trovano ovunque in crisi, le grandi finanziarie, nazionali o multinazionali che siano, attraversano periodi di prosperità. L'inflazione esercita così la funzione di concentrare la formazione di profitti presso i grandi centri decisionali della finanza internazionale, il che rende assai più agevole sia decretare la soppressione di vecchie imprese in dissesto, <ia trasferirne le attività in forme nuove in altre paesi. In questo processo, che comporta aspetti molteplici e complessi di natura produttiva e finanziaria, non tutti i paesi si presentano con le medesime difficoltà, e l'economia italiana occupa un posto a parte. Altrove, trasformazioni cosi profonde risultano piu agevoli a realizzarsi. Il livello piu elevato del reddito consente di affrontare assai meglio il ridimensionamento di interi settori produttivi; la disoccupazione appare assai meno trautnatica se investe lavoratori stranieri. In Italia, la ristrutturazione comporta problemi assai meno facili sul piano sociale. Crisi e disoccupazione, in modo diretto o indiretto, finiscono con il colpire in misura prevalente i lavoratori del Mezzogiorno, sia sotto forma di perdita diretta dell'occupazione sia sotto forma di mancate occasioni di lavoro e di emigrazione: tutto questo proprio in una fase in cui, men.tre le regioni del Nord hanno raggiunto un livello stabile di popolazione, o addirittura si avviano al calo demografico, le regioni del Mezzogiorno continuano a produrre un'offerta crescente di mano d'opera. S ituazioni simili non consentono di procedere sulla via della ristrutturazione con la medesima disinvoltura che si nota negli altri paesi, e impongono invece l'uso di meccanismi correttivi basati sulla spesa pubblica che finiscono con l'alimentare e accentuare l'inflazione. Per rendersene conto, basti pensare a tre aspetti dominanti delle misure economiche degli ultimi anni, la politica dei trasferimenti, il controllo del credito, la politica dei prezzi amministrati. Anzitutto la politica dei trasferìmenti. Di fronte alle difficoltà finanziarie delle imprese, le autorità hanno preso a sviluppare i trasferimenti a favore del settore produttivo; anzi, negli anni piu recenti, hanno anche dichiarato ·di voler ridurre i trasferimenti alle persone (sussidi di invalidità, assistenza sanitaria) per fare luogo a maggiori trasferimenti alle imprese. Sempre per sostenere la posizione delle imprese, la spesa pubblica effettuata per l'acquisto di beni largheggia nella fissazione dei prezzi. I prezzi fissati per le forniture pubbliche vengono costantemente riveduti al rialzo, e trasmettendosi inevitabilmente alle contrattazioni del settore privato, diventano una delle fonti piu immediate e meno controllabili di inflazione. Qualcosa di simile accade sul terreno della politica monetaria. Ogni qual volta le autorità di governo dichiarano di voler stringere i cordoni del credito, esse accrescono il costo del denaro; ma è assai discutibile se esse abbiano limitato la liquidità sul piano quantitativo. Aumentare il costo del denaro significa, come abbiamo detto, porre le imprese produttive in difficoltà, e spingerle a richiedere un'espansione sempre maggiore della spesa pubblica, espansione che ovviamente viene richiesta non tanto sotto forma di maggiori acquisti quanto piuttosto sotto forma di prezzi piu elevati. Quando infine il disavanzo del settore publico viene dichiarato eccessivo e si afferma di volerlo ridurre, se ne trae l'occasione per aumentare le tariffe pubbliche, dando cosl un altro giro di manovella all'inflazione. Le stesse misure che le autorità presentano come dirette a combattere l'inflazione, nella spstanza non fanno che alimentarla. Emerge così la sostanza del conflitto attuale. Se il sindacato resiste alla ristrutturazione e lotta per la difesa dell'occupazione nei settori dichiarati in crisi, il risultato è un insieme di misure che accentuano l'aumento dei prezzi e rendono il sindacato perdente sul terreno del salario reale. Siamo quindi ben lontani dalla situazione cosi come viene descritta ufficialmente, secondo la quale sarebbero proprio le richieste salariali e la scala mobile a produrre inflazione; al contrario, il sindacato finisce con l'essere vittima dell'inflazione, che rende vani i tentativi di difendere il salario reale. L'obiettivo non è dunque quello dichiarato di disinnescare meccanismi impliciti di inflazione, bensì quello assai piu ampio e profondo di condurre a termine l'operazione di ristrutturazione e di restaurazione del controllo sulla forza lavoro. Per rendersi conto della consistenza di questo obiettivo, basti considerare come si sono conclusi i rinnovi dei principali contratti aziendali di quest'anno. In quasi tutti i casi, le richieste di aumenti retributivi avanzate dai sindacati sono state accolte; ma accanto ad esse, sono state introdotte modificazioni assai consistenti nella regolamentazione della organizzazione del lavoro, in tema di mobilità, di orari di lavoro, di disciplina dell'assenteismo. Questa è la linea che il padronato persegue, e la sta perseguendo con tutta chiarezza ed in modo assolutamente esplicito. Per i responsabili dell'industria può anche darsi che il problema della scala mobile riv~sta natura secondaria; ed è anche possibile che esso venga invece utilizzato come strumento di contrattazione per ottenere concessioni ben piu sostanziali sul terreno dell'organizzazione del lavoro. Come ricordavamo all'inizio, i vertici sindacali hanno accettato l'idea di concordare un tetto di inflazione massimo e di uniformare la propria condotta alle esigenze che il rispetto di questo tetto potrà comportare. Può darsi che, anche per un sindacato che si collochi in questa linea conciliativa, concessioni che investano la scala mobile si presentino come eccessivamente onerose; e non è da escludere che alla fine siano le stesse forze del padronato a rinunziare a grandi modificazioni nel meccanismo di indicizzazione dei salari, per richiedere e ottenere invece concessioni ben piu rilevanti nella flessibilità dell'organizzazione del lavoro. Questa è la sostanza del conflitto. Il dibattito sull'inflazione non ne è che la facciata o tutt'al piu un obiettivo meramente strumentale.
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