Alfabeta - anno III - n. 26/27 - lug.ago. 1981

Anghelopoulos o in / falchi di Gaal}. Bellocchio invece costruisce tempi morti che non costituiscono il fulcro del film, non si caricano per se stessi di significazione, ma sono sempre subordinati, nella logica del film, ad altri momenti narrativi: e sono, quindi, poco significativi sul piano linguistico, e noiosi oltre il limite della sopportazione. P roprio come in Tre fratelli, ultimo filmdi Rosi. Anche qui stessa lentezza esasperante dell'azione, stessa intenzione di costruire un film su un tessuto narrativo estremamente dilatato. Ma con un progetto, un modello linguistico, nettamente diversi. Quello che Rosi si propone, infatti, con il consueto anacronismo, il costante, inevitabile riferimento ai modelli linguistici più obsoleti, è la formazione di un quadro filmico di epicità e di liricità, capace di riscoprire un rapporto con le strutture essenziali dei processi storico-popolari. Riscoprire la terra, il rapporto con le proprie origini (contadine, naturalmente: il cattolico Olmi insegna a tutti); l'opzione, oltre la disseminazione nel mondo, oltre la frantumazione negli eventi contemporanei, per l'unità e l'immobilità ieratica delle radici. Ridefinire un percorso in cui, vicino ai soliti «valori essenziaP rassi e nuove norme legislative hanno formalizzato e istituzionalizzato la tendenza al declino (se non addirittura al dissolvimento) della terzietà del giudice penale rispetto ai tradizionali condizionamenti provenienti dagli organi dell'esecutivo e dalle forze politiche dominanti. Assistiamo in altri termini ai seguenti fenomeni: A. Ravvicinamento e omogeneizzazione della funzione repressiva (istituzionalmente affidata alla magistratura) e della funzione di prevenzione (affidata agli organi dell'esecutivo) attraverso: l} la fine formale del monopolio giudiziario nel campo degli atti autonomamente limitativi delle libertà fondamentali; 2) il riconoscimento formale della supremazia degli organi di polizia nella gestione delle indagini sui reati politici più rilevanti. B. Ravvicinamentodella magistratura aJ sistema politico, attraverso: 1) norme che accentuano la condizionabilità dell'azione giudiziaria da parte delle forze politiche dominanti; 2) prassi che esaltano e valorizzano le opzioni ideologiche e culturali che queste forze mantengono nei confronti di ampi strati della magistratura. A-1. In questi ultimi anni si fa sempre più chiaro lo spostamento dell'asse degli interventi predisposti per combattere la criminalità (specialmente politica) dalla giurisdizione all'amministrazione, con l'incrinatura definitiva del modello costituzionale che sta alla base di distinte funzioni e distinti apparati statali. Ciò è avvenuto creando un autonomo corpo di norme - il cosiddetto diritto di polizia-che attribuiscono alle forze dell'esecutivo poteri limitativi delle libertà fondamentali dei cittadini, svincolati formalmente e sostanzialmente dall'ambito giurisdizionale: l'autorità giudiziaria è chiamata a dare una semplice copertura di legalità apparente agli atti esplicativi di questi poteri. Si tratta di misure miranti alla prevenzione e quindi hanno come presupposto non la commissione di reati, ma il sospetto che la loro consumazioli:., il cinema riafferma la propria presunta natura epica e le possibilità liriche della scrittura audiovisiva. E, insieme, introdurre nel quadto di questa epicità ritrovata, tutta l'articolazione dell'attualità colta in alcune determinazioni politico-sociali esemplari: l'immigrazione e le lotte operaie (alla Fiat naturalmente), il terrorismo e i problemi di un magistrato. C'è insomma tutta la peggiore paccottiglia del midcult indigeno. Il risultato è agghiacciante. Se Bellocchio era lento e ovvio, Rosi è sfilacciato oltre ogni limite, e più banale, più ovvio, più scontato di un ternino delle medie. Ci sono tutti i luoghi comuni degli ultimi anni, proprio tutti. E non una sola idea, non una soluzione linguistica per dire in modo indiretto o diverso o innovativo i propri messaggi grevi. I dialoghi sembrano caricature intenzionali (Tonino Guerra è un esperto di dialoghi penosi: si era fatto le ossa con i filmdi Antonioni). Al bar di un paese della provincia di Bari, un gruppo di persone discute se si debba denunciare un terrorista. Insospettabile sensibilità democratica. Vedono il magistrato di ritorno al paese e gli chiedono un parere. Nobili parole del magistrato (un Philippe Noiret che più opaco non poteva essere) del tipo: «Se i compagni di Guido Rossa fossero Rembrandt andati in trecento a fare la denuncia, forse Rossa sarebbe ancora vivo». Poi altre affermazioni nello stile «ogni parola una sentenza». Con un amico professore: «Quello che dici è tutto giusto. Ma non c'è speranza». E conclude: «E in fondo, tutto questo disprezzo per la vita umana ...» (con relativa pausa carica di significato). Altro colloquio (con un magistrato) sul terrorismo e altra conclusione concettualmente rilevante: « Bisogna trovare una soluzione» Che acume. E prima era stato anche lirico (parlando con il fratello operaio del rifiuto del lavoro): «Con quelle utopie si creano degli spostati. É un veleno che si attacca alle piante giovani». Un poeta. Lo spettatore rimpiange Leo Valiani. Ma c'è di meglio. È il sogno del fratello istitutore. Lento movimento in avanti della mdp: PP di Rocco che dorme. Stacco. PP di una pistola a terra; lì vicino alcune cartucce. Poi altre pistole con cartucce. Improvvisamente entra nel campo visivo una scopa, poi altre scope che cominciano a spazzare via tutto. Inquadrati dal.basso entrano in campo progressivamente dei ragazzi che stanno scopando. Poi il décor si modifica: scenografia di cartapesta, colori come in un disegno infantile, falso naif da rigattiere: sullo sfondo un castello che pare quasi di zucchero. Nevica. Dal cielo con la neve scendono in lente volute alcune uniformi militari molto colorate. Cambia ancora il décor. Sfondo disegnato: una specie di Napoli stilizzata. In primo piano Rocco e i ragazzi danno fuoco all'immondizia raccolta. Ma la fine del film è peggio. È un concentrato di déjà vu e di patetico da quattro soldi, di spreco di commozione e di simbolismo da Grand Hotel. Il piccolo corteo del funerale è partito. La bambina (figlia del fratello operaio) e il nonno si avviano verso casa. Ilgiudic.~..~ncellato ne possa verificarsi. Il loro contenuto fortemente limitativo di libertà fondamentali (si pensi alle intercettazioni telefoniche, al fermo di identificazione, al fermo di prevenzione, alla perquisizione personale) rende incompatibile il conferimento del loro esercizio ad organi che non siano quelli giudiziari. Tale illegittimità costituzionale viene sanata in maniera apparente grazie alla previsione di un intervento della magistratùra, successivo al momento in cui tali provvedimenti hanno già completamente esaurito la loro funzione afflittiva. La più evidente conferma di quanto detto viene offerta dal fermo di prevenzione: basti pensare che- una volta che il magistrato ha esaminato la legittimità del già avvenuto fermo - il suo provvedimento, in termini di libertà personale, ha i medesimi effetti, sia in caso di convalida del fermo che in caso di rifiuto di convalida; in quest'ultima ipotesi la liberazione del fermato è automatica, dal momento che gli atti preparatori - che legittimano il fermo - non legittimano alcun intervento coercitivo della magistratura, in quanto non costituiscono reato. Dinanzi quindi a questa autonoma manifestazione di coercizione amministrativa, il giudice è chiamato ad esercitare una funzione di controllo solo simbolica. Il carattere platonico del controllo giudiziario si riverbera anche nella mancata previsione di sanzioni di natura amministrativa, nei casi di fermi illegali, a differenza di quanto - almeno formalmente - è previsto per il fermo giudiziario dall'art. 238 bis del c.p.p .. Solo quindi in caso di eclatante illegalità sarà possibile applicare uno dei più disapplicati articoli del nostro codice (l'art. 606 previsto pl:rl'arresto illegale), sempre che la giurispruden.:a ritenga configurabile questa figura di reato nei casi di illegali fermi di prevenzione, così come ha fatto per il fermo giudiziario. Altra conferma: all'art. 9 del decreto Cossiga (d.l. 21/3/78 n. 59) è previsto che il ministro dell'interno e le autorità di polizia delegate possano essere autorizzate ad intercettare comunicazioni telefoniche di persone non indiziate di alcun reato, in base al semplice riferimento a necessità di indagini per alcuni gravi delitti, ma al di fuori di qualsiasi procedimento penale in corso. Questa norma determina una ben evidente confusione di principi e di competenze: al magistrato viene conferito il compito di autorizzare - senza poter disporre di elementi di valutazione - un'attività di prevenzione (fondata sul sospetto) degli organi dell'esecutivo, che si svolge al di fuori di un processo, ma che è pur sempre collegata a indagini per gravi reati. Poteri di prevenzione (amministrativi) e poteri di repressione (giudiziari) si confondono e si intrecciano, dando questo risultato: una attività arbitraria e illegale - qual è un'invasione della sfera privata del cittadino, al di fuori di ipotesi tassativamente previste e di elementi indizianti - ottiene il coinvolgimento e la copertura della magistratura. A-2. Il riconoscimento della prevalenza della regia poliziesca nelle indagini relative a gravi delitti, specialmente di natura politica, si ricava facilmente dalle norme che ripristinano l'interrogatorio di fermati e arrestati, senza Ippolito ( ;a/muini le garanzie della difesa, nell'ipotesi di reati indicati dall'art. 165 ter c.p.c. (delitti contro la personalità dello stato, banda armata, ecc.). In simili casi la direzione delle indagini non viene scelta dal magistrato, sulla base di una precisa imputazione, ma dagli organi di polizia, i quali possono a discrezione "dilatare l'oggetto dell'inchiesta e quindi assum{-,e dichiarazioni di imputati anche al di fuori delle già vastissime ipotesi consentite. Va anche considerato che tali dichiarazioni non sono verbalizzate, sono prive di ogni valore ai fini processuali e non possono essere oggetto di rapporto né di testimonianza. Siamo quindi dinanzi ad un'ennesima mostruosità giuridica e ad un'altra commistione di compiti e di principi: una norma processuale prevede un atto che, pur inserendosi in una fase processuale, è svincolato dal rispetto di ogni forma procedurale, non arriverà mai al processo ed è insuscettibile di qualsiasi controllo di legalità. Tali anomalie appaiono ancor più gravi, se si tien conto che tale potere della polizia viene esercitato nei confronti di cittadini privati della libertà personale. La logica che mira ad istituzionalizzare la subalternità della magistratura agli organi della polizia si è espressa anche nelle modifiche apportate al fermo giudiziario: l'art. 7 del d.l. 15/ 12/79 n. 625 prevede che sia data notizia del fermo al magistrato non più «immediatamente» ma «senza ritardo e comunque non oltre le 48 ore»; correlativamente aumenta il tempo in cui il fermato può essere trattenuto negli uffici di polizia. Inoltre, i risultati delle sommarie indagini svolte dalla polizia devono essere comunicati insieme a motivi per i quali il fermo è stato operato non più nelle prime 48 ore, ma nelle 48 ore successive alla comunicazione del fermo, e quindi sino alla 963 ora dal provvedimento. Quindi, non solo il fermato può essere trattenuto dalla polizia per 48 ore senza che il magistrato ne sia informato, ma quest'ultimo può trovarsi dinanzi all'esigenza di convalidare il fermo senza conoscere i risultati delle Coccodé. Una gallina ha fatto l'uovo. La natura prosegue il suo corso. La vita continua. La bambina corre, prende l'uovo e lo dà al nonno. PP delle due mani che passano l'uovo. Ovviamente, per sottolineare il legame tra le generazioni, la continuità nel rapporto con la terra, il passaggio dell'uovo non è rapido, ma lento, rituale e il PP si ferma a lungo sulle mani intrecciate. Poi il nonno e la bambina si allontanano per mano lungo ilmuro della casa in mezzo alla campagna, superano il cancello e rientrano nell'appartamento. Stacco. Sono nella camera mortuaria. Le candele sono ancora accese nella penombra. La bambina soffia sulla fiamma e le spegne. Si ribadisce che la vita continua. Il nonno apre la finestra. Soggettiva del funerale. Il nonno si volta, guarda la bambina. Si avvicina a un mobile. Prende la fede della moglie e se la infila al dito. PP delle mani che compiono questo gesto. Nulla ci viene risparmiato. L'immagine viene anche bloccata. Scorrono i titoli di coda. Che esemplarità. In poche inquadrature lente, dilatate, Rosi ha concentrato tutti i peggiori luoghi comuni narrativi, quelli che non si trovano più nemmeno nei fotoromanzi. Neppure Visconti avrebbe osato tanto. indagini svolte dalla polizia e quindi senza poter controllare i motivi inizialmente da questa addotti. Ulteriore conferma che la funzione di garanzia e di controllo del giudice - svuotata di ogni contenuto - acquista sempre di più l'immagine di una copertura alle operazioni condotte dalla polizia. B-1. Si istituzionalizza l'allargamento del soggetto interpretante nell'ambito del processo penale, attraverso norme che, conferendo al giudice ampi poteri discrezionali, - non ancorati cioè a criteri oggettivi - lo espongono al pericolo di adottare provvedimenti, di assumere iniziative sotto la spinta emozionale creata da condizionamenti dei mass-media e delle forze politiche che li gestiscono. La scelta del rito direttissimo, la durata della custodia preventiva, la contestazione di alcune aggravanti diventano aspetti del processo apparentemente affidati alla discrezionalità del giudice, ma in effetti possono essere gestiti da chi riesce a farsi protavoce- più o meno arbitrario - dell'allarme sociale indirizzato verso alcune manifestazioni di devianza. L'allarme sociale costituisce il timone della politica penale gestita dalle forze politiche dominanti: se si segue il rito ordinario, tale fattore peserà nella fase della sanzione anticipata (la custodia preventiva); se si segue il rito direttissimo, l'allarme sociale concentrerà la sua influenza nella fase della decisione. L'introduzione poi in circostanze aggravanti di concetti di valore indeterminati, come lo scopo di eversione dell'ordine democratico e di terrorismo - mutuati dal linguaggio politico - pone una pesante ipoteca culturale ed ideologica sui giudici, a favore delle forze politiche dominanti. L'ombra della costituzione materiale si inserisce in questo ampio potere discrezionale del giudice: oggi esiste una normativa che gli concede: 1) di scegliere il rito direttissimo in una indeterminata serie di ipotesi - e quindi tutta la carica di esemplarità pura che tale rito comporta; 2) di scegliere se la ~ libertà di un imputato sia o meno com- ~ patibile con le esigenze di tutela della ~

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==