Che mollino anche noi! A Renzo Arbore, Adriana Asti, Carmelo Bene, Roberto Benigni, Edoardo Bennato, Stefano Benni, Giorgio Bocca, Mariolina Cannuli, Paolo Conte, Lucio Dalla, Oreste Del Buono, Umberto Eco, Enzo Ferrari, Marco Ferreri, Giorgio Gaber, Vittorio Gassman, Bianca Guidetti-Serra, Enzo Jannacci, Nanni Loy, Giacomo Mancini, Mariangela Melato, Gino Paoli, Paolo Poli, Gigi Proielli, Rossana Rossanda, Ugo Tognazzi. Cari amici, noi non vi conosciamo ma vi consideriamo amici lo stesso. Dovete sapere che quando come noi si sta in galera è prassi comune scrivere ad alte ed illustri personalità, allo scopo di esporre ipropri casi. Ma in quest' Italia 1981 queste famose personalità sono troppo occupate a smentire torrenti di accuse che piovono loro addosso da ogni parte, in seguilo ai (presunti?) scandali. Anzi con quakuna di loro potremo ben presto interloquire a viva voce durante le ore di aria. Chi ci restava da interpellare? Qualcuno che ci piacesse e che non comparisse nella lista dei 500, né nell'elenco della P 2. Non abbiamo ritenuto opportuno verificare se siete riportati tra i 40.000 del libro rosso di Reviglio perché sarebbe francamente troppo (e forse, ma non prendetela come un'offesa, non avremmo veramente più nessuno a cui rivolgerci). Veniamo subito al nocciolo. Ormai di liste e di elenchi ne girano veramente tanti. Il Procuratore Capo di Milano, Gresti, deve occuparsi dei 7 finanzieri della P 2 arrestati in questa città. Ma come farà se asua voltaè stato inquisito e pure perquisito dalla Guardia di Finanza? E come avranno fallo pure questi ultimi a fare ciò se i loro massimi gradi si trovano al fresco per il furto di 2.000 tonnellate di gasolio? Tutto ciò, oltre ad aver fatto litigare condomini e amministratori di tutt' Italia per anni sulla questione del prezzo del gasolio, ci sembra sollevi una questione importante: noi siamo stati accusati di essere stati terroristi. E questo neanche sulla scorta di una lista, un elenco, che diciamo, un miserabile scontrino! No. Solo contraddittorie dichiarazioni di una strana fauna che, sotto il nome di pentili, da qualche tempo fa il bello e il brutto tempo nei processi. Insomma, posto che siamo colpevoli, e non lo siamo, com'è 'sta storia che dentro ci finiamo solo noi? La soluzione c'è: dentro tutti! Così potremmo commentare il Corriere ogni mallina insieme 4 Rizzo/i, Di Bella, Tassan-Din, oltreché Costanzo (Calvi è già stato blindato); potremmo ascoltare l'editoriale mallutino di Gustavo Selva dalla sua viva voce (più in diretta di cosi...); parleremmo di calcio con Artemio Franchi, faremmo amministrare i nostri depositi sui libretti da Gaetano Stammati, faremmo finta di ridere alle «pungenti» battute di Roberto Gervaso. Ma in realtà ci basterebbe avere in cella insieme a noi Angelo Paracucchi per farci allestirepranzi e cene degni di tal nome. Di ciò paghi, anzi entusiasti, non protesteremmo più per la nostra condizione di detenuti e ci guarderemmo bene dal chiedere la liberazione. Insomma noi riteniamo che in quest'Italia cosi disastrata, se mettere dentro tutti 'sti malviventi serve a qualcosa, siamo disposti asacrificarci e a starcene al fresco pure noi, anche se innocenti. È un prezzo che potremmo anche pagare se, al cambio, la gestione della cosa pubblica divenisse un tantino meno fraudolenta. Cosa sono poche migliaia in più di detenuti confronto a niente più lottizzazioni, truffe, esportazioni di capitale, tangenti, per non parlare delle bombe alle stazioni? Lo stato si avvantaggerebbe se decidesse di mantenere per qualche annetto queste poche (decine di) migliaia di manigoldi. Intanto dovrebbe manteneresolo loro e non più le relative clientele, ville, panfili ... Noi ce ne staremmo buoni e tranquilli a scontarci le pene conferiteci dai vari pentili, e chiederemmo solo di non essere confusi con la marmaglia sopra citata. Se accettassimo le accuse che ci vengono rivolte, cosa saremmo in fin dei conti? Persone che hanno fatto di tutto per migliorare la società rischiando del proprio, e mica trafficanti di valute, riciclatori di soldi sporchi e accaparratori del massimo profitto. Se invece, come tutte le storie in Italia, anche queste ultime vicende finiranno a tarallucci e vino, allora che mollino anche noi! In fondo, almeno a sentire i pentiti, non abbiamo ammazzato nessuno, a differenza della P 2 che - ci è andata a/l'ingrosso. O almeno allarghino anche a noi il diritto di smentita. Qui tulle 'ste personalità smentiscono e nessuno gli fa un bel nieme. Noi smemimmo mesi fa e ancora ci troviamo in gauabuia, con qualche problema per la vitasentimentale. Se non va bene neanche questo, ci consentano di uscire su cauzione, trattamento finora riservato ai soli finanzieri; ma non vale; con tulli i mi/iard i che si ciucciano è come per noi pagare l'una tantum. Oppure ci facciano accedere alle lussuose cliniche dove i ricchi possidenti scontano le loro colpe. O infine ci processino in tempi brevi. Non pretendiamo per direttissima come il banchiere Calvi, ma almeno in pochi mesi. Sembra infalli che, più la materia è contorta e sconosciuta, più il giudizio possa essere rapido. Questo perché nel nostro caso i giudici ci continuano a dire che lutto è chiaro, tutto è conosciuto, ma del processo neanche l'ombra. E cosi ci stiamo beccando un vagone ('nu cuofane) di carcerazione prevellliva. Cari amici, qualche sventurato è qui detenuto per aver avuto lamalaccortezza di gridare in antichi cortei degli infausti slogan sulla P.38. Nulla di paragonabile a quanto messo in campo, e forse ottenuto, da chi per programma aveva: dàgli al popolo bue, arriva la P 2! San Vittore, 21-5-1981 Seguono firme. Volli sempre Volli Cara Alfabeta, vorrei essere meno comico di VÒ/li (sempre volli fortissimamente volli, il ragazzo ha qualcosa di a/fieresco) nei confronti delle ombre metropolitane (il refuso che le mette sulla stessa linea della scuola emerita e già proliferante de/I'allore, stilemec, è davvero una perla!), e intraprendere (con lo stesso stile suo) un assalto al terzo teatro (che per seminari su alluci e profondilà, su servizi sacri e ginnastica, si è talmente imbastardito da lasciare la nostalgia della vena filodrammatica di cui era possessore all'inizio, vero Pontedera?), ma non è questa l'occasione, né è questo il mio intendimento (emi si perdoni l'assaggio, la prima pietra l'ha lanciata il volli sempre volli). Qui voglio solo sottolineare l'astuzia con cui il ragazzo alfieresco si è impossessato di uno spazio di Alfabeta, mediante un cappello di svuotamento, da cui ha fatto uscire tante basse ( e non conosciute, mai visto costui a Roma) di lavoro nei confronti di una tendenza (di esperienze meglio) che per molti aspetti (filosofici e artistici, di comunicazione e informazione) si rifà al lavoro metodologico e espositivo di Alfabeta Bisogna allora chiedersi se il pieno, i/ perbenismo di cui Volli si fa portatore nell'analisi che compie del «terzo teatro» (per acculturazione e per professionalismo ), non possa oggi confrontarsi più lealmente e meno nevroticamente-con il vuoto, con il deserto ( e con tu/la la tematica che gli si accompagna) che sta alla base del lavoro non dico di ombre metropolitane (o della postavanguardia senza far saltare i nervi al nostro) ma di una generazione almeno (dal 77 ad oggi) di pratiche non soltanto artistiche (e comunque provviste di un'energia e di un contagio). Cosi si affaccia l'esigenza di una dirittura e di una liberalità che il Volli, stando a questo suo intervento (e su Scenaaddiritlura persistendo, fa la controfigura de/l'angelo sterminatore ridicolmente) non persegue né intende, armatosi apunto di una voglia insensata di fare il vuoto al/orno a sè (che sia il frutto di una troppa frequenza seminariale e di una eccessiva overdose universitaria?) li «terzo teatro» non può distruggere esperienze simili a ombre metropolitane, perché queste ultime, oltre a porsi .m un'ollica diversa (estetica-ideologica), lo voglia o no il Volli, appartengo110 ad una contemporaneità (non certamente quella otlusa bu11atalì dal suo odio ignorante) di pratiche extrateatrali per fortuna (ed extraartistiche). Naturalmente tale contemporaneità può servire da spunto per un altro allegro reportage del Volli, ma la ottusità (vera e profonda del suo sentire ed agirecritico ed umano) davvero non si presenta aumentata di tradizione, nè di moderno, è semplicemente di ordine costituzionale e (stando allesue toppe costanti) come tale va rispettata (ed atlribuitasoltanto a lui oggeuivamente). Giuseppe Bartolucci Roma. 8 giugno 1981 Fiori di carta Caro Omar, leggo sul numero di maggio di Alfabeta la recensione di A. Illuminati e F. Montuori dal titolo: Piranesi e il fluire del nuovo. Ti vorrei chiedere un po' di spazio,sul pezzo in questione. Sono liberissimi di leggere come meglio credono La sfera e il labirinto di M. Tafuri; ma perché cercano pezze d'appoggio in un mio breve intervento, Acuminate sono le spine del moderno, apparso su li manifesto, a11ribuendomicose che non ho mai dello? Tale è la sproporzione tra una ricerca così vasta come quella di Tafuri e il mio articolo, che mi sorge il sospello che Illuminati e Montuori, occupati a digerire le centinaia di pagine de La sfera e il labirinto, del mio scriuo si siano limitati a leggere i titoli di testa. Questa impressione mi è confermata da alcuni episodi che ti enumero, senza alcun spirito di polemica, ben inteso, perché non vi è proprio materia per polemizzare dato che non è certo il mio pezzo per li manifesto l'obie11ivodi Illuminati e Montuori. Comunque: a) che nel mio articolo vi sia «comprensione » per l'International Style mi risulta perlomeno sorprendente. Infa11inon ho usato tale espressione, databile I 932, per il semplice fallo che mi occupavo di problemi inerenti una diversa area culturale - Die Moderne, per intenderci, da Hermann Bahr, 1890, ecc. - e a un ben più remoto periodo storico. In altre sedi ho tentato di dimostrare l'assoluta precarietà di quella definizione, formulata da Hitchcock e Johnson in concomitanza della mostra del MOMA del '3/; b) forse non sono stato chiaro, ma da anni quanto vado scrivendo tenta proprio di criticare quell'ideologia della morte dell'arte e dell'archite//ura alla quale invece Piranesi e il fluire del nuovo in qualche modo si associa. Ho tentato anche a questo proposito a più riprese di dire esauamente il contrario, come Illuminati e Montuori possono leggerein alcuni miei lavori, anche nella speranza di una maggiore, reciproca comprensione. Ad esempio: l'ultimo capitolo di Architettura contemporanea (Electa, Milano 1979, anche se il libro è il risultato di un lavoro a due mani fauo proprio con M. Tafuri ...), Criticism and Design, Oppositions II 3, o l'imminente Abitare nel moderno, per i 1ipi di Feltrinelli; c) seppur «sbrigativamente», stando a Illuminati e Montuori, nel mio articolo dimostro di condividere alcuni «miti» consacrati del moderno, o del «Movimento Moderno». Da tempo parlo di «lontananza dal moderno» (cfr. Oppositions 122).Non ho personalmente nulla contro coloro che seriamente tentano di spiegare il nostro auuale appartenere a una condizione post-moderna, mentre trovo inaccettabile l'uso che di tale espressione viene fauo dalla vulgata architeuonica, quasi nel tentativo di sostituire a una categoria storica vuota, il vuoto di un nuovo «Movimento». Una spiegazione che spero possa interessareanche Illuminati e Montuori l'ho a!fidata ad Abitare nel moderno. Per il momen10 mi basta loro assicurare che se vi è un aspe/lo di die Moderne (nel senso di cui sopra) che ancora mi interessa studiare, questo è rappresentato da quelle (rare) esperienze intellettuali e progettuali che dimostra110 con quanta radicatadiffidenza quell'epoca lontana si sia accostataproprio a quei «miti» dei quali mi si auribuisce la difesa. Caro Omar, non voglio rubarti ulteriore spazio, anche perché, come mi pare si sia convenuto, avremo altre occassioni per intervenire con più calma su questi argomenti. Poi, dato che da Jiinger ho imparato quanto sia inutile ritagliaredallapropria vitae dal proprio lavoro fiori di carta con le forbici dei concetti, come continuare un dialogo con chi pare incline invece ad utilizzare la sciabola per «porre ordine» nel lavoro altrui? Un caro saluto. Francesco Dal Co Mi pare doveroso Cari amici, di ritorno da un lungo viaggio ali' estero, soltanto adesso arrivo ad accorgermi che, in calce al mio saggio Schmitt e l'arcano del potere (Alfabeta, 23), viene sì correuamente avvertito che trattasi del testo di una relazione presentata al convegno schmilliano svoltosi a Padova nei giorni 23-24 aprile 1980; ma non si fa menzione (nonostante la mia esplicita richiesta, prima telefonica,poi trasmessaper letteraa PierAldo Rovai/i) del fallo che la versione completa del testo era allora di imminente pubblicazione, nel volume degli al/i del convegno, presso la casa editrice Arsenale di Venezia. Mi pare oggi doveroso nei confronti de/l'editore, e utileper i leuori interessati a/l'argomento, informare - sia pure con qualche ritardo - che il volume (curato da G. Duso) è nel frauempo uscito con il titolo La politica oltre lo Stato: il problema Cari Schmitt. Cari saluti Giacomo Marramao Una buona caramella deve sciogliersi in bocca come un aforisma, e non c'è • 'I. p1u. NALTRACD Mensile di informazione e cultura dell'ARCI ~ Mensilea curadel Comitato RegionaleLega Cooperative dell'EmiliaRomagna Cooperazione. Tanti ne parlano a sproposito. Noi no! Abbonamemiper il I 981 11 numeri Lire 10.00Ò Inviareassegnoo vagliapostalea: ComitatoRegionaleLega Cooperative ViaAldo Moro, 16 • 40121 Bologna mensile dì • cinema teatro • musica ogni fine mese in edicola ---&a---'-U.Ll41_, .naranama_nca_ SU •-EUCMIMl........,.A .... nuova serie autaut 182-183 Marzo-Giugno 1981 FIGURE DELLA DIFFERENZA PREZZO - Eterno ritorno ed eterno femminino; DAL LAGO - La cucina del diavolo di Enzensberger; COMOLLI - Il sapere precario di Proust; VIRILIO - Dal diritto alla strada al diritto allo Stato; LYOTARD, DUBOST - Edipo o Don Giovanni; BAHR - Lo scambio e la microfisica dei destini; FERRARIS - Nichilismo e differenza; BENVENUTO - Sul primo Lacan; TROMBETTA - Umanizzazione della santità; GOZZI - Rivoluzione e identità; FUSI - Sulla situazione polacca; OZDOWSKI - L'impresa industriale in Polonia; FEHER - Un modello «socialista»
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