Luigi Malerba La scoperta dell'alfabeto Milano, Bompiani, 1963 pp. 192, lire 2000 D Serpente Milano, Bompiani, 1966 pp. 224, lire 1500 Salto Mortale Milano, Bompiani, 1968 • pp. 240, lire 1400 D Protagonista Milano, Bompiani, 1973 pp. 194, lire 3000 Le Rose Imperiali Milano, Bompiani, 1974 pp. 128, lire 2000 Le Parole Abbandonate. Un repertorio dialettale emiliano Milano, Bompiani, 1977 pp. 144, lire 3500 Storiette Torino, Einaudi, 1978 pp. 92, lire 3500 D Pataffio Milano, Bompiani, 1978 pp. 224, lire 5000 Dopo il Pescecane Milano, Bompiani, 1979 pp. 128, lire 5000 Le Galline Pensierose Torino, Einaudi, 1980 pp. 102, lire 3500 Diario di nn Sognatore Torino, Einaudi, 1981 pp. 137, lire 8000 L. Malerba, T. Guerra Storie dell'Anno Mille Milano, Bompiani, 1977 pp. 248, lire 3200 Donald Barthelme Unspeakable Practices, Unnatural Acts Farrar, Straus & Giroux, 1968 I personaggi di Malerba si eliminano come gli omini di Saul Steinberg i quali inventano se stessi con un tratto di penna e cancellano se stessi con un frego della stessa penna. Nel Serpente tutti gli attori vengono sistematicamente fatti fuori. C'è una moglie, ma «ho mentito quando ho detto di essere sposato» (p. 91); c'è una amante, Miriam, ma «poi è arrivato Baldasseroni a dire che tu esistevi soltanto nella mia mente» (p. 203); c'è il ganzo irsuto dell'amante immaginaria,ma «quel tipo peloso non era mai esistito, me lo ero inventato io... :o (p. 133). Quando i personaggi non spariscono nell'inesistenza, spariscono nella molteplicità dei nomi, come la donna Rosa/ Rosaria/ Rosetta/ Rosalma/ Rossella/ Rosmunda/ Rosalia/ Roseida ecc. in Salto Mortale, sempre una e sempre diversa; e la coppia Elisabetta/ Isabetta nel Protagonista che potrebbero essere gemelle o essere due volte lo stesso personaggio. In Salto Mortale abbiamo poi Giuseppe detto Giuseppe, che è uno e molti. duplicato nel nome, moltiplicato nella funzione. Cambiano i nomi oppure rimangono gli stessi, ma poco conta perché forse «tutti gli uomini si assomigliano,. (Salto Mortale, p. 153). Questo è il dubbio radicale che assilla lo scrittore, o che assilla la maschera che lo scrittore adotta nei suoi romanzi. È lo stesso dubbio che ritorna spesso nelle opere di uno dei maggiori romanzieri americani contemporanei, Donald Barthelme («in bed regarding Alice's stomach it will be a handsome one I'm sure but will it not also resemble some others?:. nella storia dal titolo Alice). È il pensiero più angoscioso che possa attraversare la mente, questo totale Malerba livellamento dell'altimetria umana e sentimentale. Tutti uguali: con differenze effimere e irrilevanti. Se andiamo in Cina, i cinesi ci sembrano tutti identici (cosi come noi sembreremo uguali ai cinesi) ed è questo che cispaventa laggiù. Ma noi; per noi, siamo diversi, alti o bassi, furbi o stupidi. grassi o magri, belli o brutti. E invece no, forse noi siamo cinesi per noi stessi. uguali anatomicamente emozionalmente esteticamente sentimentalmente intellettualmente. Le divergenze sono dei graffi che poco contano, come il taglietto al dito, fatto per non confondersi con gli altri nella nebbia (Serpente, p. 116), meschino tratto distintivo per un essere umano. Cosl finisce anche la scrittura. Lo scrittore ha sempre teso a valorizzare la diversità. Farinata è diverso da Ulisse è diverso da Mastro Adamo è diverso da Forese Donati è diverso da San Bonaventura. Ma una nuova disperata saggezza appiattisce le varianti fisiologiche e psicologiche: annulla le differenze, accentua le somiglianze. Andy Warhol affermava in tempi andati che lui desiderava essere un robot: desiderio esaudito. Noi siamo come aeroplani: è lo scherzo (ma non troppo) di Guido Almansi Mauia Pre1i piacere» sessanta volte ( 1), ma la memoria è restia a fare distinzioni solo in base ad idioletti, e presto tutto si confonde nel caos della stessità in cui vivono solo dei Giuseppe detto Giuseppe. La iterazione «Giuseppe detto Giuseppe» e la sua moltiplicazione non fra emozione ed espressione; la contraddizione fra conscio e inconscio; la duplicità di Dr. Jekyll e la duplicità di \'1r. Hyde; la consistenza illusoria delle opposizioni natura/cultura, realtà/ .irtificio, sincerità/finzione: tutto questo è talmente acquisito nei parametri mentali di Malerba che lo scrittore non ha nemmeno bisogno di parlarne. « Devo guidarmi come si guida un automobile» dice il protagonista del Ser11ente (p. 97), con una definizione ful111 inante che potrebbe essere adottata come metafora centrale da tutto il pirandel-lacanismo del ventesimo secolo. I sogni, invece, li si guida «non come si guida una automobile o una bicicletta, ma come si guida una barca che sbanda sempre un po' e non riesce a fare le curve strette» (Serpente, p. 114). Ed è sulla base di questa frase che bisognerebbe leggere il recentissimo Diariodi un sognatore. I sogni del filatelico del Serpente, i sogni di Malerba sognatore e i sogni di Malerba scrittore sono sempre pilotati (il verbo «pilotare» è citato nel prologo del Diario di un sognatore, p. 8). TIproblema della buona fede o della mala GiancarMloaiorino musiche da sotto da quando il suolo è cosparso di polvere bianca tappeti di spiaggia /ero ci delitti includenti denti dappertutto e ombre sotto gli occhi senza occhi l'immenso crepuscolo dura fu sempre così nmano da sotto musi che da sotto piene carceri e non di carcerieri l'immenso macroroseto perdura perdura il rampollo tiene spalle violanere more/late cragno san guinoso torso metà fu.ora metà dentre l'aria è un grande corpo strattonato la vibrano abitati vuoti, un ronzio di grida, urla stampate; insieme, è questo moto che la fa spostare; al centro, tira tirato un variopinto animale: un cucciolo composto di popolazioni stanche la luce di quel parto interminabile non è sgomento! è gioia che mi ricordi sempre con chi sono giunto sin qui Malerba. E dagli aeroplani avremo molto da imparare: prima di tutto l'arte del volo, che ancora ci manca (li Serpente) Non sono solo gli uomini ad assomigliarsi: anche gli animali sono tutti uguali, e «un cane assomiglia molto a un elefante» (Salto Mortale, p. 153). Tutte creature ... («creature di chi? ... Creature di chi? ... Creature di chi, per favore? ... » chiede aggressivo il filatelico del Serpente, p. 77). Giuseppe detto Giuseppe il commerciante è anche Giuseppe detto Giuseppe il demoscatore è anche Giuseppe detto Giuseppe il macellaio è anche Giuseppe detto Giuseppe il bagnino è anche Giuseppe detto Giuseppe il ragazzo: il principio di identità psicologica dell'io è minacciato da quest'orgia di assomiglianza universale. Ancora per un po' resiste la lingua dell'individuo, e Giuseppe detto Giuseppe il demoscatore può essere riconosciuto dal suo uso di «grazie tante» mentre Giuseppe detto __Giuseppe il commerciante dice «per rappresentano solo un'angoscia nominalistica ma anche una conseguenza del fatto che, gli uomini, non vale la pena di distinguerli. E allora, se è così, perché perdere il tempo con l'io, questo rudere sopravvissuto dalla preistoria della psicologia? «Invece di uno diventerò due», dice Giuseppe detto Giuseppe (p. 229); e perché non diventare centomila, come suggeriva Pirandello? Ma Pirandello è dopo tutto un rozzo propagandista della perdita dell'io; apre le persiane, spalanca la finestra, si affaccia al balcone e annuncia alla folla: guardate che l'io non esiste! Siamo tutti maschere nude. E lo dice con tale fervore e tale convinzione che riesce a dimostare a tutti che l'io di Luigi Pirandello esiste e come; anzi, è in piena attività, e ammirate quanto è bravo. Malerba, che ha superato da gran tempo la barriera dello psicologismo, dispone le sue insidie contro la pratica dell'io in maniera molto più sottile. Il discidium linguae et cordis; la frattura fede di Malerba scrittore che trascrive i sogni di Malerba sognatore è irrilevante perché i due sono indistinguibili. Non ho mai apprezzato la parabola del filosofo cinese che sognava di essere una farfalla, e si domandava se non fosse in realtà una farfalla che sognava di essere un filosofo. Malerba trasferisce materiale onirico nei suoi racconti e nei suoi romanzi (come afferma nel prologo, p. 13); il sogno trasferisce materiale letterario dentro di sé. Se poi il pilota sia l'io individuale o l'inconscio collettivo, questa è speculazione metafisica che non ci interessa. I sogni sono stilisticamente (e non psicologicamente) malerbiani: basta pensare a quello del 5-6 febbraio, in cui il sognatore immagina di essere pelato con la barba a pizzo: «Ma allora non sono io. Chi sono? Lenin?» O quello dell'll-12 febbraio in cui la distribuzione della posta è affidata alle correnti d'aria. Se l'autore è l'inconscio collettivo (Giove?); questi è stato abile nel mascherarsi da Anfitrione. Se l'autore è l'io individuale, si tratta chiaramente di un io in condizioni precarie. Infatti, nelle opere di Malerba, l'io è come un'auto usata di marca inferiore che perde colpi e «perd i tocch»: per questo bisogna controllarne di continuo le varie parti. «Guarda che il piede è mio». «Come fa a essere tuo il piede se la gamba è mia?» (Storie dell'Anno Mille, p. 13 (2)). «Certo che i piedi sono un disastro. Sarebbe meglio non averceli. - Giusto. Se uno non ha i piedi non ha nemmeno ilmal di piedi. - A me piacerebbe non avere la pancia così non avrei più fame. - E la schiena? A che cosa serve? Solo per avere ilmal di schiena. Anche quella sarebbe meglio non avercela. - Anche lo stomaco allora. - E i ginocchi? - A me sono i pensieri che disturbano. Penso troppo e poi mi viene il mal di testa. Mi piacerebbe non averci la testa. - Sarebbe beHonon averci niente» (ibid., p. 24). Millemosche è nominato braccio destro (in senso letterale, non metaforico) del capitano (ibid., p. 61). Ma anche il corpo intiero rischia di smarrirsi nel caos dell'indistinzione e dell'indeterminatezza; cosi, nella nebbia, come avevamo ricordato, meglio farsi un taglietto per essere sicuri di riconoscersi (Serpenle, p.116). Solo il sangue non mente. I sogni invece mentono sempre, perché è il loro mestiere, quello di mentire, anche se non è chiaro a quale livello di coscienzialità o di incoscienzialità malerbiana si trova il sacrario della menzogna. Abbiamo assistito alla fuga dei nomi variabili (Rosa/Rosaria/Rosetta ...) e dei nomi fissi (Giuseppe detto Giuseppe): ma non sono solo i nomi propri a subire queste minacce dell'instabilità e della molteplicità omonimica. Persino i nomi comuni, i sostantivi, perdono la loro capacità qualificatrice, o abbisognano dell'illusoria garanzia della tautologia per continuare a svolgere una funzione all'interno del linguaggio. Nelle Rose Imperiali c'è « un mago che credeva di essere un mago» (p. 54). L'asino si chiede «Forse mi hanno scambiato per un asino?» (Storielle, p. 15) mentre una gallina «sogna di essere una gallina» (Le galline pensierose, no. 64). Nel Serpente «... le automobili sfrecciavano via veloci come automobili» (p. 33): e guai a chi non avverte la crisi che sottende queste sconcertanti scoperte. Fuggono i fatti, gli avvenimenti, le cose, i nomi, le parole- e la tautologia è labile linea di resistenza. Fugge la sequenzialità delle parole che sopravvive solo in forma anarcoide, dove l'ordine più non conta: «Ma che razza de fiera de merda! Ma che merda de fiera de razza! Ma che fiera de razza de merda!»(// Pataffio, p. 67). Fugge l'alfabeto, in quanto la beta più non segue l'alfa nell'ordine delle cose e dei concetti: il ragazzo che insegna a leggere e a scrivere ali'Ambanelli può dimostrare l'esistenza della lettera «B» scrivendo la lettera «B», ma non può convincere il contadino che la «B» viene prima o dopo la «A» (La Scoperta del- /' Alfabeto, pp. 5-7) perché l'ordine non è più garantito da un potere superiore ma è scoperto di volta in volta (la scoperta, appunto, dt;ll'alfabeto) In un altro racconto, infatti, «si misero a ballare tutte le lettere dell'alfabeto» (ibid., p. 129) in un caos di suoni e di segni. Fugge la grammatica che cerca di ostacolare l'operazione della lettura con una sintassi sbilanciata e una punteggiatura o mancante o depistante (in particolare in Salto Mortale).
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