Alfabeta - anno III - n. 26/27 - lug.ago. 1981

e he nella medievistica romantica, prima, e poi positivista, del XIX secolo, e più precisamente nelle sue filologie, romanza, germanica e slava, vadano ricercate le radici storiche della semiologia, vale a dire di quella scienza che si propone come unico fine- per ripeterci con Saussure - lo studio dei segni appartenenti ai codici («langue») di comportamento linguistico, culturale, letterario, e così via,è proposizione che si è venuta precisando sempre più chiaramente in questi ultimi anni, soprattutto in Urss e in Italia. Già Propp nella sua morfologia o grammatica del codice fiabesco aveva riconosciuto esplicitamente ai due filologi di formazione romanza, Veselovskij e Bédier, il merito di aver gettato le fondamenta di quel ramo particolare della semiologia-oggi definito in Urss col nome di culturologia - che consiste nella descrizione dei codici di comportamento culturale e letterario. L'iniziativa mi era parsa ovvia, quando presi in esame il« motivo» della fanciulla perseguitata (1977). La recente edizione dell'Estetika slovesnogo tvori':estva di Bachtin ( l 979) ne costituisce ora la conferma più clamorosa, visto che anch'egli non nutre dubbi sulla liceità dell'accostamento di Veselovskij alla semilogia. Ecco dunque la linea del numero doppio 42-43, di Strumenti critici dedicato alla Cultura nella tradizione russa del XIX e XX secolo, dove si fanno conoscere per la prima volta, direttamente, testi di Veselovskij e di Potebnja, ed altri poco conosciuti, di Trubeckoj critico letterario, di Bachtin (qui edito) e del suo continuatore, Licharev, cui fa seguito una splendida recensione, garbatamente polemica, di Lotman e Uspenskij di Toporov, e, infine, su Kafka di Meletinskij. Questa scuola fa, sia pure indirettamente, giustizia sommaria tanto di non poca semiotica astrattamente geometrizzante, anche se spesso letta in chiave eversiva, elaborata negli ergasteria occidentali, quanto della componente marxista ufficiale, debitamente ignorata nei prodotti - quelli, ovviamente, genuini- dei due centri di Mosca e di Tanu, in nome di una tradizione che del pensiero tedesco ha accolto gli aspetti meno esposti a manipolazioni di tipo «asiatico». Ma quello che più conta sono la passione civile e l'amore per la propria terra, che dai fatidici anni sessanta e settanta del XIX secolo a tutt'oggi costituiscono il messaggio fondamentale dell'intellige11cija russa, in continua lotta con le forme sclerotiche - già studiate da Potebnja e poi da Bachtin - di una classe dirigente «dogmatica e autoritaria» (noi diremmo burocratica e reazionaria). L'eredità di W. von Humboldt non è andata persa e l'elaborazione concreta di modelli di comportamento positivi (e non solo negativi, nichilistici, come sostenuto da Michail Gasparov) rappresenta ancor oggi quanto di più vivo ci viene da quel lontano (eppure a noi così vicino) paese. Dico a noi, ma dovrei precisare a quanti di noi vivono in costante allarme per il propagarsi della peste burocratica e reazionaria. d'Arco Silvio Ava/le L a redazione del Novi mir (Mondo nuovo) si è rivolta a me per sapere come valuto lo stato degli studi letterari dei nostri giorni. Naturalmente, a questa domanda è difficile dare una risposta categoricae sicura. Nella valutazione del proprio tempo, del proprio presente si è sempre propensi a sbagliare (in un senso o in un altro). E di questo si deve tener conto. Cercherò tuttavia di rispondere. I nostri studi letterari dispongono di grandi possibilità: abbiamo molti studiosi di letteraturaseri e capaci, tra cui dei giovani, abbiamo alte tradizioni scientifiche, elaborate sia nel passato (Potebnja, Veselovskij), sia nel periodo sovietivo (Tynjanov, Tomafevskij, Eichenbaum, Gukovskij e altri) e abbiamo, naturalmente, anche le necessarie condizioni esterne per lo sviluppo di questi studi (istituti di ricerca, cattedre, finanziamenti, possibilità editoriali, ecc.). Ma, nonostante tutto ciò, i nostri studi letterari degli ultimi anni (praticamente, di quasi tutto l'ultimo decennio), cosl almeno mi sembra, in complesso non realizzano queste possibilità e non rispondono alle esigenze che abbiamo diritto di porre loro. Manca un'ardita impostazione dei problemi generali, mancano le scoperte di nuovi campi o di singoli fenomeni significarivinel mondo sconfinato della letteratura, manca un'autentica e sana lotta tra tendenze scientifiche e domina una certa paura del rischio della ricerca, la paura delle ipotesi. Gli studi letterari, in sostanza~costituiscono una disciplina ancora giovane, che non dispone di metodi elaborati e verificati con l'esperienza come quelli di cui dispongono le scienze naturali; perciò l'assenza della lotta delle tendenze e la paura delle ipotesi ardite portano inevitabilmente al predominio dei truismi e dei luoghi comuni, dei quali, purtroppo, non possiamo lamentare la mancanza. Questo è, a mio giudizio, il carattere generale degli studi letterari di oggi. Ma nessuna caratterisricagenerale riesce mai ad essere del tutto equa. Anche oggi, naturalmente, escono libri discreti e utili (soprattutto di storia e letteratura), si pubblicano articoli interessanti eprofondi e, infine, si registrano anche fenomeni di grande rilievo, ai quali la mia caratteristicagenerale non si estende in alcun modo. Mi riferisco a libri come Zapad i Vostok [Oriente e Occidente] di N. Konrad e Poètika drevnerusskoj literatury di D. Lichati!v e ai quattro fascicoli finora usciti dei« Trudy po znakovym stistemam» [Lavori sui sistemi segnicr] (un gruppo di giovani studiosi sotto la guida di Ju. M. Lotman). Si tratta di fenomeni recenti che rallegrano in sommo grado. Nel corso della nostra ulteriore conversazione forse tornerò a parlare di questi lavori. Se devo esporre la mia opinione sui compiti che in primo luogo si pongono aglistudi letterari, qui mi soffermerò appena su due compiti legari soltanto alla storia della letteratura delle età passate, e ne tratterò nella forma più generale. Lascerò da parte, invece, i problemi propri dello studio della letteratura contemporanea e della critica letteraria, benché proprio in questo settore ci sia un maggior numero di compiti importanti e urgenti da assolvere. I due compiti dei quali vorrei parlare sono stati de me scelti perché a mio giudizio sono attualissimi e già è cominciata una loro fruttuosa trattazione, che deve essere continuata. Prima di tutto gli studi letterari devo110stabilire u11più stretto legame co11la storia della cultura. La letteratura è parte insci11dibile della cultura e non può essere capita fuori del contesto totale di tutta la cultura di una data epoca. È inammissibile che la si stacchi dalla restante cultura e che, come spesso si fa, la si metta direttamellle i11 rapporto coi fattori economico-sociali, scavalcando, per così dire, la cultura. Questi fattori agisco110sulla cultura nel suo complesso e solta11toattraverso di essa e insieme co11essa sulla letteratura. Nel nostro paese nel corso di un periodo piuttosto lungo si è rivolto particolare attenzione ai problemi dello specifico della letteratura. A suo tempo ciò era forse utile e necessario. Va detto che un angusto senso della specificità del fenomeno letterario è estraneo allemigliori tradizioni della nostra scienza. Si ricordino gli amplissimi orizzorti culturali delle ricerche di Potebnja e, in particolare, di Veselovskij. Quando ci si abbandonava al gusto de~eccessiva specificazione, si trascuravano i problemi del legame e della dipendenza reciproca dei diversi campi della cultura, spesso si dimenticava che i confini di questi campi non sono assoluti e che nelle varie epoche essi erano tracciati in diverso modo, 1101s1i teneva conto del fatto che la vitapiù inrensae produttiva della cultura si svolge proprio ai confi11idei suoi singoli campi, e non dove e non quando questi campi si chiudono nella propria specificità. Nei nostri lavori storico-letterari di solito si da1111l0e caratterisrichedelle epoche alle quali apparte11gono i fe110meni letterari studiati, ma queste caratteristiche per lo più non si distinguono affatto da quelle date 11ellastoria ge11erale sono prive di u11'a11alisdiifferenziata dei campi culturali e della loro interazione con la letteratura. E neppure la metodologia di queste analisi è stata ancora elaborata. Allora il cosiddetto processo letterario di un'epoca, studiato senza un'a11alisiprofonda della cultura, si riduce alla lotta superficiale delle tendenze letterarieeper l'età moderna (soprattutto per il XIX secolo) si riduce, in sostanza, al chiasso delle rivisree dei giornali, che 1101h1anno esercitato un i11f/ussoessenziale sulla gra11dee autelllica letteratura dell'epoca. Le profonde, possenti corPerugino renti della cultura (soprattutto quelle basse, popolari), le quali determinano effettivamente la creazione degli scrittori, non vengono portate alla luce, e a volte restano del tulio ignote agli studiosi. Quando cosl si affrontano le cose, è impossibile penetrare nella profondità delle grandi opere e la stessa leueratura comincia a sem- ' brare un'occupazione meschina e poco seria. Il compito di cui sto parlando, e i problemi ad esso collegati (il problema dei confini di un'epoca come unità culturale, il problema della tipologia delle culture, ecc.) si sono posti con grande acutezza durante la discussione sulla leueratura barocca nei paesi slavi e in panico/are nella discussione ancora in corso sul Rinascimento e l'umanesimo nei paesi orientali; qui con panico/are evidenza si è manifestata la necessità di uno studio più approfondito del legame indossolubile che lega la letteratura alla cultura di un'epoca. I notevoli lavori teorico-letterari recenti che sopra ho ricordato - di Konrad, di Lichati!v, di Lotman e dellasua scuola-, pur con tulla la differenza della loro metodologia, non staccano la letteratura dalla cultura e cercano di inrendere i fe11omeni/euerari nella differenziata unità di tutta la cultura di un'epoca. Si deve qui rilevare che la lerreraturaè un fenomeno troppo complesso e multilaterale e gli studi letterari sono ancora troppo giovani perché si possa parlare di un solo metodo «salvatore» in questo campo di studi. Sono giustificati e persino assolutamente necessari diversi modi di vedere e di trauarele cose, purché essi siano seri e scoprano qualcosa di nuovo nel fenomeno letterario studiato, aiutandone una più profonda comprensione. Se non si può s111diarlea leueratura al di fuori di tuua la cultura di un'epoca, ancora più pernicioso è chiudere un fenomeno leuerario nella sola epoca della sua creazione, cioè ne~'epoca che le è contemporanea. Di solito noi cerchiamo di spiegare uno scrittore e le sue opere proprio i11base al suo preseme e al suo immediato passato (di solito nell'ambito dell'epoca come noi la intendiamo). Abbiamo paura di al/omanarci troppo nel tempo dal fenomeno studiato. E invece l'opera affonda le sue radici nel /omano passato. Le grandi opere letterarieso110state preparate dai secoli e 11ell'epocadella loro creazione non si fa che cogliere i frutti maturi di un lungo e complesso processo di marurazione. Se cerchiamo di capire e spiegare un'opera soltanro partendo dalle condizioni della sua epoca, soltanto dalle condizioni del suo tempo immediato, non penetreremo mai 11elleprofondità dei suoi significati. Se ci si chiude demro un'epoca, anche la vitafutura de~'opera nei secoli successivi riesce incomprensibile e sembra un paradosso. Le opere spezzano le frontiere del loro tempo e vivono nei secoli, cioè nel tempo grande, e spe.sso (e le grandi opere sempre) di una vita più intensa e piena che nell'età loro comemporanea. Per dirla con una certa semplificazione e schematicirà:se il significaro di un'opera viene ridouo, ad esempio, alla sua funzione nella lotta contro la servitù della gleba (nella scuola media si fa così), quest'opera deve perdere totalmente il suo significato, quando la servitù della gleba e i suoi re.sidui escono dalla scena, mentre l'opera spesso aumenta addirittura il suo significato, cioè entra nel tempo grande. Mal' opera non può vivere nei secoli futuri, se non ha assorbito in sé in qualche modo anche i secoli passati. Se essa nascesse interamente oggi (cioè nel suo pre.sente),se non continuasse il passato e non fosse ad esso legarain modo essenziale, essa non porrebbe vivere neppure nel futuro. Tutto ciò che appartiene al presente soltanto, muore con esso. La vita dellegrandi opere nei secoli fururi, da essi lontane, sembra, come ho già detto, un paradosso. Nel corso della loro vita postuma esse si arricchiscono di nuovi significati, di nuovi sensi e, per così dire, sorpassano quello che erano all'epoca della loro creazione. Possiamo dire che né Shakespeare, né i suoi contemporanei conoscevano il «grande Shakespeare» che noi adesso conosciamo. Comprimere ne~'età elisabeuiana il nostro Shakespeare è assolutamente

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==