Postmoderno/Moderno (3) Lyotardle, legitti-n,~Jiopnoi stmoderne J.F. Ly_otard La condizione postmoderna Milano, Feltrinelli, 1981 pp. 142, lire 4.000 11 tema di La condizione. pos1moder11a di Lyotard è la crisi dei meccanismi di legittimazione che, nell'età moderna, presiedevano alla socializzazione del sapere scientifico. Con l'informatizzazione del sapere che caratterizza la società contemporanea (adozione di sistemi di comunicazione sempre più sofisticati; computerizzazione delle conoscenze, ecc.), si assiste infatti, a una profonda mutazione del concetto e delle finalità del conoscere. Da una parte, il sapere diviene un bene primario allo stesso titolo che l'energia o le materie prime (del resto, fornisce il know-how necessario per l'uso dell'una e delle altre). Dall'altra, entrando nel mercato, esso si equipara a ogni altra merce, perde ogni valore d'uso individuale (formazione del soggetto, trasformazione critica della coscienza: i caratteri che lo definiscono nell'età moderna, nel 'progetto dell'illuminismo') e diviene un puro valore di scambio. Le conoscenze teoriche circolano allo stesso modo, e secondo gli stessi ritmi, delle merci e delle monete; sono valutate in base alla loro performatività, cioè alla loro resa; e si trasformano in materia di conflitto tra gli stati e tra le istituzioni. Intendere il sapere come valore d'uso era sicuramente un modo di socializzare la conoscenza scientifica; era un meccanismo di legittimazione valido per il 'progetto moderno'. Nell'epoca della sua trasformazione in valore di cambio, però, il sapere deve ricorrere ad altri dispositivi. Ma come avviene, in generale, la legittimazione del sapere scientifico? Lyotard avanza una ipotesi: la scienza non si legittima mai di per se stessa, ma sempre per opera di un altro tipo di sapere, quello narralivo . Una modalità discorsiva che designa ciò che i Greci chiamavano doxa, l'opinione, la circolazione sociale delle credenze e delle consuetudini, opponendola alla epis1e111e, la vera scienza. Un sapere molto aleatorio, ma di fatto importantissimo, che comprende il «saper fare», il «saper vivere», il «saper ascoltare» - cioè il costume, le leggi, le abitudini. E, come il sapere scientifico si riferisce al campo della verità, quello narrativo definisce le sfere dell'efficienza, della giustizia, della bellezza: ossia gli ambiti sociali che presiedono alla circolazione e alla socializzazione dei dati scientifici. Poco rigoroso, estremamente aleatorio, il sapere narrativo è però molto più autonomo di quello scientifico. Quest'ultimo, infatti, richiede l'isolamento, all'interno dei vari tipi di enunciati che circolano nel sociale, di un solo gioco di linguaggio, quellodenotaIivo (la corrispondenza della descrizione al suo oggetto); e non ha alcun valore in quanto enunciato autonomo, ma ricava la propria validità esclusivamente dal suo essere conforme alla situazione descritta (per cui, inoltre, può venire sempre invalidato, qualora tale situazione mutasse; o si dimostrasseche la descrizionenon è conforme all'oggetto). Molto diversamente vanno le cose per il sapere narrativo. In primo luogo, le conoscenze che esso trasmette sono immediatamente utili e socializzabili (le buone maniere a tavola o le credenze religiose sono immesse nel sociale senza alcun obbligo 'denotativo'). In secondo luogo, le narrazioni possono avvalersi di più giochi linguistici: di quello denotativo, come avviene per il sapere scientifico; ma anche di quello deontico (o prescrittivo: come comportarsi a tavola, appunto), di quello interrogativo, e cosi via. Poi, il sapere narrativo stabilisce immediatamente una continuità con il sociale e la 1radùio (leggende, consuetudini, leggi, ecc.). Infine, e questo è il suo vantaggio decisivo rispetto al sapere scientifico, il saperè narrativo non ha alcun bisogno di una legittimazione: esso è ciò che fonda il sociale, costituisce la trama della nostra esperienza, definisce gli orizzonti pragmatici del mondo in cui ci muoviamo. La natura del sapere narrativo e di quello scientifico è dunque tale che, se quest'ultimo non può esistere e circolare senza il primo, il primo è assolutamente autonomo. Questo rapporto di legittimazione dello scientifico da parte del narrativo scrive Lyotard, è sempre esistito: nell'antichità, come nella modernità, conie nell"era postmoderna' (un esempio banale è quello dei dialoghi platonici, nei quàli l'episieme, la sua ricerca e la sua trasmissione, viene legittimata dalla forma dialogica dell'esposizione); ciò che muta, invece, è la forma, e il contenuto, del 'racconto legittimante'. Cosl, nell'era moderna si affermano, due grandi racconti, due metadiscorsi che Lyotard definisce rispettivamente come racco1110del/'emancipazio11e e raccomo della speculazione. li primo, è politico, e risponde al criterio della giustizia. È il discorso illuministico, per cui il sapere scientifico è legittimo se favorisce l'emancipazione della società civile. Accanto ad esso, la modernità ha prodotto un secondo racconto, quello teorico-filosofico della speculazione, che nasce con l'Idealismo. Per il racconto idealistico, il sapere scientifico è legittimo in quanto non ha alcuna finalità determinata (ivi compresa quella politicoemancipativa); ma acquisisce senso perché costituisceun momentodello spirito speculativo. Vale a dire che il sapere assoluto, speculativo, dotato di una finalità intrinseca (la teleologia dello spirito) legittima le acquisizioni empiriche e positive della scienza e della tecnica. Q uesti due discorsi, che costituiscono il nocciolo del «progetto moderno» secondo Lyotard, vengono a cadere con l'avvento del postmoderno. Divenendo puro valore di scambio, infatti, il sapere non si presta più alla finalità emancipatoria, di formazione del soggetto e della società come insieme armonico; favorisce anzi, lo si è visto, una situazione estremamente conflittuale volta all'acquisizione puramente quantitativa di dati: cade il progetto illuministico. Ma cade anche quello idealistico, dal momento che è arduo sussumere una quantità frammentaria di dati eterogenei entro un unico discorso speculativo. Simili considerazioni, però, sono solo in parte vere: valgono solo di fatto; non bastano né a descrivere, né a giustificare il fallimento del progetto moderno. Ciò che viene a definire la legittimità storica del postmoderno, o quantomeno dell'obsolescenza del moderno, è l'analisi dell'autocontradditorietà dei due racconti moderni, che Lyotard rileva sin dal loro sorgere: i germi della decomposizione del progetto moderno incubavano già, scrive Lyotard, nel cuore stesso del racconto emancipativo e di quello speculativo; e la loro dissoluzione era dunque intrinsecamente inevitabile. Infatti, in primo luogo, la legittimazione speculativa del sapere scientifico era, dai"suo sorgere, altamente precaria. Essa si basava sulla negazione della scienza, la quale era legittimata dal metadiscorso speculativo nell'atto stesso in cui la speculazione negava i contenuti empirici del sapere scientifico: la scienza era legittimata nelle sue acquisizioni positive precisamente da un discorso che si dichiarava superiore in quanto assoluto, cioè non implicato nelle conoscenze empiriche. Ma il principio per cui il racconto speculativo poteva legittimare e insieme negare i contenuti empirici del sapere scientifico, si sarebbe alla lunga rivelato nocivo per la legittimità stessa del discorso idealistico. La speculazione muoveva infatti dall'assunto per cui esiste un fine (la vita dello Spirito), che fondl! il procederedell'idea.Manonappenacome farà Nietzsche - si sottoporrà il racconto speculativo alla prova di verità scientifica (esiste una vita dello spirito?), tutto l'edificio teorico dell'Idealismo verrà meno. In questa prospettiva, che risponde a un interrogativo di diritto, e non a una costatazione di fatto, la crisi delle scienze europee e la loro progressiva delegittimazione non dipende dalla proliferazione delle conoscenze empiriche, che non sono più sussumibili entro il discorso speculativo: ma dall'auto-delegittimazione della speculazione stessa, la quale rivolge contro di sé i criteri di prova utilizzati dal sapere scientifico. Finisce in tal modo un primo discorso del 'progetto moderno'; si esaurisce l'ideale di un progresso dello spirito che garantisca a un livello ulteriore le acquisizioni della scienza, la quale diviene una pura trasmissione e collazione di dati. Ma si esaurisce anche la legittimazione illuministica del sapere come progresso civile. Anche in questo caso, i germi della dissoluzione erano presenti nella assiomatica del «progetto illuministico» il quale, nella sua stessa genesi, supponeva che il sapere scientifico (somma di enunciati con valore denotativo ), fosse legittimato da un discorso politico (comma di enunciati pragmatici con valore prescrittivo). Ma, scrive Lyotard, avvalendosi di quelle tesi che Habermas qualifica come neo-conservatrici, tra il gioco linguistico del moral-pratico, quello dell'estetico-espressivo, e quello del teoretico-conoscitivo, non c'è comunicazione. E questa non è una convinzione recente, successiva al tramonto dell'Illuminismo: già Kant, all'inizio del «progetto illuministico», aveva dichiarato la fondamentale separazione di diritto tra ragion pura, ragion pratica e giudizio estetico. Cadono i due grandi metadiscorsi della modernità; più radicalmente, sostiene Lyotard, cade la possibilità stessa di un qualsiasi me1adiscorso legiuimante. Il problema è allora riconoscere quali siano i nuovi meccanismi di legittimazione, da parte del sapere narrativo, della scienza informatizzata. Secondo Lyotard, con l'avvento del postmoderno (che egli situa, almeno per l'Europa, all'inizio degli anni cinquanta), il sapere scientifico, privato del racconto dell'emancipazione e di quello della speculazione, si legittima esclusivamentein base alla sua performatività, cioè alla sua utilità. Una legittimazione che non è meno legata al sapere narrativo di quanto non lo fossero imetadiscorsi dell'llluminismo e dell'Idealismo (e delle loro varianti, come il discorso del capitale o quello del marxismo). Ma che, a differenza di essi, non è unitario: non esiste più un racconto omogeneo e totalizzante, un metalinguaggio coerente che legittimi la pratica scientifica; si assiste piuttosto a una serie di legittimazioni locali, dunque estremamente parcellizzate e eterogenee, che non fanno appello ai metadiscorsi del Capitale ('arricchitevi'), dell'Illuminismo ('liberatevi'), ecc. - ma ti propongono come immediatamente (localmente e momentaneamente «performativi», cioè utili. A zzeramento di ogni criterio di legittimazione anteriore o ulteriore alla semplice performatività e alla potenza tecnica. Si tratta, allora, di riconoscere delle regole immanenti ai giochi del sapere scientifico, che garantiscano criteri di giustizia nella circolazione del sapere senza -accedere a una dimensione metadiscorsiva che risulterebbe ineffettuale e ideologica. Lyotard esamina preliminarmente i criteri legittimanti proposti da Habermas e da Luhamnn; e rileva che in entrambi i casi ci si trova di fronte a due metadiscorsi impliciti. Il sistema di Habermas, infatti, è una metamorfosi del racconto emancipativo: propone l'ideale di una comunità della comunicazione la quale, attraverso il dialogo delle sue singole componenti (teoriche, pratiche, artistiche), pervenga a una traspar~nza comunicativa che garantisca il progresso civile. Ma, secondo Lyotard, questo genere di legittimazione presenta due limiti: in primo luogo, esso suppone che la comunità della comunicazione possa accordarsi su regole universalmente valide,. contrastando così con il carattere frammentario della scienza postmodern_a. In secondo luogo, presume che la finalità del dialogo sia il consenso, il quale (sempre a causa della frammerrtazione dei linguaggi) è la semplice condizione di possibilità del dialogo stesso - che viceversa ha per scopo l'invenzione di nuove regole, di nuovi 'colpi' di linguaggio che mutino il procedere della ricerca scientifica. Sopravvivenza del progetto illuministico in Habermas; ad essa corrisponde una reviviscenza del progetto idealistico in Luhmann, che mantiene l'ideale di una totalità sistemica dei giochi, come orizzonte legittimante che circondi le singole acquisizioni del sapere scientifico. La soluzione proposta da Lyotard consiste invece nella ricerca di una giustizia informatica che non sia legata alla nozione di consenso come discorso totalizzante. Il grado zero di questa giustizia è una proposta pratica: l'accesso di tutti i soggetti alle banche dei dati, ai terminali dei computers; condizione preliminare del consenso, il quale a sua volta non è un fine, ma un mezzo. La finalità della legittimazione postmoderna è invece piuttosto un dissenso, cioè una adesione momentanea alle regole del gioco del sapere, adesione sempre pronta a riformularsi in termini più 'performativi'. Quindi, non si danno prescrizioni generali (tranne il libero accesso ai dati); ma semplicemente delle indicazioni di gioco, sempre locali. Il che viene a creare un isomorfismo tra le condizioni della ricerca scientifica postmoderna, che verte sulla conoscenza differenziata dell'individuale, e le condizioni del legame sociale contemporaneo, che ha abbandonato le strutture generali 'forti' (contratti lavorativi, politici e affettivi universali e a lungo termine), per ripiegare su contratti individuali e transitori. Ma, ancora una volta, questo isomorfismo non è un fine, bensì la semplice condizione di un gioco che va condotto di volta in volta, con regole che cambiano costantemente.
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