Alfabeta - anno III - n. 24 - maggio 1981

Casa Bianca, dichiarando: «Costituzionalmente, vi sono nell'ordine il presidente, il vicepresidente e il segretario di Stato. Perciò, per il momento, io assumo il controllo(/ am in charge)•. La dichiarazione ha suscitato una clamorosa polemica in tutto il mondo. /I Manifesto ha definito «paragolpista:o l'atteggiamento di Haig. Se infatti il vicepresidente Bush si trovava in Texas e solo verso le 19 giungeva alla Casa Bianca, tuttavia il segretario di Stato è solo al quinto posto nella linea di successione al Presidente, dopo il presidente della Camera e del Senato. Haig ha quindi agito violando il dispositivo istituzionale, «assumendo il controllo• in tutta la fase più delicata della crisi, mentre Reagan versava in gravi condizioni. La Stampa del 2 aprile, sotto il titolo Haig decise l'emergenza mentre Reagan era grave, scrive: «Su che cosa esattamente accadde nella siluation room tra le 14,35 quando vi fece ingresso Haig, 5 minuti solo dopo l'attentato, e le 19,05 quando vi arrivò Bush, fervono in America le polemi'- che più aspre. Lo stanzone che serve da quartier generale nelle crisi e nelle guerre, è situato nei sotterranei della Casa Bianca. È certo che il segretario di Stato convocò l'intero gabinetto, il cui voto è necessario per togliere i poteri al Presidente in caso di incapacità e per conferirli al vicepresidente. Pare che Haig e il ministro della Difesa Weinberger si siano scontrati su questi e su altri punti•. Non manca chi. proprio in base all'ipotesi di un complotto ispirato dall'Urss. sullo sfondo della crisi polacca, difende l'operato di Haig come una reazione tempestiva e necessaria. Nell'articolo già citato, La Stampa scrive: cl servizi segreti hanno temuto un complotto, nella maggioranza di ispirazione cubana ... il generale Haig, che aveva assunto il comando della situazione, ha fatto pervenire al Cremlino l'avvertimento 'che non tentasse avventure' e si è sincerato che fossero 'operativi' i piani per una rappresaglia atomica ad un attacco». Pierini, nel già citato articolo del Giorno, scrive: «Il Segretario di Stato, secondo alcune interpretazioni sofisticate che si fanno a Washington, potrebbe aver agito così non tanto perché preso dal panico o dall'ambizione, ma perché era a conoscenza di segreti che la sua carica di responsabile della politica estera gli permettono di sapere ... Intanto è soltanto possibile mettere in conto anche l'ipotesi che il Segretario di Stato abbia in qualche modo collegato i colpi contro Reagan a uno scenario di sua conoscenza che giustifica il sospetto di una congiura. Fino a dove estesa, fino a quanto profonda è impossibile dire». Sia sostenibile o no la tesi del complotto. quando è accaduto al vertice «O paradigma della follia» Reagan sta meglio ed è già al lavoro/ essun complotto, ha sparato un folle (titolo di testa della Stampa de/• aprile) Un vagabondo col mito di Hitler (titolo della terza pagina di Repubblica del I° aprile) «Eppure l'allentato di un giovane senza fissa dimora e senza scopo nella vila ha già fallo storia 'istantanea' e l'America cerca una risposta al suo perché. E la risposta non può non avere a che fare con l'incredibile abbondanza e disponibilità degli strumenti di morte, e specificatamente delle armi da fuoco a basso costo il cui numero nessuno conosc.e» (La form delle anni, di Marino De Medici, Il Tempo del 2 aprile). « Non c'è bisogno di essere un nazista o un fascista per avere una pistola in America ... Qualsiasi giovano/lo male intenzionato e preso da una malsana dello Stato americano subito dopo l'attentato fa intravvedere uno scenario agghiacciante di intrigo e di lotta di potere. Lo stesso percorso compiuto dal colonnello Murati con la sua valigetta. chiamata familiarmente footbai/, rimane un aspetto poco chiaro e terrorizzante: la valigetta, che segue sempre il Presidente, contiene infatti il congegno con le istruzioni in codice per dare il via al dispositivo strategico nucleare Usa. Secondo alcune fonti, i collaboratori di Reagan avrebbero intercettato il colonnello Murati che, dopo l'attentato, si era diretto verso la Casa Bianca dove si trovava Haig, convincendolo ad andare nell'ospedale dove Reagan era stato ricoverato. La successione degli avvenimenti, e soprattutto, il suo sfondo politico rimangono avvolti nella nebbia. Trascorsi i primi giorni, con il miglioramento delle condizioni di Reagan, la stampa italiana ed internazionale ha dimenticato. I dubbi restano dubbi. né forma della febbre del sabato sera può comprarsi per pochi dollari (diciamo: trenta) una 'saturday night special', una di quelle pistole rudimentali ma non per questo meno minacciose che servono al rapinatore occasionale per il colpo del week-end ... Ecco una delle contraddizioni in cui la cultura di destra si va ad impigliare fatalmente. Essa professa la teoria dello 'Stato minimo', ma il minimo che qualunque stato deve fare ... è assolvere alla sua funzione di 'guardiano nollurno' proteggendo i cittadini e pagando le spese corrispondenti allraverso il prelievo fiscale. Se que-. sto non accade si capisce che i ci/ladini si sentano legittimati a·farsi ingiustizia da sè. A sparare addosso ai ladri. A spararsi addosso fra loro. E qualche volta, persino, a sparar addosso al presidente» {Stelle strisce e tante pistole, di Beniamino Placido; La Repubblica del 1° aprile). è possibile risolverli in alcun modo. In questo vuoto. la versione ufficiale del gesto isolato di unn folle e lo sforzo della Casa Bianca di coprire i paurosi contrasti in seno all'apparato statale rimangono a dominare il campo. Follia e cospirazione In un articolo di fondo de La Repubblica, Rodolfo Brancoli ha scritto che almeno per una parte degli americani la presidenza Reagan aveva assunto anche il significato di una rinnovata fiducia nella possibilità di controllare razionalmente il corso degli avvenimenti; l'attentato che per puro caso non ha cancellato Reagan dal corso storico avrebbe perciò rigettato molti in uno stato di totale disorientamento, di sfiducia nella comprensibilità di uno scenario irrazionale e dominato dal caso. La tesi della «vena di follia» che percorrerebbe la storia americana provocando una moria di presidenti e di candidati alla presidenza rafforza lo « Forse è stato l'amore disilluso ad armare lamano di John Hinckley .. Nella stanza del Park Center Hotel di Washington dove John aveva preso alloggio per prepararsi al/'a11entato è stata trovata una le/lera, non imbucata e indirizzata a Jodie Forest. 'Ho ucciso il presidente -scrive John Hinckley -perché non mi ami'. Secondo un'altra versione, invece, la frase suonerebbe diversa: 'Se non mi ami io uccido il Presidente'» («Se non mi ami io uccido il Presidente» scrisse a Jodie Foster di «Taxi 'Driver», di Leonardo Vergani, Corriere della Sera del 2 aprile). Hiocley voleva uccidere il Presidente per far colpo sull'attrice Jodie Foster (titolo di testa del Tempo del 2 aprile) Dietro l'attentato la «love story» di un folle (titolo di testa del Giornale del 2 aprile) scenario di pura irrazionalità, alimenta l'apatia e le istanze di sicurezza, di «governo forte». Il paradigma del «complotto». che molti si affannano continuamente a esorcizzare, nasce ideologicamente dall"esigenza di una comprensione razionale della storia e sfocia in esiti politici diversi; nella denuncia della macchina del potere e dei suoi intrighi. I paradigmi di interpretazione di queste categorie di eventi non sono «neutri» e rispondono a esigenze ideologiche diverse. Di questi paradigmi né il giornalista né lo storico possono fare a meno: i «fatti» da soli non parlano, meno che mai quando gli eventicome l'esperienza ha dimostrato in questi casi- rimangono essi stessi avvolti in una cortina di incertezza, di omissioni e di omertà. - Se la scelta fosse posta in termini di assoluta polarità fra «paradigma della casualità/follia» e «paradigma della causalità/cospirazione», allora ci sembra che la scelta degli operatori dell'informazione debba andare necessariamente per il secondo. Infatti il primo paradigma si manifesta già nellasuperficie degli eventi e non ha nessun bisogno di un'attivi~à ulteriore per venire alla luce. Il secondo paradigma, viceversa, è per definizione quello che,per essere verificato, ha bisogno di un'attività di analisi e di ricerca che scopra quanto si è appunto voluto nascondere agli occhi della pubblica opinione; risponde, in definitiva, a una esigenza di dubbio metodico. Su una intera categoria di eventi dove si pone la scelta fra i due paradigmi, l'atteggiamento della stampa è in realtà oscillane di volta in volta fra un polo e l'altro. Talvolta, la ricerca dell'intrigo è insistente, esasperata, si alimenta di fughe di notizie, informazioni incontrollabili, supposizioni. In altri casi, l'intrigo è escluso a priori, senza alcun lavoro preliminare e contro le lezioni di cautela che i precedenti storici dovrebbero imporre. Queste considerazioni non valgono soltanto per gli Stati Uniti, ovviamente. In occasione dell'attentato a Reagan, le oscillazioni sono state abbastanza nette, anche se il paradigma della «follia» è risultato complessivamente prevalente. .

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