che, da parte sua, non offre niente. Esaltazione attraverso la quale il ritorno della praxis assicura la continuità della situazione economica nella qualificazione politica della classe dominante. Parola di Weber! Capitalismo e reazione, del resto, si fondono al di là dei vaneggiamenti delle scienze sociali, contro le ideologie correnti, ma non contro il borghese inteso come individuo storico, la più_ bella delle invenzioni antropologiche del secolo scorso, a cominciare dal punto in cui la concezione legalista, secondo la quale il diritto precede la forza, deve cedere il passo, di fatto, alla concezione conflittuale, nella quale la forza precede la persuasione. (La menzogna del realismo si conclude altrove, scrive Wynne-Edwards, nulla è più falso delle clausole dell'armistizio contenute nel Contratto Sociale, la società non è un gruppo di esseri uguali organizzati per soddisfare bisogni diversi, ma il suo contrario, un gruppo di esseri disuguali organizzati per soddisfare bisogni comuni. Le congetture intermedie sono tattiche, come quella gramsciana sull'autonomia che la «nuova destra» francese coniuga in modo ostensivo con la dottrina dello Stato e le tesi anti-isonomiche di Evola.) In altre parole, il tema dell'antisemitismo (e non quello della morte, come ha scritto Umberto Eco, parlando della sua somministrazione giuridica) è la continuazione in senso reazionario del realismo della politica con altri mezzi. quando le idee della democrazia devono fare posto all'acre realismo del paradosso di Condercet sull'impossibile addizione democratica delle scelte individuali, trasferito dalle economie della crisi sul piano della dialettica valore/lavoro. Allo sprovveduto Jacques Atta li che afferma «non ci sono soluzioni ai problemi politici», Kenneth Arrow dimostra che non ci sono problemi dietro le soluzioni politiche, dando dignità matematica al teorema che prende il suo nome e che spiega come sia pura utopia pretendere di allineare i diritti della maggioranza con la ricerca di un optimum collettivo. (Un'utopia senza parametri, alla quale Giovanni Sartori rinfaccia un'incapacità procedurale, «il realismo non è nemico che delle democrazie irrealiste».) Tanto vale, allora, svelare un segreto di nessuno, l'antisemitismo - come esaltazione del realismo della politica - non è che la parte visibile dell'ideologia che governa la dittatura delle merci in un'epoca di collasso delle formulazioni classiche della teoria capitalista. Nella società dello spettacolo la vita è un crimine inespiabile quanto attenta, con la sua sola presenza, all'egemonia delle merci. La presunzione assiologica di una «buona discendenza germinale» - che fa della razza la piattaforma etica della ineguaglianza - sostiene Garrett Hardin, «la sopravvivenza della specie non è altro che un sottoprodotto quasi accidentale della sopravvivenza delle linee germinali» (quella politica la possiamo collocare nell'opportunismo e, Joseph Gabel, non esita a collocare quella psicanalitica nell'invidia) si rafforza in ideologia neo-illuminista nella realtà della Rassenkampf, la vera «lotta di classe» delle dottrine geopolitiche. Queste dottrine, ontologizzate dall'apologia della forza, postulano lo Stato come un essere vivente il quale, scrive Goethe a Eckermann, «è costituito da numercse cellule e ha il suo cuore posto nella capitale che le mantiene in vjta», e se lo Stato è un organismo la nazione non può essere altro che una comunità di destini di cui questo Stato invera la fatalità biologica. Si traduce in etnostruttura. (La razza è il solo materiale della storia, di cui costituisce la condizione e il presupposto biologico, scrivono Giorgio Locchi e Alain de Benoist prendendo alla lettera le castronerie di Monod.) Dobbiamo a Friedrich Ratzel e poi a Karl 1-iaushofer i primi studi sulla selezione naturale e sull'evoluzione di questi organismiche, non essendola semplice somma dei loro abitanti o un melting pot, hanno in questo plus, la giustificazione etica della ragione di Stato e il diritto a sottrarsi ad ogni dialettica delle parti. In particolare è Haushofer, seguace di Schopenhauer, ad elaborare le forme di questa ragione di Stato a darle una consistenza moderna, i tetri bagliori della scienza hitleriana. (Profetiche sono le sue considerazioni giovanili sulla fine degli irnp_erimarittimi e la nascita di quelli territoriali che gli permisero di prevedere il declino inglese e il ruolo egemone, in una prospettiva europea, della Flachland tedesca. Sempre più pianura, scrive Nietzsche nel Crepuscolo degli idoli, rimproverandole, nella metafora, la perdita del suo passato sublime ed alpino.) Come la disuguaglianza è il concetto chiave di un antisemitismo glissato in etologia umana, l'omogeneità lo è della geopolitica, un'omogeneità che i fronti di civilizzazione - sui quali si articola lo spirito della rinascita europea a dispetto di ogni tentativo degli ecologi di perpetuarne l'apocalisse - sono preposti ad estendere geograficamente e storicamente attraverso la prassi politica delle balcanizzazione dei poteri locali. Questa omogeneità, del resto, agisce anche su altri aspetti della questione sociale, perché essa è un fatto che raffredda la tendenza al déracinement, implicita;con ben altre motivazioni, nell'azione internazionale dei movimenti operai, come nella diplomazia transnazionale delle multinazionali e, al tempo, sviluppa una concezione naturalista della storia - certi aloni sono già evidenti nelle tesi di Oswald Spengler sul «carattere morfologico della storia». come negli scritti di Ortcga Y Gassct. e indi.:tni in Joseph de Maistre e in Edmund Burke - concezione spiegata da Gumplowicz nelle sue osservazioni sull'etnocentrismo, che tende a trasformarla in un «processo organico». humus ideale della «falsa coscienza» deliberatamente ridotta a difendere «la somma dei valori del mondo». Al di là dei vaneggiamenti della geopolitica classica, questa omogeneità è destinata ad inverarsi come conseguenza formale delle spartizioni decise a Yalta, che precludono ogni soluzione politica- nel suo significato ordinario - che non sia la sciagura atomica o la sventura della vuota eternità mercantile. A dispetto dei vari clubs di opinione e di previsione (vedi il «Rapporto al· popolo europeo» del gruppo Cadmos, steso da Denis de Rougemont, come il più scemo fra gl'ultimi) queste spartizioni sono essenziali nelle conseguenze transpolitiche. Scrive, a questo propo\ sito Spykman, «chi controlla la Rimland, l'area compresa fra l'Europa peninsulare e il fronte asiatico dei monsoni, domina l'Eurasia, chi domina l'Eurasia controlla il mondo». Che sia questo il tracciato del KabuJ-Express? che sia questo il nuovo farwest? 4) L'ineguaglianza sociale nelle sue conseguenze I vantaggi della democrazia, dichiara Tocqueville, «non sono, come si dice, di favorire la prosperità di tutti, ma solo di servire al benessere del maggior numero possibile di persone», tesi ipocondriaca che Arthur de Gobineau, in una corrispondenza, completa con il suo morboso razionalismo, «instaurare la libertà vuol dire riportare alla luce/e inégalité nature/le e spetta alla politica, eventualmente, stabilire i'lirniti di queste». Alla politica, o meglio, nota Werner Sombart, ad una visione teleologica del mondo guarita dalla malattia della èoscienza storica che le deriva dall'idealismo tedesco. (Tesi legittimista che ritroviamo anche in Carlo Costamagna. Teorico dello scetticismo politico egli mette in guardia l'Europa contro l'ideale moderno, contro il progresso, confidando nei valori della tradizione coniugati alla forza, al realismo eroico delle stirpi. A questa vecchia «teoria del politico» di marca fascista fanno eco le tesi sociobiologiche dei nuovi liberisti americani. «Se non desideriamo- scrive Garrett Hardin- un mondo nel quale l'altruismo possa continuare ad esistere come malattia di una buona stirpe dobbiamo respingere l'ideale del mondo unito». In questo senso, egli contesta le politiche 'altruiste' delle democrazie, come la distribuzione di denaro e di aiuti tecnologici ai paesi in via di sviluppo.) Se la miseria è la fisionomia dello spettacolo la cospirazione è la sua strategia, questo mondo, affinché possa continuare a conservare almeno il nome di ciò che ha perduto, come la moneta, va preso per il suo valore facciale, solo così esso è in grado di far fronte alle funzioni strutturanti del vissuto e alla critica della separazione: se Creonte è oppresso nell'Edipo Re è oppressore nell'Antigone, nessuna identità è possibile nella tragedia del politico. Come aveva notato·Breton, il voler vivere reclama l'accesso ad un'altra scena, fuori dalla civilizzazione delle masse, espressione orizzontale dell'epoca moderna, strettoia in cui utopia e restaurazione di suturano contro la vita corrente. L'una come passaggio al regno della noia attraverso il dover essere della felicità, l'altra, come rigenerazione della storia a dispetto delle sue imperfezioni paradigmatiche. Che è poi dire, con una piroletta, che la civilizzazione si è ammalata delle sue ragioni come espressione veridica di un ordine profanato. Con ironia Marx scrive a Sorge, «non è compito dei comunisti elaborare ricette per queste marmitte» a cui le motivazioni sociocentriche della sopravvivenza hanno dato un significato apparentemente compiuto e un senso, esaltazione negativa della parte che loro sfugge di . una lingua che articola la compiutezza formale dello spettacolo come fine di un'epoca. Il sogno della reazione - che le esorbitanti ambizioni espone all'insuccesso e al disinganno, ma non a restare privo di conseguenze- è tutto qui, di_essere la «scienza enciclopedica» che coglie il trapasso del ventesimo al \'Cntunesimo secolo. per la prima \'lJlla. come spettacolo assoluto. come furore, come tragitto dell'eccesso e degli eroismi. La sua fragilità è la sua forza, in quanto sistema interpretativo globale essa è costretta ad essere, all'occorrenza, antiriduzionista. diventandolo, finisce nel nominalismo scientifico che la mette a morte. È storia vecchia, i limiti dell'enciclopedismo sono per intero contenuti nell'irrigidimento inevitabile dei suoi lemmi. Di contro, l'illusione della semiologia di sapersi porre al bivio ideologico di questi nodi di significazione delle scienze sociali la dice lunga sui processi di reificazione intorno ai quali si avviluppa l'intreccio narcisista e feticista dei comportamenti politici. Scrive Joseph Gabel, «il fatto che una delle principali entità nosologiche della patologia sessuale (il feticismo) è uno dei fenomeni capitali della reificazione capitalista (il carattere feticista della merce) portino - in qualche modo spontaneamente - quasi lo stesso nome non è frutto del caso». In questo contesto, l'insistenza della nuova destra francese su Gramsci mostra come essa abbia capito che «la realizzazione dell'egemonia è anche un grande avvenimento metafisico» capace di contrapporsi alle strategie catastrofiche di coloro che non sanno cogliere nelle conseguenze unitarie dello spettacolo altro che la separazione come crisi della razionalità. Fanno notare i «nuovi enciclopedisti» come la politica è un processo «compositivo» che non conosce il negativo, la «decomposizione» - come suo doppio, ma al tempo come suo movimento, dunque, la questione al pettine non è destra o sinistra, ma il fatto che solo le filosofie della reazione sembrano in grado di ereditare quell'idea di grandezza che lo spettacolo aveva imposto alle sue vittime e contro il quale combattono oggi, i comandi capitalisti della crisi. Scrive· una giov,rne .recluta della «nuova destra>, Marco Tarchi, cci sono da prospettare forme di comunità e ideali di Stato che agiscano come idea/forza; c'è da sottolineare la ragione del distacco dalla tentazione autoritaria e totalitaria. Ci sono esigenze di definizione: di una cultura che è fatta di et-et, cioè, d'integrazioni, più che di aut-aut, cioè, di negazioni, di un'evoluzione che ha avuto i suoi maestri, i suoi testi, i suoi punti di non-ritorno, ma che ancora non è giunta a comprendersi». L'odore della crisi, insomma, eccita la cultura di destra a contrapporre - oltre i Sovietse l'elettricità- «la verità che fu dichiarata reazionaria e la ragione che fu detta fascista> e che permettono di rispondere, afferma Louis Pauwels, alla domanda dove si situa l'idea di progresso, perlomeno, dove s'incarni come approdo delle ideologie della comunità una volta che è stato depennato dalla carte di armistizio tra Capitale e Lavoro. Pauwels, in sostanza, mostra di aver compreso che l'idea di progresso è un'idea sacrificale nella cui liturgia il Capitale invera le sue tecniche. Niente di più, niente di meno. Un progresso che ha le sue fondamenta nella ineguaglianza sociale e che traduce in atteggiamento affermativo ciò che della negazione di sé persiste come speculazione, a cominciare . dalle basi biologiche dell'esistenza. Basi che hanno permesso, per esempio, di sfaldare clinicamente- dentro il luogo dell'Istituzione- la scolastica freudiana e il suo valore d'uso terapeutico, a cominciare dagli studi di Debray-Ritzen sull'autismo infantile che soddisfano le pretese accademiche di opporre le ricerche biochimiche e genetiche al dramma di Edipo. (È di questi giorni la scoperta che si può «vedere» la schizofrenia disegnata, nel cervello, da una carenza nell'assorbimento in certe sue parti di glucosio radioattivo: nella falsa scienza, attraverso lo sperimentalismo, la verità non governa, regna!) Sfaldamenti di senso che minacciano la vita corrente, non solo di romperle una gamba, come scrive Nietzsche in Aurora, ma di trasformarla in una tragedia senza ritorno. Giunge sempre, però, un momento in cui la passione si riprende c ricalcitra, la coniugazione di Freud in Marx, inaugurata dai surrealisti, aveva come obiettivo quello di disintossicare l'eredità romantica fuori dal neoclassicismo, che tende a secolarizzarla e contro coloro che vogliono affossarla pretendendo di limitarla storicamente alla sua stagione sentimentale in modo tale che essa non abbia un futuro se non nelle sue forme recupcratc: lo stalinismo. in politica_ il neo-strutturalismo, nella cultura. Tragedia senza ritorno, nella quale la realtà erosa dall'economia mercantile è la pseudo-verità che parla delle ragioni della sopravvivenza e ne fa una scienza per meglio occultarne le conseguenze: la disperazione di un'epoca si misura dalla sua affettazione verso i realismi. L'orrore di una ripresa dei temi della reazione è inferiore solo alla costatazione che la «nuova destra» non ha avversari fra quelli che hanno visto nell'année terrible l'inizio di un'epoca. (Anche tu, Habermas, che chiami collega un individuo famigerato come Daniel Beli e pretendi di non aver mai lasciato il «gran hotel> sull'abisso dopo la morte del «grande vecchio»!) Per la «nuova destra> la profezia gramsciana brilla con l'affievolirsi del corso storico della democrazia, sul serio una maggioranza ideologica conta più di una parlamentare, perché solo la prima può gestire lo Stato come espressione realizzata del «buon governo», del senso comune e delle tradizioni, gestirlo al di là del politico, ma non contro i suoi esiti politici, con la sola adezione degli spiriti ad una concezione del mondo che lo consolida fino a renderlo invulnerabile alle astuzie del «mondo alla roversa>. Conce.zione che trova in Heidegger il suo compiuto significato nella prospettiva di un collasso dell'evidenza, collasso che enuclea la fedeltà al senso della storia come finitezza, contro le presunzioni dialettiche della storiografia marxiana, storia che nasconde un segreto di cui la tradizione è la sentinella: il senso del mondo esce dal nulla perché è il prodotto dell'uomo, ma - ahimé- non è senza conseguenze, perché appartiene al patrimonio della rivoluzione giacobina. Sulla falsariga di Heidegger è Emst Topitsch a rincarare la dose, la storiografia marxiana scaraventa la classe lavoratrice sulle trincee dell'emancipazione per fame «uno strumento della sua volontà di potere totale, proprio come Napoleone aveva usato le sue armate>. Di fatto, i comunisti non hanno capito un punto fondamentale dell'opera gramsciana,. afferma Alain de Benoist, che sul serio il socialismo non si realizza né con i putsch, né con lo scontro diretto, ma con la sovversione degli spiriti, sovversione che la «nuova destra> rappresenta nel momento in cui rifiuta la dottrina dell'egualitarismo come di un'ingiustizia fatta ai capaci. Quanto agli incapaci Pauwels ha per loro una ricetta: «L'uomo può essere trasformato a dispetto delle condizioni del mondo e la scienza deve poterlo fare volontariamente, l'umanità che si sforza di non mancare di niente, rischia di mancare di uno scopo, rendere volontaria la modificazione ecco il progetto Prometeo del secolo venturo>. Intanto, Mastro Eckhart e Mircea Eliade vanno di pari passo, i legionari devono morire per realizzare l'emancipazione della stirpe, vincere morendo contro la plebe («O saremo gl'uomini migliori o non saremo affatto>,: scriveva Von den Bosch), l'amore e la1 giovinezza, per citare il titolo del libro di robert Poulet che rivendica l'onto-· logia dell'essere minacciata dal romanticismo borghese e decadente. Per gestire lo Stato, però, occorre spogliarlo dalle incrostazioni ideologiche della politica e dalla tendenza delle parti che lo compongono ad imitarlo in una ridicola esagerazione: partiti, sindacati, magistratura, oligopoli economici. È su questo spartiacque che il nuovo fascirno- come concezione globale della politica- rivendica i principi dell'economia neo-liberista come certi libertarismi connessi ai diritti civili e, fmanco, le strategie d'iniziativa popolare legate ai temi dell'ecologia, dell'ambiente, dei pregiudizi comuni. L'obiettivo pratico della «nuova destra>, in questo senso è lampante, è di convincere che l'Europa è geograficamente reazionaria approfittando del fatto che tutto ciò che concorre a smentirla è avvelenato dalle crisi. 1st der Strick entzwei? L'intelligenza prova un'immediata ripugnanza a lasciarsi abbagliare. Questa debolezza inconfessabile della cultura contemporanea, dei suoi miraggi post-moderni, che senza esitazioni ha consegnato il sapere, il libertinaggio, le esagerate pretese del desiderio, alla politica, di fronte alla quale ha deposto gli strumenti della sovversione, merita il nostro disprezzo. Già da lunga data i «comunisti> conoscono il programma che meglio invalida l'insieme della vita sociale del nostro tempo. Questa prospettiva può sembrare chimerica se la condotta degli intellettuali europei non fosse più chimerica ancora. Il fatto che, oggi, una cultura della reazione abbia trovato degli antidoti ai veleni della cultura che le fu matrigna, non vuol dire che essa riuscirà a trovare quelli per il piacere del negativo, tanto è vita l'intelligenza e la passione con la quale la questione del comunismo fu impostata dagli uomini dell'Internazionale nel loro programma politico di minima. Noi sappiamo che certa cultura è invincibilmente attratta dallo splendore e dalla gloria della società dello spettacolo e che essa non può rinunciare a servire ciò che splende. Senza rimpianti bisogna porre le condizioni in modo che lo splendore possa essere sospetto di falso, prima che un legame più profondo- come quello che sconvolse l'Europa cinquant'anni fa appena -- venga a «giustificare> la folgorazione momentanea. Per questo, le parti del comunismo devo,w asere prese scopertamente_
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