Alfabeta - anno III - n. 24 - maggio 1981

«A tour prix et avec tout le airs, meme dans des voyages méthaphisique. Mais plus alors». 1) Premessa V oici le temps des assassins. La nostra epoca ha spinto tanto avanti i suoi errori che merita di essere vissuta per le speranze che ha trascurato. Essa ha visto disintegrarsi nel volgere di poche stagioni certezze millenarie, crollare ogni genere di ordine costituito e tutto fa pensare che i due decenni che ancora ci separano dalla fine del secolo - nei quali, per parte sua, il Capitale ratificherà il suo dominio reale su scala planetaria - inaugureranno un nuovo disordine critico, il ritorno di un sapere trasgressivo e appassionato contro il quietismo della cultura, l'ultimo e il più disprezzato strumento di pacificazione sociale. «Coscritti della buona volontà avremo una filosofia feroce. Au revoir ici, n'imporle où». Va da sè che tutto questo non è e non sarà né pacifico, né evidente, un pensiero decomposto trasuda dalle nostre accademie, i disastri del politico lavorano alla sopravvivenza del sistema che li ha prodotti, il lavoro di rimozione è troppo simile alla rimozione per non incutere paura: gli anni '80 sembrano destinati ad una affermazione europea di una cultura della reazione che ha trovato nel fenomeno della «nuova destra» la sua epifania, un fenomeno da distinguere, ab initio, dalle sue origini spiritualistiche, crasse e intolleranti, da Chateaubriand a Bernanos, a Del Noce. Il fatto che essa, in concreto, possa essere infiltrata ideologicamente' dal passato e dai suoi sanguinosi interessi, usata - al pari di una nuova Erato - come dea dai sicari della nostalgia, fungere da terza posizione alla quinta colonna dei professionisti del «buon governo», rassicura gli stupidi e accentua le ambiguità. Riconoscere nel «riflusso» la palude in cui stagna un dibattito di fondo sulla crisi del politico vuol dire riconoscere alla «nuova destra» l'impatto esplicativo di una rottura che riaccende il processo di maturazione di una rivoluzione nella conservazione. A noi pre-. me sottolineare ben altro, che diventi, e tutto porta a credere che non sia impossibile, il cristallo di solidificazione di una cultura deila disuguaglianza sociale, pragmatica, antidialettica, spiritualistica, saldandosi con un disegno più ampio- già in atto-di liquidazione del comunismo o, fuori dal politico, della serietà, del piacere, della pazienza, del lavoro del negativo. Quanto alla cosa in sé della reazione poco c'importa. essa è pura apparenza di un sorgere e di un passare che non sorge e non passa. Affinché anche Weydemeyer possa capire, bisogna intenderci bene su questo, colui che si accontenta di riconoscere la questione della «nuova destra» è ben lontano dall'aver capito la posta in gioco, occorre saper riconoscere ed estendere l'esito di questo riconoscimento alle sue conseguenze, bisogna mettere alla prova la comprensione. insegnare l'orrore, rendere ancora più infame l'infamia. Nella fattispecie, a fianco di Kautsky, nell'album dei rinnegati, vanno aggiunti gli eredi dell'argomentismo degli anni '60 (per definire un genere di tutto disprezzo a partire da una rivista distintasi, più di ogni altra, in Francia, per la sua cecità intellettuale) che ha suppurato in anticomunismo, in stalinismo, in opportunismo, dando fiato ad ogni mancanza di coerenza e di conseguenzialità a tal punto che per il Capitale è diventato indifferente tanto reprimere le idee sovversiveche tollerarle. Il copione è già stato descritto dalla Nuova Gazzella Renana, ogni stato di cose provvisorio, dopo una falsa rivoluzione, esige una vera dittatura, cosi, mentre le puttane intellettuali hanno speso il decennio aperto dall'année terrible a cercare l'inizio di un'epoca che le barricate del maggio avevano per sempre chiuso, la parte soccombente rafforzava le proprie posizioni fuori dalla politica, nella cultura, anzi, qua e là ha anche osato la lotta aperta. È di questa lotta, appunto, che parleremo. Essa ha due capisaldi ratificati dalle stronzate freudo-marxiste della scrittura post-moderna: la ripresa dei temi contro l'egualitarismo, a partire dalla metapolitica, dalla sociologia, dalla psichiatria. dalla biologia, dall'etologia, cioè, da un rilancio della metafisica dei codici, e la rivolta contro il tradimento politico dell'Occidente (contro l'Europa legale delle nazioni/ Stato, per l'Europa reale delle minoranze, dei popoli, delle comunità), in essa c'è, però, un passaggio a nordovest che la rende vulnerabile: la sua congenita incapacità a comprendere il divenire del fiore hegeliano. In questa incapacità s'inversa la sua debolezza: l'universalità come volontà. 2) Ascendenze, percorsi, strafegie I latrati vengono da molto lontano, ma i sordi sono della specie peggiore: quelli che fingono. Eppure, il tracciato fenomenologico che ha portato la «nuova destra» da una Sinnlosigkeit ad una Vieldeutigekeit non è dissimile ad altri solchi della reazione, se non fosse per la sua profondità. (Tracciato fenomenologico, non storico, la barbarie moderna non merita di essere confrontata alla crisi dello stato liberale prima delle tenebre.) Per inciso, è nell'ambito di questa pluralità di significati che va inquadrata la pretesa della borghesia riformista di condannare il comunismo ad una oscura tragedia di marxismi sotto il fatuum del politico, esattamente come Marx aveva condannato la borghesia al suo infelice destino mercantile. Tanto va riconosciuto sul piano della storiografia minima: i «brumisti» del 9 novembre erano già sulle barricate del maggio, Nouvelle Eco/e (coetanea di Utopie) nacque in quell'.anno e. in quel mese, dedicava il suo secondo numero alla linguistica con gli apporti. tra gl'altri. di Jacques Monod e di Léopold Senghor. In chiave impressionista è come se l'immagine appassionata di un cambiamento impossibile dominasse oscuramente la fine del politico ed alteras·se la realtà a tal punto che il senso stesso di questa stagione di lotte è minacciata dai germi del vecchio mondo che le sono sopravvissuti. camuffati dentro una serie di crisi con le quali è scandito il ritorno all'ordine. Nonostante le sortite schizo-analitiche. nota Emmanuel Todd. il reale è afflitto da uno stato di entropia generalizzata che stringe il perimetro «spazio-discorso-sapere-potere» in una dimensione patologica. È la «nuova destra» che per prima si rende conto che uno degli effetti del collasso del politico è l'antropomorfizzazione del Capitale, da qui, l'illusione gauchista dello scambio simbolico, di confabulare il delirio da pari a pari, di «decostruirlo». Da qui, il sospetto che nulla è lasciato al caso e, men che meno, alla deriva. neppure la delirazione del reale e del vero con due scienze che «scienze» cosi non sono: la politica, lo psicanalismo. Intanto, svanito nella farsa il dramma delle «forme egualitarie» che i figliocci di Lukacs avevano elaborato sotto la veste di una «teoria dei bisogni», il rettile della reazione ritrova la sua spina dorsale nelle tre nozioni metapolitiche della ineguaglianza sociale, ineguaglianza confortata dalle ricerche antropologiche di Georges Dumézil, religiose di Mircéa Eliade, psicologiche di Arthur R. Jensen, Hans J. Eysenck, Pierre Debray-Ritzen, sociologiche di Pitirin Sorokin, Ferdinand T6nnies, Raymond Aron, Arthur Koestler, Raymond Abellio, esse sono: la nozione di sovranità, nel suo duplice aspetto magico e giuridico, quindi, religioso e politico, direttamente saldata al suo complemento logico, la gerarchia, come forma organica ottimale di ogni aggregato sociale (Lorenz). (In termini etici, la sociobiologia rappresenta il tentativo storico più compiuto di risolvere il paradosso dell'altruismo, rendendo omogeneo il sacrificio naturale dei deboli alle strutture gerarchiche della comunità. Come non commuoverci davanti agli sforzi che da tutt'altra direzione muove verso lo stesso punto Emmanuel Levinas?) La forza fisica e la potenza guerriera - Cari Schmitt è tassativo, la politica come scienza s'indirizza ad un unico fine. distinguere gli amici dai nemici. La fecondità e la fertilità, metafore di un'abbondanza economica fuori dal sistema della merce. L'obiettivo è solare: inceppare il motore storico della lotta di classe. banalizzarla a guerra di fondazione di un ordine impossibile. Il circuito dell'ineguaglianza, in questa aporia del sociale, ha due poli strategici: in negativo, essa appare come una ricomposizione dei misfatti del totalitarismo. in positivo. come una critica della tolleranza borghese. «La tolérance n'est, en derniers ressort, q'une conquetterie d'agonisants», afferma E.M. Cioran e, gli fa eco, il «Club de l'Horloge»: «L'armonia sociale passa per una duplice restaurazione della gerarchia, delle funzioni e dei loro equilibri interni, e il primo punto implica una rivalutazione delle funzioni primordiali della sovranità e della difesa». Scrive da parte sua Eliade: «L'Europa è autosufficiente, essa è il centro dei miti fondatori del mondo». basta solo avere un po' di vigore per ritrovarli nella tradizione, fuori dagli esiti metastorici della democrazia - la democrazia: «una scostumatezza sentimentale» la definì nell'immediato dopoguerra Abellio - oltre le piccole nazioni. «nella grande politica di chi vuole fare storia» (Nietzsche). Un vigore. spiega Henry de Montherlant, tipico delle mentalità uraniana, maschile. solare, superumana, aristocratica, che si contrappone a quella tellurica, mistica, femminile, lunare e democratica. A lato di questa «renaissance de l'Occident» il «gauchisme» è rimasto il piccolo testimone della decomposizione dell'evidenza, dell'esteriorità, che è il carattere impersonale e politico dell'epoca. nella quale, la democrazia. come espressione del comando borghese, costituisce l'ultimo stadio metallurgico del minerale sociale della vita. Dentro questa decomposizione il miraggio di un «sapere schizato» ha ridato credibilità al primato della volontà di potenza di una rivoluzione nella conservazione. In altre parole, davanti all'evidenza mercantile del divenire la «nuova destra» ha compreso come l'egemonia delle forme culturali passa per la capacità di elaborare congetture senza restrizioni. Un'evidenza che si secolarizza nel mito giudaicocristiano del lavoro. Cosa ribattere a coloro che obiettano-come Léo Moulin - che è fuori da questo mito che bisogna cercare la sostanza culturale dell'Europa accecata dalle teorie materiai iste che fanno del reale il risultato del lavoro, il prodotto della fatica? Che questo mito è, in sé, estraneo all'Occidente pagano che si volge verso il cielo, il fuoco, la luce del Nord? Baudrillard non si è vergognato di sèrivere che la critica dell'economia politica è finita e che essa lascia il posto all'economia del segno, sua fase suprema. Un altro, parla di economia libidinale usando il gergo precisionista. Où fuyez-vous en avant imbéciles? Questa pretesa di rendere visibile con la logica del segno quello che sembra oscuro nella logica dello spettacolo completa l'immagine rovesciata di un mondo fantasmato a forma semiologica al quale Ernst Jiinger ha fornito, con anticipo, i presupposti metodologici - ma egli era avvantaggiato dalla collaborazione di un astuto socialista, Ernst Niekisch - «ridotto l'operaio a figura, commenta Julius Evola, la dottrina della figura, Gesta//, può chiamarsi la metafisica del mondo operaio». In breve, ciò che distingue la «nuova destra» è la sua versatilità che irride la duplice impasse del politico di essere, allo stesso titolo, una prassi soteriologica e un'illusione equalitaria - poco importa che questo nodo sia già stato tagliato dal coltello di Weber, il partito di Lenin aveva altre esagerazioni da coltivare. Questa versatilità esplicita, «alla roversa», la profonda lacerazione morale dei suoi avversari, intanto che pretende di non riconoscersi in nessuna parte, piuttosto, scrive Alain de Benoist, «chiamiamo di destra le dottrine che considerano che le ineguaglianze relative dell'esistenza inducono a dei rapporti di forza dei quali il divenire storico è il prodotto e che stimano che la storia deve continuare», soprattutto, esse «respingono la tendenza a dare della realtà una spiegazione unica, respingono tutti i grandi unilateralismi riduttori fondati sull'economia. la sessualità, la razza, la lotta di classe». Parlando di Nouvelle Eco/e, cosi afferma Guy Hocquenghem su Liberation: «Lontano dall'essere nazionalisti e oscurantisti i pensatori della 'nuova destra' hanno tutti i segni della modernità ...di tutti i 'nuovi' con cui abbiamo fatto i conti in questi ultimi tempi essa è forse la sola vera novità». In altri termini, la «nuova destra» avendo dalla sua la perversità del realismo ha tutte le caratteristiche del sogno. essa ha imparato dalla sinistra riformista a barare fruttuosamente sulla pelle degli operai, poco importa se per fare ciò, come essa stessa ne conviene, bisogna mantenere l'essenziale dello stato di cose presenti quando. come capita sempre più spesso, non si riuscisse a salvarne i dettagli, le frasi perimetrali dell'unità della miseria. (Povero Lyotard, come fai a non vedere in queste la presunzione argomentista della barbarie? La miseria, questa ontologia della speranza!) Illuminando in forma universale e gerarchica alcuni nodi non risolti, alcune occasioni perdute, la falsità delle ideologie, la «nuova destra» apparentemente da ragione alla confusione per lucrare i benefici del dubbio, ora che solo gl'incubi sono rimasti a fare una propaganda senza sfumature a quei nostri bisogni che sono diventati senza risposta. In questo senso l'impegno metapolitico consiste nel riportare l'individuo dal secolo degli interessi all'età della tragedia, un'età delimitata dalle forme naturali del sacro, le sole capaci di reagire alla narcosi del politico polarizzando le tendenze, senza il rischio di effetti pratici. Fuori dall'inganno la «nuova destra» sa bene che il sacro toglie la libertà agli uomini diventando una parodia del destino. Che non l'uomo contro lo Stato è l'espressione del tragico, ma l'uomo contro se stesso e le sue incertezze. Ma dove questo ritorno del tragico sposa la versatilità dell'ordine naturale? Afferma Alain de Benoist: «L'uomo tragico è quello che ama l'avvenimento per l'avvenimento. Egli preferisce le situazioni anche cattive, ma dove succede qualcosa, a quelle situazioni, anche buone, dove non succede nulla», egli ama, in sostanza, ciò che arriva contro la stagnazione del politico, ma non contro il sogno che lo rigetta al di là della storia dell'uomo, del suo divenire. Il sogno, l'altra faccia della «tecnica» nella dialettica del sacro che l'estetica della decadenza-di cui parla Arthur Moeller Van Den Bruch- oppone ai deliri provocati dall'erba sardonica, la politica. Ciò che prima di tutto dev'essere ritrovato è il senso del tragico, scrive Clement Rosset, vantando la logica del peggio o la sua forza educatrice, di cui Julius Langbehn attribuisce la scoperta a Schopenhauer, che qui vogliamo ricordare come il teorico degli opportunismi della volontà. Ritrovare il senso del tragico, non solo perché questo è il centro del caos da cui parte l'ordine, ma perché esso liquida il disordine della felicità di cui parlano i surrealisti come di un inalienabile diritto operaio. Questa insistenza sul tragico è un esibizionismo del sintomo che riconduce alla questione politica dell'antisemitismo (il punto di approdo metapolitico della metafisica dei codici), espressione astratta di una pulsione monoteista che sottomette l'ordine al discorso, alla ratio, contro le correlazioni pagane dell'ordine come forma. Queste correlazioni sono evidenti, annota Alain de Benoist, «on institue un ordre socia! eo étant le maitre des formes sociales», e, prosegue, citando Jules Freund, «sans une mise en forme la connaisance pas plus que l'action ne sont possible. Or, celle mise en forme consiste dans l'organisation des relations entre le choses selon un principe ou un enchainemeot qui soni la coodition de toute intellegibilité et de toute efficaté>. Così, come l'esperienza estetica, l'ordine politico è convenzione pura, suo proprio modello, che non ha nulla a che fare con i patti biblici o con i contratti sociali, tutt'al più riflette un accomodamento ami-tragico, come il «buon governo», esso è l'espressione di un'attività messa al servizio di uno scopo. Herr der Gestalten, l'uomo è ildemiurgo delle forme sociali che deve saper cogliere al di là del carattere salvifico, dunque, ontopolitico, dell'immanentismo giudaico-cristiano, nel punto in cui la festa, il caso e la morte si celebrano contro la vita. Nella regressione dell'eccesso. Contro la vita, perché è il sintomo e la minaccia resa visibile di un divenire del mondo e, in questo divenire, la radice dell'angoscia parla della sua ineluttabilità. Questa «vertu du sommeil» della cultura della reazione, nella definizione di Dominique de Roux, marca un punto_ essa rivendica contro la politica l'illusione dogmatica del tragico che nel mito si viva realmente, in opposizione al tempo spettacolare della società mercantile, «vuota carcassa»_ dice Marx, in cui la realtà si trasforma materialmente a dispetto del modo illusorio con cui gli uomini la vivono. Nella patria del mito, nota Emanuele Severino, «il caso è sinonimo di irruzine del divenire», esattamente come, nella società dello spettacolo, la forclusione dell'evidenza è sinonimo di democrazia della fatalità. Il contenuto della rivolta antiborghese della «nuova destra» può, adesso, essere delineato con più cura: essa sa che la borghesia ha imposto alle sue vittime, attraverso lo strumento economico/culturale del Capitale, un tempo storico irreversibile, ma contrariamente al materialismo storico, che vuole sfruttarne la contraddizione dialettica - che per la prima volta i «cattivi operai> non sono più estranei alla storia, anzi, essa li ha resi soggetti del proprio movimento e rappresentazione del proprio divenire- la «nuova destra» propugn!I un ritorno al tempo ciclico, al tempo pagano delle culture contadine che precedono la rivoluzione industriale, tendenza che si rafforza con le ideologie millenariste espresse dal coacervo delle filosofie neokantiane della della sedicente «condizione post-moderna». Ideologie «plasticiste», di stampo neoclassicista e monumentalista che finalmente possono regolare i conti con il «cane crepato dell'hegelismo» alimentando, di riflesso, i capisaldi della reazione. Ideologie che, attraverso il nominalismo e l'astoricismo contribuiscono alla costituzione gerarchica del reale, ai suoi esiti metastorici. Cosi, le ontologie della differenza sono finalmente diventate una parodia dell'avventura. (Non è vero Vattimo?) Da parte nostra reiteriamo una convinzione: solo colui che ha incontrato ovunque ostilità e persecuzione è l'e-

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