Alfabeta - anno III - n. 24 - maggio 1981

Cfr. esare Viviani L'amore delle parti Milano, Mondadori, I 981 pp. 152, lire 10.000 Cesare viviani (nato a Siena nel I 947) dopo due libri notevoli (L'ostrabismo cara, Feltrinelli, Milano 1973 e Piumana Guanda, Milano, 1977) dimostra con questa nuova opera, L'amore delle parti (poesie dal 1977 al 1980). di essere sempre in crescita, in viaggio. Se questo «viaggio> era compiuto all'interno delle parole e della loro storia anche psichica, con a fondamento soprattutto la teoria freudiana del lapsus, ora il suo obbiettivo si è spostato all'esterno, nei territori che un io, pellegrino di sé, va man mano esplorando, senza badare a quelle successioni cosiddette razionali di passi che vanno sotto il nome di logica. Di fatto, è il movimento protagonista delle nuove pagine di Viviani e il fascino che ne proviene è frutto dello spostamento delle immagini. In questa scelta del racconto, in questa misura narrativa, il riferimento teorico è L'interpretazione dei sogni, ma assunto per essere rovesciato. In questo senso: invece di andare verso una possibile interpretazione si rimane nell'area autosufficiente del linguaggio narrativo dove l'io rimane polimorfo, non interpretabile, ricco di possibilità piuttosto che ridotto a un solo senso. quello. appunto, dell'interpretazione. Dall'apparente «oscurità> del racconto di Viviani emana una soffice luce. la rivelazione del momento in cui le tenebre si allontanano ma non del tutto: rimangono alle spalle non come minaccia. come serbatoio di esperienze future. Raramente, occorre sottolinearlo. il lavoro di un poeta dimostra tanta sistematica coerenza tra assunto teorico e discorso realizzato. e si tratta di una coerenza tutta positiva. di un metodo che riesce a esiti di autentica liberazione. come nella sequenza iniziale (giustamente iniziale anche a costo di sacrificare la semplice cronologia) intitolata Romana. che è anche un omaggio, mi pare. alla luce di una città mai eguale a sé stessa: marina e catacombale. Antonio Porta Tre incontri sulla felicità Roma, 9, IO, 11 aprile 1981 a cura dell'ARCI Inaugurando il Terrore, Saint-Just scriveva che eia felicità è un'idea nuova per l'Europa>. L'apparente inconguenza tra il desiderio di affermare la felicità e la prassi politica della ghigliottina dimostra forse che, per l'Europa, la felicità non è tanto una idea nuova quanto piuttosto un concetto controverso e problematico, difficilmente definibile nella sua ·natura, ma ancora più difficilmente realizzabile a livello di comportamenti individuali e collettivi. L'Europa ha infatti sempre desiderato la felicità, ma la ha praticata poco e male, nascondendola per lo più dietro a formazioni di copertura, come il discorso della Rivoluzione e quello del Capitale- che contenevano sl una promessa di felicità (l'emancipazione sociale, l'accumulo individuale della ricchezza) ma adottavano strategie dure, impositive, solitamente poco felici. Questo contrasto tra fine e mezzi diviene tanto più visibile in un'epoca come la nostra, che ha visto tramontare diverse ideologie e che, in un clima di disillusione diffusa, si trova di fronte ad un bisogno di felicità a cui societ_àe politica non sanno bene come rispondere. È in questo orizzonte che si pongono i «tre incontri sulla felicità», tre giornate nelle quali personaggi di competenze eterogenee (filosofi, semiologi, linguisti, operatori culturali, artisti ...) hanno cercato, con modi diversi di comunicazione (l'intervento parlato; ma c'è stata anche una performance di danza di Valeria Magli, la proiezione di film new wave, un reading di poesia) di trovare un linguaggio per dire e definire la felicità, la quale è risultata come una nozione vaga e quasi trascendente. Inutile cercare di conseguirla positivamente. Occorre forse (consigliava Perniola nella prima giornata del convegno) essere indifferenti, abbandonare il pathos della felicità, per accedere a uno stoicismo di base nei confronti di questo «oggetto> quasi indescrivibile, che costituisce - precisava Cacciari il giorno dopo - cii nostro più autentico inconscio>. Tanto più che, come ha detto Paolo Fabbri nella terza giornata dell'incontro, se non sappiamo mai bene quanto e perché siamo felici, il carattere punitivo e risentito della nostra cultura è tale che ha sviluppato un gran parlare infondato e ideologico sulla infelicità; e che forse se si separasse tutta la mistica della disillusione, della frustrazione, ci scopriremmo molto meno infelici di quanto non crediamo. m.f Quando il suono è più veloce della luce Teatro di Porta Romana, Milano 28 marzo 1981 Interventi di Bolelli, Bertoncelli, Calabrese, Ferraris, Pestalozza, Spinella La ricerca d, un suono più veloce della luce indica il tentativo di molta musica contemporanea di oltrepassare certi vincoli classici della sonorità e della spettacolarità- vincoli per i quali la musica risulta divisa tra un consumo sempre più alienato, una sperimentazione sempre più criptica, e il recupero puramente museale delle sonorità passate. Di questo si è parlato nel dibattito del 28 marzo, una discussione che accompagnava, costituendone una specie di riflessione critica, la settimana di concerti tenutasi al Teatro di Porta Romana a partire dal 20 marzo (hanno suonato: Marchetti, Hidalgo, Grillo, Cardini, Mosconi, Chiari, Battistelli, Battiato ). Ne è risultata una immagine complessa dei problemi della musica attuale, nella quale la ricerca si scontra con la caduta delle utopie liberatorie (di una emancipazione dalla schiavitù dei generi musicali, dalla ideologia della produzione e dell'ascolto, ecc.) che hanno caratterizzato la musica del nostro secolo, a livello «alto> prima, e poi di massa. Le vie di uscita da queste impasses sono apparse piuttosto problematiche, e vanno ricercate forse in una trasformazione degli atteggiamenti soggettivi nei confronti del suono, nella ricerca di un ascolto liberato. Un dibattito quindi molto attuale (e non certo astratto o accademico, come scriveva per esempio -Mario Gamba sul Manifesto) che tocca da vicino tutti i fruitori, e non sollaJ!to l'area, in definitiva ristretta, di coloro che sono implicati professionalmente nella ricerca musicale. g.s. L'Espresso «I segreti degli editori» N. I 4, 12 aprile I 981. pagina 85 Sono sicuro che le idee di _Marco Forti sono state riprodotte solo parzialmente nella conversazione con Maria Livia Serini a proposito delle collane di poesia. Né mi sembra possibile che siano tutti d'accordo gli Editori di catalogo (come Einaudi e Feltrinelli) intorno a una frasetta di Montale estratta da una lettera a Giulio Einaudi inviata per annunciargli di avere pronta una nuova raccolta di versi (Le occasioni): «Mai le consiglierei una collana di poeti. oggi». Voglio solo osservare che quel montaliano «oggi» è un ieri che pure non mancava della nozione di immagine e di mercato (si dice: marketing. ma è quasi lo stesso, naturalmente). Oggi. come ieri. le collane di poesia contemporanea. servono a rafforzare un'immagine che, una volta affermata, vende molto di più i classici presenti nel catalogo. Con una buona collana di poesia contemporanea i poeti entrano in una casa editrice non per farla guadagnare subito con il loro lavoro che è quasi sempre di ricerca. ma per contribuire con un effetto che si potrebbe anche chiamare «alone». alla diffusione globale della poesia: Montale oggi si vende molto di più perché in Italia c'è ricchezza di poesia e di poeti. c'è curiosità. interesse. per il linguaggio. c'è accrescimento della lingua nazionale (una riprova: l'affermazione netta di un quotidiano nuovo e anche culturale come La Repubblica). Sanno ormai anche gli studenti del primo anno di psicologia che nulla esiste senza interazione culturale: cosl è per le collane di poesia. I nuovi libri di Viviani o di Giudici, citati nel medesimo articolo. servono alla Mondadori per vendere di più non solo Montale ma anche Gozzano nei Meridiani o Dino Campana negli Oscar. Se invece si fanno i conti aritmetici delle copie vendute oggi degli autori nuovi. come fossero probanti del successo o dell'insucces~o della poesia. sarebbe opportuno occuparsi di commercio puro. non di editoria. che è un'industria. Alberto Magnaghi D sistema di governo delle regioni metropolitane Milano. Franco Angeli. I981 pp. 148. lire 6.000 a.p. Ad un paio di mesi dalla pubblicazione del libro di Negri su Spinoza. eccoci di fronte ad un nuovo lavoro concluso in carcere in seguilo ai noti avvenimenti del 7 aprile-21 dicembre. In questo volume. Alberto Magnaghi raccoglie i materiali delle ricerche che ha condotto negli anni 78/79 presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. organizzandoli in un progetto teorico di ampio respiro. L'Autore mette in luce i limiti delle tradizionali discipline urbanistiche di fronte alle trasformazioni del sistema di governo del territorio nel corso degli anni 70. Ridurre il governo del territorio alla pianificazione territoriale significherebbe oggi confondere la pura intenzionalità politica con l'effettivo sistema di decisioni. Analizzando quest'ultimo. Magnaghi lo scompone in diversi subsistemi - imprese, enti locali. stato. sindacati. partiti-evidenziandone l'evoluzione in rapporto ai processi di decentramento produttivo, di metropolizzazione delle aree periferiche. di terziarizzazione del lavoro. ecc. La metropoli «diffusa» del post taylorismo non è più fondata su una rigida localizzazione di funzioni separate e massificate. bensl sulla articolazione in aree polifunzionali integrate. Le dinamiche di scontro e di contrattazione fra le parti sociali subiscono a loro volta una dislocazione: si moltiplicano i soggetti e le procedure decisionali. In questo scenario gli enti locali. ed in particolare le regioni, assumono un ruolo di punta. che non si esaurisce nei loro poteri istituzionali, ma copre un complesso insieme di funzioni che configurano una sorta di riforma «dal basso» dello stato: le strutture decentrate dell'amministrazione non intervengono più a posteriori. per correggere le conseguenze delle decisioni degli altri agenti di produzione e governo del territorio. ma partecipano direttamente alla gestione della metropoli postindustriale. L'impegno per lo sviluppo delle autonomie locali. tradizionale cavallo di battaglia dell'urbanistica «di sinistra». non tiene conto di queste trasformazioni ed appare quindi incapace di intervenire validamente nell'ambigua dinamica di scontro/contrattazione che oppone sullo stesso terreno del «locale» tardocapitalismo e nuovi soggetti sociali. 25. Tam Tam Rivista internazionale di poesia, apoesia e poesia totale Lire 2.500 c.f È uscito il numero 25 di Tam Tam con questa letterina nell'indice: «Caro amico. finalmente dopo un periodo piuttosto lungo di crisi. Tam Tam esce di nuovo in un formato diverso. tecnicamente più agevole per noi. Ogni anno usciranno quattro numeri affiancati da 4 supplementi monografici: di critica. poesia. poesia visuale. arte». La lettura di questo numero «del ritorno» è. per cosl dire. allegra. Conferma la vocazione eclettica e onnivora di Adriano Spatola che è sempre sorretto da una notevole 1ucidità critica. lucidità che a sua volta supporta il suo (di Adriano) antico sogno di poesia (e di arte) totale. Adriano Spatola ha sempre saputo mettere a frutto la lezione surrealista. lezione che soltanto gli sciocchi possono considerare sepolta o inutilizzabile. Tuttalcontrario il surrealismo rimane come non eliminabile punto di partenza per quasi tutto quello che si fa e si pensa oggi (naturalmente. con le dovute correzioni di rotta e i necessari approfondimenti teorico-critici). Ecco. l'idea di «poesia totale» in Tam Tam si manifesta in una costante apertura verso ogni possibile manifestazione verbale e segnica: ne esce la forma di un corpo allegro (per questo ho definito «allegra» la lettura della rivista) cioè carico di «gioia del fare». di artistica felicità: che è una delle indispensabili menzogne dell'umanità. Per questo non abbiamo potuto e non possiamo ancora fare a meno di Tam Tam (cui auguriamo di mantenere le promesse di continuità ...). Rivistadi fumettie d,altro AnnoXVII - n. 5 (194) maggio1981 lire 1500 Il piccolo Hans N° 29 gennaio-marzo 1981 Dal sommario di questo numero dedicato al Fantastico Giovanni Pozzi - Acrostici occulti Italo Viola - Il barocco, o la fantasia profanata Giuliano Gramigna - Ciò che in camera si puote Antonio Prete - La biblioteca fantastica delle Opere11emorali Sergio Finzi - La fine dell'analisi, 1. li sogno di una botanica visto col sogno di una monografia Stefano Agosti - Diario di lavoro e scritti di Paola Colajacono, Ermarmo Krumm, Nanni Cagnone, Beniamino Placido, Roberto Bugliani, Gregorio Scalise D piccolo Hans. Direttore Sergio Finzi. Un numero L. 4.000. Abbonamento annuo L. 14.000 C.C. postale O J 1639705 intestato a Edizioni Dedalo, Bari. [prllllC MENSILE DI EDITORIA Informarsi per capire meglio l'informazione In edicola a metà mese Abbonamento: 27.500 (undici numeri); estero 55mila. Indirizzare assegno sbarrato intestato a Nuova Società s.r.l. via Boccaccio 35 - 20123 Milano oppure servirsi del conto corrente postale n. 38329207 intestato a Prima Comunicazione via Boccaccio 35 20123 Milano Musica, ·oltre la musica Mensile dell' ARCI diretto da Luigi Nono

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