Eugenio Corsini Apocalisse prima e dopo Prefazione di Piero Rossano Torino, SEI, 198!3 pp. 561, lire 9.000 Gian Luca Potestà Storia ed escatologia io Ubertino da Casale Milano, Vita e Pensiero, 1980 pp. 285, lire 26.000 Karl Kraus Gli ultimi giorni dell'Umanità Milano, Adelphi, 1980 2 voll., pp. 779, lire ]0.000 Probabilmente avviene nel campo della cultura ciò che da noi è già palese in quello socio-economico e politico, cioè che la gente non aspetta più guide dall'alto, non si fida dei gruppi di potere e cerca, nel vuoto dello Stato, di autoamministrarsi dal basso, quando di «arrangiarsi», termine ben allusivo a tante, troppe cose. Anche nell'ambito della lettura il pubblico intelligente e soprattutto quello giovanile è diventato diffidente: teme di essere eterodiretto dalle informazioni culturali degli organi di stampa, si muove sospettoso come un gatto fra le segnalazioni e arriva spesso a scoprire da sé quello che gli interessa: gli studiosi delle comunicazioni di massa in Italia dovrebbero forse fare maggiore attenzione a questo assai recente fenomeno. Un esempio: Apocalisse prima e dopo di Corsini è un libro che è stato si recensito nelle pagine letterarie di molti quotidiani, ma non si può dire che in genere i recensori abbiano richiamato in modo eccezionale l'attenzione del pubblico segnalandogli di avere fra le mani un oggetto esplosivo, che innescato potrebbe far saltare in aria secolari concezioni e tradizioni. Eppure ecco che questo libro, arrivato nelle ~ibrerie in novembre con una modesta veste tipografica, è già alla terza edizione; si sommano probabilmente due spinte; la tematica in sé dell'apocalisse che sempre avanza sul proscenio culturale nei periodi di crisi e di sfascio dei valori (e tanto più se è vicina la fine di un millenio) e il rovesciamento inatteso della decodifica tradizionale del testo operato da Corsini. Questo libro in qualche modo è esso stesso un'apocalisse se si tiene conto che il significato primo del vocabolo, in greco, è, si badi bene, l'atto del togliere il velo che ricopre qualcosa, rivelazione di un mistero. Sicché sul filo di una figura retorica, ludicamente usata. il libro può dirsi un 'apocalisse dell'«Apocalisse». Corsini infatti, basandosi giustamente proprio sul significato primo del vocabolo in greco, individua nell'opera famosa attribuita a S. Giovanni un messaggio di rivelazione di un mistero, laddove solo molto più Apocalis~q!uando tardi al testo sarebbe stato attribuito il significato di profezia del futuro. In altre parole l'Apocalisse sarebbe un 'escatologia già realizzata: la fine del mondo è già venuta, a portarla è stato Cristo che con la sua morte e resurrezione ha messo il futuro nelle mani della collettività o comunità umana. Come si vede, è un bel terremoto. Va premesso che Corsini è uno specialista di letteratura cristiana antica, mentre di solito gli studiosi dell'Apocalisse sono dei biblisti; e qui si ha una conferma di come il punto di vista interdisciplinare sia sempre fecondissimo e illuminante in ogni ricerca, perché fa vedere altre cose, prima rimaste in ombra. Cosi frugando qua e là nei secoli Corsini ha trovato indizi e prove che fino al IV secolo sia a livello di cultura alta (Origene ecc.) sia a livello di catechesi o istruzione dei nuovi cristiani, l'Apocalisse veniva commentata quale una rivelazione nei riguardi del Cristo, autore nel contempo della fine di un ciclo della storia umana avviatosi con la creazione di Adamo e dell'inizio di un ciclo universale nuovo. Se fra i nostri lettori c'è qualcuno che conosce gli Atti dei Martiri e soprattutto quel testo letterariamente stupendo che è la Passio Perpetuae er Felicitatis (Passione di Perpetua e Felicita), si ricorderà che le colorite visioni di Perpetua e Satiro, prima del martirio, sono chiaramente modellate su quelle dell'Apocalisse, ma in chiave cristologica e non escatologica o millenaristica, cioè rivolte a un passato in cui Dio ha già realizzato il piano salvifico per l'umanità e non_al futuro. Il cambiamento di decodifica sarebbe legato a quello che oggi in termini moderni chiamiamo un fenomeno di «silenzio stampa» (tanto gli uomini cadono sempre negli stessi difetti!). Cioè tale cambiamento avvenne con Vittorino di Pettau e Eusebio di Cesarea (IV secolo), i quali proposero la lettura del testo come profezia di un futuro più o meno lontano in consonanza con la corrente cristiana millenaristica, che all'origine secondo Corsini era autonoma dall'Apocalisse. Perché mai tale operazione? Eusebio, consigliere dell'imperatore Costantino, è il rappresentante di una cultura nuova che mal tollerava l'ideologia giovannea per la quale l'ascesa al potere di Satana nella società era da collegarsi all'unificazione del potere religioso e politico con conseguente corruzione del primo ad opera del secondo: che la Bestia la quale viene dal mare fosse l'impero romano e la Prostituta che nel deserto vi siede sopra fosse il giudaismo venuto a patti con l'impero non poteva essere di gradimento alla cerchia di Costantino. Ecco allora attuarsi la consueta tecnica messa in pratica da chi è gerarchicamente in alto, l'interdizione della parola, l'imposizione del silenzio, detta dal semiologo Ju. Lotman «l'arma della dimenticanza»: ignorare e far scomparire i precedenti commenti dell'Apocalisse imponendo un nuovo punto di vista nell'operazione della decodifica, della lettura. E si direbbe che ci siano riusciti benissimo, se il punto di vista profetico ha prevalso sino ad oggi. F in qui si è accennato agli indizi e prove esterne, di tipo storico cui- • turale. Ben più importanti naturalmente le prove interne al testo, a proposito delle quali ci teniamo a premettere che toccherà ai biblisti l'ultima parola; a noi preme però dichiarare che dal punto di vista del metodo l'esame di Corsini è corretto e rigorosissimo, il che è un grosso punto a suo vantaggio. Cioè, mentre finora la lettura dei simboli di questo in apparenza enigmatico testo è stata settoriale e quindi nel complesso disorganica, Corsini ha messo in luce la straordinaria, affascinante coerenza interna di tutta l'opera, cioè la presenza di una struttura simbolica e metaforica ricorrente, sempre iterata, che ha per illustri codici di riferimento e addirittura per «modelli» l'Antico Testamento e la cultura simbolica dell'ambiente ebraico e giudeo-cristiano, modelli e codici ben noti ai destinatari di Giovanni, che vivevano nelle città dell'Asia Minore a cui sono indirizzate le sette Lettere (o primo settenario dell"Apocalisse ). Stiamoci attenti allora noi, lontanissimi lettori: se «stelle» risulta all'inizio dell'Apocalisse significare sicuramente angeli, il valore del simbolo non muterà più; se quindi Giovanni parla di un dragone che con la coda trascina via dal cielo un terzo delle stelle, egli alluderà alla caduta degli angeli. Così «donna» è simbolo già biblico dell'umanità: ogni volta che lo incontriamo ci deve essere l'invariante segnica sotto le varianti contestuali; per quanto grandi siano le modificazioni, il significatodi base del simbolo rimane (umanità come prostituta, come sposa del1' Agnello ecc.). Vi sono simboli spaziali (la posizione di spalle di chi parla indica la tradizione indiretta, veterotestamentaria, la posizione di fronte allude alla tradizione diretta); e simboli numerali: il sette, cifra dominante, regina dell'Apocalisse (le sette Lettere, i sette Sigilli, le sette Trombe, le sette Coppe) è simbolo della totalità fatta di quattro (= terra) e di tre(= divinità): allora l'Agnello che apre i sette Sigilli è il Sacrificio di Cristo, che dà significato alla storia umana nelle sue fasi di caduta (quattro Sigilli) e di salvazione (tre Sigilli). Uno stupendo rompicapo, una sublime rete di simboli dall'apparenza orgiastica, ma dalla natura in sé rigorosissima. E alle· microsimbologie si affiancano le macrosimbologie, i due grandi modelli biblici rappresentati dalla visione di Ezechiele e dalle visioni di Daniele. L'insieme del libro di Corsini, che richiederebbe ben altro discorso e solleciterebbe ben altre divagazioni, risulta stimolante e un po' conturbante anche sul piano socioculturale: basti pensare alle conseguenze che per la cultura ha avuto nei secoli la tradizionale lettura millenaristica, da Gioacchino da Fiore, a Ubertino da Casale, da Dante ai Figli di Geova. L'Apocalisse ha agito «come se», cioè attraverso un incrostarsi di significati che lascerebbero Giovanni assai stupito. Ed ora un'ultima considerazione: la lettura offertaci da Corsini è senza dubbio più rilevante sul piano costruttivo che su quello eversivo rispetto alle letture precedenti; e questo perché la nuova lettura evidenzia il fatto che nel pensiero giovanneo gli uomini, affrancati dall'Agnello, sono resi tutti «re e sacerdoti», hanno quindi nelle proprie mani il futuro da costruirsi entro una unità sociale che parte dal basso. Cioè il messaggio dell'Apocalisse non è poi tanto diverso da quello della Chiesa odierna là almeno ove è tesa verso la nozione di sacerdozio dei fedeli. C'è da augurare alla Chiesa che non ne segua analogo fallimento. U un esempio suggestivo dell'azione dell'Apocalisse «come se», cioè del suo messaggio letto in chiave profetica, ci offre il francescano Ubertino da Casale, a cui ha dedicato un lavoro molto serio il giovane Gian Luca Potestà. Nella nostra prospettiva un fatto può interessare il lettore: Ubertino, che in parte segue la lettura dell'Apocalisse di Gioacchino da Fiore, in parte quella di Pietro di Giovanni Olivi, si distingue per la volontà costante e il fervido tentativo di riferire le profezie al proprio tempo. Eccolo allora identificare la meretrice BabiIonia con la Chiesa del suo tempo e addirittura l'anticristo con il papa ostile agli Spirituali a cui aderisce Ubertino. Certo l'interpretazione escatologica di tipo storico, soprattutto se di storia contemporanea al commentatore, può creare angoscie; ecco Ubertino espriipere le proprie: «Scrivo queste cose con tanto stupore, che mi sembra che il cuore mi si spezzi, e riesco appena a trattenere le mani dallo strappare ciò che ho scritto e la voce dal gridare». Però questa esegesi tutta indirizzata ai . propri nemici era anche un bel modo di scaricare i rancori: insomma poter pensare e scrivere che il papa Bonifacio VIII era l'angelo dell'abisso, come dire il demonio della quinta età della Chiesa, e ancora che il mostro che sale dal mare e quello che sale dalla terra rappresentavano rispettivamente Bonifacio VIII e Benedetto XI, francamente doveva essere un bel piacere, dal quale oggi con rammarico ci sentiamo esclusi, anche se le condizioni storico-politiche mica mancherebbero per ludi esegetici del genere. Ciò che maggiormente colpisce nelle letture dell'Apocalisse come profezia storica sta nel fatto che esse hanno sempre provocato uno slittamento dei termini per cui ogni epoca si è considerata nell'ultima o al massimo nella penultima delle sette fasi della storia del mondo secondo l'Apocalisse: come dire che ogni epoca si giudica e consi- ·dera pervenuta al limite estremo dell'umana corruzione e follia. È questo anche il messaggio della grande opera di Karl Kraus, Gli ultimi giorni dell'umanità, dove apocalittico è il «sogno cruento» della prima guerra mondiale, «la vicenda che trascorre per cento scene e cento inferni» di cui sono immagini e simboli le voci che costruiscono il libro. Anche Kraus compie come Giovanni l'atto di «sollevare un velo»: la rivelazione però qui ha per oggetto la guerra e la vergogna degli uomini che è peggiore della vergogna della guerra allorché essi si rifiutano di riconoscere che c'è stata, accettando solo che ci sia. Anche Kraus solleva il velo sul passato, eppure c'è un profondo senso escatologico in tutte le parti del suo immenso testo teatrale e nell'Epilogo soprattutto, dove è ripresa la visione cosmica della Premessa nell'intreccio simbolico delle voci dall'alto e della fine del mondo. Giustamente Roberto Calasse nel saggio La guerra perperua, posto in appendice al testo di Kraus, osserva che il messaggio di Kraus non sta nell'informarci che la guerra è una brutta e triste cosa, ma che la pace è impossibile: poiché gli uomini si dimenticano che la guerra c'è stata, che essi l'hanno combattuta, la guerra non finirà mai. Nemmeno la lettura profetica dell'Apocalisse arriva a dare un quadro così sinistro e apocalittico della storia dell'uomo sul pianeta terra.
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