Alfabeta - anno III - n. 23 - aprile 1981

.- :. ~)JP ~'f:,.;.-: QUADEJJIII DELLA F""J,IICE CHRISTOPHERMARLOWE IL DOTTORFAUST NUOVA EDCZIOtiE CO!II TESTI) A f'lONT! A CUIA DI Jrlf",MID'AGOSTINO -'-'J. ;JF ~-.,.. JJ\;,-: CLASSICI DELLA FENICE HEINRICHVONKLEIST OPERE VOLUMI! t LI! POESII'. t TUTTE LI! o,ul! Tt'.4TllALI ,...-,u,.,...,,-4, __ ~)J! .f.:.~~ PJI.OSACONTEMPORANEA ANTONIODEBENEDETTI ANCORAUN BACIO 11'1NOVE IACCONTI "flNI! u:cmo· L"AUTOIIOOIIAfl" l"IMAOINAalA DI UNO SCllffOI.ECONTEMPOaAl'iEO __ ,._,_ .. ,.. -'!! lJ! :.?··l\~ PllOSA CONTtMl'OllAHEA PETERHANDKE IL PESODELMONDO L",.TTESO"'OU,I.IO""DI Ul'tO DE.I nùCUUIU SCIITIOII a>lffEMPOaANil Blackout Blackout è una nuova rubrica di Alfabera. Rubrica assai particolare e delicata, come il lettore si accorgerà. Essa è destinata a raccogliere interventi, documenti, informazioni che per varie ragioni (politiche, giuridiche, di mercato) subiscano una forma di silenzio stampa. Alfabeta non per questo condividerà necessariamente i contenuti dei testi pubblicati, anzi talora potrà essere in disaccordo con essi. Né Alfabeta sarà falsamente neutrale: gli scritti saranno frutto di una scelta e non di atteggiamento indiscriminato. Blackout conterrà infatti riflessioni e notizie con le quali riteniamo giusto confrontarsi (aldilà delle singole opinioni) e ingiusto mantenere il silenzio. La libertà di espressione e la qualità dei contributi restano dunque i nostri criteri fondamentali, le ragioni stesse della nostra rivista. ... et pacem appellant di Enrico Rambaldi «Esistono due tipi di leggi; le une di un'equità e generalità assolute, le altre bizzarre, promulgate per cecitào necessirà contingenti. Queste non ricoprono il reoche d'ignominia passeggera, che il tempo poi riversa sui giudici e le nazioni perché vi resriper sempre» D. Diderot i. 1 carabinieri, pur «usi ad obbedir racendo», sono recentemenre piombari nei mass-media: Capuzzo ha imparriro lezioni di filosofia po/irica; Dalla Chiesa ha sparalo rerorica e cose grosse, allaccando i magistrali non sonomessi all'esecutivo (Conosco molti magistrati, ha assicuralo; per lo più ottime persone; proprio per questo vanno isolati quelli che non sono amici miei), ironizzando sulla prima repubblica (non rispondo a questa domanda, si è scherniro sornione, quando il giornalisraspalla gli ha o!ferro la bauura chiedendogli quale fosse il governo ano a sconfiggere il rerrorismo), invocando la repressione di ogni cu/ruradel dissenso (tutto è iniziato in quel nefasto '68, ha spiegato, che è stato una vera rivoluzione; suoi complici sono stati gli intellettuali che hanno civettato con l'ideologia extraparlamentare, vi hanno speculato sopra, si sono, insomma ... comportati in modo opposto a quello degli istruttori dei carabinieri; insieme al '68, matrici del terrorismo sono stati il marxismo-leninismo e la rivoluzione culturale cinese). Tullo ciò alla TV di srato, non per niente un venerrfl i 3 (febbraio; TAM TAM, rubrica del TGJ). L'ampiezza indefinita di questa pseudogenealogia culturale non è solo facilona: serve a di/ararel'arco di coloro ai quali si minaccia il cave judicium. Così, quando hanno occasione di contarsi, i pochi che ancora remano di far argine alla perversione della pena preventiva (cfr. Luciano FerrariBravo, La pena preventiva, in Alfabeta, 20, pp. 26-27) scoprono che le rispenive corporazioni d'apparrenenza -giornalisri, avvocati, magistrati, insegnanti, ecc. - sono spavelllate ed hanno compiuro altri passi verso il fascismo oggenivo, e che è sempre più difficile aggregare qualche forza nel microcosmo del rifluito e privatissimo. 2. Genealogie inconsisrenti, tullavia. Tra coloro che mitizzarono il '68 non vi furono i «cinesi», come allora si diceva, o - più solennemente dopo - i «marxisti-leninisti», anche se fu allora che un'intera generazione, scoprendo il movimento di massa exrraparlamentare, contestò nei fatti il revisionismo e ripropose un'interprerazione della delega intesa non a mediare, ma ad ampliare lo scontro. Ma proprio perché la tematica antirevisionista degli m.-1. era arricolata anche a livello reorico (i «cinesi» venivano da lontano; i loro punti di riferimento teorici, ed i loro concreti legami internazionali con la Cina e l'Albania, risalivanoprima ai 25 punti del Pcc contro il Pcus ed alle critiche mosse dai cinesi a Togliatti, e poi allo spumeggiare teorico della Rivoluzione culturale), quell'antiparlamentarismo fantasioso ma sguaiaro, che gella via in un unico mazzo capitalisti e professori, non pareva soddisfarli. Quanro ai contenuti del '68, che Dalla Chiesa giudica sem.'alrro «rivoluzionari», gli m.-1. nelle assemblee li avversavano, sostenendo che quell'unica idea del rifiuto della delega surrogava ad ogni contenuto concreto ed articolato, trasformandosi via via nel rifiuro della lezione, nella richiesradi srrullure seminariali alternative, negli esami di gruppo, epiù in generale in una sorta di do it yourselfcultura/e: niente /erruredi classici, ma chiacchiere sociopoliriche improvvisate, ritenute di per sépiù qualificami ed «impegnare» che non lo srudio di Dante, della filologia classica, de~'analisi matematica, ecc. Dal punto di visradell'analisi di classe, gli m.-1. potevano ben aver inteso che questa povertà di contenuti fosse spiegabile con la base sociale del movimento, e che esprimesse il rifiuto della prolerarizzazione da parte di una frangia della borghesia. Ma accorgersi di questo era una cosa, e riuscire a proporre contenuti altemarivi tull'altra. I «cinesi» cerramente non vi riuscirono: ne/l'estate del '69 erano già usciti di scena. Gli sviluppi anche fecondi che poi, nel corso di anni, il '68 ebbe, non sono meriro loro, come non sono loro demerito le varie degenerazioni che una fraseologia m.-1. poi carallerizzò: né le ingenuità di Servire il popolo, né il rerro ultrapartitismo karangoide del M.L.S., e nemmeno la sciagurarafuga in avanri compiuta dai rerroristi,Poi Pot nostrani che scambiano la propria soggeuività con la «vecchia ralpa» e percorrono un cammino funesto che, tra l'altro, fornisce al Palazzo un motivo di coesione e' rende superfluo l'incendio del Reichstag per scatenare una caccia generalizzata al dissenso. Peraltro era troppo facile che, se non si fosse trovaro un pu1110di vista oggettivamente popolare (non solo andando soggellivamente ai piccheui), dietro l'angolo c'era il riflusso generalizzato. Già le favole insegnano che il Maligno è astuto e lungimirante: dal fondo del Palazzo, parse a piene mani CÌò che favoriva la frantumazione ed il corporarivismo, ed intanto torchiava i non garantiti con il lavoro nero e gli sfruuati con l'inflazione, finché il 7 aprile poté impugnare la falce per raccogliere anche a livello giuridico-istituzionale la messe della divisione che aveva seminato. E fu su Autonomia che la falce per prima si abbaué, non solo per la sua prassi scamiciata, ma anche per la sua ideologia che la isolava da tulli: dai democratici e liberals borghesi, da coloro che resistono in trincee sparse capillarmente nella socierà civile (Manifesto, Lotta continua, ecc.), dalla stessa culruranon revisionisradel movimento operaio. Così, dopo aver radicalizzaro gli aspelli irrazionalisricie velleitari del '68 col rifiuto del lavoro e l'enfarizzazione dei bisogni soggellivi, dopo avertentato impossibili connubbi tra Marx e Foucault, Lacan ecc., dopo aver respinto la distinzione marxista rra movimento profondo e superficiale delle cose (cfr., ad esempio, Metropol~ n. 3, febb. 81, prima di copertina, v., oveci si dichiara disposri «a prender in considerazione nei dieci anni di lolla rrascorsisolo ciò che ha seminato mine vaganti sulla superficie de~'oggi. Per quesro morivo, ci chiamiamo fuori dalla cultura del movimento operaio»), Autonomia si è presentata nuda ed isolata a far da goloso bersaglio grosso per i colpi del nuovo fascismo oggeuivo, che cerca una restaurazione non solo sociale, ma anche giuridico-istituzionale. E così il vero Grande Vecchio, che nel suo cinismo sa abbastanza di analisi sociale da colpire l'anello più debole del dissenso, ha lanciato i paladini del- /' austerità degli austeri ad aprire la breccia, colpendo per primi gli isolarissimi e incasinarissimi contestarori del lavoro. E se anche è ormai chiaro che rutta l'iporesi Calogero-Gallucci dal punto di visradelle prove concrere, cioè de~'elementare principio dell'habeas corpus, non sta /e11eralmentein piedi, non si commetta l'errore di ritenere che di per sé, illuministicamente, ciò indebolisca quell'ipotesi reazionaria Al contrario: proprio perché manca di prove ed è sfacciaramente arbitraria, proprio per quesro ha poruto imporre a (quasi) rulli i magisrrariche si occupano dÙerrorismo un' alternarivasecca: o la sconfiua di questo disegno di restaurazione, o il perseguimento delle idee e la prarica del fascismo oggerrivo. « La prassi che si è instaurara in quesri anni consisre essenzialmente in un capovolgimento del principio costituzionale secondo il quale l'impurato è ritenuro innocente finché una sentenza non lo dichiari colpevole. In realtà, nei processi connessi alla loua armara un imputato è ritenuto colpevole, salvo prova contraria» (G. Galli,« Prefazione» a L. Grimaldi, Processo all'istruttoria, Milano Libri Edizioni, Milano, 1981, p. 13). E Galli è ancora troppo ouimista, perché proprio il caso di Gabriele Grimaldi mostra che per lo più non basra nemmeno laprova contraria. La prassi (che comincia già ad avere veste giuridica nelle leggi Reale e Cossiga) che Calogero-Gallucci hanno fatto passare è infaui ancora peggiore: non solo l'onere della prova rovescialo da~'accusa sulla difesa, ma anche la carcerazione preventiva come pena de facto contro le idee, come mezzo per acquisireprove che sgangherate istrullorie non forniscono; ma anche la rurpitudine del valoreprobarorio della chiamala a correo falla dai pentiri, con po/izioui, agenti della Digos, carabinieri, giudici istrurrori e pubblici ministeri che fanno a gara nel promellere fantastiche riduzioni della pena in cambio del pentimemo «allivo», cioè della chiamata a correo genera/izzara a macchia d'olio. Promesse comunque illegiuime, poiché le riduzioni della pena spellano comunque al magistraro giudicante, e che dimostrano come /'arr. n. 4 (sui pemiti) abbia lo scopo di allargare ad libitum l'area dei perseguiti edi usare la carcerazionepreve111ivacome srrumento di discriminazione e di acquisizione di prove. Viscardi, ad esempio, viene creduro quandò accusa, ma non (processo Torreggiani, in aula, corte di assise di Milano, I Omarzo i 981) quando scagiona; oppure Sandalo, creduro quando accusa gli inermi, e non quando inguaia qualche potente, come Carlo Donat Cauin o Cossiga. Arrogante, il fascismo oggettivo cerca poi di far passare nei mass-media il messaggio che: poiché il terrorismo è inumano, i terroristi veri o presunti vanno trattati non come uomini, ma come bestie! Di qui lo stordimento e l'atonia con i quali l'opinione pubblica rollera, per ora, l'obbrobrio delle carceri differenziare, i continui pestaggi, le rorrure degli interrogarori «a caldo» cari a Valiani, i trasferimenti continui con lo scopo di piegare il detenuto, di strapparlo dal ressuto dei congiunti, di • render più difficile la difesa. Così, nella «civilissima Milano», gemellata con chissà quanto nobili ci11à antifascisre ed il cui gon[alone è il medagliere della Resistenza, ci sono persino le gabbie di tigre, le baracche da Stalag. mentre il sindaco socialista, anziché dimellersi per protesra contro quesra inciviltà si fa fotografare che mangia serafico il risotto in Galleria. Srapassando, in /rafia, un conceuo della carcerazione che non differisce da quello di Torquemada, se non che questi, nelle intenzioni, era più nobile, volendo salvare l'anima al reo. Per aver imposro quesra prassi, anche con pantalonnades internazionali, Gallucci è sraropromosso procurarore capo. Alrri l'hanno poi perfezionara: Sica imputa del sequestro D' Urso gente che, leueralmente ha un alibi di ferro, daro che era in galera! Dalla Chiesa indica in TV tulle le ideologie extraparlamentari come pericolose, e chiede così, copertamente, di perseguirle! Infelisi persegue direuamente, espliciramente e sfacciatamente le idee: Di Giovanni è il primo avvocaro che è staro incarcerato e processato non perché un pentito avrebbe sentiro dire da un altro pentito che un fiancheggiarore gli avrebbe confidaro che anche Di Giovanni fiancheggerebbe. Così, ad esempio, erano stati incarcerati Ventre, Fuga, Sergio Spazzali, era srato spinto al suicidio Ama/di, erano stari emessi mandari di cattura contro Cappelli, Zezza. Di Giovanni è sraroinvece associaro ideologicamente ai suoi difesi, e imputalo direuamente per aver pubblicato delle idee (Corrispondenza internazionale», nn. 16117, ono./dic. 1980, fase. monografico «L'ape e il comunista»), e in base a quesre idee, senza neppur la parvenza della mediazione farrualedi un habeas corpus, gli è sraro contestato di aver pensato «a fini di terrorismo» (P.M. Infelisi, in aula, 23.2.81 ). Non ci s'illuda che la sua assoluzione significhi, da sola, un'inversione di rendenza; questa è invece pienamente confermata, ad esempio, dalla requisitoria Ciampani sul 7 aprile. Se quesro principio oggettivamente fascisra passasse del ruuo, toccherebbe poi non solo alle idee de L'ape e il comunista o di Autonomia, ma anche a ruue le altre che non aleggiano né nel Palazzo, né nei suoi avamposti esterni, segrererie di partili e sindacati. Ma quando la scure sarà ai piedi de/l'albero, raccherà anche a molli che oggi popolano questi avamposti di subirne i colpi, poiché una repubblica che avesse come asse porrante i carabinieri avrebbe anche un concetto piuuosto tradizionale di pace sociale: solitudinem faciunt, et pacem appellanL Sino ad ieri, per colpire Gabriele Grimaldi, piuore che dissente e che proviene da una esperienza m.-1? si doveva assimilare il dissenso al rerrorismo. Oggi si può colpire Di Giovanni, avvocaro e marxista, direrramenteperché dissente. Domani, criminaliu.aro il dissenso, si potrà colpire anche chi, come i garantisti, disse/Ile da posizioni della miglior tradizione liberal-democratica;e così fina/meme si disterà solo un passo dal colpire ru110ciò che non è funzionale alla razza padrona: residua libertà di srampa, dirillo di sciopero, libere elezioni. Sarà un risveglio amaro per chi oggi s'illude di cavalcare questo fascismo oggettivo per offrire, con fermissima fermezza, garanzie che consentano l'accesso alla sranza dei bottoni. 3. A prima vistasembra una nemesi, ed invece l'esperienza srorica mostra che è normale: proprio chi, con il suo bagaglio teorico, non dovrebbe farsi illusioni sulla dinamica profonda del fascismo oggenivo, è invece cieco di fronte alla riperitività, semplice e maligna, di ques1aprogressiva riduzione dei margini di dissenso. Nel Pci hanno certamente ferroLenin, e quindi sanno che tutto l'apparato statale (senza sostanziale distinzione Ira legislarivo, magistratura ed esecurivo), è «un organo di opressione di una classe da parte del- /' a/1ra» (V. Lenin, Stato e rivoluzione, 1917; trad. it. Roman, Ed. Rinascita, 1954, p. 9). Ma a Botteghe Oscure è anche in uso, e da decenni, la pratica di demonizzare chi cri1ica ciò che il Pci fa e propone, salvo che sia democristiano. E così, tra coloro che si oppongo al fascismo stri.sciante vi sono la sinis1ra non ufficiale esolidi riformis1iborghesi che ai principi del 1789 ci credono davvero, ma mancano Pci, Psi, sindacati e rurtigli organismi di massa resistenziali. Così, è toccaro a Bocca respingere le resi di Calogero (cfr. G. Bocca, II caso 7 aprile e la grande inquisizione, Milano, Feltrinelli, 1980). E con lui a vario titolo si sono mossi Galli, Riccardelli, Rodorò ecc., i quali tulli ora si vedono, dopo esserne stati dileggiali da sinistra per anni, scavalcati a destra da frotte di marxisti neohobbesiani (o neobismarckiani), giovani e già malvissuti, che -rientrati nel Pci od accampati nelle sue immediate vicinanze - usano cinicamente la criticamarxista dello srarodi diritto per giustificare lo scempio della libertà d'espressione, di cultura, di difesa, ecc. Quanti di quesri superduri di ieri so1toscriverebbero oggi il giudizio di Giorgio Galli, che «lo s1ato di diri1ro d'ispirazione liberale deve applicare la sua concezione garanri1aanche nei con-

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