Alfabeta - anno III - n. 23 - aprile 1981

Jorge Lula Borges STORIA UNIVERSALE DELL'INFAMIA Introduzione di Carlo Fruttero e Franco Lucentini L. 4.500 w.v.o. Quine LOGICA E GRAMMATICA Introduzione di Paolo Parrini L. 9.000 Roberto Fiaschi L'INVENZIONE TECNOLOGICA L. 7.000 Ronald L Meek IL CATTIVO SELVAGGIO Prefazione di Salvatore Veca L. 12.000 Ristampe Simone de Beauvolr ESISTE LA DONNA? a cura di Renate Zahar lii edizione L. 7.000 Jean-Paul Sartre BAUDELAIRE VII edizione L. 6.000 Una collana che si propone ad un vasto pubblico come sicuro veicolo di storia e di cultura. Jaroslaw lwaszkiewicz Chopin La vita di un grande musicista raccontata da un grande scrittore. L. 7.500 Francine Mallet George Sand La personalità e iltalento di una donna tra le più ammiratedell'Ottocento. Ure 9.000 Max Born Autobiografia di un fisico I ricordi di uno dei maestri della scienza contemporanea. Lire 12.000 Enrico Ghidetti Italo Svevo Il borghese triestino che nasconde l'esistenza notturna e segreta del narratore di genio. Lire 10.000 Phyllis Rose Virginia Woolf Una vicenda umana,un ambiente, un'esperienza letteraria che entrano nel vivo dell'attualità. Lire 7.000 EditoriRiuniti Il fantasma dello Stato Il costituirsi come opposizione diame1rale al formalismo della norma segnala, all'interno dell'opera schmittiana, la permanenza tutt'altro che residuale di un retaggio classico che ne rende oltremodo problematica la proiezione su quella dinamica di trasformazione delle società complesse che, già con la «stabilizzazione» degli anni '20, aveva messo irreversibilmente in crisi il paradigma weberiano di razionalità, fondato sulla stretta correlazione tra schema scopo/mezzo e struttura gerarchica di comando. Kelsen aveva implicitamente toccato questo aspetto aporetico, quando si era posto il problema se dietro lo sdoppiamento di diritto e Stato non operasse una ipostatizzazione, in ultima istanza mitologica, dello Stato a Megasoggetto: ossia un'idea totemico-sacrificale del Politico. Il limite di fondo della concezione schmittiana (e della sua interpretazione in chiave decisionistica della teoria hobbesiana) starebbe, pertanto, nel ripristino del dualismo metafisico implicito nella sua sostituzione dell'ipostasi sostanzialistica alla categoria di relazione funzionale (altra questione è, naturalmente, quella dell'aporeticità in cui a sua volta s'imbatte l'identificazione kelseniana della relazione funzionale con il sistema delle norme). La forza della critica antisostanzialistica e antimeccanicistica - portata avanti nel corso degli anni '30 da Talcott Parsons - sta tutta nel rilievo che solo una rela1ivi1à della decisione al sistema degli interessi, delle forze e delle diverse forme dell'agire che caratterizza la complessità sociale contemporanea può rendere l'azione del politico realmente efficace-e che solo questa relatività può assicurare la durala della relazione di potere, dare il senso della sua produttività come capacità di aprire dei varchi innovativi nel «sociale» e nell'«economico». M algrado il riaffiorare di questo limite classico, resta il fatto che la critica schmittiana ha operato - dopo Weber, e sulle premesse di Weber - un poderoso disincanto sulla storia del politico borghese tra Otto e 1 ovecento, mettendo indirettamente a nudo come la parzialità della «demiqificazione» marxiana dipenda dalla sua appartenenza a quell'«epoca vittoriana» che privilegiava nettamente la dimensione interna rispetto alla dimensione internazionale del conflitto: l'opera di Marx, in sostanza, si trova al centro del periodo storico che Polanyi definisce suggestivamente «pace dei cento anni». È inevitabile che la forza di questo disincanto ritorni prepotentemente di attualità oggi che si è incrinato l'equilibrio «normale» delle relazioni internazionali, facendo salire nuovamente alla ribalta il problema superclassico della guerra e della pace. Sarebbe tuttavia, oltre che precipitoso, fuorviante voler dedurre da questa constatazione che il politico sia destinato a riacquistare d'improvviso la sua antica «aura» o che sia spinto dalla cogenza dell'inesorabile legge dell'eterno ritorno a un'assunzione di responsabilità in termini di fattispecie bellica. Oggi appare infatti ancora più marcato che nel primo dopoguerra un tratto distintivo dell'epoca contemporanea, messo in evidenza dallo stesso Schmitt nella Premessa ali' edizione ilaliana ( 1971) della silloge Le categorie'· del «politico»: in primo luogo lo Stato, in seguito al sorgere di nuovi soggetti «non più statali», ha perduto il monopolio del politico - come sono costrette ad ammettere anche le nuove teoriche della «crisi della democrazia», il cui asse di svolgimento si è spostato dall'obiettivo dell'«integrazione» a quello (più drammaticamente aperto e problematico) della «governabilità»; in secondo luogo questo trend di oltrepassamento dello Stato da parte della politica viene a prodursi al culmine di un processo di «mezzo secolo» di storia, nel corso del quale «l'Europa ha perduto il suo ruolo di centro della politica mondiale». Il problema che qui insorge è se questa nuova costellazione internazionale chiude definitivamente oppure se apre a un nuovo livello il tema «classico» della teologia politica: ossia, quel «prodotto di una lunga simbiosi del pensiero teologico, filosofico e giuridico» che rappresenta una componente peculiare ed essenziale del «razionalismo occidentale». In che misura, dunque, è possibile raffigurarsi l'attuale situazione di crisi - risultato delle contraddizioni cui ha messo capo lo stesso processo di «secolarizzazione« - nei termini drastici di un ritorno al «classico»? li quesito che si propone va oltre la (pur significativa) divisione di campo tra «monisti» e «pluralisti», concezione «monopolistica» del potere e teoriche del «potere diffuso» - oltre il margine di differenziazione che relativizza in termini funzionali la dimensione del politico alla molteplicità dei bisogni e . dei saperi sociali attorno a cui si aggregano i «soggetti». È il problema della qualità e della specificità dell'cobbligazione politica» rispetto alla struttura in divenire della Costituzione, rispetto ai vincoli «contrattati> di razionalitàlegalità che la connotano. La definizione del politico come regno della pax apparens·( e non - per riprendere l'endiadi di Tommaso d'Aquino- della vera pax), mentre apre il varco all'acquisizione moderna dell'assolwa artificiali1à della costruzione statuale, non comporta di per sé delle conseguenze univoche. La questione dello statuto specifico della decisione come attributo peculiare della sovranità presenta sin dalle origini- come si è rilevato in precedenza - una struttura dimidiata, che produce una piega vistosa nella stessa «linea» MachiavelliHobbes. 11 dilemma è reso con efficacia dall'iconografia barocca della sovranità. genialmente decifrata da Walter Benjamin: lo scettro del sovrano simboleggia la decisione che, reggendosi nel vuoto, mette ordine nel caso. Il risvolto nichilistico del problema della decisione (rapporto vuoto-decisione) presente nell'iconografia barocca (in cui un allievo di Schmitt, Roman Schnur. ravvisa la genesi del decisionismo politico-giuridico europeo)- l'acquisizione dell'artificialità «manieristica» dell'ordine istituzionale, che ha ormai consumato fino in fondo la rottura con l'organicismo simbolico-pontificale- lascia impregiudicata la questione se !'«essenza» della sovranità stia nella sua trascendenza o nella sua immanenza alle forme di razionalità legale e di disciplinamento burocratico-amministrativo dello Stato. La stessa definizione di Gierke, dello Stato come oggetto dell'attività del sovrano, pone un problema di compatibilità con quella linea di storia politica e costituzionale che vede l'estremo compimento del processo di razionalizzazione-spersonalizzazione dello Stato assoluto nel modello prussiano, in cui la persona del sovrano acquista rilevanza solo nella sua qualità di «primo servitore dello Stato>: di vertice, dunque, di una macchina regolata (grazie al diritto pubblico) da un interno automatismo. È inevitabile che il dilemma si riaffacci anche una volta abbracciata la più comprensiva, e più «evoluta», immagine del potere diffuso (quell'immagine, cioè, che si ritiene più consona e adeguata alla struttura delle «società complesse» contemporanee): può essere !'«essenza» del politico risolta nelle relazioni funzionali tra razionalità delle forme di po1ere e assetti interni agli ambiti specifici di sapere? E, se si aggiunge che tali assetti interni sono non patologicamente ma fisiologicamente agonali - attraversati dalla «contraddizione» - è la sostanza del problema a restare investita, o non piuttosto il grado della sua complessità? Da Machiavelli a Schmitt, da Hobbes a Weber, il poliùco moderno non conosce soltanto il campo di tensione tra uno e molteplice (unità del «governo» e pluralità della «partecipazionerappresentazione» dei poteri-saperi diffusi) nella sua strutturalità elementare, nella sua figura scheletrica. Conosce anche la dieresi tra occasio e ·norma, eccezione e legge, invemio e disciplinamento. Non a caso, le odierne teoriche della «razionalizzazione» (e, segnatamente, la trasposizione in chiave «sistemica» della problematica weberiana del potere operata da Luhmann) vincolano la radicalità della propria critica di ogni teologia politica alla pretesa di 'j,rodurre una versione purameme amministra1iva della teoria della decisione. Ma ciò finisce per destituire di senso lo stesso concetto di politica, per perdere di vista quell'«arcano» del potere che sta all'origine del suo codice simbolico-e che era ben presente a Weber quando affermava che lo Stato condivide con la sola religione la prerogativa del controllo della pulsione di morte. Tale prerogativa fa tutt'uno con il dilemma della sovranità, il cui enigma consiste nell'illuminare - nel produrre connessionidi senso (e di scopo)-, e simultaneamente, nel sottrarsi allo sguardo. Che senso avrebbe, del resto, il magico appellativo di «Re Sole», se non ricordassimo l'affermazione di La Rochefoucauld che né il sole né la morte possono essere guardati in volto? (Rtdatione pre.sèntarii-ai convengno su Schmùt svoltosi a Padova nei giorni 23-24 aprile 1980, e successivamente rielaborata). LnovitàJ LOESCHERUNIVERSITÀ manuali Romano Luperini IL NOVECENTO Apparati Ideologici ceto Intellettuale sistemi formali nella letteratura Italiana contemporanea due tomi indivisibili. L 27.000 Angelo Plchlerri INTRODUZIONE ALLA SOCIOLOGIA INDUSTRIALE Massimo L Salvadori STORIA DELL'ETÀ CONTEMPORANEA 1. 1815-1914 2. 1914-1945 3. 1945-1970 monografie Marino Niola LA PARABOLA DEL POTERE • IL BIG MAN DELLA MELANESIA LS.500 L 11.500 L 11.500 L 11.500 instampa Gaetano Berruto LA VARIABILITÀ SOCIALE DELLA LINGUA L6.700 Pietro Scarduelli GLI AZTECHI E IL SACRIFICIO UMANO Maria Arioti PRODUZIONE E RIPRODUZIONE NELLE SOCIETÀ DI CACCIA-RACCOLTA Lorenzo Del Pantà L6.400 L6.700 LE EPIDEMIE NELLA STORIA DEMOGRAFICA ITALIANA (SECOLI XIV-XIX) L 1.000 medie superiori R. Ceserani, L. De Federicis IL MATERIALE E L'IMMAGINARIO Laboratorio di analisi di testi e di lavoro critico 1/2. La società agraria dell'Alto medioevo. La cultura dell'età feudale L 8.900 3. La società urbana L 14.800 4. La società signorile L 14.800 5. La società dell'antico regime L 13.700 6. La crisi dell'antico regime. ' Riforme e rivoluzioni L 14.800 10. Strumenti. Termini, concetti, problemi di metodo L 4.500 G. F. Gianetti, A. Pennacini SOCIETÀ E COMUNICAZIONE LETTERARIA IN ROMA ANTICA 1. Dalle origini al Il secolo a.e. L 7.500 2. Dal I secolo a.e. al principato di Augusto L 11.000 3. Da Tiberio al Vsecolo d.e. L 13.000 G. Giannantoni LA RICERCA FILOSOFICA: STORIA E TESTI 1. Le forme classiche 2. La razionalità moderna 3. Le filosofie e le scienze contemporanee nuova edizione instampa LOESCHER LI.I

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