Alfabeta - anno III - n. 23 - aprile 1981

traverso diagrammi di sistemi/ siamo in un paese senza lingua/ né leggi (..) le mappe che ci hanno dato eqrno vecchie/ di anni ... stiamo guidando attraverso il deserto» (Poesia d'amore, XIII). Questo deserto è l'immagine sintetica dello spazio e del tempo del silenzio femminile nella cultura e nel linguaggio. Nessun segno lo articola internamente, nessuna fisionomia è riconoscibile laddove il tempo non ha segnato il suo corso e l'essere umano la sua impronta. Nel Sogno di una lingua comune la ricerca linguistica della Rich, superati gli ambiti di una espressione «personale», diviene costruzione di un codice, accumulazione di informazione e di storia di donne nelle parole e nelle strutture. Fedele alla sua iniziazione esistenzialista al femminismo, la Rich ha volutamente ignorato, nel suo percorso, le diagnosi scientifico-positiviste, e strutturai-psicologiche che decretavano l'impossibilità dell'accesso della donna al linguaggio. Laddove Jespersen aveva concluso, in un suo famoso capitolo sul linguaggio femminile, che le donne non potevano essere linguiste né letterate perché- per limiti biologici, riscontrabili anche nelle donne «acculturate» - non erano in grado di manipolare il linguaggio e disvelarne il funzionamento, né contribuivano al suo arricchimento col conio di nuove parole; laddove Lacan mezzo secolo dopo, basandosi sulla linguistica per ridefinire la differenza fra i sessi, in un seminario affermava «non c'è donna se non esclu a dalla natura delle cose che è la natura delle parole» (Encore, Séminaire XX); la Rich ha insistito in una attiva penetrazione e trasformazione del linguaggio esistente, affermando la co-presenza di donna e linguaggio. La realizzazione materiale di questa presenza è ancora, come nel titolo della raccolta «un sogno». Non il sognodesiderio freudiano, piuttosto quel sogno pre-visione, o visione lucida di una realtà in fieri, che Jung interpreta come attivazione dell'energia interiore necessaria alla realizzazione degli individui. «La lingua comune è ancora un'aspirazione» - afferma la Rich nell'intervista, ma prosegue- «sebbene io la senta sempre più come una realtà nel leggere i lavori di molte scrittrici; sembra quasi che facciamo delle scoperte simultanee, esprimendo bisogni simultanei, 'sprizzando scintille' dall'una all'altra». Nominare è il primo atto linguistico, atto di auto oltre che di etero-creazione, atto che sconvolge gli equilibri precedenti, modificando irrimediabilmente il paradigma linguistico. E nominare è il primo atto che la Rich si attribuisce in queste poesie, in un intreccio di atteggiamenti vecchi e nuovi, in cui però la creazione poetica, il suono materiale, non provoca la morte definitiva della donna Euridice, ma la sua nascita. In Sogno di una lingua comune la concretezza della parola viene per la prima volta esplorata in tutte le sue possibilità, in una singolare affinità con le tecniche imagiste di inizio secolo. ' Nella terza sezione della raccolta i versi di Non altrove ma qui si muovono in una girandola di istanti-immagini di sentimenti, azioni, percezioni: «Coraggio Lei faccia nelle foglie i poligoni/ del selciato Lei isolata/ Coraggio di respirare La morte di Ottobre». Vi si ritrova l'energia dello hai-ku ma non la sua staticità. Vi si ritrova Hilda Doolittle (HD) dal cui The Floweringofthe Rod è presa l'epigrafe che precede la raccolta; vi si ritrovano i presenti di Virginia Woolf e di Gertrude Stein, trasformati nella aggregazione dinamica che correla interno e esterno. La poesia stessa diviene aggregazione di vuoti e di pieni, di parole e di silenzi, di oggetti e esperienze, senza altra articolazione che il rinvio dell'uno all'altro. li rapporto parola-realtà-soggetto viene ristabilito. Contro la decretata separatezza di reale e simbolico, contro l'immutabilità metafisica del discorso che, ormai chiuso, impedirebbe l'accesso dell'individuo, lasciandogli . solo gli spazi della connotazione e l'allusività dei silenzi, la Rich ripropone la modificabilità dell'ordine e l'azione creativa del parlare. Contro i fantasmi lacaniani, ultima visione di una cultura maschile che infine dichiara implicitamente il proprio fallimento, rifiutando contestualmente di modificarsi, la Rich propone la concretezza dell'individuo e della sua capacità di trasformare società e cultura. Contro l'incomunicabilità dell'espressione discorsiva, la Rich ripropone un ritorno alla comunanza, allo scambio presenti nel codice linguistico. E non è strano che questa sua proposta, che vede la donna attrice principale, risponda alle tensioni del femminismo degli anni ottanta. Troppo a lungo la donna è stata il fantasma in una cultura che ora vorrebbe tutto ridurre a fantasmi, lasciando che nella realtà gli individui si annientino in logiche senza più logica. - S e nominare altro non è che colmare di realtà uno spazio deserto, parlare è registrare la presenza di sé nel linguaggio, è affermarsi come soggetto attivo nell'interscambio linguistico e sociale. Codice e discorso sono i due versanti del linguaggio in cui la donna deve operare, producendo testi che permangano nella cultura. In questo modo può essere creata una lingua comune, una lingua che, se è espressione individuale, è anche recupero della memoria linguistica, riattivazione di un patrimonio che una letteratura di donne ha già creato. E Sogno di una lmgua comune vuole essere espressione e codice insieme, esperienza personale e storia di altre, detta con parole comuni. Le poesie divengono in questo modo «il cavo di. fuoco blu che lega» corpi «che bruciano insieme nella neve» perché «là vera natura della poesia» è «la pul ione a connettere. li sogno di una lingua comune». elle poesie le «visioni» del sogno rimandano immagini di altre donne, le donne della storia che infine sostituiscono la Grande Madre; le parole divengono subito evocazione di realtà vissute e finora taciute, fino a raggiungere lo status di veri simboli femminili. Il bianco della neve della montagna su cui giacciono i corpi delle donne che componevano una spedizione tutta femminile (Pha111asyfor Elvira Shatayev) rimanda al bianco del vestito di Emily Dickinson, monocorde esibizione di una volontà di separatezza e di autenticità; al bianco della neve della montagna della Resurrezione di HD. Nelle poesie bianca è la morte, bianco è il momento di sintesi, è il sole di mezzanotte, la fessura di luce che divide e unisce giorno e notte. Bianca è la pagina in cui la scrittura incarna e unisce corpi e parole di donne, dove «la lingua si libra fino a svanire/ incarnata sussurra la lampada fluorescente/ primaria afferma la venatura cicatrizzata del pavimento/ e sul soffitto l'intonaco strappato ride imago». Uscire dal silenzio, parlare, è per la Rich non solo creazione di sé, ma anche rivelazione della menzogna insita nella presunzione di rappresentatività universale che la cultura patriarcale si attribuisce. 011Lies, Secrets and Silence, il titolo dato al suo ultimo volume di saggi, diviene eco e interpretazione di quel Non più maschere, titolo e par9la d'ordine di una nota raccolta di poesie di donne. L'eliminazione del silenzio, la nascita della donna alla parola, comportano la caduta della maschera maschile. Lo svelamento del vero volto non potrà che condurre a una nuova etica in cui non esiste «la verità» o «una verità» ma la verità sarà intesa come «una complessità in continuo aumento. Il disegno del tappeto è una superficie. Quando guardiamo attentamente, o quando diveniamo tessitrici, conosciamo i numerosi fili invisibili in superficie, i nodi nel verso del tappeto» (p. 187). Con l'immagine del tappeto e della tessitura nasce immediata l'evocazione di un'arte da sempre femminile. Ad essa si lega lo stimolo a riattivare un'abilità (forse connaturata, forse appresa, certo dimenticata) da usare nel presente per ritessere noi stesse con la società, la cultura e il linguaggio, partendo anche, come fa la Rich in questo caso, dalla scelta di immagini che iscrivono un segno dell'azione della donna nostra antenata nella storia, e della attuale nella coscienza. Il radicalismo puritano presente nella Rich, che si riconosce nel bisogno di una nuova etica, non diminuisce la luce che ella getta sull'operazione di creazione culturale che la donna deve compiere per colmare «secoli di libri mai scritti ammucchiati dietro questi scaffali;/ e noi dobbiamo ancora scrutare l'assenza/ di uomini che non volevano, di donne che non potevano, parlare/ alla nostra vita - questo buco ancora non scavato / chiamato civiltà, questo atto di traduzione, questo mondo a metà» (Poesia d'amore, V, p. 27). Quanto una lingua comune e una cultura segnata dal femminile siano non solo necessarie ma già in fieri lo dimostrano in Italia l'esistenza del Centro Studi DWF e la nascita del Centro culturale Virginia Woolf, l'università delle donne, i cui ambiti e scopi la Rich aveva anticipato nel saggio« Verso un'università centrata sulla donna» (in On Lies) del 1974, con parole che ben sintetizzano i problemi tuttora esistenti e la necessità di un atteggiamento culturale nuovo: «In quanto finora agenti marginali e 'invisibili' della cultura, la cui cultura originaria è stata negata, noi donne abbiamo bisogno di riorganizzare il sapere, di prospettive e strumenti analitici che ci aiutino a conoscere le nostre antenate, a valutare la situazione presente / politica, storica, personale / e a prenderci seriamente quali agenti creativi di una cultura più bilanciata( ...) Questo non significa che l'intero apparato di risultati intellettuali messi insieme dagli uomini debba essere rifiutato, o che le donne rivoltino l'intero apparato sostituendo 'lei' a 'lui'.( ...) Ma una reinvenzione radicale di soggetto, linee di investigazione e metodo sarà necessaria» (p. 14 I).

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