Alfabeta - anno III - n. 23 - aprile 1981

Mensile di informazione culturale Aprile 1981 Spedizione in abbonamento postale Numero 23 - Anno 3 Lire 2.000 23 gruppo III/70 Printed in Italy CLENCRANT il punnmisky dipuro maltod'orzo. Teoriedelpolitico ( Veca,MarrélmaoM, annuzzu,Formenti) · LaDestra( 1-Sheehan) • • • A_11ocalisse (Corti) Autobiografia • ' Carné, lair,Viga Una comunicazione cli R. Rossancla * L'appello_per Balestrini T. Sheehan: La nuova destra francese * S. Silveslii~ Mare noiliuln • - M. Corti: ADocallsse quando * M. Cambonl: La donna cliAclnenne Rida C. Formentl: Sprnoza clopo Marx • Cfr. • C. Benedetti: Il pallo autobiograRco O. Calabrese: Guardarsi guardare • G. Nocera; Il genere leltera Testo::S. Yeca: Il modello del coaatwallo;S. Mannuzzu: Cella sistina G. Manamao: SchmlN e l'arcano clel ~ * M. Grancle: Clalr, Carné, Viso Blackout: ... Et i;-•m aDDellant I E. Rambalcll * Poesie cli S. Albisanl Lettere * Glonaale clel lonaalli lpagna: un golpe fallito? * lm111C19lnl cli Moholy-Nagy

Rossanda Car-iamici di Alfabeta uno di voi mi ha cortesemente telefonato per dirmi che avevate deciso di mettermi a disposizione uno spazio di Alfabeta per parlare del manifesto in dif ficoltà. Non ne abuserò. Le difficoltà del manifesto sono semplici: la sua vendita e i suoi abbonamenti non riescono a coprire, di poco, il bilancio di esercizio e affatto il debito accumulato in questi anni. La parte centrale di que- ·sto debito è formata dal mancato geuito ·delle provvidenze dello stato per la stampa quotidiana (rimborso carta fino a 0110pagine, risparmi nelle tariffe dei servizi essenziali); complessivamente esso (mancato gettito) ammonta ad oggi a circa 8-900 milioni di lire. Ne abbiamo dovuti chiedere circa 700 alle banche e li paghiamo a elevati tassi di interesse; per cui sul nostro bilancio annuale pesano 180 milioni di interessi passivi, pari a sei mesi di stipendi. Le voci che la leggeper la riforma del/'editoria sarebbe stata ulteriormente rimandata, lasciando un vuoto legislativo e finanziario, ci hanno dunque costre110ad annunciare che avremmo chiuso, finché eravamo in tempo ancora a chiudere con onore, liquidando o cedendo la nostra consistenza patrimoniale (tipografia di Milano e macchinari). Penso che sia chiaro. Posso aggiungere che il nostro giornale, che nel i 971, quando iniziammo, costava circa 38 milioni al mese, oggi ne costa 2 i O. 1costi maggiori sono stati quelli della carta, della distribuzione, delle tariffe telefoniche e delle tipografie; compressi sono stati, natura/me/lle, i salari, che non raggiungono se non quest'anno globalmente la media d'un operaio qualificato della metallurgia. Compressi anche nel senso di non pagati se non con forte ritardo, quando altre scadenze urgono; il bilancio d'un giornale è rigido, perché le tipografie si pagano a quindicina, i trasporti immediarameme, la carta - per un certo periodo - addirittura in anticipo. Solo i compagni sono «flessibili». Per coprire /'a11uale deficit annuale basterebbe l'annullamento degli illleressi passivi (sedici milioni al mese), il rimborso carta e i risparmi tariffari. C'è però un debito pregresso in dieci anni, non enorme, anzi, francamente ridicolo che ci costringerà, anche quando la legge saràpassata, a un duro «programma di ripianamento». Come si è formato questo deficit? in un giornale i deficit si formano (almeno alla nostra formula, strettamente economica negli stipendi e servizi) quando non si vende abbaswnza. Elementare. Se avessimo continuato a vendere su una media di ventimila copie e quattromila abbonamenti come nel 1976 l'arrivo dei soldi della riforma sarebbe stato importante, ma non drammatico. Se continueremo a non arrivare a questo livello, saremo un giornale autogestito, ma dipendente per una quota del suo bilancio, ·anche modesta, dal rimborso dello stato. Ma .qui il problema lo giro a voi. Perché il manifesto è vissuto dieci anni, ha un certo prestigio, l'ipotesi della sua morte haperfino rimesso inmovimento la quasi defunta riforma, giacente da oltre quattro anni, e tuttavia non vende abbastanza per garantire la propria sussistenza.? A questa domanda non basta, ed è probabilmente parziale, la risposta che possiamo dare noi. Alfabeta che cosa nepensa? Mi offre questo spazio perché ritiene che qualsiasi testata vada difesa, o perché vede un'utilità, se non una necessità in questa testata? Lo comprate, questo giornale, vi abbonate, sottoscrivete, o non vi interessa? Non è un obbligo costituzionale che interessi: capire le vostre ragioni, se non vi interessa, o perché vi interessa, o che cosa vi interessa e che cosa no, è per noi più prezioso che lo spazio che, generosamente, mi concedete. Perquesto non voglio usarne ulteriormente; vorrei che lo faceste voi, se la nostra vitao morte vi sembra ogge110 di riflessione, culturale o politica. Con amicizia. Rossana Rossanda Leimmagindi iquestonumero La fotografia è un mezzo per catturare la luce, per indagare l'idea e i significati delle forme che dipendono dalla luce. Moholy-Nagy fu ilpoeta e l'artigiano sperimentatore della luce. Compì apartire dal 1923 delle <<composizioniluminose», che voleva rendere autonome fors'anche da/l'avanguardia, comunque dalle esperienze figurative legate alla pittura tradizionale. Si interessò pertanto ai «foto/grammi», cioè alle esposizioni del materiale sensibile ottenute senza l'aiuto delle ottiche, sfruttando solo la luce e le ombre degli oggeui sul materiale. Si interessò anche alla fotografia «manipolata», cioè alla fotografia con l'aggiunta di altre fotografie, o disegni, aifotomontaggi, come avevano già proposto i «Dada», dacché Moholy-Nagy era legato al gruppo berlinese (R. Huelsenbeck, R. Haussmann, J. Baader, J. Heartfield, e in particolare G. Grosz) e ai russi Malevich, Tatlin ed El-Lisirsky. Ma inta1110nella Bauhaus vengono proposti i «nuovi professionisti», in assoluta comunanza di idee con Walter Gropius. Nella Bauhaus Moholy-Nagy era arrivato per i« Vorkurs» nella primavera del I 923, al seguito del gruppo «internazionale» costru11ivi,ra, tra i quali erano sia EI-Lisirsky che Richter Alla Bauhaus fu l'anima dello «Zirstil», e la sua fedeltà a Gropius arrivò a dimettersi con lui, Bayer e Breuer nel 1928. Come avvenne per l'Architettura che iniziò solo nel 1927 con Meyer, anche la fotografia iniziò nel 1928 con Peterhans e dopo l'uscita del gruppo Sommario Una comunicazione di Rossana Rossanda pagina 2 Appello per Balestrini pagina 3 Thomas Sheehan La nuova destra francese (Les idées à l'endroir, di Alairt de Benoist) pagina 3 Maria Corti Apocalisse quando (Apocalisse prima e dopo, di E. Corsini; Storia ed escatologia in Ubertino da Casale, di G. L. Potestà; Gli ultimi giorni dell'umanità, di K. Kraus) pagina 7 Carlo Formenti Spinoza dopo Marx (Marx oltre Marx - L'anomalia selvaggia, di A. Negri) pagina 8 Marina Camboni La donna di Adrienne Rich (Esplorando il reliuo -Nato di donna - The Dream of a Common Language; Poerns 1974-1977 - On Lies, Secrets and Silence: Se/ected Prose 19661978, di A. Rich; -Donne, poesia, cultura. Intervista a Adrienne Rich, in Nuova DWF) pagina 9 Cfr. pagina 12 Testo Salvatore Veca Il modello del contrai/o pagina 14 Salvatore Mannuzzu Cella sistina pagina 17 Nota redazionale per tutti gli scritti di collaborazione (richiesta o proposta) ad Alfabeta Gli articoli devono essere sempre da11iloscri11icon chiarezza sufficiente. Gli scrilli di carauere recensivo devono recare in testa tulle le indicazioni bibliografiche (autore, titolo, eventuale 1radu11orel;uogo di s1ampa, editore o s1ampatore, numero di pagine, e dei fedeli di Gropius. Cosicchéprima la fotografia era una sperimentazione «da cantina». Ma non va dimenticato che questa sperimentazione eranell'aria, e non vedeva Moholy-Nagy solo alla ricerca della luce come messaggio estetico. I primi anzi a ricercare tecniche sulle superfici sensibili furono Wedgwood e Talbot. E poi ancora Man Ray, appartenente ai «Dada», inventore dei «raygrammi» o del «rayonismo», cioè della tecnica di impressionare direuamente le lastre fotografiche appoggiandovi oggetti. E poi ancora Christian Schad, e più o meno tutti fra il 1915 e il 1925, come per esempio le famose «vortografie» di A/vin Langdon Coburn. Moholy-Nagy era però sicuro di poter migliorare le facoltà perceuive dell'uomo suo contemporaneo, che era alle prese con il «progresso», con la tecnica, la fabbrica, la metropoli, la velocità, le macchine, ancora sull'onda di un certo entusiasmo e ottimismo futurista. L'arma di Moholy-Nagy fu la luce, cauurando la quale, con l'aiuto di un po' di chimica, pareva sottolineare significati sfuggenti, invisibili, insidiosi, confusi, grandissimi e minimi. Spetimelllando la luce e aumentando la percezione degli auoniri speuarori, egli inventava nuovi disegni di ciuà, nuovi discorsi, nuovi fiori luminosi per il giardino della bellezza, e si staccavanel contempo dal «controllo» esercitato dalla piuura. Va souolineato che Moholy-Nagy non era .un fotografo professionista. Solo nel 1957 fra l'altro dividerà il Giacomo Marramao Schmitt e l'arcano del potere pagina 20 Omar Calabrese Guardarsi guardare (Il significato del ritrattopiuorico nella società, di E. Castelnuovo; Le tele di Penelope, di G. Greer; Il ritrauo nella piuura italiana, G. De Logu e B. Martinelli; Bilder vom Menschen) pagina 23 Carla Benedetti Il patto autobiografico (The Veto of Imagination. A Theory of Autobiography, di Louis A. Renza; Le pacte autobiographique -Je est un autre, di P. Lejeune; li [aut d'abord étre coupable, di C.E. Gadda; Le confessioni del vegliardo, di 1. Svevo) pagina 24 Gigliola Nocera Il genere lettera (Amore e amicizia, di J. Austen; Lettere di Charloue, Emily e Anne Bronte a curadi B. Lanati; Leuers, di V. Woolfe L. Strachey; Ermyntrude e Esmeralda, di L. Strachey; Leuere allamadre, di S. Plath; Le cose che accadono, di V. Woolf) pagina 25 Maurizio Grande Clair, Carné, Vigo (Avanguardia Realismo Populismo nel cinema francese degli Anni Trenta, a cura di P. Dogliani, G. Grignaffini, L. Quaresima; La vita è cinema, di J. Renoir; René C/air, di G. Grignaffini; Marce/ Carné, di R. Nepoti) pagina 27 Blackout Enrico Rambaldi ... et pacem appellant pagina 28 Finestre Stefano Silvestri Mare nostrum pagina5 anche prezzo di vendita) dei libri a cui la recensione è riferita; di quelli di cui la recensione fa menzione esplicita nel suo contesto vanno pure dati fra parentesi i dati bibliografici utili. Lo scriuo destinato a /enere una. pagina di Alfabeta è di cartelle 6-7 di ba11ute 2000 l'una. L'autore è invitato a inviare il suo articolo in triplice copia, perlomeno e a comunicare: indirizza, telefono, e anche codice fiscale. «visua/ design» dalla fotografia vera e propria, nei corsi della sua scuola di Chicago. A questo proposito va ricordata la testimonianza di John Holas, operatore cinematografico: «Moholy non insegnava. Ti faceva vivere e lavorare con lui». All'interno di questo lavoro la luce aveva tale importanza che risultava dominante, con il suo contrasto di ombre, nei confronti del soggeuo fotografato. Moholy-Nagy geuò pertanto anche le basi per una strategiafotografica sempre più legata all'operatore, che più tardi sarà appunto chiamata «soggeuiva». Egli_cambiò il modo di inquadrare le forme, cioè di proporre la «composizione», il modo sopra11u11d0i esporre, di studiare i deuagli, di considerare le ombre contrapposte alle luci. In quel giardino iniziale, spazio luminoso e ricco di silenzi perché la luce non ha bisogno di parole, sembrerebbe possibile che qualcuno vi coltivi dunque dei pensieri sulla luce, addiriuura astraendoli. Perché, come dice Borges: «... Se tutti i luoghi della terrasi trovano nell'Aleph, vi si troveranno ruui i lumi, tulle le lampade, tutte le sorge111idi luce?». E forse Moholy-Nagy cercava un suo Aleph. Pier Paride Vidari Le fotografie provengono dalla mostra « Fotografia: professione, mito e responsabilità» presentata dall'associazio11efotografi italiani professionisti (AFIP) alla ro1011da della Besana nel gennaio I 980. Poesie Sauro Albisani pagina 11 Lettere Lettere di G. Baget - Bozzo e di E. Prada pagina 29 Giornale dei Giornali Spagna: Un golpe fallito? A cura di Index Archivio Critico dell'Informazione pagina 30 Immagini Moholy-Nagy alfabeta mensile di informazione culturale della cooperativa Alfabeta Comitato di direzione Nanni Balestrini, Omar Calabrese, Maria Corti, Gino Di Maggio. Umberto Eco, Francesco Leonetti, Antonio Porta, Pier Aldo Rovatti, Gianni Sassi. Mario Spinella, Paolo Volponi Redazione Vincenzo Bonazza. Maurizio Ferraris, Carlo Formenti, Marisa Giuffra (segre1aria di redazione). Bruno Trombetti (grafico) Art director Gianni Sassi Edizioni Intrapresa cooperativa di promozione culturale Redazione e amminis1razione Via Goffredo Sigieri, 6 20135 Milano, Telefoni (02) 54169/541254 Coordinatore ediloriale Gigi Noia Composizione GDB fotocomposizione via Commenda 41, Milano, Tel. 544.125 Tipografia S.A.G.E. S.p.A., Via S. Acquisto 20037 Paderno Dugnano (Milano) Distribuzione Messaggerie Periodici Abbonamento annuo L. 20.000 estero L. 25.000 (posta ordinaria) L. 30.000 (posta aerea) Inviare l'importo a: Intrapresa, Via Goffredo Sigieri, 6 20135 Milano Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 281 del 1975. Responsabile G. Di Maggio Tutti i diritti di proprietà letteraria e artistica riservati Occorre in fine 1enereconto che il criterio ùtdispensabile del lavoro ùt1el/e11ualeper Alfabeta è l'esposizione degli argomenti - e negli scri11irecensivi dei 1emi dei libri - in 1errniniutili ed evidenti per il lenore giovane o di livello universitario iniziale, di preparazione culturale media e non specialis1a. Manoscritti, disegni e fo1ografie non si restituiscono. SPAZIOZERO D'APRILE suonoteatroartivisivedanza Festa di Primavera. la gaia scienza 1 aprile Four Sbort Pieces. clavid s.bort 2 aprile Barryman. mauro bortolotti 3 aprile Assoli d'Insieme. musk non stop 5 aprile Sentieri Selvaggi. Latitudine Nord spaziozero 7 aprile SbeU: Forse Fields and Space. roselDIIJ)' bntdler ciance 9-1Oaprile Concerto in atto di violenza. nlrike rosenbadl / / aprile Movimenti di opposizione: introduzione al giardino. air mail 13 aprile People show / 4-/ 5 aprile Katzenmacher. santagata, morganti 16 aprile Bound. sten paxton dance 18-19 aprile Niente impronte digitali. boensdl, modugno 20 aprile Linee di fuga. gustavo frigerio 20 aprile 384.400 km. Dato non precisamente noto. monica gazzo 2 / aprile Everyday Company. roberta garrison 22 aprile Dance, voice and sound poetry. jana baimsbon 24 aprile Poesia Ballerina. valerla magli 25-30 aprile teatrocirco via galvani testaccio roma realizzazione spaziozero con monica gazzo art design ugo pitozzi «incontri trasversali» di giuseppe bartolucci con leonetta bentivoglio. danza gigliola nocera. vocesuono barbara tosi. arti visive francesco moschini ambiente aMeSSOratoprovinàal·e pj. eti. comune arti. opera universitaria prezzo unico Lire 2.000 Treincontri sullafelicita La felicità i un'idea nuova p~r l'Europa (Saint-Jwt) Roma 9, 10, 11 aprile 1981 ResidenzaR.ipeua Via di Ripctta 231 l!on la collaborazionedelle riviste Alfabetae Unaltrac:osa Progetlo di Renato Sinbella SegreleriaPalriziaGandin ARCI telefono 369861 Giovtdi 9 aprilt on J l.30 Felicità e ma q,,otidiaao MirellaBandini,MariolinaBongiovaruriBertini. GianniCa.rchiaM. aurizioFerraris, PinniGalante. HcnryLefebvrc,EnriaJMenduni, Vincenzo Padiglione.Mario Pemiola. Gian Paolo PrandslraJlerO. iiara Scalesse, 0.iara Sibona o,-,2/.30 Azioni danzateda ValeriaMagli Vtntrdi IO apri.lt on 9.30 Mitologie /L, p,omns, di j,1/dJA nd mondo c,ipow,/10) MarioBaccianini.LauraBarbi.ani, Paolo Bcrtcno. Riccardo Benoncelli. Renato Boeri. Achille BonitoOliva.,MassimoCaa:iari. Arrigo Cappelletti, Armando Catcmario, Marion D'Ambwgo, Esther Dc Miro, Diego Gabutti, Jean Jacqucs u:bcl. Sandro l..ombanli. Miche! Maffesoli, Ftliberto Mcnna, Jaime Pinlor. An1onio Ponsctto, Enrico Pozzi. Gian PaoloProni, Angela Russo. Carlo Sini, Federico Ttcm o,-, 21.30 Pcdormancese videotapes Sabato I I apriM o,-, 9.30 1.rdiàtll e ma sociale Tullio Aymone. Giorgio Agamben, Beppe Attene. Massimo Bonfantini, Tonino D'Amato, MarcelloFabbri,PaoloFabbri,Aug1151P:o nzio Ore 11.30 Readings di Poesia Corn,do Co-, Atfr,do Gùdùuù, L,,ùfi Maltrba, Antonio Poruz, Arri~Lt:Jro Toano ~

Ripubblichiamo l'appello per Baiestrini già dato nel numero precedente di Alfabeta, aggiungendo ora tutte le firme di adesione che ci sono pervenute sino ad oggi 30 Marzo 1981. li 7 aprile di due anni fa veniva spiccaJo un mandato di cattura per «associazione sovversiva» e «banda armata» nei confronti di Nanni Balestrini, ideatore e coordinatore del giornale Alfabeta, di cui stava allora per uscire il primo numero. Nanni Balestrini,poeta e romanziere già noto a livello internazionale, è un esponente di grande rilievo della vita intellettuale italiana negli ultimi venti anni anche per la sua attività di organizzatore culturale nel campo dell'editoria, del giornalismo lei/erario, dello spenaco/o. È stato costre/loalla latitanza, alla lontananza del suo contesto, in una privazione particolarmente dolorosa. Balestrini 1u11aviaha continuato la sua collaborazione e la sua presenza aniva e sollecitata nelle pagine del nostro giornale, il quale ha voluto professare il rispelloso rinvio al giorno delle precisazioni della magistratura, prima di dichiarare la propria posizione, nonostante la lunga e assai discussa vicenda dell'istrulloria del 7 aprile. Oggi, con l'esame della requisitoria relativa, depositata dalla Procura Generale,noi constatiamo che sul conto di Balestrininon èstato individuato alcun fatto concreto, nè alcuna precisa responsabilità che possa giustificare le pesanti irJ,criminazionia suo carico. (Il tratto della requisitoria che riguarda Riteniamo dunque quanto meno sostenibileche lapersecuzione giudiziaria nei confronti del nostro condirei/ore voglia invece colpire lasua liberaattività di scriuore politicamente impegnato nell'ambito del movimento di nuova sinistra. Ne siamo allarmati profondamente, tanto più se collochiamo questo episodio nell'attuale corso repressivo della libertà di opinione in Italia, di cui sono segni gravissimi i recenti casi di arrestidi giornalisti e di responsabili di pubblicazioni. LefirmeperBalestrini Noi riproponiamo perciò, mentre non ci è parso utile prima, il mezzo dell'appello firmato dagli intelleuuali, già da noi stessi criticatoperché di tipo solidaristico e di scarsa efficacia. Oggi il deterioramento di alcuni seuori delle istituzioni ripropone un significato orientativo agli schieramenti di opinione. E riprendiamo questo meuo allo scopo di chiedere, per un necessario senso di giustizia, che dopo due anni Nanni Balestrini - e insieme a lui tulli gli altri imputati del 7 aprilea carico dei quali non risultino aui penalmente rilevanti - venga immediatamente prosciolto dalle gravi imputazioni di cui viene fatto ogge110e restituito al suo lavoro di direuore. Richiediamo agli intelle1tualiitaliani e degli altripaesi l'adesione alla nostra iniziativa, che vuole assumere ogni sviluppo utile ad o/lenere l'auenzione e l'intervento in questa vicenda rappresentativasia della sceltapolitica rigorosa di un intelle11ualesia della recente situazione repressiva in Italia. Il gruppo redazionale di Alfabeta: Vincenzo Bonazza; Omar Calabrese, Maria Corti, Gino Di Maggio, Umberto Eco, Maurizio Ferraris, Carlo Formenti, Marisa Giuffra, Francesco Leonetti, Gigi Noia, Antonio Porta, Pier Aldo Rovatti, Gianni Sassi, Mario Spinella, Paolo Volponi, Bruno Trombetti. :-:· Prime adesioni. Remo Bodei, Gianni Vattimo, --C6are Segre, Gilio Dorfles, Alberto Arbasino, Paolo Mauri, Enrico Filippini, Mario Perniola, Giorgio Bocca, Dario Fo, Franca Rame, Camilla Cederna, Alberto Moravia, Ottiero Ottieri, Renato Barilli, Franco Bolelli, Antonio Stasi, Giancarlo Cardini, Valeria Magli, Franco Battiato, Giusto Pio, Giuseppe Bartolucci, Anna Maria Rodari, Ida Farè, Magazzini Criminali, Federico Tiezzi, Marion D'Amburgo, Sandro Lombardi, Guido Viale, Alfredo Giuliani, Gruppo Area, Carlo Siliotto, Toti Scialoia, Gabriella Drudi, Emilio Tadini, Gian Emilio Simonetti, Galleria Porta Ticinese, Giovanni Rubino, Mario Bellini, Bianca Maria Pilat, Gigliola Rovasino, Roberto Sommariva, Fabio Simion, Primo Moroni, Paolo Bertetto, Luigi Malerba, Angelo Guglielmi, Giuliano Zincone, Paolo Fabbri, Mauro Wolf, Giuseppe Chiari, Walter Marchetti, Stefano Agosti, Mercato del sale, Ugo Carrega, Silvia Spinelli, Italo Antico, Mauro Staccioli, Ferruccio Ascari, Marion Baruch, Franco Ravedone, Valerio Cassano, Magdalo Mussio, Lorenzo Vitalone, Alberto Pizzati, Giuliano Gramigna, Carla Tatò, Carlo Quartucci, Stefano Silvestri, Eliseo Mattiacci, Sandra Perelli, Alessandro Parenzo, Aldo Tagliaferri, Giorgio Muratore, Luciano Anceschi, Redazione de «Il Verri», Niva Lorenzini, Vittorio Fagone, Giovanni Anceschi, Milii Graffi, Teatro di Porta Romana, Bernardo Secchi, Davide Boriani, Enzo Mari, Lea Vergine, Donato D'Urbino, Paolo Lomazzi, Jonathan De Pas, Benedetto Marzullo, Arrigo Lora Totino, Paolo Carta, Corrado Costa, Franco Quadri, Ubu Libri, Maria Luisa Belgioioso, Aldo Morsa, Klaus Wagenbach, Thomas Schmid, Barbara Herzbruch, Alfred Sohn-Rethel, Erich Fried, Paul Virilio, Jean Baudrillard, Jean Francois Lyotar, Marcello Fabbri, Arnaldo Pomodoro, Giovanni Raboni, Giaime Pintor, Renato Sirabella, Redazione Unaltracosa, Serena Vitali, Redazione Radio Popolare, Federico Pedrocchi, Biagio Lorigo, Lele Binardi, Michele Cucuzza, Paolo Hutter, Ivan Berni, Gianfilippo Pedote, Bruna Miorelli, Fulvia Serra, Oreste Del Buono, Piera Oppezzo, Elvio Fachinelli, Rodolfo Aricò, Jacqueline Risset, Carla Casalini, Severino Cesari, Pietro Veronese. Salvatore Veca, Goffredo Fofi, Beniamino Placido, Alain Jouffroy, Franco Fortini, Ludovico Geymonat, Enrico Rambaldi, Gianni Baget-B<lzzo,. Walter Pedullà, Luigi Ferrajoli, Carlo Bertelli, Eleonora Fiorani, Renato Sirabella, Jaime Pintor, Ottavio Cecchi, Giuliano Della Pergola, Giulia iccolai, Daria Niccodemi, Dario Argento, Enrico Villa, Claudio Messineo, Vasco Pratolini, Vittorio Cavicchioni, Ugo Volli, Mita Vitti, Giovanni De Luna, Leonetta Bentivoglio, Mirella Bentivoglio, Centro Studi Garcos (Garanzie Costituzionali), Corrado Bonfantini, Massimo Bonfantini, Paolo Facchi, Agostino Viviani, Ermanno Krumm, Anna Mongiardo, Maria Grazia Vianello, Romano Luperini, Luciano Vitacolonna, Alberto Boatto, Cesare Viviani, Giovanni Antolini, Filippo Ravizza, Mirella Bandini, Luciano Russi, Giordano Falzoni, Mauro Romoli, Roberto Scardova, Mariarosa Danini, Franco Cavallo, Goliarda Sapienza, Angelo Suvarita, Edoardo Di Bernardino, Carlo Arcari, Giordano Falzone, Valentino Losito, Mariella Zanetti, Pierluigi Gasparotto, Giuliano Della Pergola, Laura Betti, Renzo Paris, Bernardo Bertolucci, Tonino Guerra, Lietta Tornabuoni, Ellis Donda, Giuliana Calandra, Giovanna Gagliardo, Elisabetta Rasy, Marisa Rusconi, Red. Culturale Quotidiano dei Lavoratori, Tullio Francesco Altan, Giancarlo Bocchi, Redazione Musica '80, Alfredo Di Laura, Skiantos, Giorgio Battistelli, Franco Berardi, Maurizio Cascavilla, Franco Bucci, Massimo Dolcini, Anna Falconieri, Lisi Natoli, Dario Paccino, Giuseppe Cassieri, Pier Paolo Poggio, Otto Schily, Hans Christoph Buch, Ingeborg Crewitz, Walter Hoellerer, Frich Fried, Peter Bichscel, Lothar Bayer, Heimar Kipphardt, Hans Magnus Enzensberger, Maria Livia Serini, Fabrizio Dentice, Redazione di Unità Proletaria (rivista teorica di Dp ), Claudio Parmigiani, Alvaro Beccatini, Maria Luisa Agnese, Gianni Farneti, Marco Vallora, Silvia Del Pozzo, Paola Setti, Bruno Blasi, Rachele Enriquez, Giuseppe Corsettino, Valeria Grandus, Franco Lefevre, Claudio Sabelli Fioretti, Celeste De Barberi, Roberto Goldoni, Andrea Garbarino, Rosanna Perri, Grazia Pinna, Giuseppe Oldani, Sandro Ottolenghi, Enrica Basevi, Francesca 01drini, Gianna Milano, Chiara Valentini, Tommaso Trini, Giampiero Bore!- lo, Marina Bignotti, Letizia Di Grandi, Mauro Valinotto, Eliseo Rovatti, Giovanni Porzio, Luigi Vigevano, Carlo Petrano, Leonida Repaci, Albertina Repaci, Giuseppe Paioni, Ercole Bellucci, Vincenzo Tiboni, Lucio Paleani, Luigi Stradella, Adalberto Barioli, Arnaldo Dondi, Renato Rozzi, Bruno Vittorini, Piero Meldini, Silvia Giacomoni, Giovanni Luisè, Sandro Casiccia, Massimo Raffaelli, Isabella Pezzini, Renato Giovannoli, Paola Rodari, Alberto Abruzzese, Giovanni Maria Pace, Pino Nicotri, Giovanni Mariotti, Redazione Bolognese AntiTesi, Sergio Amidei, Age-Scarpelli, Nelo Risi, Mario Gallo, Enzo Giulioli, Paolo Zaccaria, Paolo Valesio, François Chatelet, Gerard Soulier, Jean Chesneaux, Pierre Halwacs, Gilles Deleuze, Felix Guattari, Gerard Fromanger, Christian Bourgois, Jean Pierre Faye, Jean Paul De Gaudemar, Jean J. Lebelle, Miche! Delhorme, Pierre Klossowki, Editore Scola, Pasquale Squitieri, Alberto Dentice, per la costituente della sinistra socialista Sinistra Unita per l'alternativa di Massa Carrara, Marco d'Eramo, Rossana Rossanda, Enzo di Mauro, Angelo Maugeri, Rivista Lapis/Arte, Rivista Taide, Arcangelo lzzo, Michele Santoro, Ines Mainieri, Alberto Cuomo, Antonio D'Avossa, Pietro Lista, Cristina Di Geronimo, Enzo Ragone, Maria Rosaria Mari, Leonardo Pedrelli, Carmine Limatola Ableo, Daniela Ripetti, Arpino Gerosolimo, Alfredo Di Laura, Union des Ecrivains, Alfred Kastler, George Wald, Elie Wiesel, Armando Uribe, Aul Yurkiévich, Bernard Pingaud, Claude Manccron, Jean Paul Aron, Hélène Parmelin, Jacques Berque, Jean Paris, Mitsou Ronat, Marie-Odile Faye, Miche! Broué, Armand Rapoport, Gérard Cléry, Maurice Cury, Alcide de Campos, Guy de Bosschère, Cathérine Clément, Laurent Dispot, Jér6me Garcin, Jean-Paul Chambaz, Claire Burrus, Collectif de la Reveue Change, Editions Galilée, Joseph Maria Castellet, Valter Vecellio. Lanuovadestrafrancese Alain de Benoist Les idées à l'endroit Parigi, Hallier, 1979 pp. 298, 45 franchi S essant'anni fa, riflettendo sulla situazione francese, Georges Sorel scrisse che «i giovani pieni di entusiasmo si stanno orientando verso quello che i Repubblicani chiamano reazione, perché solo in essa riescono a trovare segni di vitalità». Oggi in Europa, a più di dodici anni dal 1968 e in un periodo in cui le speranze per l'Eurocomunismo sono agli albori, le parole di Sorel suonano più che mai vere. Negli ultimi cinque anni si è assistito alla crescita continua, in particolar modo tra i giovani, di quello che gli esperti di politica chiamano Eurofascismo, una rete di gruppi liberi, ma schierati politicamente con il neo-nazismo, molti dei quali sono consactati alla violenza e al terrorismo, tutti con l'intento di salvare l'Europa dalle calamità del marxismo e del capitalismo. La rete comprende, fra gli altri, il British Movement, in Inghilterra, il Flernisjh Militant Order, in Belgio, i Faisceaux nationales européenes e il Mouvement nationaliste révolutionnaire in Francia, e naturalmente Terza posizione e i NAR in Italia. Sebbene siano stati i sanguinosi massacri di Bologna, Monaco e Parigi dell'anno scorso a risvegliare in modo preoccupante negli Europei il problema del potenziale terroristico dell'Eurofascismo, si sa poco della controversia ideologica di maggiore importanza che sta dividendo il neo-fascismo europeo in due formazioni, a grandi linee la Vecchia Destra, rappresentata a livello teorico da pensatori come Julius Evola e la cosiddetta Nuova Destra, rappresentata dal suo portavoce trentasettenne Alain de Benoist. In Les idées à I' endroit, una raccolta di saggi che riassumono la sua nuova filosofia del fascismo, de Benoist lancia la sfida: «La Vecchia Destra è morta ed era ora». Di essa critica la miopia, il complesso del padre (Dio, Re, Fiihrer), l'individualismo, il carattere reazionario e manicheo, l'incompetenza. Tutte quelle stupidaggini su lavoro-famiglia-patria, affermanon sono vero fascismo, ma solamente «Pétain nella terra dei sovietici». Egli cerca, invece, di costruire/a Nouvelle Droi1e, dando inizio a una svolta filosofica radicale. La stampa e la televisione francesi hanno iniziato a interessarsi alla Nuova Destra solo nel marzo del 1978, quando Gilbert Comte pubblicò una serie di articoli dal titolo« Une nouvelle droite?» su Le Monde, ma in effetti Thomas Sheehan le origini del movimento risalgono al marzo del 1968, quando apparve per la prima volta la rivista Nouvelle Eco/e (de Benoist ne divenne il redattore capo nel 1969). Pochi mesi più tardi, fu fondata la società di studi GRECE, sigla del Groupement de recherche et d'études pour la civilisation européenne. Sebbene de Benoist proclami che questi avvenimenti costituiscono l'inizio di una «nuova cultura di destra», nondimeno le liste di GRECE e di Nouvelle Eco/e danno l'impressione di essere costituite da vecchi reazionari e fascisti francesi. Jean Mabire, collaborazionista nella seconda guerra mondiale e ancora prima redattore della rivista fascista Europe Action ( «la rivista dell'uomo occidentale»), fa ora parte del comitato di redazione del giornale di GRECE, Eléments. Il comilé de patronage di Nouvelle Eco/e comprende, oltre a personaggi importanti come Mircea Eliade, Konrad Lorenz e Arthur Koestler, metà dello staff redazionale del giornale razzista Mankind Quarterly di Edimburgo (R. Gayre, R. Kuttner e ultimamente H.E. Garrett) e almeno due membri del Comitato Consultivo Onorario (Lundman e Eysenck). De Benoist stesso fa parte del Comitato Consultivo del giornale neo-fascista tedesco Neue Anthropologie, il cui redattore, Jiirgen Rieger, ha condannato !'«imbastardimento» detle razze ed ha annunciato, con tutta serietà, che «i giganti bianchi stanno arrivando!» 11 potente editore francese Robert Hersant, in passato sostenitore di Pétain e che ora ha in mano un quinto dei giornalL francesi, è entrato in scena quando comprò Le Figaro nel 1975. Scelse come direttore del settimanale Le Figaro Magazine Louis Pauwels, redattore noto per essere conservatore e ammiratore sfegatato di Gurdjieff, e Pauwels incaricò de Benoist di tenere una rubrica regolare sul «movimento delle idee». Pauwels fa anche parte del comité de palronage di Nouvelle Eco/e. (Un fenomeno del tutto a parte è il Club de l' Horloge, costituito da circa 120 giovani tecnocrati, la maggior parte dei quali laureati alla Ecole Nationale d'Administration e all'Ecole Polytechnique. Il loro portavoce,YvonBlot,afferma:«Non abbiamo niente da spartire con la Nuova Destra o con il GRECE». Nonostante ciò, hanno alcuni interessi in comune con il gruppo di de Benoist, in particolare sono appassionati di sociobiologia.) In Italia, il teoricoparexcellence dellaVecchia Destra rimane Julius Evola, che è morto nel 1974. Giorgio Almirante lo ha chiamato «il nostro Marcuse, ma più bravo», e Pino Rauti riconosce in lui «il più grande pensatore tradizionale di tutto l'Occidente». (Rauti nutre una tale ammirazione per Evola che ha riempito il suo libro Le idee che mossero il mondo di plagi da Evola; ad esempio le pagine 40, 41, 211,220 e dalla pagina 387 alla pagina 389.) Perciò un buon metodo per riuscire a capire cosa c'è di nuovo nella Nuova Destra è quello di mettere a confronto i pensieri di de Benoist e quelli di E,vola. La filosofia di Evola, che egli chiama «tradizionalismo», è uno strano miscuglio di idealismo metafisico, mitologie primitive e quello che egli chiama una «metafisica della storia». Però, in realtà, la sua metafisica della storia è una lunga diatriba contro la storia, in nome della supremazia dell'eterno, fisso e sovrastorico regno dello spirituale e dell'ontologico, «l'esse~ re delle origini». 1 Questa affermazioneassoluta, che in modi diversi aveva caratterizzato gli intellettuali reazionari tra le due guerre (e che veniva spesso evocata da Mussolini) sta alla base del rifiuto da parte di Evola del_nichilismo, del materialismo borghese, specialmente nella sua forma americana,_e naturalmente del marxismo. Ecco perché le accuse superficiali di «irrazionalismo» o di «nichilismo». non fanno centro sulla

filosofia del fascismo di Evola. Se mai, la sua filosofia è quella del sovrarazionale e dello spirituale, piuttosto che dell'irrazionale, è una filosofia dell'essere piuttosto che del nichilismo, del classicismo olimpico piuttosto che del dionisiaco romantico-tellurico. Al centro del tradizionalismo di Evola sta la «dottrina delle due nature», un dualismo fatto di sovrannaturale e naturale, ma non nel senso cristiano che «deriva essenzialmente dal dualismo proprio allo spirito semita». Per Evola, il sovrannaturale non deve essere ipostatizzato o personalizzato. Piuttosto, è il prircipio impersonale da cui procede ogni forma e realtà, un ·numen othemis cosmico, «una essenza priva di passione e di mutamento, che crea distanza rispetto a tutto ciò che è soltanto umano». Questo mal precisato regno dello spirito è la base della concezione gerarchica del tradizionalismo evoliano, secondo la quale ogni potere viene «dall'alto». Il regno del sovrannaturale impone la forma e l'ordine su tutto ciò che sta sotto e in questo modo trasforma il cosmo in «un organismo stabile ed animato, costantemente orientato verso il sovramondo, santificato in potenza e in atto, secondo i suoi gradi gerarchici, in tutti i domini». Lo spiritualismo di Evola è perciò l'origine della sua teoria organica, e, di fatto, «religiosa» dello Stato-come-Impero. «Se un Impero non è sacro Impero, esso non è nemmeno Impero, ma qualcosa come un cancro». Lo Stato, come ogni cosa che possieda qualità e forma, prende il suo potere dall'alto e non dal popolo. «La sostanza del demos è sempre demonica (nel senso antico, non cristiano-morale del termine), essa abbisogna sempre di una catarsi, di una liberazione. prima che possa valere come forza e materia-dynamis di un sistema politico tradizionale». Lo spiritualismo di Evola è anche la base della sua difesa di un sistema sociale di caste nel quale ognuno deve mantenere la propria funzione nell'ordine complessivo, poiché «Dio» assegna a ciascuno il suo stato nella gerarchia. Evola condanna la moderna società laica, proprio perché disgrega il sistema delle caste e i suoi rapporti con il divino. «Nel mondo moderno umanizzato e privato della dimensione delia trascendenza, l'uomo 'libero· moderno non è null'altro che il senzacasta, il servo emancipato, cioè il paria glorificato». Al posto di questa «libertà», Evola sostiene la «fedeltà» e la «virilità trascendente», cioè la lealtà nei confronti del potere archeologicogerarchico dello spirito e delle sue manifestazioni nella società e nella politica. e hiaramente, in questa visione, la storia non ha valore, perché è con essa che l'uomo si separa dall'età dell'oro della verità e dell'essere (Satya Yuga) e si trasforma in uomo comune, democratico e con spirito di gregge (il Kali Yuga). «Il mito dell'evoluzione», scrive, «non è null'altro che la professione di fede del parvenu». In nessun altro pensatore europeo del nostro secolo esiste un rifiuto della storia e a fortiori del mondo moderno così assoluto e violento. Possiamo trovare un'indicazione del carattere regressivo della sua teoria della storia nelle sue ripetute affermazioni, secondo le quali il vero declino dell'Occidente è cominciato fra l'ottavo e il sesto secolo a.C. (Evola va ancora più indietro di Heidegger!). In breve, la filosofia del fascismo di Evola è intenzionalmeme e consapevolmente regressiva, proprio perché il potere di ordinazione del mondo ha alle spalle una filosofia, in ciò che è storicamente passato e ontologicamente apriori. La conoscenza e l'azione vere, perciò, non sono discorsive, non sono predisposte verso il futuro, non sono oggetto -di scoperta, ma di riscoperta, quasi come la anamnesi di Platone (Evola afferma: «riconoscere o ricordare») del regno eterno, non umano dello spirito. Nella introduzione a Rivolta contro il mondo moderno Evola scrive: «Le verità che possono far comprendere il mondo della Tradizione non sono quelle che si 'imparano' e che si 'discutono'. Esse o sono,-o non sono. Ci si può solo ricordare di esse». Quello che si può trovare di nuovo nella filosofia del fascismo di de Benoist sta principalmente nel regno dei principi metafisici o ontologici e non in programmi sociali o politici (per i quali i fascisti non hanno trovato un'idea nuova in mezzo secolo). Mentre Evola, adattandosi alla tradizione del neoidealismo, ha visto il mondo immerso in uno spirito «archeologico» che dà forma e significato ad ogni cosa, de Benoist, che preferisce Nietzsche e Heidegger agli hegeliani e che si dichiara nominalista ed esistenzialista, vede ilmondo come fondamentalmente caotico e privo di significato. «Non troviamo alcun 'senso' nella organizzazione e nella configurazione del mondo», scrive in Les idées à l'endroit. «Rifiutiamo qualunque tipo di determinismo, 'spaziale' o 'temporale'». Al tempo stesso, mentre l'archeologia ontologica di Evola comporta una «virilità trascendente» regolata dalla supremazia dell'intuizione spirituale e che si rifà alla fedeltà dell'anamnesi, l'ontologia del caos di de Benoist comporta un'antropologia basata sulla supremazia della volontà, il volontarismo del «soggettivismo eroico». Se Dio è morto, afferma, non esistono norme nella realtà e non esiste a fortiori alcuna gerarchia, eccetto quelle che l'uomo crea per se stesso con la forza della propria volontà. «li mondo è caos, ma possiamo dargli una forma. Quello che facciamo non ha altro significato che quello che gli diamo noi. L'ordine che stabiliamo intorno a noi è, in effetti,. null'altro che ciò che vi mettiamo». Seguendo il pensiero di Evola, egli definisce il baratro che separa la filosofia della Nuova Destra da quella della Vecchia Destra. «O esiste un ordine nell'universo e il compito dell'uomo è di conformarsi ad esso (e perciò la restaurazione dell'ordine pubblico è la stessa cosa dellari-cerca della verità) o l'universo è caos e il compito dell'uomo è quello di dargli forma». t chiaro da quale parte del baratro stia de Benoist: «L'ordine si crea, non si riceve». L'esistenzialismo di de Benoist, bisogna notare, non è un'abdicazione all'ontologia o alla metafisica, ma un rimaneggiamento di queste ultime in forma di volontarismo. Al posto dell'«essere delle origini» di Evola, de Benoist mette l'uomo, inteso come volontà di potenza. Ma questa è una decisione sull'essenza della realtà (ousfa) e così de Benoist (come ietzsche e a differenza di Heidegger) finisce col proporre un'altra forma di metafisica. Egli afferma che «l'uomo è la quintessenza di tutto» e che la sua «aspirazione all'ordine, (cioè la sua volontà) è un'essenza». L'idea di volontà di potenza è ancora ontologia («All'inizio fu l'azione», scrive) e da quella metafisica volontaristica seguono i suoi imperativi etici. L'uomo deve diventare la «causa e il creatore di se- stesso», deve «costruire eroicamente» e «diventare quello che può essere». Per cui, «la fedeltà», non è più, come per Evola, un impegno con la natura archeologica e una funzione cosmologica di un regno spirituale a priori che determina tutto. Piuttosto fedeltà è semplicemente fedeltà a se stessi. La massima di de Benoist è: «Scegli la tua regola e seguila sempre». Non c'è altra giustificazione per un atto. se non la sua scelta individuale. Per de Benoist, perciò, lo Stato non è preordinato come un'istituzione organica e gerarchica. Deve essere costruito in quel modo. Mentre, materialmente parlando, la biologia fornisce un modello di organicità nella società e nella politica, parlando in termini di forma, non c'è una necessità ontologica per lo stato organico. De Benoist propone, in realtà, un nuovo tipo di «fallacia platonica». Se le norme sono solo convenzioni e se nessuna società può fare a meno di norme, allora in realtà l'unica possibilità è quella di presumere ed istituire una certa soggettività collettiva (leggi: lo Stato) con un potere tale da poter essere percepito a sua volta come una norma «naturale» che funzioni come «assoluta» nella struttura sociale. N onostante tutte queste importanti differenze, sussiste una continuità fondamentale tra la Vecchia Destra di Evola e la Nuova Destra di de Benoist e il legame sta nella teoria di de Benoist sul tempo e la storia. Mentre l'ontologia di Evola dell'arché comporta una teoria ciclica del tempo (il ritorno periodico al Satya Yuga), l'ontologia di de Benoist del caos e della volontà comporta un concetto sferico del tempo (ogni cosa è nel momento), che trae da Nietzsche. La storia, per de Benoist, come per Evola, non ha senso, ma non perché tutto il significato sta nell'essere delle origini. Piuttosto, «il passato e il futuro sono dimensioni presenti in ogni momemo,.. Ovviamente, questa non è una visione teleologica della storia. «Il momento presente attualizza tutti i momenti passati e crea in potenza tutti quelli futuri. Accettare il presente, assumendo con gioia l'istante, vuol dire essere capaci di godere di tutti gli istanti nello stesso tempo. Il passato, il presente e il futuro sono tre prospettive, ugualmeme reali ora, che vengono date ad ogni momento del divenire storico». Ma se questa visione del tempo e della storia permette a de Benoist di rompere con le nozioni sia lineari-che cicliche del tempo, gli dà anche la possibilità di collegarsi con la /fadizione, in senso sia culturale che etnico, e qui de Benoist rivela il suo concetto di «tradizionalismo». La tradizione, dice. non è il passato. ma è «al di là del tempo». Essa è «permanente» e «dentro di noi» e diviene la nostra tradizione, quando la riutilizziamo. Questa è una nozione che vorrebbe essere heideggeriana, ma se la esaminiamo a fondo, scopriamo che quello che de Benoist intende per «tradizione» è il proprio retaggio culturale, cioè la razza e la famiglia di ciascuno. «L'unica vera pietà (cfr. 'fedeltà' in Evola) è la pietà filiale, estesa anche agli antenati, alla prole e alla propria gente>. Questo nobife sentimento assume un altro aspetto (quello razzista), quando de Benoist comincia a parlare del retaggio razziale delle culture. Pur affermando che «tutti gli uomini di qualità sono fratelli, senza distinzione per la razza, la nazione o il tempo», il suo concetto della qualità è, come quello di Evola, aristocratico, in quanto pensa che le «masse» manchino di «forma» e di «significato». Preferisce i Celti ai popoli mediterranei ed afferma che gli antichi romani erano superiori ai cartaginesi, perché erano guerrieri appartenenti all'Europa continentale e non mercanti marittimi africani. Asserisce che Zoroastro (ariano) aveva le sue buone ragioni per proibire - i matrimoni misti. La «Nuova» Destra va sempre più assomigliando alla Vecchia Destra, se continuiamo a confrontare le teorie sullo Stato di de Benoist con quelle di Evola. Lo Stato dovrebbe essere organico e gerarchico, organizzato sul principio della sovranità (che viene imposta dall'uomo), non deve essere diviso in partiti e fazioni, ma modellato secondo il sistema europeo di casta tripartito. Egli condanna le democrazie di massa, in quanto rendono tutti uguali e sono indifferenti al retaggio culturale e al patrimonio nazionale (vendono persino i tesori dell'arte nazionale agli stranieri, fa notare). È anche molto chiaro su quello che riguarda la politica estera. «Io sono il cittadino di un paese e l'erede di una determinata cultura. Non faccio della politica una questione di moralità spersonificata, ma una questione di rapporti di forza. Di fronte agli avvenimenti individuali, io mi chiedo: qual è il nostro interesse come francesi ed europei?» In termini razziali, significa proteggere l'uomo bianco. «Se si denuncia giustamente «l'etnocidio dei primitivi da parte degli Europi, allora non si può proibire agli Europei di proteggere la propria giusta etnicità». Riassumendo questo confronto fra la Vecchia e la Nuova Destra: il fascismo di de Benoist differisce dalla metafisica di Evola ma concorda con la sua filosofia sociale e politica. Per quello che riguarda la metafisica, egli mantiene le distanze dall'archeologia di Evola, il suo dualismo, il determinismo e l'intuizionismo spirituale, ma non al punto da sostituirla con una teleologia della storia o con una teoria del progresso, se mai per affermare l'assurdità esistenziale della realtà e la corrispondente supremazia della volontà di potenza. Per de Benoist, il verticalismo e il determinismo delle teorie di Evola sono troppo vicine a un universalismo totalitaristico: solo un volontarismo nominalistico può garantire e difendere il diritto alla differenza e all'uguaglianza all'interno di una società organica e gerarchica, creata dalle sole forze dell'uomo. Ecco perché de Benoist preferisce i miti del politeismo al dualismo monoteistico. La filosofia di Evola è una metafisica archeologica ed aprioristica che tende a risolvere l'azione nell'anamnesi; la filosofia di de Benoist è un nominalismo esistenziale che abbandona l'intelletto riconoscitivo per lasciare libera la volontà di un'autoaffermazione creativa. Per Evola, lo stato organico viene stabilito dalla natura della realtà stessa e deve essere ricostituito; per de Benoist lo stato organico è un ideale che gli uomini devono realizzare per se stessi e stabilire anche con la forza. Evola offre la certezza di ciò che viene determinato a priori; de Benoist l'alea di ciò che deve ancora essere compiuto. Le teorie metafisiche di Evola e di de Benoist, platoniche da una parte e nietzcheane dall'altra, sono molto diverse. Ma sembra che all'atto pratico lo scopo rimanga lo stesso. Quello che il volontarismo di de Benoist e lo spiritualismo di Evola hanno in comune è ciò che Franco Ferrarotti chiama cl'interruzione del discorso», il rifiuto dell'intelletto discorsivo e l'affermazione dell'azione nell'ordine politico. Come scrive de Benoist: «Le cose grandi e belle non hannoraison d'étre. t per questo che bisogna farle ... L'azione è la cosa più importante, non colui che la fa; per cui è importante anche la missione, non colui che la effettua. Noi siamo contro l'individualismo e per un impersonalismo attivo. Quello che si deve fare non viene spiegato in termini di motivazioni. La nobiltà non parla ... Non cercate di convincere; cercate di risvegliare». De Benoist è adamantino per quello che riguarda la innaturalità della democrazia liberale. Essa è, afferma, totalitaria e «perciò, per definizione, disumana». Ma se è disumana, pare che debba essere distrutta con violenza, con un «impersonalismo attivo» e un «nobile silenzio». La protrettica di de Benoist fa paura: ccli 'nichilismo attivo' di Nietzsche non ha altro senso che questo: si può costruire solo dove

si è raso al suolo... Se vogliàmo far nascere una Nuova Destra, c'è ancora tutto da fare. E dato il tempo perso, abbiamo circa un secolo per riuscire. Ciò significa che non c'è un minuto da perdere,.. ' stato Georges Sorel che ha messo E in luce con maggior chiarezza la necessità di miti sociali per smuovere le masse verso un fervore e una violenza rivoluzionari, in nome di una trasformazione assoluta e irrevocabile dell'ordine politico e sociale. Secondo Sorel, le pure teorie sono state il prodotto della mentalità borghese e per il fatto che sono state manipolate per descrivere e spiegare fatti, non sono riuscite a incitare le masse all'azione. Un mito sociale, d'altra parte, era essenzialmente un'espressione della volontà di emancipazione, non una descrizione di fatti. Solo i miti, ha scritto, rappresentano le forze storiche che nel passato avevano creato movimenti rivoluzionari come il primo cristianeI l MediJerraneo è stato a lungo un mare occidentale, dominato dalle forze navali briJanniche, francesi e americane. Lentamente le forze americane hanno preso il sopravvento su quelle degli alleati europei: ilprocesso è culminato nel 1956 a Suez, quando gli anglo-francesi vennero fermati dagli americani mentre stavano per invadere l'Egi1to. li predominio occidentale significò la possibilità di assicurare un grado minimo di ordine internazionale ed interno: dalla repressione del tentativo di i·isurrezione comunista in Grecia ali mtervento per il ristabilimento dell'ordine poliJico in Libano nel 1958. Erann gli anni in cui gli Usa erano accusati di essere il «poliziollo del mondo,.. La frase voleva essere offe,isiva, ma in rea/.Jìidescriveva in termini figurati una! ·tuazione di effettivo controllo delle crisi, di capacità di gestione della forza da parte della superpotenza americana, che permetteva una notevole stabilità e sicurezza internazionale. La siJuazione è mutata apartire dalla fine degli anni sessanta, quando nel Mediterraneo è comparsa la squadra navale sovietica e l'Urss ha cominciato a rifo-nire di armi e di assistentimilitari alcuni paesi arabi. La superpotenza americana è divenutu meno libera di agire, o comunque era cresciuto il ·ischio connesso con ogni iniziativa militare. li controllo e la gestione delle crisi è divenuto più difficile: più che ad interventi risolutori, si è optato allora ad interventi di contenimento o di congelamento delle crisi. Ciò ha lentamente deteriorato la capacità di controllo di ambedue le superpotenze, costrel/e continuamente a mantenere difficili equilibri sia tra loro che locali. E le crisi hanno cominciato a moltiplicarsi, sfuggendo di mano, permellendo il raggiungimento di «faiJsaccomp[is,., accrescendo il livello di violenza potenziale e di rischio degli interventi di contenimento. Facciamo due esempi tra molti: la guerra arabo-israeliana del 1973 si è conclusa con un allarme nucleare americuno; la crisi cipriota del 1974 si è conclusa con l'invasione turca dell'isola. Tali eventi sarebbero stati inconcepibili negli anni cinquanta o anche negli anni sessanta. Oggi la situazione sta nuovamente mutando: vediamo come. In primo luogo sta nuovamente mutando l'equilibrio delle forze militari. Gli americani hanno ridotto la loro preseni.a navale: una delle due portaerei della VI flotta è stata spostata nell'Oceano Indiano. La cosa ha una certa rilevanza: le portaerei sono sempre più vulnerabili ad a/lacchi missilistici, e l' u;ss ha sviluppato armamenti navali ed aerei intesi proprio ad auaccare queste grandi uniJà. Ma le portaerei in gruppo restano facilmente difendibili, grazie alla loro copertura aerea autonoma (oltre naturalmente all'apporto simo, la riforma protestante e la rivoluzione francese, e solo questi miti hanno ispirato il proletariato marxistia nel presente. Nell'opera di Evola e de Benoist abbiamo esaminato la funzione di questi miti sociali. In Evola forse la qualità mitica della sua metafisica è più pronunciata, ma anche in de Benoist, sebbene forse meno esplicitamente, il mito è una forza motrice. (De Benoist, per esempio, evoca costantemente il politeismo pagano, contro il nomoteismo Giudaico-Cristiano.) In entrambe le teorie esiste un richiamo quasi mitico alla violenza: in Evola, sovvertire lo stato attuale significa svolgere l'opera degli dèi, ritornando all'età dell'oro di Satya Yuga; in de Benoist, significa affermare la propria «soggettività eroica,. in un mondo di caos. In entrambe le teorie c'è il mito rivoluzionario di una escatologia, di un sovvertimento delle forze del male, per istituire o riistituire le forze del bene. Forse, allora, la risposta giusta a queste filosofie del fascismo è, a livello teoretico, una «demitizzazione» radicale, una distruzione dei loro credo nella verità assoluta (sia essa in un aldilà spirituale o una volontà di potenza volontaristica) e una riaffermazione della condanna dell'uomo alla mediazione senza fine e alla verità ermeneutica. Parlo di «ermeneutica» come di un impegno alla mediazione infinita e alla conoscenza discorsiva, all'azione che sempre supera il dato in direzione di un «più», ma che non trova mai questo «più» in una verità assoluta e uguale a se stessa. L'ermeneutica come posizione filosofica è impegnare l'uomo a un moto ineluttabile, come un movimento che tende a un orizzonte unificante del reale ma che non lo raggiunge mai, e di fatto scopre che si allontana sempre dalla sua presa. In termini politici, questa demitizzazione ermeneutica si verifica contro l'ottimismo finale delle teorie del tempo di Evola e di de Benoist, ed al suo posto propone ìa tragedia finale della storia e la necessità di un penultimo ottimismo. E cioè, un'ermeneutica politica non rifiuta l'azione nel mondo sociale; al contrario la esige, ma all'interno di una struttura di mediazione sociale, disingannata dall'illusione delle soluzioni finali. Ha imparato ad accettare il terrore della storia. Come mas ima per questo senso della tragedia finale e del penultimo ottimismo, potremmo forse prendere la frase di Cicerone, Nec mala nostra nec remedia pati possumus; il rifiuto di accettare sia il male nel regno del penultimo (dove in effetti viviamo sempre) che le soluzioni finali nel regno dell'ultimo (che non riusciamo mai ad afferrare). L'uomo potrebbe essere una indicazione di fini e inizi finali (in questo senso, l'uomo essenzialmente non è altro che futile metafisica) ma non li può conoscere. Come dice Eraclito (Frammento 122) l'uomo si trova sempre nello stato di anchibasi, di «approssimazione». Marenostrum difensivo delle unità di scorta). Cosi ad esempio tre portaerei possono insieme difendersi ed attacare. Due portaerei hanno già una minore libertà d'azione, ma una sola portaerei è costretta a concentrare le sue forze sulla difensiva, senza poter praie/lare auacchi sul nemico, almeno in una prima e difficile fase della ba1taglia.La VI flotta con due portaerei costituiva un gruppo difesa/a/lacco di tu/lo rispello, che poteva facilmente venir rafforzato dall' esterno. Così ad esempio durante l'allarme nucleare del 1973 gli americani a_vevanodue portaerei nei pressi di Creta, una tena portaerei appena più ad occidente ed una quartaportaerei all'altezza di Gibilterra, e tutte insieme costituivano un deterrente formidabile. Con la VI flo1taridotta ad una solaportaerei le operazioni si fanno più difficili. L'unità isolata non si spingerà più a fondo nel Mediterraneo orientale in tempi di crisi, senza attendere rinforzi dall'Atlantico (che potrebbero anche non arrivare o che potrebbero comunque impiegare una o due se/limane a seconda della situazione strategica complessiva). Ciò significa che il deterrente nucleare navale resterebbe confinato al Mediterraneo occidentale con evidenti conseguenze limitative della libertà d'azione occidentale in caso di crisi in Medio Oriente o sul fianco sud orientale della Nato. A questa situazione bisogna aggiungere il crescente ruolo militare di alcuni paesi arabi. Allo stato attuale ad esempio la Libia ha chiaramente messo insieme tutto il potenziale di armamenti e di basi militarmente protette per poter funzionare da punto di appoggio di un alleato esterno: in questo caso l' Urss. Essa ha una sovrabbondanza di mezzi militari assolutamente ingiustificata, vista l'effettiva consistenza delle due forze armate. I suoi circa 50.000 uomini non sono certo in grado di operare un mezzo blindato per ogni 9 o 1 O soldati o un aereoper ogni plotone di avieri! La Libia è un magazzino di armi a disposizione di chi le potrebbe usare, inviandovi rapidamente gli uomini necessari. Gli Usa da parte loro stanno riempiendo di basi l'Egitto, la Somalia, il Kenia, l'Oman ed ora anche (siapure in modo più discreto) l'Arabia Saudita. È vero che queste basi sono per ora soprattutto orientate verso il controllo di una possibile crisi nel Golfo persico o nella penisola arabica, ma è evidente che il moltiplicarsi di crisi in Africa (invasione libica del Ciad, prosecuzione della guerra civile etiopica e del confliJto con la Somalia, minacce libiche verso il Sudan, la Tunisia, il Niger e l'Algeria, prosecuzione del conflitto nel Sahara ex-spagnolo) e il mutare degli equilibri nel Mediterraneo ne accrescono il valore operativo anche in questa direzione. E 11011sono solo le basi: le armi a nuova tecnologia possedute dagli stati Stefano Silvestri rivieraschi non sono evidentemente in grado di far vincere loro una guerra, ma sono in grado (se usate occultamente o di sorpresa) di infliggere gravi danni anche alle forze delle superpotenze. Per limitare i nostri esempi alla Libia, 11011 è certo un caso che questo paese si sia dotato di ben sei sommergibili, e che i suoi caccia intercettori abbiano cercato di dirottare (l'estate scorsa) un aereo da ricognizione amerièano, per obbligarlo all'atterraggio forzato in Libia. Allora la manovra fu sventata per il rapido intervento di due caccia americani F-14, pronti in stato di preallarme sul ponte di una portaerei. Ma ingenere 11011si fanno questi scherzi se non si vuole provare qualcosa, trasmettere un messaggio, dimostrare lapropria capacità operativa. Il fallo che probabilmente i piloti dei caccia libici fossero palestinesi o siriani 1101f1a che rendere la situazione più preoccupante. Comunque, questo esempio dimostra una verità lapalissiana ed importante: l'uso dellaforza contro i paesi mediterranei deve ormai scontare la possibilità di una ragguardevole opposizione militare, forse non in grado di respingere un attacco deciso, ma in grado di infliggere alcune perdite rilevanti, e quindi obbliga l'eventuale a/laccante ad accrescere il livello della forza da usare, rendendo l'operazione più costosa e più rischiosa, e quindi anche meno probabile. Questo da un punto di vistamilitare. È forse inutile so1tolineare come muti anche la rilevanza politica dei paesi mediterranei? I paesi arabi, sopra/lutto, benché non abbiano ancora trovato un loro equilibrio politico comune e continuino a/acrememe ad avversarsi l'un l'altro, sono comunque riusciti a contare di più: grazie al petrolio, certo, ma anche grazie all'inventiva politica di Sadat, all'avvemurismo di Gheddafi, alla crescente importanza del ruolo intermedio tra Nord e Sud del mondo (e, in particolare, tra Europa e Africa), alla rilevanza infine del problema islamico in crisi difficili come buona parte di quelle afroasiatiche. A volte questi paesi pretendono di regolare più di quanto in realtà possano sperare di controllare. Ma i loro frequemi errori non tolgono nulla al fauo che essi sono divenuti interlocutori politici internazionali in prima persona. E infine nel Mediterraneo c'è anche un altro interlocutore «eccentrico» al puro e semplice equilibrio militare: la Comttnità Economica Europea. Economicamente è la principale potenza mediterranea, il centro di più della metà dei commerci e il maggior istituto di riciclaggio e investimento dei capitali. Entro pochi anni ben cinque stati mediterranei saranno membri della Cee, quando Spagna e Portogallo si aggiungeranno a Francia, Italia e Grecia. La Turchia è paese associato. La Jugoslavia è sempre più collegata alla Cee, da tra/lati importanti e dettagliati.Malta si è legata a filo doppio con l'Italia onde accrescere la sua i111egrazionenella economia europea. La Cee ha una «politica mediterranea» di particolari facilitazioni e intensificazione di rapporti con Israele, con il Marocco, con la Tunisia, con l'Algeria e con l'Egitto, e ha in corso un dialogo euro-arabo con i paesi della Lega Araba. Ed infine è anche un importante interlocutore de/- i'Africa (la maggioranza dei paesi africani aderisce alla Convenzione di Lomé, per i paesi in via di sviluppo associati con l'Europa). Vi è una sempre cresce111peresenza politica europea, non solo dei singoli stati nazionali, ma della Cee nel suo complesso. Il nuovo preside111'edella Commissione di Bruxelles, Gaston Thom, ha compiuto un viaggiopolitico tra i paesi arabi, mentre uno dei commissari, il francese Cheysson, si occupa attivamellle di problemi quali il conflitto somalo-etiopico. Un altro commissario, l'italiano Natali, ha avuto l'incarico di studiare una politica complessiva verso il Mediterraneo. E la Cee è anche sempre più riconosciuta come un interlocutore valido: recenti contaui con i palestinesi e soprauutto la visitadi Sadat al Parlamelllo Europeo in febbraio annunciano la possibilità di un ruolo crescente anche nello scacchiere più delicato, quello arabo-israeliano. Questi dunque sono i fattori nuovi di maggior rilievo. Potrebbero essere ~iassuntiin questi termini: cala la presa e il controllo delle superpotenze sugli equilibri mediterranei, si moltiplicano i conflitti e lepossibilità di crisi, aumenta la libertà d'azione dei paesi dell'area, cresce l'importanza degli interlocutori regionali. Per· l'Italia tutto questo può avere una rilevanza particolare. In questo ultimo anno si è chiarame111edelineata una certa tendenza politica italiana a «contare di più» nel Mediterraneo. Ne ha parlato il Ministero degli Esteri (che ha curato l'accordo per la protezione della neutralità di Malta) e ne parlano molto al Ministero della Difesa, dove si preoccupano delle conseguenze operative di questa scelta. Ne parlano persino al Quirinale, dove sottolineano l'importanza delle visite di Pertini in Algeria e in Jugoslavia nonché le preoccupazio_niper l'avventurismo libico e la longa manus finanziaria che sembra aiutare i terroristi nostrani. Non è, almeno sinora, un ritorno delle vecchie tesi filo-arabe o neutraliste a suo tempo accarezzate da 1111 La Pirao da un Fanfani. Al contrario, la nuova presenza italiana è neuamente caratterizzata da una scelta di tipo occidentale ed europea. Vi sono certo alcune «sbavature» (ora in direzione del/' lrak, ora della Libia, ecc.) ma non più di quante se ne verifichino in genere nelle migliori famiglie e comunque non tali da mutare l'orientamento complessivo. Partendo da entrambi gli scopi della storia della metafisica, quella platonica e quella nietzcheana, Evola e de Benoist offrono una filosofia del fascismo che interrompe la mediazione disgressiva, e perciò, che sia spiritualismo o volontarismo, violenta la natura storica dell'uomo. Ciò che è necessario è una forma diversa di «violenza», la violenza ermeneutica di imparare a vivere con il terrore della storia. Questa era il tipo di violenza che praticava Socrate, la sofferenza del discorsivo. E, in effetti, per il fatto che osò mettere in dubbio i miti di azione immediata e propose la condizione di «conoscere ciò che non si conosce», fu vittima di una violenza molto più grande. Come ha affermato Albert Camus nel 1948, il problema oggi è sapere se avalleremo di nuovo nella nostra vita il sacrificio di Socrate. La nuova situazione militare accresce natura/mellle l'importanza delle _ forze basate a terra, come appoggio o supplenza delle calanti forze navali. Così ad esempio i nuovi missili tattici a lungo raggio «cruise», che verranno installati in Italia potrebbero avere un doppio ruolo: da un latopotrebbero far parte del deterrente strategico europeo contro l'Urss (co111robila11ciando i missili sovietici SS-20), ma d'altro lato potrebblfroanche assumere alcuni compiti nucleari tattici di profondità sul fronte sud della Nato che in precedenza erano coperti dagli aerei della VI flotta (compiti di controaviazione ad esempio, o di imerdizione su bersagli fissi). In genere cresce la necessità di meglio coordinare le forze europee in questo mare e di assumere sempre nuovi ruoli. Alcuni più avventurosi parlano di presenza navale nel Golfo persico o su altri mari lontani. Questi sono esotismi di poco rilievo. La cosa importante invece è quella di assicurare la stabilità del quadro mediterraneo anche in presenza di un peggiore rapporto di forze. E per far questo gli europei hanno a disposizione molti più strumenti degli americani (anche se 1101h1anno la loro «superpotenza» militare, che però è sempre più lontana da queste acque): da quelli militari a quelli politici ed economici coordinati nella Cee. Mi sembra di sentire a questo punto il cupo fischio critico e u11po' saccente di molta sinistra nostrana e il ricorso ad una definizione abusata e a dire il vero molto confusa: si traua forse di «subimperialismo»? lo confesso di non sapere cosa sia questo «subimperialismo», a meno di non voler credere alla esistenza di nazioni «mercenarie», per cui l'Italia o la Francia diverrebbero ipso facto i giannizzeri o la legione straniera degli americani ... e anche così continuerei ad avere i miei dubbi sulla validità del concetto poiché è cosa ben nota come negli imperi in decadenza allalunga (e neanche 1a1110) i mercenari prendono il potere ... ma bando ai paragoni che non reggono. La realtà come al solito è più sfumata, complessa e ricca di alternative. È vero che i paesi europei hanno un ruolo maggiore nel Mediterraneo. È vero che questo maggior ruolo, per potersi esplicare, deve svolgersi nel/'ambito di una scelta atlantica ed europea (poiché altrimenti avverrebbe in contrasto con ambedue le superpotenze; non interessate ad un mutamemo di imerlocutori' in una loro area di interesse primario), ma è anche vero che queste «deleghe» non sono prive di opportunità e di importanza. È cioè possibile pensare ad un ruolo politico europeo autonomo di grande importanza in un'a~ea cruciale sia per il confro1110Est/Ovest che per il dialogo Nord/Sud. Certo sono carte che richiedono un gioco prudente e molta discrezione. Ma sono mani da· giocare.

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