Alfabeta - anno III - n. 22 - marzo 1981

...... oO °' fino alle cliniche psichiatriche dei sovietici nell'era moderna( 6). Sembra chiaro che l'era post-moderna prepara ora procedure di sparizioni a vista con l'arrivo di società della scomparsa legale, forma originale di esecuzione capitale in cui il potere transpolitico punta a identificarsi totalmente con il potere medico decretando chi è «morto» e chi è «vivente», ma specialmente quali sono i «mortiviventi», cittadini del non-diritto, in libertà provvisoria permanente. L'attuale dibattito clinico sulla morte medica o coma superato si trova qui trasposto sul piano civico della morte sociale degli assenti, non importa se scomparsi o uccisi ... Forma sofisticata di ostracismo nell'era post-storica della guerra del Tempo, al di là dell'era storica delle guerre, dello spazio territoriale, il progetto di legge argentino diviene l'abbozzo di una scomunica civile, figura agonistica di sterminio senza processo, senza arene e senza campi di concentramento, al di là di ogni delimitazione di diritto e·di luogo. Contrariamente al passato, in cui lo Stato di diritto si identificava politicamente con lo Stato di assedio (sociale) della Città e poi della Nazione, lo Stato di non-diritto in via di costituzione in America Latina eccede tutti i limiti verso uno Stato di urgenza «transpolitico», forzatamente delocalizzato. È dunque del tutto logico, non solo che i/ morto scompaia ma specialmente che la morte cessi... è ormai un imperativo urgente, una necessità assoluta, non già con un fine umanitario ma in una prospettiva escatologica: quella di perpetuare indefinitamente lo sterminio, figura ultima dello Stato. La generalizzazione progressiva del rapimento come della cattura di ostaggi da parte dei differenti «terrorismi» (individuali o di stato) aveva da molto tempo preparato l'opinione-pubblica a questo tipo di procedure paniche, in cui la scomparsa dalla vista inaugura una sorta di magia pubblica, fenomeno di sostituzione transpolitica, al di qua di ogni costituzione (politica) in cui gli «spettri sociali» succedono definitivamente ai soggetti di diritto, in una cinetica civica dove la fine verrà costantemente rinviata, nell'impossibilità di poterla mai raggiungere ... La sindrome di Robinson È in questo senso che bisognerà ben presto analizzare, a lato dei dibattiti morali e giuridici sul «diriuo alla morte» (eutanasia attiva e passiva...) e dell'interruzione volontaria della gravidanza, quelli che non mancheranno di sorgere sul «diriuo allascomparsa». In effetti, anche se «la liberazione della scomparsa» non è ancora rivendicata dal conformista liberale ambientale, molti segni precursori la annunciano. Da una parte, il termine esotico di sindrome di Robinson designa il caso di adulti in fuga desiderosi di rifarsi la vita altrove, sotto falso nome. D'altra parte, la protezione del nome patronimico non sembra più seriamente assicurata, la legge del 1966 sull'adozione permette per esempio la falsificazione dello stato civile del bambino il cui nome reale viene cancellato dai registri, mentre i duemila bambini nati in Francia con la procreazione artificiale restano senza vero stato civile legale. Infine, in provincia, il carattere inquietante di una scomparsa è lasciata all'apprezzamento dei poliziotti o dei gendarmi: «Le nostre strutture di polizia sono mal organizzate per i casi di sparizione», confessa un ispettore di Vaucluse, «da una parte abbiamo molto lavoro da fare coi malfattori, dall'altra è molto rischioso meuere in opera grandi mezzi, poiché nella maggior parte dei casi si scopre che è una sparizione volontaria». Numerosi avvocati insorgono contro queste pratiche che tolgono allo scomparso involontario ogni possibilità di essere oggetto di un'inchiesta approfondita. Un ·comitato VERITÀ SULLE SPARIZIONI si è d'altronde recentemente costituito, e come dichiara uno dei suoi fondatori: «È un problema molto ambiguo, in nome delle libertà individuali si proteggono curiosamente le fughe volontarie. Questo va bene, però si passano sotto silenzio le sparizioni involontarie. Si pensi che nessuna cifra esalta su questo fenomeno appare nelle statistiche ufficiali ... Su 7000 persone non ritrovate, io valuto a circa 2000 il numero delle persone scomparse involontariamente ogni anno in Francia» (Patrick Giros, prete). Quando si sa. che la cifra ufficiale degli scomparsi argentini si colloca tra le 5 e le 15 mila persone, ci si può effettivamente inquietare sulla stima del Comitato sulle sparizioni in Francia. In Unione Sovietica si assiste egualmente da sei anni a una misteriosa manipolazione delle statistiche demografiche relative ai tassi di mortalità (vedere il testo di Roland Pressai: «Situazione demografica dell'URSS alla vigilia del suo quinto censimento», in Population, 1979, n. 4/5, p. 863). Ma torniamo al punto di partenza, in America Latina. Prima che la scomparsa delle persone divenisse un mezzo eccezionale di coercizione, l'informazione era ancora disponibile e si poteva osservare uno straordinario· fenomeno di massificazione della marginalità sociale abbandonata alla propria sorte, cioè alla disoccupazione e all'autogestione di una penuria crescente nelle nebulose suburbane, esse stesse prodotti di una auto-costruzione selvaggia, che arrivavano a accogliere fino a 100.000 abitanti come Villa Salvador presso Lima, in Perù. Infatti, si trattava in questo caso di una situazione pseudo-coloniale(') interna. Diventando le masse paradossalmente marginali, il trattamento poliziesco classico diveniva inoperante. A meno di accettare una guerra civile dichiaraw, e quindi indirettamente da parte dei militari la possibilità di una tinazionali, banche del sangue che sfuggono al controllo dei governi interess<1ti,come quello Brasiliano, dove esistono ben 700 banche di questo genere e dove la polizia rifiuta sempre di riconoscere il problema, benché in certe maternità delle favelas non si lasciano andare le puerpere e i bambini se esse prima non danno il sangue ... Cinque milioni di litri di plasma sanguigno vengono cosi commercializzati ogni anno in America latina da compagnie che realizzano benefici dell'ordine del I0.000 per cento. Queste pratiche rituali di liquidazione del vivente si sono potute realizzare su scala internazionale solo dopo l'invenzione di un metodo detto di «frazionamento» che permette di isolare chimicamente gli elementi costitutivi del sangue e la ricostituzione di un plasma industria/e ad alta capacità di conservazione( 9). Ritorno al passato, ritorno al passivo, dove lo Stato di pacificazione interna non sarà più solo un'aberrazione militarista transitoria, ma l'alba sinistra di una lenta regressione della nazione, dello sterminio di una società civile in cui la repressione degli intellettuali e dei lavoratori e la restaurazione del latifondo costituirebbero i risvolti complementari di una tirannia neo-feudale implacabile e di lunga durata, stereopolitica del peggio, destinata ad assumere storicamente il rigetto completo dello Stato nazionale a profitto di uno Stato transpolitico e transnazionale in· via di costituzione ovunque e da nessuna parte al tempo stesso( 11 ). Autoctono o emigrante ... indigeno o straniero ... dibattito mitico che introduce un'opposizione divenuta classica, l'autoctonia rappresenta uno dei miti fondatori del POLITICO. Alla comune matrice, alla Te"aMadre delle origini, succede il sesso esclusivo della Ciuà Vergine che procrea per «partenogenesi» il cittadino autoctono, nato dal suolo democratico della città di Atena, divinità presente, insieme madre e patria di un soggetto divenuto cittadino di diritto di uno Stato-Città, di un idolo civico innalzato da mani di uomini. «Ai filosofi di interrogarsi sulla perennità della Città, il discorso politico ha da sempre già risolto Paul Virilio Nato a Parigi nel I 932, Paul Viri/io si è occupato inizialmente di piuura; poi - e con molta fortuna - di urbanistica (ha direuo, tra l'altro, la rivista Architecture principes). Nel maggio '68, ha abbandonato l'insegnamento universiwrio per divenire uno dei protagonisti dell'occupazione del/'Odéon. I suoi i111eressi sono spostati verso la riflessione sociologica e politologica. P.ur continuando a insegnare architettura (alla Sorbona, sino a due anni orsono; ed è stato direuore dell'Eco/e d'architecture, dove insegna tult'ora) ha iniziato, sul finire degli anni sessanta, la pubblicazione dei suoi saggi «transpolitici» sulle riviste Esprit, Critique, Cause commune. Auualmente è membro del comitato di redazione della rivista Traverses. La seconda fase, post-urbanistica, del lavoro di Viri/io, è raccolta in cinque libri: Bunker-archéologie (Paris, Ed. Centre Georges Pompidou, 1975); L'inséc1,1ritédu territoire (Paris,Stock, 1976); Vitesse et politiqu~ (Paris, Galilée, 1977); Défense populaire et luttes sociales (ivi, 1978); e Esthétique de la disparition (Paris, Balland, I 980). Poco noto in Italia, è intervenuto a un dibauito sulla geopolitica e l'insegnamento della storia in Francia, curato da Alessandro Fontana e Jacques Donzelot, che la rete Due ha trasmesso il 13 febbraio. La riflessione transpolitica di Viri/io costituisceuno degli esitipiù interessanperdita del potere, l'ultimo trattamento delle popolazioni oppresse diveniva quello del supplettivo dell'ordine sociale, figura estrema di un «lavoratore sociale» arruolato nelle unità speciali in commandos «parapolizieschi», grazie all'instaurazione di uno stato di guerra interna non dichiarata in cui l'autodifesa delle milizie andava a sostituire l'autogestione della penuria e dell'auto-costruzione di ripari, favelas, barriadas, e altre bidonville posturbane. (Come ci spiega nel suo rapporto su7/adifesa il deputato francese Daillet: «La difesa civile è destinata ad assicurare la sicurezza delle retrovie e a impedire, nel caso di crisi gravi, la nascita e l'azione cieca dell"esercito del rifiuto' contro il quale la difesa militare è impotente».) La liquidazione del vivente In queste zone infraumane, abbandonate al racket dei «gruppi di sterminio» paramilitari e parapolizieschi, si è potuto osservare dopo 12 anni, la comparsa di traffici e poi lo sfruttamento commerciale della materia vivente, che si sarebbe trasformato poco a poco in una imposta del sangue, non più del tipo di quella della guerra in cui ogni cittadino richiamato è tenuto ad assicurare anche al prezzo della vita la salvezza della patria, ma questa volta in una ingiusta pace in cui i più diseredati vengono costretti ad alimentare, per il maggior profitto di società ,mul- , -=~-:!t, ti della «scuola francese» (Deleuze, Baudrillard, Lyotard .. .). Con Baudrillard, Viri/io condivide l'immagine del sociale contemporaneo come trasparenza assoluta, non mediata da alcun tramite rappresenwtivo (partiti, stati, istituzioni), per cui la politica risulta vanificata dal potere di una massa anonima, incontrollabile e implosiva -ma per ciò stesso souoposta alle imposizioni più brutali di un potere non più legiuimato. La transpolitica si pone poi, esplicitame111en, el campo della riflessione sul «postmoderno» inaugurata da Lyotard (fine di ogni metadiscorso ideologico legiuimame, transizione verso una società post-storica e postpolitica). Infine, la condizione della soggeuività transpolitica, espropriata da ogni vincolo di appartenenza a una comunità stabile, e resa pertanto «nomade», ha molti punti di contalto con il nomadismo teorizzato negli ultimi testi di Deleuze e Guauari, che a Viri/io fanno spesso riferimento. in questa area, la specificità del discorso di Viri/io è costituità dalla tonalitàapocaliuica delle sue riflessioni (confortate del resto da analisi di situazioni concrete: l'America latina, nel testo qui presentato); e, soprauuuo, dalla fondazione «urbanistica» della fine del politico. In sostanza, scrive Viri/io, abbiamo accertatoda tempo l'esplosione dello spazio urbano, che ha perso pgni riconoscibilità per diventare un territorio «desertico», 1101c1odificato, in cui si Così, con la crisi dell'energia e l'esaurimento dei giacimenti di materia prima ecco sorgere, nei paesi i:liseredati la materia ultima, il giacimento di sottopopolazione in via di sfruttamento biologico intensivo ... Al di là dello sfruttamento estensivo e migratorio della forza-lavoro di un proletariato trapiantato, che permette il ridispie-· gamento industriale mondiale, ecco un'ultima forma di trapianto e perfino di «trasfusione transpolitica». Rese incapaci di assicurare una produzione tecnologicamente sempre più sofisticata, le souopopolazioni autoctone d'America latina sono effettivamente «liquidate» come manodopera, per divenire impercettibilmente un'ultima miniera, l'ultimo giacimento di componenti chimiche organiche destinate a rivitalizzare le popolazioni privilegiate. Non ha forse l'Argentina in progeuo d'importare prossimamente 1Omilioni di giapponesi? Un tale discredito dell'indigeno, e non più unicamente dell'indiano, una tale «dequalificazione professionale» della propria popolazione nazionale, chiariscono brutalmente le recenti pratiche della scomparsa di massa, il sottosviluppo organizzato di intere regioni, zone strategiche di uno stato suicidario in cui: la recessione industriale e il disarmo doganale sono il risultato di un trasferimento di reddito da tuui i seuori economici e sociali verso il settore agrario( 1°). j• esercita un potere privo di ogni legittimazione. Ma lafine del conceuo classico di ciuà, cioè di polis, non è privo di conseguenze politiche rovinose nel campo di insiemi più complessi: dopo la città, scompare anche lo Stato-Nazione. Non restapiù alcun legame rappresentativo che congiunga il cittadino (dellame1ropoli e dello S1ato)al po1ere. Non sopravvive più alcuna società civile, ma si afferma un territorio mondiale e sovranazionale in cui si eserci1aun potere transpolitico. Le conseguenze per i «soggeui» sono • evidenti. Scomparso il legame sociale, ogni ciuadino rischia, a sua volta, di sparire. È allora necessario che ogni individuo si faccia presente in prima persona, si renda riconoscibile agli occhi del potere-diversamente, è come se non esistesse. Così che/informazione, un tempo veicolo di opinioni politiche, si riduce a delazione di massa (ognuno deve notificare allo Stato la propria esistenza). E i soggeui di ques10 Stato mondiale sono costreui a essere onnipresenti, ad assumere la velocità come principio politico, per non essere dimenticati. Finisce la politica, e finisce la guerra come proseguimento della politica con altrimezzi. Ma proliferano le polizie, e ci troviamo tutti i una si1uazione di insicurezza. M.F. Il testo di Viri/io appare qui in prima pubblicazione. I titoli interni sono della redazione. la ques1ione»(12 ). «Topos» obbligato in cui si cristal- •lizza l'immaginario civico del «demos» ateniese, l'autoctonia è dapprima un luogo vuo10 in cui sotto i discorsi politici traspare un discorso sulle strutture di parentela dello Stato: nasciamo da uno o da due? Il medesimo nasce dal medesimo o dall'altro? In una parola, si nasce dalla terra o dagli uomini? A questa alternativa, il mito dell'autoctonia risponde rifiutandosi di scegliere: si nasce dalla terra e dalla sessualità. t3 La rivoluzione dromocratica Più tardi, molto più tardi questo dibattito riprenderà con la querelle dei determinismi sociali. Con l'antropogeografia di Ratzel e la morfologia sociale di Mauss, l'alt~rnativa proposta si sposterà dal «sesso» alla «società> e dalla Città alla Nazione, ai continenti interi fino ai deliri interpretativi del Lebensraum del generale Haushoffer, maestro della geopolitica del terzo Reich e del Lebensborn biopolitico di cui Rosenberg sarà il teorico e che contaminerà durante la seconda guerra mondiale la geostrategia degli Stati Uniti, poiché la famosa dourina della sicurezza nazionale nascerà dalla guerra con la Germania nazista, prima di pervenire ai confini del subcontinente andino, con l'aiuto del generale Golbery, ispiratore della geo-politica del Brasile, e attraverso di essa di un professore di «geografia militare> di nome Pinochet, per ritornare alla fonte con i recenti sviluppi dello «spazio giudiziario europeo> ... Forma degradata del «politico> nel senso antico del termine, che si rifiuta sempre di scegliere tra luogo e ambiente, la «sociologia> introdurrà la persistenza dell'illusione morfologica omettendo il 1empo, a beneficio esclusivo di una referenza/riverenza alla Storia. Pertanto, all'opposto del «sinecismo», messa in moto degli uomini col raggruppamentocIT «demos rurali> in una sola città, l'autoctonia appariva come una messa in molo del 1empo, di un tempo che non ha niente di storico poiché è quello di un perpetuo ricominciamento dell'origine. Come spiega Nicole Loraux: «Per esistere nella storia della città democratica, il mito dell'autoctonia deve essere ugualmente inscritto nel 1empo rallentato, ripetitivo, che anno dopo anno riporta le stesse feste, le stesse celebrazioni, delimitando così lo spazio della Città>. «Topos> obbligato dei discorsi ufficiali, l'autoctonia ateniese è dunque prima di tulio un «Kronos» mitico, una ritmica politica, una cerimonia che si svolge dalle panathee sull'Acropoli al cimitero del Ceramico, dalla nascita alla morte pubblica dei «figli della Patria> per i quali i/ tempo si annulla nel/'i"evocabile ritorno della fine all'origine. Eterno presente inscritto nel tempo della «polis>, il mito dell'autoctonia scandisce il tempo «politico> del cittadino alienando i suoi idio-ritmi tribali o familiari, e ciò dalle origini agrarie fino agli inizi dell'era industriale, in cui la rivoluzione dromocra1ica succederà alla rivoluzione democratica introducendo un lempo acceleralo in cui le tecniche energetiche sopprimeranno progressivamente il mito del radicamento territoriale dello Stato. Al «culto della materia>, Terra-Madre e Vergine delle origini, si sostituirà quello della luce, in cui la «sostanza assoluta> sfumerà, si esaurirà, a profitto di un necessario accidente di transfen. Alla «erezione» ateniese, al passaggio ctonio delle origini del mito, verrà sostituito il passaggiocrip1ico dall'ombra alla luce. Alla chiusura politica tradizionale succederà allora un grande disordine ctranspolitico>. Au1oc10no di un tempo, molto più che di un luogo, più fot6geno che indigeno, poiché: il tempo è il ciclo della luce( 14 ), il soggetto che vedrà il giorno nascerà più visibile che «mortale»; più cronico che topico, esso nascerà alla luce del tempo di un cronotropismo del vivente in cui il condizionamento mitico della liturgia lascerà il posto ai condizionamenti tecnici di popolazioni sfruttate nei loro bioritmi. Di fronte a questo traumatismo, il principio dell'identità geo-morfologica del cittadino tenderà a sfumare, più «societario> che originario quest'ultimo non tarderà a divenire impercettibilmente che un semplice supplente. Ai residenti privilegiati, titolari del «diritto di città> di uno Stato democratico, succederanno visi1atori, cittadini transitori, turisti. spettatori di uno Stato dromocratico in cui la vista è la vita ... Se ieri nell'unità di vicinato l'altro era conosciuto e riconosciuto nella ripetizione, nel rituale degli incontri e delle manifestazioni, con la rivoluzione dei trasporti il «vicino> diventerà uno speltro che non si rivedrà se non accidentalmente. Il grande disordine provocherà dunque più questa presenza passeggera di quanto non favorirà il perfezionamento degli scambi. Questa assuefazione cinetica alla sparizione del congenere avrà il carattere di un divorzio sociale: passante, passeggero, la presenza fisica del simile perderà di realtà a beneficio della «immagine di marca>. Allargandosi gli angoli morti coll'accrescersi della confusione dei corpi, la fugacità delle persone ci circonderà progressivamente di sconosciuti ... Lo stadio e il cimitero Il discredito della nozione di nemico a profitto del sospetto e della minaccia segnalerà dunque che l'assenza di alleali che il declino della difesa, il discredito dell'alleanza civica. Al carattere estensivo delle localizzazioni provinciali e nazionali, vedremo succedere allora quello di un'intensa visualizzazione trans-nazionale in cui le lunghe teorie della liturgia democratica scompariranno, rinnovate da «sequenze di sfilate> accelerate che suppliranno agli atti di un popolo assente. Arte del vedere, del prevedere, il

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