non svalutare, per poi esserecostretti a farlo quando si è presi per il collo». Il l O febbraio, in un titolo in pagina interna, La Repubblica aveva così presentato le misure restrittive del credito: Dopo incessanti consultazioni con il Governo Ciampi, Andreatta sconfigge il partito della svalutazione nello Sme. La stessa Repubblica riporta anche una significativa frase dello stesso Andreatta: «Se nell'estate scorsa avessimo seguito il consiglio di qualche industriale che voleva la svalutazione della lira, quell'azienda torinese avrebbe avuto oggi un 10 per cento di inefficienza in più». Non solo il riferimento alla Fiat è piuttosto trasparente, ma fa capire quale sia la politica verso i lavoratori e il sindacato che Andreatta «suggerisce» con la propria strategia. In una intervista a Sole-24 Ore, il l O febbraio, Andreatta è stato in proposito abbastanza esplicito: «Quali effetti potranno avere queste misure sul mondo del lavoro?» - Andreatta: «La cosa più importante è che non vi siano sant(!ari in cui si annidi del lavoro non necessario. Le fabbriche debbono essere fabbriche di prodotti, non fabbriche di lavoro. Non deve esserci alcun settore produttivo in cui l'obiettivo di mantenere l'occupazione diventi prevalente rispetto a quello di conservare i mercati all'estero. Non impiegherò una lira dei contribuenti italiani per permettere a questi santuari di sopravvivere». A questo punto la contrapposizione «accademica» fra Andreatta e La Malfa prende una più ampia consistenza. Da una parte c'è chi punta a una complessamanovra di «recupero» - quale appunto La Malfa stava preparando nel suo Piano- basata su una svalutazione della lira per rendere più competitivi i prezzi dei prodotti italiani e sul finanziamento pubblico alle aziende in ristrutturazione; questa linea fa affidamento più sulla cassa integrazione che sui licenziamenti e presenta perciò un «profilo• più accettabile per i sindacati. Su questo fronte sembra schierata la Confindustria, con importanti gruppi industriali come quello di Agnelli. Dall'altra parte c'è chi punta a una rapida ripresa di produttività delle aziende, costringendo le imprese a licenziare (o a fallire) chiudendo il rubinetto del credito e mantenendo la lira a livelli di cambio che lasciano poche speranze alle industrie esportatrici. Su questo fronte più «duro• troviamo schierati, oltre allo stesso Andreatta, esponenti come Visentini, che non è solo il presidente del Pri, ma anche un rappresentante di consistenti gruppi economici. È lo stessoLa Mal fa che lo lascia capire in modo piuttosto trasparente nella già citata intervista a Repubblica del 6 febbraio. «Qualche critica, comunque, le è venuta anche dal suo partito?» (Il riferimento alla presa di posizione di Visentini è chiaro, anche se implicito) - La Malfa: «Credo che ci sia una tendenza, in una parte del mondo finanziario, a considerare i piani come esercitazioni accademiche•. Ancora una volta contrasti piuttosto sostanziali vengono riproposti come questioni «accademiche•, ma la risposta è egualmente chiara anche se abbondantemente «cifrata» per il comune mortale che pretenda di capire dai giornali qualcosa di ciò che sta accadendo attorno a lui. Come al solito, la stampa ha fatto ben poco per aprire ai lettori le «segrete cose• della politica e dell'economia, accontentandosi del magro duello «accademico» fra ministri, incurante del paradosso di un Andreatta vestito da Don Chisciotte che sfida da solo partiti, sindacati e Confindustria. È del tutto evidente che, dietro al dissidio Andreatta-La Malfa, si cela un dissidio, verosimilmente profondo, fra due ali del capitalismo italiano. Non è facile comprendere, neppure a grandi linee, quali siano composizione e interessi di queste fazioni. I nomi di Agnelli, da una parte, e di Visentini dall'all'altra, sono «indicatori• consistenti, ma approssimativi e non bastano certamente a spiegare schematicamente una situazione che è certamente molto articolata. È interessante notare che due giornali come il Corriere della Sera e La Repubblica hanno accuratamente evitato di assumere posizioni critiche verso la stretta creditizia, considerata come una speciedì «medicina necessaria», e hanno preferito semmai protestare, più vagamente, contro la mancanza di organicità nella politica economicadel governo. Lo stessoScalfari ha atteso il 6 febbraio, quando il «vertice» aveva ormai raffreddato la materia, per scrivere un articolo di fondo in cui si afferma: «Poiché chi ha letto il piano triennale ed ha esaminato le misure della Banca d'Italia sa che tra i due documenti non v'era contrasto alcuno, ecco che viene alla luce la verità: una tempesta in un bicchier d'acqua, strumentalizzata anch'essa... a fini di politica interna. Questo non è governare: è compiere esercizi di funambolismo né richiesti né graditi». Se l'analisi di Scalfari fosse esatta, rimarrebbe da spiegare quale è stata la manovra politica che si è svolta attorno al «bicchiere d'acqua» e chi vi abbia messo il dito per provocare la tempesta. Ma Scalfari non lo spiega, né lo ha spiegato il suo giornale. E rimane da spiegare come mai La Malfa sia giunto a offrire le sue dimissioni per una questione che non sussisteva. Per la verità, bisogna aggiungere che lo stesso La Mal fa, nella intervista cioè ben due settimane dopo l'annuncio della stretta creditizia ! L'impressione che Andreatta, andato avanti nei panni di Don Chisciotte, sia rimasto vittima del ruolo, e venga ora indicato come capro espiatorio, è difficile da cancellare. Rimane il fatto che sia Scalfari sia Mucci, editorialista economico del Corriere, hanno preso atto della necessità della manovra di restrizione del credito, cosa che non hanno fatto né la Confindustria, né il giornale della Fiat, né tantomeno il sindacato e i partiti della sinistra, nessuno escluso. Questo contrasto è perlomeno altrettanto interessante e singolare del contrasto «accademico» fra i due ministri del Tesoro e del Bilancio. Ultime notizie da Via Solferino Fra le ipotesi utili per interpretare le recenti vicende della politica economica merita di essere vagliata quella avanzata dal Manifesto, in due articoli successivi. Il primo, direttamente collegato alla stretta creditizia, è apparso il 4 febbraio, quindi nel mezzo della polemica Andreatta-La Malfa. Firmato da Ritanna Armeni, è intitolato Molte le critiche alla linea Andreatla. Si consolida l'asse Rizzoli•Visentini. Vi si legge: «È quello di Andreatta un messaggio duro, di rottura con ogni consuetudine di reciproci aggiustamenti per richiedere agli imprenditori - dopo autonomamente, rispondendo ai partiti solo in Parlamento. In verità, Il Manifesto dimentica di dire che La Repubblica sia in quella occasione, sia in occasione delle vicende della stretta creditizia non si è comportata molto diversamente dal Corriere, anche se con maggiore cautela. Lo stesso giorno in cui appariva questo articolo sul Manifesto, ·il comandanti: dei carabinieri generale Cappuzzo compariva con una intervista sul Corriere della Sera, dopo che il giorno precedente una analoga intervista era uscita sul quotidiano della City, il Financial Time. L'intervista non era sulla politica economica, ma sul terrorismo; tuttavia li Manifesw in un successivoarticolo (5 febbraio) dal titolo Ora arriva il generale della sera collegava anche questo avvenimento alla ipotesi interpretativa già avanzata. Scrive Valentino Parlato: «Occorre chiedersi se questo messaggio sia solo il segno di un processo in corso all'interno dello stato o senon si tratti già di un vero messaggio; e in questo caso occorrerebbe cercare di comprendere da quale universo esso possa prendere avvio. Quali le basi, i veicoli, le forze portanti, l'orizzonte politico? Può darsi anche che si tratti di una velleità, ma almeno due fatti non fanno inclinare verso questa ipo- • tesi riduttiva ... l'impressione è che si tratti di un discorso più che meditato; in secondo luogo c'è il Corriere della Resistenza per la pace contro il terrorismo più volte citata, è giunto a dire: «Ai vertice le restrizioni di Andreatta sono state presentate come espansive (sic), rispetto alle linee previste dalla relazione previsionale e programmatica. li problema è in realtà che queste misure sono state annunciate dal ministro del Tesoro, sabato scorso, come fortemente restrittive ed hanno avuto un impatto negativo sulle forze sociali ... Fra il messaggio politico e quello tecnico di annuncio della stretta c'è stata una differenza sostanziale. Andreatta l'ha presentata come restrittiva, per impellenti esigenze valutarie. La Banca d'Italia ... sostiene invece che le misure sono dovute solo alla necessità di ricondurre il credito entro il limiti di espansione a suo tempo stabiliti». In altri termini, la «tempesta» sarebbe stata provocata solo dalla forma dell'annuncio di Andreatta, cui avrebbero abboccato come allocchi sindacati, Confindustria, giornali - a cominciare. dal giornale della Fiat. Francamente, questa interpretazione «a posteriori» sembra ancora più funambolica degli esercizi di funambolismo denunciati da Scalfari, e apre più interrogativi di quanti pretenda di chiuderne. Ma dobbiamo egualmente prospettarla ai lettori, segnalando·che, in seguito, lo stesso Corriere della Sera, in un articolo di fondo di Alberto Mucci, faceva propria la «versione Scalfari», scaricando tutto sulle intemperanze verbali di Andreatta; ma l'articolo è comparso il 15 febbraio, che avranno un po' protestato-altrettanta durezza nei confronti dei sindacati e della classeoperaia.( ...) Ora, c'è da chiedersi, se il mondo politico non ci sta, suchi pensadi puntare Andreatta per attuare i suoi prov.vedimenti e portare a termine l'operazione politica che ha appena iniziato?» Come si ricorderà, questa domanda se l'era posta in forma un poco diversa, anche il direttore del giornale della Confindustria. /I Manifesto butta lì, senza troppe spiegazioni, una risposta un po' riduttiva, ma interessante: «L'interlocutore pronto a sostenere il programma del ministro del tesoro sembra finora il gruppo Rizzoli che, in una riunione tenuta lo scorso weekend a Venezia, ha mostrato orientamenti altrettanto pesanti. Polemico nei confronti dei politici (ad eccezione di Fanfani), critico nei confronti dei democristiani e dei socialisti,(silenzioso invece sui comunisti) il gruppo Rizzoli sembra voler diventare la forza d'urto per il progetto Visentini. L'asse Corriere - Visentini, chegiàcon il blackout aveva imboccato la linea di supplire alla debole incertezza dei politici, può spiegare la non prevista scelta del professor Andreatta. I suoi provvedimenti economici non sono una scelta individuale». Come si ricorderà, Visentini era stato autore, nel clima delle polemiche successiveal terremoto, di una proposta di un governo «non partitocratico», capace di sostenersi e di decidere Sera, che ha la forza di un partito politico, !'! che - con il black out e con il recente convegno del gruppo Rizzoli a SanGiorgio Maggiore- ha manifestato la volontà di muoversi su una linea di supplenza di fronte all'attuale processo di disossarnento dei partiti di governo; con il senno di poi anche lo straordinario ed encomiabile impegno del Corriere nei giorni del terremoto può essere letto in questa chiave. Chi ci sia dietro (la dietrologia è la scienza del tempo) questa clamorosa rimonta politica del Corriere non si sa, ma non c'è alcuna incertezza sull'orizzonte della sua linea: la famosa proposta del governo dei tecnici avanzata da Bruno Visentini qualche tempo fa e non solo a titolo personale, come opportunamente, subito, è stato fatto sapere. Una proposta che vale soprattutto come direttrice di marcia di fronte al prossimo inevitabile incalzare delfa crisi istituzionale e che punta esplicitamente a una utilizzazione del Pci in ruolo di supporto, ma in forma diversa che n·eJbiennio della solidarietà nazionale». Se l'ipotesi interpretativa del Manifesw fosse anche solo vagamente centrata, diversi pezzi del «romanzo italiano» degli ultimi mesi potrebbero trovare una collocazione. Ma ci muoviamo nello spazio ridottissimo che la «politica sommersa» lascia aperto a questo tipo di analisi. Non tutti gli anelli della catena deduttiva del Manifesto sembrano ben connessi; non si capisce, ad esempio, come potrebbe.ff Pci sostenere in qualsiasi forma un governo fondato su una linea economica «alla Andreatta» o «alla Thatcher» che incontrerebbe, come già incontra, la ovvia opposizione dei sindacati. E ancora non comprendiamo come si possaspiegare tutto con Rizzoli, sia pure elevato a «partito politico», magari con alti patrocini in sede istituzionale. La vicenda della stretta creditizia ha fatto scorgere per un momento nuovi schieramenti tra forze politiche e forze economiche, ma i contorni sono appena individuabili. Rimangono alcuni fatti che, di per sé, sembrano andare nella direzione interpretativa proposta dal Manifesto: ancora una volta riguardano il Corriere della Sera e il gruppo Rizzoli, iasciando qui senza spiegazione i comportamenti di altri giornali che sembrano seguire una rotta parallela a quella del Corriere. Verso la fine gennaio Panorama (numero con data di copertina 2 febbraio) ha dedicato un articolo al Corriere della Sera, analizzandone il comportamento sempre più «duro» verso il governo, la Dc e lo stesso Psi. Il quadro interpretativo è, nelle grandi linee, simile a quello del Manifesto, ma Panorama aggiunge alcune informazioni circa un «possibile passaggio di mano nella proprietà della Rizzoli». Per «far fronte alla pressione delle banche con cui la Rizzoli è indebitata (prima di tutte il Banco Ambrosiano di Roberto Calvi)», il gruppo sta procedendo a un aumento di capitale. «Questa è anche la strada per coinvolgere, facendogli sottoscrivere l'aumento di capitale, un gruppo di industriali di prestigio come Carlo Benedetti, Orlando, Artom e Leopoldo Pirelli e forse Giovanni Agnelli, consorziati da Bruno Visentini, attuale presidente della Olivetti, collaboratore del Corriere e sostenitore della proposta del governo dei tecnici. In questo modo il Corriere, oltre a superare le sue difficoltà economiche, potrebbe uscire dalla zona politicamente ambigua -in cui rischiavano di invischiarlo uomini come Umberto Ortolani (presidente nell'attuale consiglio di amministrazione), amico di Lucio Gelli, fondatore della loggia massonica P2. Una grande occasione per rilanciarsi, nelle sue migliori tradizioni, come il più forte giornale della borghesia produttiva del Nord. Liberarsi, insomma, dei sospetti di trarne massoniche, influenze americane e, per dirla con Piero Gobetti, tornare ad essere l'autobiografia della nazione. Lette in questa chiave, le ragioni della svolta politica del Corriere diventano più comprensibili» (da Voltiamo pagina, di Chiara Valentini). Il secondo fatto è che domenica 15 febbraio, seminascosto in settima pagina, sul Corriere della Sera compare un comunicato dei Comitati di Redazione del gruppo editoriale. Senza fare precisi riferimenti e con un linguaggio assai cauto, il comunicato conferma che alcuni gruppi si stanno muovendo dentro e attorno alla proprietà per modificarne 'equilibri economici e orientamenti politici; su questi «movimenti» i Comitati di Redazione chiedono un incontro con i rappresentanti della azienda. Mentre concludiamo questa nota, lunedì 16 febbraio, i giornali riportano un discorso di Bruno Visentini che ripropone l'ipotesi di un «governo che decida senzamaggioranze precostituite» (titolo del Corriere della Sera in prima pagina, seguito da Come uscire dalla situazione di «non governo»). Sul Giornale la notizia è in seconda pagina, in basso,su due colonne, con il titolo Visentini rinnova gli attacchi al governo. Forse con la vicenda .della stretta creditizia, o con ciò che si è mosso attorno ad essa in questa prima quindicina di febbraio, il romanza italiano ha avuto una svolta decisiva. Naturalmente non si sa in che direzione, secondo le migliori regole del giallo. Forse non siamo i soli ad auspicare che il «romanzo» si concluda possibilmente con chiarezza maggiore del suo svolgimento, e che qualcuno ci racconti che cosa è successoin Italia•. ..... ,..., " ,5 ~ ~ -. oO °' ..... C) :::' " E "" '' :! ~ .<:) ~ <i
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