Alfabeta - anno III - n. 22 - marzo 1981

L'orecchio· nell'occhio (Per una geografia del suono) Dal 20 al 28 marzo 1981 TEATRO DI PORTA ROMANA Corso di Porta Romana 124 20122 Milano Walter Marchetti, Juan Hidalgo, Fernando Grillo, Giancarlo Cardini, Davide Mosconi, Giuseppe Chiari, Giorgio Battistelli, Franco Battiato, Magazzini Criminali Music Sabato 28 marzo alle ore 17.00 Quando il suono è più veloce della luce Interventi di: Franco Bolelli, Omar Calabrese, Riccardo Bertoncelli, Maurizio Ferraris, Mario Spinella, Gianni-Emilio Simonetti Una censura concertata Caro Volponi, vedo per caso in una libreria di qui la traduzione francese della raccolta di scritti su Pasolini che Garzanti ha stampato in Jtalia e vedo che è stato omesso quel mio scritto (Poesia e corruzione) che più tardi ho raccolto in Questioni di frontiera Mi pare che gli altri contributi siano tutti presenti, anche se non ho qui possibilità di verificare.Non so a chi debbo quella censura, certo ignorata da/l'editore italiano. È probabilmente avvenuta di concerto fra i curatori italiani e quelli francesi. Nessuno, naturalmente, me ne ha data notizia. Mi pare che la cosa sia interessante; non in sé c.omeprova di come i cultori del cadavere dell'uomo che ci fu amico non tollerino le opinioni di chi continua a credere non solo che si debba separare il giudizio sull'opera di Pasolini da quello sulla sua persona morale e politica (e dunque fare proprio quello che egli non avrebbe volwo fosse fatto) ma che solo questa separazione, o distinzione, possa consentire di non falsificare le possibili leuure della sua poesia e di non fare durare qualche mese o qualche anno in più la repellente santimonia ( è un termine che una volta Moravia usò contro di me) sul «messaggio» che la vita di Pier Paolo avrebbe contenuto e recato. Come sai, io credo davvero a quel modo di essere che si adempie nella . vita, che lafa esseretesto. li suo nome è, appunto, santità. E proprio per questo, proprio perché Pasolini non fu santo ma poeta e non pro[eta né apostolo né martire, ebbi a scrivere le poche pagine di Poesia e corruzione. Avevo dimenticato che quel discorso è intollerabile agli spacciatori di immaginette pie. Queste cose scrivo a te caro Paolo, perché ·è in casa tua che ci si riuni per distribuirci il lavoro, in vista dellapubblicazione, in memoria dell'autore di versi non dimenticabili. E perché tu domandi ai tuoi amici di Alfabeta se hanno spazio per queste mie parole. Affettuosamente tuo Franco Fortini Parigi, 1 febbraio 1981 Il Grande Black «Chiunque conosca 1111 poco l'ambientesocialeche è definitodalla proprietà specializzata delle cose culturali, sa bene che tulli disprezzano tulli, e che ognuno annoia tutti gli altri. Ma è una condizione non dissimulata da questo ambiente, una constatazione chiara per tutti; È la prima banalità che gli individui si scambiano a/l'inizio di ogni conversazione. A cosa è dovuta dunque la loro rassegnazione? Evidentemente al fauo che essi non possono essere portatori di un progello comune. Ognuno riconosce allora negli altri la propria insignificanza e il proprio condizionamento: precisamente, la rinuncia ch'egli ha dovuto sottoscrivere per partecipare di questo ambiente separato e ai suoi scopi prefissati». Nonostante il mondo della cultura italiana mostri sempre più chiaro e indiscutibile il senso della sua risibile avventura, non dispiace di tanto in tanto godere gli effeui dei buffi sussieghi post-mortem della nostra Neoavanguardia. I silenzi che a volte li corrispondono, credo non siano de/lati dalla devozione e dal rispello per i «beati», o da oblii carichi di chissà quali conseguenze, quanto piuuosto da calcolare riflessioni, da pudichi tornaconti. Parliamo qui delle ultime «delicatezze» de/l'ultimo Giuliani. C'è qualcosa nella risposta di Giuliani apparsa sulle pagine culturali di Repubblica, a,'la leuera di Balestrini, pubblicata nella «rubrica leuere» da Alfabeta che certo non (mi) annoia, né turba, (mi) infùrba, (mi) imbarba di erbe la birba... «stop!» «stop» - direbbe il critico. «A quale stile leuerario fa il verso questo galoppìo paranomastico di assonanze?» E 1111 liceale, sprovvedwp quanto basta, di quelli che vedi erraresfogliando Repubblica, sottoposto al quiz, buuerebbe là: « È Ciufini, il Marsiglie.•e». Incauto! La ·cosa può suonare - ribauerebbe lo smaliziato - tu//'alpiù come una vaga imitazione del ritmo delle ballate dell'altro, del povero N.B., mai di una qualsivoglia rima di Nostro padre Ubu, di A.G., del modernissimo «Grande 8/ack». Ma cosa di quella risposta (mi) sconcerta, (mi) delude? Non certo il ritmo, l'incalzare implacabile della congiunzione in un certo senso geometrica dello sdegno e dello stile, o il mesto spegnersi tra quelle righe, del segno di una qualche solidarietà per l'amarezza. Che anzi, sollo quell'inca/zare della prosa, quasi me lo vedevo il duello: «A domani all'alba, Nanni, al pino rosso giallo o blu». Che festa! E invece eccoci dalla geometria ali'algebra: equazione UtopiaIdeologia,Poesia-Ideologia; Un disastro! Appare stupefacente come Giuliani quasi riesca, nel suo articolo con una sorta di rifrangente ipnotismo stilistico a mimetizzare il velo del suo ideologizzare, nelle pieghe di miracolose contraddizioni in cui per altro si caccia senza accorgersi. Scrive G.: «O il linguaggio della letteratura è 'direuamente ideologico', oppure, se lo è indireuamente (ossia Con il patrocinio dell'Assessorato alla cultura della Provincia di Milano perché pren_dedi peso l'ideologia o la 'comunica') non è linguaggio letterario, non è nulla». Abracadabraòoolè!: è sparito N. Balestrini. Neanche Dario Foal meglio sarebbe riuscito in un colpo di scena di tal falla. Diavolo di un giuliani! Ma nowaveva dello parlando dei testi di N.8.: «Non ho nulla da obieuare contro questa poetica, fondamentalmente ironica e deformante che può dare ali'occasione sorprendenti risultati»? Certo, si eraperò lasciatosfuggire, più in là, qualcosa a proposito dei suoi «gusti» lei/erari; ecco: «Non mi piace la propaganda politica travestita da poesia epica. Non mi piace in Virgilio figuriamoci nel povero N.B.». E dulcis in fundo, prima del lu11go addio: «Sono disposto a considerare il livello ideologico, e dunque di realtàdi un linguaggio poetico quando il livello di quest'ultimo è abbastanza alto da portare con sé l'ideologia». Povero Giuliani, che imbroglio! Non ci aveva deuo G. che non avrebbe mai tolleratoecc. ecc.? E Virgilio? Ma lasciamo correre! L'ideologia non è forse la capacitàdi esseredominante, in determinati periodici storici, di una astrazione (ahi, quanto concreta!) che si fà, si è faua, stru/lura-modello auraver.rocui si ma1erializzerannoo comunque si produrranno una falsa coscenza e una visione adeguatamente capovolta del mondo, borghese o proletaria che sia? li critico-cri1icoobieuerebbe a queslo punto di non aver mai giuralo vendei/a comro l'ideologia proletaria perché preso d'amore per l'ideologia borghese. Perl'appumo! Quello che è pazzesco infaui è che Giuliani ci lasciacredere di potersi fare padrino, sol che lo voglia, e della «poesia borghese alta» e della «poesia proletaria alta». Sorvoliamo sul/' «alto»: non è facile scendere a quelle profondi1à; ma è scoraggiame l'idea che ancora oggi proprio Giuliani, che è Sfato poeta, non guardi alla poesia come a una «determinazione», lontana dalle separatezze, dei miasmi ideologici e non voglia scorgerla annunciarsi nel luccichio, nel ticchellio, anche di quelle bombe-carta, di quei congegni poetici spesso paradossali che auraverso segnali S.O.S., tr:,sme//ono ora l'impossibilità del dispiegarsi del canto e altre volte annunciano tra rumori di ingranaggio il desiderio del nostro mutare oltre che il mutare dei nostri desideri. E 11011 sono certo quei congegni l'utopia di loro stessi! In essi c'è .qualcosa comunque che alla poesia rinvia. Non saranno stati magari sempre macchine celibi: m.; come è nubile la signorina Richmond! Giuseppe Longo P.S. «I pensieri e le osservazioni sono i111erame111neuovi; le citazioni non sono ancorastatefalle; ilsoggeuo è Per informazioni rivoigersi a: Intrapresa Cooperativa di promozione culturale A.rJ. Via Goffredo Sigieri 6 20135 Milano Telefono (02) 541254 di una estrema importanza, e trattato con moltissimo ordine e chiarezza. M'è costatomolto tempo e vi prego di accettarlo e di considerarlo come il più grande sforzo del mio genio». Jonathan Swift (Irrefutabile saggio sulle facoltà dell'anima). Vedevamo la statua della Libertà.- Blackout di Balestrini richiede al lettore una distanziata visione d'insieme. li breve poema, ordito secondo lo schema tessiledelpatchwork - un tessuto misto lavorato mediante piccole porzioni di stàf/4.:._riunisce i più disparati brandelli di testi culturali, politici e sociali; le proposizioni, «ritagliate» da Foscolo o dagli ordini di cauura di Calogero, non sono unite con puro lavoro di superficie, come per il collage letterario; la frase «rubata» non viene semplicemente incollata sul foglio, ma infilala in una cruna ideale e usata come un filo sulla stoffa: visibile nel driuo, invisibile nel rovescio, di nuovo visibile nel dritto. Ogni filo, ogni ordito, è subordinato alla visione finale dell'imera tessitura. Giuliani su Repubblica ha parlato, in senso negativo, del/' «insistenza vampiresca» di Balestrini, forse non rendendosi conto che, al contrario, la ripe1izionecaratterizzapositivame/1/e il testo. Balestrini, latitante dopo il 7 aprile 1979, deve essere vampiresco se vuole «perseguitarecon la verità i suoi persecutori», la stampa, i partiti, i ce111rdii potere che, cos1re11ai trovare un viso per l'assassino di Moro, hanno pescato più o meno ciecamente fra gruppi non . certamente clandestini, né tantomeno legati al brigatismo, ma critici nei confronti di una violenza avulsa dalle esigenze proletarie e controproducente agli effetti di una rivoluzione popolare. Blackout costruisce, non c'è dubbio, un punto di riferimento. E dell'odierno dibattito culturale, anche per le delicate problematiche che esso sottende e di cui si fa attivo portatore. Chi legge questo poemetto ha la disagevole impressione di non conoscere realmente quei fatti, o· quantomeno di aver ruminato sull'argomento concetti rubati dal turbinio di frasi fatte, già rimestate dalla Raie dai vari giornali. Indubbiamente con e dopo il rapimento Moro è calata sulla vita politica una fosca ambiguità e «l'uniamoci a coorte siam pronti alla morte» dell'emergenza ha creato, più o meno efficaceme111ei,l tanto agognato consenso che, assemblando diverse linee politiche, ha pianificato l'opinione pubblica. Direi che l'importanza di Blackout è nella appartenenza a quel gruppo di opere che incrina ogni certezza operosamente e artificiosamente costruita. Leggendo questo poema si sente l'esigenza di rivedere i quotidiani e i periodici del tempo; si capisce, se non lo si era i111uitodalle circonvoluzioni dei cronisti e commentatori politici, che la preoccupante ingenuità della maggior parte degli organi d'informazione è solo in parte riconducibile all'ignoranza sull'argomento. L'incognita dimostra piuttosto un disegno so11e"aneo ancora non del tulio comprensibile, ma già subodorato da tempo se, un giornalista come Giorgio Bocca - dimos"andosi ancora una volta ali'a/teu.a del suo prestigio -ha pubblicato, sulla base del materiale raccolto in qualche mese, un saggio in cui ha reso evidenti le mistificazioni operate dalla «grande inquisizione». Con il 7 aprile in Italia si verifica un vero e proprio blackout ideologico; l'informazione e i paniti galoppano forsennatamente affinché la fiaccola della libenà rimanga «accesa grazie a un'alimentazione autonoma». Al 7 aprile si riferisce anche il terzo capitolo dell'opera di Ba/estrini, « Persecuz:ione», costruito mediante le proposiz:ioni delle Ultime lettere di Jacopo Ortis, dell'ordine di cattura di Calogero, dell'«Ordinanza di rigetto di istanz:e di scarcerazione» di Gallucci, dagli articoli di giornalisti e intelleuuali (Arbasino). Forsenel termine «persecuzione» c'è qualcosa di vero se l'ANPI di Padova ha invitato piuttosto bruscamente gli avvocati di sinistra ad abbandonare i «clienti autonomi», se il sindacato, al petrolchimico di Marghera -un tempo poco sindacalizzato e feudo di Potere Operaio - costringe due operai comunisti a dimeuersi dal consiglio di fabbrica poiché, durante un'assemblea, hanno approvato la proposta di una chiarificazione del «caso 7 aprile». Ma il «cordone sanitario» si stringe anche imorno ai giornalistigarantisti; i ripetuti inviti allariflessione vengono respinti da molti giornali e gli interventi rimangono delimitati alla sfera degli intellettuali, pubblicati specialmente dalla rivista «eretica» della sinistra, Alfabeta, sulla quale scri,ono fra i più grossi nomi della cultura italiana. È sintomatico di questo ribaltamento deontologico degli organi di informazione il concetto più volte espresso durante il congresso della stampa di Pescara: il fine del giornalista non è più un'equilibrata informazione, ma la difesa delle istituzioni; la veritàcioè non è dicibile se intacca il midollo dell'istituzione. li risultato visibile di questa operazione è stato un ceno allineamento della stampa che ha permesso, con notizie poco precise o volutamente incomplete, lapiena incriminazione della «Autonomia» e come «mente» delle Br. Dopo il rapimento di Moro, Negri attaccaviolentemente sul giornale Rosso - e l'intervento non è un atto sporadico dettato dal/'opponunismo -/' operato delle brigate e ribadisce le differenze fra Autonomia e Br; entrambi i gruppi sono nati dalla dissoluzione di Potere Opera~o,dovuta proprio a irri-

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