Alfabeta - anno III - n. 22 - marzo 1981

ne, da un altro linguaggio: quello di Gargantua, il «Tord-Chène».(*) Di cui scopriamo solo adesso il retroscena sorprendente, largamente anteriore a Rabelais. E che non è altro che la figura toponimica di «Gargante», che dava il suo nome ad un tempo al Monte San Michele in Bretagna e al Monte Gargano in Apulia. Là dove, come ci insegnano Strabone, Licofrone o Plinio, era reso un culto a Calchas, la figura del divinatore omerico. Da Calkhanta o Calchante a Gargano o Gargante o, in altri luoghi, Galgano - qual è dunque questa antichissima figura di linguaggio o di narrazione, che viene bruscamente resuscitata nella «Festa dei folli» del culto della Ragione? La genealogia s'illumina in tutti i sensi allorquando si scopre, in un documento anonimo della primavera 1789, che «Duchéne" (*) è «un nome significativo" che gli «viene da suo padre Sacripante ... cordaro di Carcassuona... Quale trasformazione narrativa collega al Sacripante dell'Ariosto, re di Circassia, questo Sacripant, cordaro di Carcassona, padre del Père Duchéne, il vasaio, il capo dei Sanculotti, che andrà ad esaltare l'abolizione dello schiavismo alle Antille e la soppressione della discriminazione antiebrea, il sostegno agli irlandesi insorti e ... il culto della ragione? Così il movimento potente e furioso che scatena le libertà dei popoli asserviti - ebrei, neri, irlandesi - si innesta sulle due grandi narrazioni del Rinascimento, perfettamente contemporanee: l'Orlando furioso( 2 ) e La molto spaventevole viladei gigantigargantueschi(3 ). Tutte e due narrazioni della sragione- della furia e della follia, dei bevitori e dei mangiatori di lupini- ma anche della finzione fantastica e del meraviglioso. E il Canto 34, il trentesimoquarto, dell'Orlando è senza dubbio il primo racconto di viaggio sulla luna, I'«Ippogrifo,. con funzioni ad ogni istante d'astronave e d'aeronave, prima di Cyrano de Bergerac e di Jules Verne. Ciò che Luca Ronconi ha chiamato la dislocazione dello spazio e dello spettacolo, e Edoardo Sanguineti chiama il movimento d'onda - movimento a onde ariostesco(4 ) - hanno un non so che della moderna Fantascienza, comprese le sue Opere spaziali ... Mentre il capitolo 2 di Pantagruele «racconta ... che Fetonte ... si avvicinò tanto alla terra da prosciugare tutte le contrade sottostanti, bruciando quella gran parte del cielo che i filosofi chiamano Via Lauea e i lifrolofri il sentiero di San Giacomo» - e riveste sin dall 'inizio una dimensione precocemente galattica ... Assieme alla dimensione gigantale, che sboccherà nella tradizione swiftiana di lingua inglese, e portata nel nostro secolo a livelli di Fiction, nell'accezione nuova, amazing. americana: la «SF», la Fantascienza ... V edo un'affinità particolare tra la . finzione ariostesca e quella degli ammirevoli racconti di Ursula Le Guin, che taglian corto sulla produzione finzionale e la ribaltano in sen~o opposto alla sua ideologia corrente. È stato sottolineato il razzismo latente di Lovecraft, o le filiazioni che congiungono Van Vogt a Spengler, o peggio ancora, alla «scientologia». Qualcosa di analogo a quella ideologia della scienza che fiorisce attualmente in Francia nella neo-destra, e che non è nient'altro che un paleo irrazionalismo rivestito di abiti scientisti .... Suggerisco che noi si avanzi al di là di questi orpelli di vecchi discorsi. Rituffandoci nella freschezza delle narrazioni gioiose, e della loro sola arma: la poesia. In questa prospettiva, l'antinomia razionale-irrazionale è soltanto derisoria. È irrazionale o razionale, per esempio, fare un racconto sugli.... extraterrest.ri? Se scendessero in questa sala- niente di più razionale? ... Se la loro finzione serve da supporto a racconti di post-nazismo, niente di più terribilmente irrazionale. Quando .Barthes assicurava che «il linguaggio è naturalmente fascista», s'attaccava ·alla vecchia concezione gerarchica, distribuzionista, fissista, in una parola: autoritarista, del linguaggio. Che è implicita nell'ideologia diffusa della finzione-della «SF»-e che s'è messa a rifiorire in quella dello «strutturalismo letterario», tardivamente, sotto la forma del pan-testualismo. Noi avanzeremo in un altro spazio. Quello in cui opera la «dislocazione» descritta da Ronconi. Dove la narrazione si spoglia del vecchio fissismo delle ideologie cristallizzate e dispiega il suo movimento trasformazionale, la sua risorsa trasformatista. Senza dimenticare, come dichiara Antonio Porta, che «gli oceani di sperma sono segno d'inibizione» ... possiamo ricongiugerci nella prospettiva d'un poeta italiano, che è nello stesso tempo, nel conirosenso generale, un «accusato» del 7 aprile, l'autore dell'Apologo dell'evaso, del 1961, nella raccolta dei Novissimi, Nanni Balestrini: ............................... .I fra i remi ai contrabbandieri salpati / nel novilunio e anzitutto conviene/ (. . . . . .......................... / e ome erano ovunque/ dell'abominevole uomo delle nevi) / ................................ / che sui ponti la Via Lattea dilata. / Il Po nasce dal Monviso;/ nuvole ... ma di ciò, altra volta. / Tra le tracce gigantali e l'allargamento galattico, avanza cosi la poesia, questa violenza fatta al linguaggio: violenza che è senza armi. Ma attraverso la quale: «...sui ponti la Via Lattea dilata» Il mio augurio va in direzione di questo allargamente. Palermo, 24 ottobre 1980 Traduzione di Vincenzo Bonazza Note I) « La scimmia d'oro brandisce il suo bastone favoloso ... », epigrafe del libro di Guy Lardeau (1973), futuro autore del' Angelo che aprirà la danza dei nuovi filosofi. 2) 1532: L'edizione completa dei quarantasei canti dell'Orlando.· 3) 1532: a Lione, la•1rima edizione del Pantagruele, figlio di Gargantua. 4) In italiano nel testo. *<<Tord-Chéne», «Duchéne», approssimativamente: «Storciaquercia», « De/quercia». Ho lasciato la grafia francese di questi nomi per rendere visibile il gioco assonantico che l'autore instaura con «scena», «retroscena». FolkecultQ.tpJoI polare D opo parecchi anni di boom, l'interesse per la cultura popolare appare ora in regresso, almeno nell'ambito della sinistra. Siamo tornati al punto di partenza, alla situazione di prima degli anni Sessanta? No: i temi della cultura popolare sono diventati, in questo period9, una sorta di «senso comune», con tutte le banalità e le ambiguità del senso comune, ma anche con la sua solidità. Vediamo di ripercorrere i modi di questo «radicamento" e di abbozzare un discorso storiografico sull'incidenza dell'idea di cultura popolare nella cultura italiana degli ultimi vent'anni. Di contro a un tradizionale interesse accademico e antiquario, l'interesse polilico e attuale per la cultura popolare nasce in Italia nel 1949, con la pubblicazione su Società del celebre saggio di Ernesto De Martino Intorno a una storia del mondo popolare subalterno. Ne segui un ampio dibattito, che si orientò verso la «questione meridionale" e si allargò alla discussione dei lavori di Gramsci (in quegli anni stavano uscendo i Quaderni), di Carlo Levi, di Scotellaro. Il dibattito, di notevole livello, non usci dalle ristrette cerchie intellettuali. All'inizio degli anni Sessanta si sviluppò, in modo in gran parte autonomo, una corrente settentrionaleche rilanciò su basi del tutto diverse i temi della cultura popolare. Non inganni il nome di Ernesto De Martino (poco più di un pretesto) in seguito impropriamente assunto da alcuni esponenti di questa tendenza per denominare il proprio Istituto. Quella che possiamo chiamare la dine:! nordista" nasce per opera di Gianni Bosio, intellettuale socialista (sulla cui figura politico-culturale si veda Merli, L'altra storia. Bosio, Monta/di e le origini della nuova sinistra, Feltrinelli, Milano 1977, piuttosto che gli scritti agiografici dei discepoli). Bosio non ha nulla a che fare con la corrente «sudista» (rappresentata da De Martino): non si riconosce nel comunismo, nell'umanismo, nell'idealismo di sinistra, in Gramsci. Di matrice socialista, Bosio, facendo riferimento al populismo riformista e anarchico, si impegna nella costruzione di un «socialismo libertario» fondato sulla democrazia di base. Bosio ipotizza «una linea alternativa alla esperienza comunista» (Merli, p. 29) come terza via tra socialdemocrazia e comunismo, e ricerca questa linea nell'autonomia culturale e nella spontaneità delle masse. Nulla di più lontano dal programma pedagogico di Gramsci, che predicava l'accesso del popolo a forme culturali superiori e la conquista della cultura borghese, dell'idea di Bosio di una sorta di «purezza» popolare spontanea, di «verginità» culturale da non contaminare: «le isole di 'ignoranza' sono isole di resistenza» (L'intellelluale rovesciato, p. 220); «noi sappiamo cosa succede alle masse quando giungono a questa cultura di élite: esse falsano la propria cultura e diventano spostate» (p. 135). L'ossessivo richiamo all'autonomia e alla spontaneità è rifiuto della dimensione critica, come appare chiarissimo dall'ingenuo e paradossale Elogio del magnetofono (pp. 169 sgg.) dove lo strumento tecnico è visto illusoriamente come il miracoloso aggeggio che permette di eliminare ogni forma di mediazione, di soggettività, di scelta (e quindi di annullare la diversità e distinzione tra ricercatore e ricerca, tra soggetto e oggetto). L'ansia di immediatezza porta a formulazioni curiosamente tautologiche: «La concezione del mondo del proletariato si presenta dunque come la concezione della condizione del proletariato, si riduce cioè alla consapevolezza della sua condizione, cioè alla sua condizione» (p. 164). Le ipotesi su cui si fonda il lavoro di Gianni Bosio, del Nuovo Canzoniere Italiano, dell'Istitutp Ernesto De Martino per la conoscenza critica e la presenza alternativa del mondo popolare e proletario (è il nome completo), e delle varie attività editoriali collegate (le Edizioni Avanti!, le Edizioni del Gallo, le Edizioni Bella Ciao, i Dischi del Sole) sono due: 1) autonomia, alterità, alternatività della cultura popolare, che si contrppone, come cultura della classe operaia, alla cultura borghese, e si propone senz'altro come «nuova cultura» (Bosio, pp. 68, 214, ecc.); 2) continuità tra la cultura contadina e la cultura operaia; quest'ultima è vista come sviluppo della prima. La classe operaia è «erede del mondo popolare» e questo è identificato col mondo contadino (Bosio, pp. 179, 180). ss .s In tutto questo avrà giocato l'origine ~ geograficadi Bosio(la bassamanto- Q. vana) e più in generale la situazione ;;;:; dei rapporti di produzione agricoli nel- °' la pianuta padana, dove si è avuta con l'Ottocento la progressiva diminuzio- "" "" ne dei contadini in seguito alla diffusione del capitalismo agricolo e quindi del nuovo proletariato agricolo (braccianti). Comunque l'idea che sta sotto è ~ quella di una (sola) culiura subalternà ~ che nella società tradizionale assume si

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