S i~o qui ~iuniti, insieme, d_aquesti tempi contemporanei. Ma siamo riuniti anche da un luogo, che di per se stesso è una memoria. Memoria legata sia all'invenzione fenicia della lettera, sia all'esplorazione pitagorica dell'irrazionale, del aJ.,oyov, in questa area culturale che copre Sicilia e Magna Grecia, ovvero le «Due Sicilie». Se ci si ricorda che nelle lingue greca e latina non esiste cifra - poiché il «cifr» arabo non è ancora apparso - ma soltanto numeri-lettere, si vede allora che l'alogon, <l'irrazionale» è una violenza fatta alla lettera, allalinera. Qual è dunque la violenza che ci rilega e ci riduce? Che ci interroga e, perciò stesso, ci separa? Penso che essa ci attende proprio là dove noi non ce l'aspettiamo. L'irrazionale ha avuto una cattiva reputazione, a partire dalla fine della seconda guerra mondiale. E non senza «ragione». Il razionale oggi ha una cattiva stampa, nella prospettiva del riflusso ideologico: questa tempesta della moda che infuria in modo particolare a Parigi. Poiché l'irrazionale - la «distruzione della ragione» - ha condotto a Auschwitz, stante quello che diceva Luckl!cs. Ma il razionale - la sua Rinascita, i suoi Lumi - avrebbe condotto al Gulag, stante a quello che dice Soljenizyn. Simili semplificazioni hanno questo in comune - esse non ascoltano il linguaggio. Nell'ultimo decennio, sono sempre le stesse orecchie senza ascolto, che hanno di volta in volta semplificato queste due semplificazioni. Le abbiamo viste o sentite a un dato momento, sotto la bandiera del presidente Mao, affermare che la letteratura è identica alla sua scienza. Le si ritrova, di nuovo, che assicurano ora che essa ha a che fare con le sante donne, seduta sul letamaio di Giobbe, e alla tavola del presidente Giscard. Penso sia giunto il momento di finirla con questi giochetti. Che la lettera, la liuera sia il gesto di imprimere - lictera - o quello di ricoprire-/iwm, linere- possiamo sentirlo enunciarsi nei termini di quell'Epitaf fio a Sicilos trovato sulla colonnina di Traile, in Asia, decifrato nel 1891 e scomparso nell'incendio di Smirne del 1923: do sono l'immagine della pietra Sicilos mi ha messo qui dove sono per sempre simbolo della memoria senza morte» Questa memoria della lettera è una memoria esplorativa, arrischiata nel «senza morte». Che questa memoria esplori precisamente l'aÀ.oyov,l'ir-razionale, non significa affatto che essa (Qffil.~ ~~ M Il!. ffllBBUOOJ ~ ---- non ne renderà conto, o ragione. È questo render conto, questo conto, ad un tempo cuenta e c11ento, contabilità (ragioneria) e raa:onto.Zahlen een,iihlen. È questo contare del Narratore, o del Narus, che ci precede nell'esplorazione - attraverso la memoria - di ciò che ci accade. V orrei andare incontro a questo gesto della Liuera. Non ci attarderemo perciò a lungo nell'attuale riflusso nell'ideologia dell'«irrazionale», che ha caratterizzato la fine del decennio '70. Solo il tempo, cioè, di vedere per quale via ilgesto stesso della Littera riporta questa ideologia alla sua nullità. Forse non è più l'ideologia tedesca, provvisoriamente, ma una curiosa e risibile «ideologia francese» che dà in modo effimero il tono o la moda - il tono della moda- in materia di regressione. Forse perché la configurazione della società francese ha fatto sì che le iniziative prese intorno al 1967 in diversi punti d'Europa, e innanzi tutto a Milano, Torino, Berlino, Francoforte. hanno scatenato un'ondata globale in Francia, nell'anno seguente. L'ampiezza di quella ondata di fondo ci fornisce indubbiamente la misura del riflusso che ne è seguito. Quelli che sono montati a cavallo sull'onda del riflusso ci serviranno da turaccioli. Per reperirci. Il momento ridicolo è a volte il più prezioso. Come nella commedia molieresca, come nella Commedia di Bergamo e la sua fonte, il Carnevale, è il momento in cui la maschera cambia ...e questo cambio della maschera mostra, per un istante, il viso. Coloro che rivendicavano l'identità tra la scienza della scrittura e quella marxista-leninista si getteranno improvvisamente nelle braccia dell'Angelo... Per salire adesso al Paradiso. Sottolineo solo due brevi transizioni. Quella della Scimmia: della «Scimmia d'oro»(') presa a prestito dal presidente Mao (ma non per molto): «D'ora in poi bisognerà sforzarsi di pensare (...) contro la scienza,._ E quella di Tartufo: la cui famosa tirata dell'Atto lii sarà riscritta pesantemente (suo malgrado?) da uno dei Paladini del riflusso: «Si, fratello, sono un cattivo, un colpevole, Un infelice peccatore, pieno d'iniquità il più grande scellerato che mai sia stato Ogni momento della mia vita è pieno di lordura Essa non è che un ammasso di crimini e di ordure E vedo che il cielo, per mia punizione, lstibdo sbtale ' d'arte F.~ Fesn J97Zl1I vuole mortificarmi, in questa occasione». È il C.l.E.Lo, in effetti, spulciato dalle iniziali balorde d'un presunto Comitato di Intellettuali per una Europa delle Libertà, che accoglierà questi peccatori pentiti della Contro-Ragione. La parolina più graziosa a questo proposito sarà pronunciata da uno dei nostri ministri- lo stesso che si incarica, a Parigi, in nome del potere, delle espulsioni dei lavoratori immigrati, questa «razionalizzazione» (irrazionale) dell'economia occidentale. Era molto compiaciuto: « I nuovi filosofi vennero ad annunciare: Marx ha fatto il suo tempo ... gli intellettuali francesi potevano finalmente &!:.lardareil mondo tel qu'il est (tal qual è)». Ma subito cambia musica: «È qui che le cose hanno incominciato a guastarsi ... Abbiamo sbullonato <''la intellighenisia per rimpiazzarla con una s1upidilsia». Alla pretesa nuova filosofia, in effetti - mezza filosofia mezza (e meno ancora) nuova- ha fatto seguito nello scantinato della moda, la nuova destra armeggiata attorno ai suoi due pilastri, Figaro Magazine e Editions Copernic.... Destra, certo. Ma la più vecchia delle Neo-ideologie apparse negli anni settanta. Quello che verrà dopo non ha più un nome, ma solo un luogo. È l'attentato di rue Copernic, precisamente, dove la bomba verrà messa contro quei corpi umani che hanno il solo torto di essere nominati: ebrei. Esattamente nello stesso tempo, le edizioni Copernic ripubblicano un vecchio libro, datato 1936: Anni decisivi (Emschiedene Jahre, appunto) di Oswald Spengler. Libro che celebrava la «rivoluzione nazionale» del 1933, come «Rivoluzione conservatrice», «Konservative Revolution» di Moeller van dea Bruck, o «Rivoluzione conservatrice» di Giovanni Gentile. Versioni volgari di ciò la cui versione raffinata o esoterica è fornita da quel personaggio il cui discorso ha per lungo tempo invaso la scena del linguaggio in Francia - con sorpresa dei nostri amici tedeschi. Colui per il quale, nel 1935, «l'entrata nella metafisica», l'Einfiihrung in die Me1aphysik, passa attraverso la visione di una «caduta» dell'Occidente, di un Verfa/1 nella ratio. Mi riferisco, qui, a Martin Heidegger. Colui che non ha detto per caso, nel 1933, che «il Fiihrer e lui solo è la nostra realtà di oggi e di domani», «Der Fiihrer selbst und allein ist unsere heutige und kunftige Wirklichkeit» ... Ma questo schermo dell'ideologia si toglie da sé: è il «blocco magico» dell'amnesia, il blocco amnesico, appunto: la superficie senza memoria dell'ideologia, che è sempre à la page. Noi andiamo, all'indietro, verso il gesto della Littera, che incide e ricopre, che disegna la lictera, o il likh indiano del sanscrito; ovvero il litum, il li11ere, la linea latina. Divenuta la fine inglese: il versus, il verso - «questa parola totale, nuova, estranea alla lingua», del Dire mallarmeano. Questa parola nuova che può rischiare di render ragione (di render conto) dell'ir-ragione. E la cui estrema ironia è presente nel Canto V di Maldoror: «Senza dubbio, tra i due termini estremi della letteratura .... ce ne sono un'infinità .... ma .... si incorrerebbe nel pericolo di fare qualcosa di ristretto e di falso di una concezione eminentemente filosofica, che cessa di essere razionale, se non è intesa come è stata immaginata». Così, nell'infinità dei «termini» della letteratura, il pericolo si presenta per quella che «non è più ... immaginata», e, perciò, «cessa di essere razionale» ... L'ironia di Lautréamont, la più grande derisione ducassiana, è qui. Di osare dire che il «qualcosa di ristretto» sopraggiunge al momento della concezione che «cessa di essere razionale» ... e che «non è più... immaginata». Essa ritorna quindi ad avanzare che tutto ciò che è immaginario è razionale? Ovvero, più esattamente: che l'avanzata esplorativa dell'immaginario, è il razionale stesso. Cosi Lautréamont, di cui è stato detto (Leon Bloy!) che la sua forma «è della lava liquida, è insensato, nero e divorante», rigetta ironicamente la cessazione del razionale come «qualcosa di ristreuo». e i inoltreremo dunque verso questo razionale dell'immaginario che assume il rischio esplorativo dell'alogon - dell'ir-ragione - in tutti 1 momenti del linguaggio. Questi va all'incontro di strarie feste. Precisamente, lo stesso Heidegger che vedeva nel Fiihrer la «realtà di domani», denuncia nella sua ln1ervisw con un filosofo giapponese, un avvenimento che produce in lui un curioso prurito: le feste pericolose e folli del «Culto della Ragione», scatenate durante la Rivoluzione, nell'anno Il. Ora, molto stranamente, i racconti che ne fanno i narratori più ostili, come il realista Paul d'Estreé, vi rilevano una curiosa e dionisiaca sragione: «Dobbiamo ricordarci i baccanali nelle strade dietro i carri del carnevale ..... ; baccanali prolungati sin nella navata delle chiese ai suoni discordanti dei tamburi, delle trombette e degli organi .... Cosi, a cinque secoli di distanza ... la troppo famosa Fes1adei folli svolgeva, in messe burlesche, i suoi cinici saturnali, sotto lo sguardo indulgente d'un clero divertito da quell'impura devozione». Questo racconto stigmatizza nello stesso tempo il giornale che era l'animatore scritto di quella festa singolare: il Père Duchesne ... figura resuscitata, nel mezzo dei «Lumi» della ragioe , ~ " E "" "" s:: ~ .<:, -l:!, ..
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