..... 00 O\ ..... D'altra parte l'impulso del moderno sarebbe già esaurito, l'avanguardia alla fine: ancora in stato di espansione, non sarebbe più creativo. Per ·il neo-conservatorismo si pone così la domanda di come si possano far valere delle norme che pongano un limite al libertinage, chepossano ristabilire la disciplina e l'etica del lavoro, e che contrappongano al livellamento dello stato sociale le virtù della concorrenza produlliva individuale. Come unica soluzione, Beli vede un rinnovamento religioso, e un qualsivoglia ricollegamento alle tradii.ioni naturali che siano immuni dalla critica, rendano possibili identità chiare e procurino al singolo delle sicurezze esistenziali. Umoderno culturale e la modernizzazione della società Non è però possibile creare dal nulla delle forze dogmatiche autoritarie. Perciò da queste analisi risulta come unica indicazione un postulato che anche da noi ha fallo scuola: ladiscussione spirituale e politica con i rappresentanti intellelluali della modernità culturale. Cito qui un intelligente osservatore del nuovo stile, che i neoconservatori degli anni settanta hanno imposto alla scena intellettuale: « La discussione si sviluppa in modo da qualificare tu(to ciò che può essere inteso come espressione di una mentalità di opposizione in un modo che può esserecollegato nelle sue conseguenze con questa o quell'altra forma di estremismo: per esempio si colleghino modernità e nichilismo, interventi di Stato e totalitarismo, critica alle spese di armamento e complicità con il comunismo, femminismo, lotta per i diriui degli omosessuali da una parte, e distruzione della famiglia dall'altra, sinistre in generale e terrorismo, perfino antisemitisnuf e fascismo». Questa citazione, da The Neoconservatives di Peter Steinfels, si riferisce ali'America; però i parallelismi si possono toccare con mano. Così la personalizzazione e /'amarezza della criticaagli intellettuali, che è divampata anche nel nostro Paese, si spiegano non tanto psicologicamente, quanto per la debolezza intrinseca delle dottrine neoconservatrici. Vale a dire, il neoconservatorismo sposta sulla modernità culturale le conseguenze scomode di una più o meno riuscita modernizzazione capitalista dell'economia e della società. Siccome da una parte fa uscire da un'ottica complessiva i legami fra i processi positivi della modernizzazione e dall'altra non scopre le cause socio-strutturali di un cambiato atteggiamento verso il lavoro, delle abitudini consumistiche, del livello delle pretese di vita e dell'orientamento verso il tempo libero, esso può immediatamente attribuire tutto ciò che appare come edonismo, carente disponibilità di identificazione e di accettazione, narcisismo, e ritiro dalla concorrenza per il miglioramento del tenore di vita e per la produttività, ad una cultura che interviene in questi processi solo in maniera mediata. Allora quegli intellettuali che si sentono sempre obbligati al progetto del moderno finiscono per prendere il posto delle cause non analizzate. Il senso comune sul quale può oggi poggiare il neoconservatorismo non corrisponde in alcun modo al disagio per le conseguenze antinomiche di una cultura sovrabbondante che vuole evadere dal museo alla vita. Questo disagio non è stato causato dagli intellettuali modernisti, ma è radicato nelle reazioni più profonde alla modernizzazione della società, la quale interferisce sempre di più, sollo la pressione dell'imperativo della crescita industriale e del potenziamento dell'organizzazione statale, nel/'ecologia di forme di vita evolute e nella strullura comunicativa interna di mondi della vitastoricamente dati. Così le proteste neopopulistiche esprimono solo parzialmente le diffuse paure di una distruzione degli ambienti urbani e naturali. I varimotivi del disagio e della protesta nascono ovunque laddove una modernizzazione orienti unilateralmente il metro della razionalità economica ed amministrativa, penetri in ambienti di vita che sono concentrati attorno apoli della tradizione culturale, dell'integrazione sociale e dell'educazione, e che perciò sono collocati in altrescale di valori,cioè in una razionalità comunicativa. Però le dottrine neoconservatrici distolgono I' auenzione dai processi sociali, e ne attribuiscono le cause non messe in luce a una cultura ostinatamente sovversiva. Certamente la modernità culturale produce anche da se stessa le proprie aporie. E su queste si fondano le posizioni che proclamano il postmoderno, o raccomandano il ritorno al premoderno, o rifiutano radicalmente il moderno. Indipendentemente dalle conseguenze problematiche della modernizzazione della società, dalla visione interiore dello sviluppo culturale, risultano motivi di dubbio e di sfiducia per il progetto moderno. U progetto dell'illuminismo L'idea di moderno è strettamente imparentata con lo sviluppo dell'arte europea; ma ciò che io ho chiamato progetto moderno diventa evidente solo quando abbandoniamo la delimitazione all'arte finora usata. Max Weber ha caratterizzato la modernità culturale come ragione sostanziale espressa in visioni del mondo metafisiche e religiose e che si divide in tre momenti. Nel momento in cui le visioni del mon- - 11maggio1980 Siaprela biblioteca comunal di Cagli do si disintegrano e i problemi tradizionali vengono classificatisotto aspetti specifici della verità, della giustizia normati~a. della autenticità e della bellezza, esse possono rispettivamente essere trattate come questioni della conoscenza, della giustizia, del gusto; si arriva nell'era moderna ad una differenziazione delle sfere di valore -scienza, morale, arte. ' Nei corrispondenti sistemi praticoculturali, i discorsi scientifici, le ricerche teoriche, morali e del diritto, la • produzione dell'arte e la criticadel/'arte, vengono istituzionalizzate come materie per specialisti. L'elaborazione professionalizzata della tradizione culturale evidenzia la legittimità individuale del complesso scientifico del cognitivo-strumentale, del moral-pratico, del- /' estetico-espressivo. D'altra parte, con ciò cresce il distacco fra cultura degli esperti e largo pubblico. Ciò che accrescela cultura tramite l'elaborazione e la riflessione specialistica, non diventa necessariamente patrimonio della pratica quotidiana. Con la razionalizzazione culturale, il mondo della vita svalutato nella sua sostanza tradizionale, minaccia di impoverirsi. Il progetto moderno, chefu formulato nel XV li I secolo dai filosofi del/' Illuminismo, consiste ne/l'adoperarsi per lo sviluppo delle scienze oggettivanti, delle bqsi_universalistiche della morale, del diritto e della scienza autonoma, ognuna nel proprio senso; ma nello Ma il problema è rimasto lo stesso, allora come adesso gli spiriti si dividono da una parte in coloro che continuano, anche se inmodo incrinato, a rimanere fedeli al progetto dell'Illuminismo; e dall'altra in coloro che danno come perso il progetto moderno. In breve, la differenziazione ultima fra scienza, morale ed arte significa nello stesso tempo la conquista di autonomia di settori specialisticamente elaborati, e il loro distacco da una corrente della tradizione, la quale si sviluppa in modo naturale nel/'ermeneutica della pratica quotidiana. Tale suddivisione è il problema che ha suscitato i tentativi di annullare la cultura degli esperti. I falsi programmi di superamento della cultura Dallo sviluppo dell'arte moderna si può, in modo grossolano, far emergere una linea di autonomizzazione progressiva. In un primo tempo si costiluiva nel Rinascimento que/1'ambito og- .---'\ft--- stesso tempo consiste anche nel liberare dalla loro forma esoterica i potenziali cognitivi che così si accumulano, e di usarli per la prassi - cioè per una creazione razionale di tutte le condizioni di vita. Illuministi del tipo di un Condorcet avevano ancora l'aspettativa entusiasticache le arti e le scienze dovessero promuovere non solo il controllo delle forze naturali, ma anche la determinazione dell'io e del mondo, il progresso morale, la giustizia delle istituzioni e persino la felicità degli uomini. Nel XX secolo non è rimasto molto di questo ottimismo. gettuale che si definisce sotto la categoriadel Bello. Nel corso del XV/li secolo la letteratura, le arti figurative e la musica furono istituzionalizzate come ambiti di azione, che si staccano dalla vita sacrale e cortigiana. Finalmente a metà del XIX secolo si forma una interpretazione estetizzante de~'arte che induce l'artista a produrre le sue opere già nella coscienza dell'art pour l'art. Con ciò il senso intrinseco del/'estetico può diventare un proposito: l'artista dotato riesce a dare espressione au1entica al{eproprie esperienze, nel suo intenso rapporto con una soggenivi1à decentratasi, distaccatasidagli obblighi del riconoscere e dell'agire. Ora nella pittura e nella letteratura può iniziare unmovùnento che Octavio Paz vede già iniziato nelle critiche d' arte di Baudelaire: colori, linee, suoni, movùnenti cessano di servire prùnariamente alla rappresentazione; i «mezzi» della rappresentazione e le tecniche della produzione sono promossi essi stessi a oggetto estetico. Adorno può iniziare la sua Teoria Estetica con la frase: «t diventato naturale che più niente di ciò che riguarda l'arte sia naturale, né al suo interno, né al suo rapporto col tutto, e che nemmeno sia più naturale il suo diritto di esistere». Ovviamente il diritto di esistere del- /' arte non sarebbe sta/Omesso in dubbio dal Surrealismo se anche l'arte moderna non avesseportaco con sé una promessa di felicità che riguarda il suo rapporto col tutto. Con Schiller la promessa fatta dalla visione estetica, ma non mantenuta, ha ancora la forma esplicita di un'utopia che va oltre l'arte stessa. Ma già con Baudelaire, che ripete la «promesse de bonheur» si era invertita l'utopia della riconciliazione con il rispecchiamento critico del mondo sociale non riconciliato. Ciò entra tanto più dolorosamente nelle coscienze quanto più l'arte si allontana dalla vita e si ritira nell'intoccabilità di una autonomia perfeua, compiuta. Su queste traieuorie sentimentali si raccolgono le energie esplosive che infine si scaricano nella rivolta, nel tentativo violento di far esplodere la sfera apparentemente autarchica dell'arte e di forzare la riconciliazione con questo sacrificio. Adorno vede molto chiaramente il motivo per cui il programma surrealista «rifiuta l'arte senza però potersela scuotere di dosso». Tutti i tentativi di livellare la distanza fra arte e vita, finzione eprassi, apparenza e verità, di cancellarela differenza fra artefatto e oggeuo d'uso, fra atto creativo e moto spontaneo; i tentativi di dichiarare tutto come arte e ognuno come artista, di revocare tuui i canoni e di assimilare i giudizi esteticiallamanifestazione di esperienze soggettive - tutte queste imprese, oggi ormai molto ben analizzate, si sono dimostrate esperimenti di nonsense che malgrado le intenzioni illuminano in modo ancor più chiaro proprio le strutture dell'arte che dovevano ferire: il medium dell'apparenza, la trascendenza del/'opera, il carattere concentrato e metodico del prodotto artistico, come anche lo status cognitivo del giudizio estetico. li tentativo radicale di superamento dell'arte dà ironicamente ragione a quelle categorie con le quali l'estetica classicaaveva circoscritto il .mo ambito oggeuuale. La rivolta surre11/istacade vittima di due errori.Anzitutto, quando rompe gli argini di una sfera culturale ostinatamente dispiegata, i contenuti si disperdono: del senso desublùnaro e della forma destrutturata non rimane niente, non risulta neppure una azione liberatrice. L'altro errore è invece più greve di conseguenze. Nella pratica comunicativa quotidiana le interpretazioni cognitive, le aspettative morali, le espressioni e le valutazioni devono compenetrarsi. I processi di comunicazione della realtà abbisognano di una tradizione culturale in tutti i campi. Perciò una quotidianità razionalizzata non potrebbe essere in nessun modo salvata dalla rigidità di un impoverimento culturale, neppure con l'apertura violenta di un ambilo culturale specifico -in questo caso l'ar-
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