Alfabeta - anno III - n. 22 - marzo 1981

ModernoP, ostmoderno eNeoconservatorismo D opo i piJtori ed i registi,ora anche gli architetti sono stati ammessi alla Biennale di Venezia. La reazione a questa prima Biennale di Architettura è stata di delusione. Gli espositori a Venezia formano un'avanguardia con fronti inversi;con lo slogan <la presenza del passato» essi hanno sacrificato la tradizione del moderno, per far posto a un nuovo storicismo. Da quato preteseo il criJicodel Frankfurter Allgemeine Zeitungcostruisce una tesi che acquista un significato diagnostico che va aldilàdel suo motivo iniziale: «il post-moderno si dimostra come anti-moderno>. Questa frase rinvia a una corrente emotiva, penetrata nei pori di tutti gli ambiJi intellettuali, che rievoca le teorie del posti/luminismo, del postmoderno, epersino della storia postuma. Adorno e la sua opera contrastano con tutto ciò. Adorno si è dedicato in modo talmente incondizionato allo spiri/o del moderno, da riuscire a fiutare, giànel tentativo di distinguere l'autentico moderno dal semplice modernismo, quei sentimenti che reagiscono all'af fronto del moderno. I vecchi e i nuovi Lasciatemi spiegare il senso della modernità culturale con un rapido sguardo sulla lunga preistoria di tale termine, esaminata da Hans Robert Jauss. Il termine «moderno» è stato impiegato per la prima volta nel tardo V secolo, per distinguere la presenza cristiana allora divenuta ufficiale dal passato pagano-romano. Con contenuti diversi, «modernità» si esprimerà ogni volta come coscienza di un'epoca, che si pone in relazione al passato degli antichi, configurandosi essa stessa come risultato del trapasso dal vecchio al ,;uovo. Questo non vale solo per il Rinascimento, con il quale comincia per noi l'era moderna. Con «moderno» ci si capiva anche al tempo di CarloMagno, IJ testo che pubblichiamo in questo numero è la traduzione della conferenza tenuta da Jiirgen Habennas, in occasione del conferimento allo studioso tedesco del Premio Adorno. Habennas, in questo scritto, torna con grande vivacità sui temi a lui più cari, e in particolare si impegna in un esame delle posizioni contrarie al concetto di modernità. Di grande interesse ci pare il tentativo habennasiano di distinguere fra le matrici teorico-filosofiche della critica al Moderno, riconducendole a concetti, anche contrastanti e contraddittori fra di loro, come quelli di pre-modernità, di anti-modernità, di post-modernità. Ma soprattutto importa qui nel X Il secolo, e al tempo de~'Illuminismo -ogni voltadunque che in Europa si è formata la coscienza di una nuova epoca, attraverso un rinnovato rapporto con l'antico. Accanto a ciò, la antiquitasè valsacome modello che si suggeriva di imitare. Solo con gli ideali dell'Illuminismo francese, con l'idea di un progresso infinito della conoscenza ispirata dalla scienza moderna e dal progresso sociale e morale, si libera lo sguardo dai vincoli esercitatidalle opere classiche del mondo antico sullo spirito dei rispettivi moderni. Infine, il «moderno» cerca il proprio passato in un medioevo idealizzato, contrapponendo al classico il romantico. Nel corso del XIX secolo il romanticismo genera una coscienza radicalizzata di modernità, che si stacca da ogni rapporto storico, mantenendo solo l'astrai/a opposizione con la tradizione. Moderno è ciò che aiuta l'auua/ità dello spirito del tempo (ZeitgeistJ ad o//enere un'espressione obielliva. li carallere di un'opera è la sua novità, che verrà superata e svalorizzata dall'innovazione apportata dallo stile successivo. Ma mentre il puro modernismo ricade nel passato e diventa «fuorimoda», il moderno mantiene un riferimento segreto col classico. Da sempre si intende come classico ciò che perdura nel tempo; la testimonianza moderna in senso enfatico non traepiù forza di sopravvivenza da/l'autorità di un'epoca passata, ma solamente da/l'autenticità di un'auualità passata. li moderno stesso crea la propria classiciJà-e ovviamente in senso inverso possiamo parlare di una modernità classica. Jiirgen Habermas sottolineare il dubbio (o la certezza?) di Haberrnas che molte di tali posizioni siano da ricondurre, sia pure attraverso percorsi differenti, ad un massiccio neoconservatorismo che sempre più penetrerebbe nel mondo della cultura contemporanea. Ne esce così una appassionata difesa del Moderno, di cui, pur riconoscendo difetti e cadute nel passato lontano e recente, si mette in luce l'aspetto fondamentale di volontà di trasformazione della realtà e dei rapporti sociali, e dunque la valenza «rivoluzionaria». Con questo scritto, di rara efficacia, Haberrnas compie pertanto un'operazione critica assolutamente drastica: liquidare il dibattito sul cosiddetto Il senso del moderno estetico li senso del moderno esteticoprende con Baudelaire dei contorni più marcati. Si dispiega nelle correnti di avanguardia e si esalta infine nel Café Voltaire dei dadaisti e nel Surrealismo. Esso si lascia determinare auraverso aggiustamenti costruiti auorno alla messa a fuoco di una 11wllllll coscienza del tempo. Ciò si esprime nella metafora spaziale de/l'avanguardia, che avanza in un terreno sconosciuto e si espone ai rischi di incontri improvvisi e scioccanti; che conquista un futuro non ancora esplorato, e che deve trovare una direzione su un terreno non ancora «censito». Però questo orientarsi in avanti, !:anticipazione di un futuro incerto, il culto delle novità, significano in veritàla glorificazione dell'attualità. La nuova coscienza del tempo (ZeitbewusstseinJ, che con Bergson penetra anche nella filosofia, non esprime solo l'esperienza di una società mobilitata, di una storia acceleratae di una quotidianità discontinua. Nella rivalutazione del transitorio fuggente, effimero, nel trionfo del dinamismo si esprime il desiderio per un presente immacolato e statico. Questo spiega l'astrai/a opposizione alla storia. Le singole epoche perdono la loro identità superficiale in favore dell'affinità eroica del presente con il più lontano e il più vicino: il decadente si riconosce in modo immediato nel barbarico, selvatico, primitivo. L'intenzionedi far esploderela continuità della storia spiega la forza sovversiva di µna coscienza estetica che si ribella all'opera di normalizzazione della tradizione; che vive dell'esperienza della ribellione contro ogni normativa; che «postmoderno» in quanto impreciso, vago, sotterraneamente pretestuoso, e riproporre invece alla responsabilità degli intellettuali un giudizio sul vero termine in gioco, la modernità. Con ciò, Habermas tocca pertanto con tagliente valutazione anche alcune esperienze recenti nel panorama culturale europeo che hanno avuto larga eco di cronaca, come la Biennale di Venezia con la sua mostra dedicata alla Presenza del passato, o le posizioni di autori francesi, Derrida e (implicitamente) Deleuze, Guattari, Lyotard, Baudrillard, nonché aspetti da noi meno conosciuti della cultura tedesca e americana. Omar Calabrese neutralizza il buono morale tanto quanto l'utile pratico, e inscena continuamente la dialellicafra segreto e scandalo, cercando con abilità la fascinazione del brivido che emana dal/'allo della profonazione -e nello stesso tempo è in fuga dai suoi risultati banali. D'altra parte la coscienza del tempo che si articola nell'arte d'avanguardia non è generalmente antistorica; si orienta solo contro la falsa normatività di una comprensione storica formatasi sull'imitazione di modelli. Si serve dei passati storicamente disponibili ma, nello stesso tempo, si ribellaalla neutralizzazione dei canoni praticata dallo storicismo quando chiude la storia nel museo. In questo spirito Walter Benjamin costruisce la relazione del moderno con la storia post-storica. Egli ricorda I'autocomprensione (SelbstverstandnisJ della rivoluzione francese: « Essa citava la Roma passata nello stesso modo in cui lamoda cita un costume passato. La moda ha fiuto per l'alluale ovunque esso si muova nel sollobosco del passato». Questo è il conce/lo del presente come «tempo a/luale», nel quale sono racchiusi frammenti messianici. Questa concezione della modernità estetica è invecchiata; anche se negli anni sessanta è stata ancora una volta ripresa. Con gli anni sei/anta allespalle, dobbiamo però ammettere che il modernismo oggi non trova quasi più risonanza. Pertanto Octavio Paz, un partigiano del moderno, notava: «l'avangua,:- dia del I 967 ripete i fatti ed i gesti di quella del 1917. Viviamo la fine dell'idea di artemoderr. 1». Dalle ricerchedi Peter Burger in poi, parliamo intanto de~arte di post-avanguardia, che non nasconde più il fallimento della rivolta surrealista. Ma che cosa significa questo fallimento? Segnala un addio al moderno? La postavanguardia significa già il trapasso al postmoderno? Di fatto, in questo modo ragiona il mio collega Daniel Beli, il più brillante fra i neo-conservatori americani. Nel suo libro The Cultura) Contradictions of Capitalism Bel/ difende la tesiper cui i fenomeni di crisi nelle società sviluppate dell'occidente sono da ricondurre ad una frattura fra cultura e società. L'arte di avanguardiapenetra nella scala di valori del quotidiano e infetta il mondo della vita (LebensweltJ con l'idea del modernismo. Quest'ultimo è il grande seduttore che porta al potere il principio di una sfrenata realizzazione di se stessi, la richiestadi una autentica esperienza di sé ed il soggettivismo di una sensibilità sovraeccitata, e in questo modo libera motivi edonistici che sono incompatibili con la disciplina della vitaprofessionale ed ingenere con i principi di una condotta di vita razionale-utilitaria. In questo modo Bel/ dà la colpa del dissolvimento dell'etica protestante, che aveva già inquietato Max Weber, alla «adversary culture», cioè a una cultura il cui modernismo alimenta /'ostilità contro le convenzioni e le virtù di un quotidiano razionalizzato dall'economia e dalla scienza dell'amministrazione.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==