Laciviltàd,,@soI spètto Il presente schema è stato steso come un contributo per il 2° gruppo di lavoro: «La protection des droits de l'- homme dans une Europe en mutation rapide> b): cl.es droits de l'homme dans la pratique:o del Convegno sull'intolleranza in Europa, organizzato dal Consiglio d'Europa (Friburgo, dic. '80). Una trattazione organicamente più completa ho cercato di darla nel mio volume Storia dell'intolleranza in Europa. Sospettare e punire (Milano, Mondadori, 1979), al quale rimando per tutte le affermazioni chepotrebbero sembrare non documentate o non documentabili. L'intoUennza e la •civiltà del sospetto» S toricamente si può stabilire una perfetta equivalenza: potere = intolleranza, cioè violenza (legale o illegale). Cambiano i regni, mutano le dinastie e i gruppi dirigenti, al dominio di una classe succede quella di un'altra, ma la violenza legale-diversamente motivata - o come succede oggi, rifiutata a parole, ma perseguita nell'effettività resta come un dato immutabile. Gli arresti arbitrari, il carcere, la tortura, i roghi, le forche, le ghigliottine, le fucilazioni, le sedie elettriche, le camere a gas, le deportazioni, i lager, i campi di concentramento; come gli autodafé, gli indici dei libri proibiti, le censure e le autocensure, le purghe, le abiure, le ammonizioni, i domicilii coatti, ecc. ecc. potrebbero essere i capitoli di una storia ancora tutta da scrivere. Sono fatti ma non ancora datti storici>. Ma sono fatti che come scogli riemergono più irremovibili e lucidi dopo ogni ondata di chiacchiere (tanto per servirmi di un'immagine di Francesco Ruffini, uno dei dodici professori che, in Italia, rifiutarono il giuramento di fedeltà al fascismo). E qui si pone una domanda: che cosa s'intende per intolleranza e come mai è sempre in rapporto con il sospetto? Perché dove c'è l'una, l'altro non può mancare? Cominciamo da una constatazione: intolleranza e sospetto sono le manifestazioni certe di uno stesso tumore della ragione. L'intolleranza è l'assoggettam.ento servile ad un'idea, che si crede l'unica da sostenere, anche con la forza, perché non possono esisterne diverse e migliori. È la _!:ertezzafanatica di possedere la sola verità pos$ibile, con la volontà inesorabile di imporla contro l'errore, combattendo con ogni mezzo. Il sospetto è il radar magico che difende tale idea-verità da qualunque influsso dannoso e da qualunque possibile attentato. Sempre in opera, tende a segnalare non solo le idee diverse, per abbatterle e renderle innocue, ma serve anche a soffocare tutto ciò che - da un minimo segnale - si presume possa contrastare o mettere in pericolo l'idea in cui crediamo. È conie una sentinella un po' stupida ma sempre all'erta. Spara su tutto ciò che le sembra non rientri nella consegna ricevuta. L'intolleranza e 11 sospetto. sono, dunque, due forme di stupidità che derivanoe dipei:idonosempreda un'idea ossessiva - chiamata anche fede - in cui si crede come alla sola e alla vera. È in quest'accecamento l'origine del tumore. Sta qui il punto di partenza di tutte le reazioni che subito seguiranno. La fede esclusiva e intollerante in un principio (ad. es. quello religioso), in un'istituzione (ad es. la proprietà), in un avvenimento storico (ad es. la rivo- /u.zione ), in una classe sociale (ad es. la borghesia e il proletariato), è il virus che tutto infetta. È la droga che una volta ingerita, distrugge inesorabilmente qualunque capacità di ragionamento e porta alla visione beata di un domani senza problemi, con molte bandiere al vento. Strettamente legata c'è l'ortodossia, cioè l'unico modo corretto d'intendere la fede. Essa viene fissata in principi - chiamati anche dogmi- assolutamente indiscutibili, in cui bisogna credere e basta. Da fede e ortodossia, nasce il concetto d'obbedienza, che deve essere pronta ed assoluta verso l'autorità gerarchica che rappresenta e guida l'istituzione. L'istituzìone (chiesa, monarchia, partito) rappresenta storicamente la fede, ed assume, nei confronti dei singoli e della collettività, la funzione della cgrande Madre» che tutto risolve e realizza. Immagini del/'economia del vicolo llistituzione è governata da una I. classe dominante (sacerdoti, guerrieri, politici, funzionari) che si proclama rappresentante della fede per mandato ricevuto - dalla divinità, dalla «fortuna», o dagli uomini- e che si costituisce in gruppo dirigente, privilegiato ed intoccabile. Dalla fede derivano fedeltà ·e fedele. Sono termini con cui viene qualificato il comportamento devoto e obbediente dei seguaci. Dal IV secolo ai giorni nostri, la fedeltà, intesa come la totale ficfuciàin chi comanda, è una caratteristica che ogni potere cerca di mettere in evidenza con atti particolari: i/"battesimo, il gÌÙramento, l'iscrizione al partito; e con cerimonie associanti: processioni, autodafé, dimostrazioni, con cui si cerca di dimostrare il perfetto accordo di tutti. In opposizione alla fede, all'ortodossia, all'obbedienza, é alla fedeltà, c'è la devianza. È una parola oggi di moda come i blue jeans. Ma il concetto è vecchio di secoli. Devianza è l'allontanamento dalla «retta via», cioè, dalla «vera fede», che è solo quella del gruppo che comanda. La devianza è come un<!scala. Ha tanti gradini. Il primo è quello di simpatizzante del nemico (cosi viene (s) qualificato sempre chi la pensa in modo diverso). Il secondo è quello di fiancheggiatore, cioè di chi collabora - o comunque aiuta il nemico-senza mai impegnarsi apertamente. Il terzo è quello del sospettato, cioè di chi ha fatto o detto qualche cosa che può essere interpretata anche come dannosa e contraria all'idea. C'è poi l'eretico dichiarato, cioè, colui che viene condannato dall'autorità, perché fuori dalla fede comune. C'è l'apostata e, come viene chiamato oggi, il transfuga o rinnegato. C'è lo scismatico, cioè colui che si ribella, si allontana e costituisce, con altri, un gruppo nuovo in opposizione a quello preesistente. C'è il diverso, (pagani, ebrei, mussulmani, popoli di colore, oppure omosessuali, sotto-proletari, ecc.) che è sempre stato tratta.to seguendo il principio che si può riassumere nella formula: o consenso o repressione. Per nascondere o mascherare l'intolleranza che questi termini esprimono c'è, come imbellettamento, l'ipocrisia giuridica che si esprime con la parola tolleranza, uno dei concetti più equivoci e torbidi di cui il «modello cattolico» si è sempre servito. Se l'unica idea giusta è quella in cui crede l'istituzione,si tollera, cioè si sopporta, anche un'idea contraria perché non esistono altri mezzi da opporre, e non si è in condizioni politiche per eliminarla con la forza. La tolleranza, dunque, è un fatto anomalo, provvisorio ed eccezionale. È uno stato di necessità che nasce dall'impossibilità momentanea di un'affermazione totalitaria. Tolleranza, cioè, è un concetto postribolare che il linguaggio burocratico italiano ha subito accolto usando il sintagma «casa di tolleranza» come sinonimo dotto del popolare «bordello» o «casino». Questi concetti che abbiamo elencato sono tutti legati tra di loro. Dove c'è l'uno, l'altro non può mai mancare. E tutti non mirano che a uno scopo: propagandare, affermare e difendere la sola verità in cui si crede contro tutte le altre, opposte e diverse, anche usando la forza. (Si pensi, ad esempio, alle crociate, all'inquisizione nel Medioevo e nell'epoca moderna, alla ghigliottina e al terrore durante la rivoluzione francese; al domicilio coatto e alla _ strage dei popoli colonizzati durante il periodo «liberale»: alle fucilazioni e alle deportazioni in massa durante e dopo la rivoluzione bolscevica; alle «purghe» e alla legislazione speciale nel periodo fascista; ai lager e alle camere a gas durante il nazismo, ecc. ecc.). Deriva da ciò l'importanza che, in una società organizzata seguendo il principio di intolleranza ha il fatto di essere considerato un fedele dell'istituzione, per ottenere certi incarichi importanti e redditizi. Già dal IV secolo esser chiamati cristiani era una delle condizioni indispensabili per poter essere chiamato a ricoprire posizioni di comando. Gli altri (gli apostati, gli eretici, i pagani e gli ebrei) erano sempre esclusi quando non venivano perseguitati. Come pure, è chiaro quanto sia dannoso l'esser considerato un sospetto deviante. Esser chiamato cataro o albigese nel Medioevo; luterano, calvinista, o pa" pista (fra i protestanti) nel Cinquecento; copernicano oppure galileista nel Seicento; aristocratico durante la rivoluzione francese; giacobino o liberale nel periodo della Restaurazione; anarchico, repubblicano o socialista, nell'Italia «liberale», massone, ebreo, o comunista, durante il periodo fascista, è. un modo per squalificare una persona; per metterla fuori gioco e per farla arrestare rendendola sospetta all'autorità. e reatrice -e sostenitrice prima di questa politica fondata sul principio d'intolleranza è stata la Chiesa -cattolica (e qui si tenga presente che si parla della Chiesa non come comunione di credenti, ma della Chiesa come organizzazione giuridico-politica). Se-prima del IV secolo essa aveva sempre sostenuto che la libertà era l'unico mezzo per convertire gli uomini, perché nessuna religione può essere imposta con la forza, con la tortura e con il sangue, dopo il IV secolo, cioè dopo il compromesso storico con l'impero romano, il discorso cambia radicalmente. L'intolleranza diventa sovrana. La religione cattolica non è una delle tante, ma la sola, l'unica, la vera. Tutte lç altre non sono che errore e pazzia, e vanno combattute. Rappresentano un pericolo sociale da cui la società deve difendersi con ogni mezzo, anchecon l'impiegodella forza. Derivano da tale impostazione i principi che prima abbiamo esaminato: quello di ortodossia, quello di deviante, quello di eretico e tutti gli altri. Nasce cosl la civiltàdel sospetto. Essa si concreta nelle leggi speciali, nell'arresto, nel carcere, nella tortura, nei roghi, ed avrà la sua espressione tipica nel metodo inquisitorio, così chiamato perché inventato dall'Inquisizione, il primo tribunale speciale e segreto creato dalla Chiesa per controllare i fedeli e per difendere la purezza della fede. La novità del metodo inquisitorio consisterà in questo: l'autorità potrà arrestarvi in base a un semplice sospetto d'eresia e voi, per tornare in libertà, dovrete dimostrare che l'accusa è infondata, portando delle prove. Abbiamo così quella che i giuristi chiamano l'inversione de~onere della prova. In italiano corrente significa che l'obbligo (l'onere) di provare che l'accusa è infondata è del denunciato e non del denunciatore (come avveniva con il precedente sistema accusatorio, con il quale chi denunciava doveva dimostrare la verità dei fatti). Ora, con il nuovo sistema, neanche dimostrando la propria innocenza, il sospettato è certo di tornare in libertà, perché l'inquisizione, sulla base del solo sospetto, potrà condannarlo all'abiura, ai remi o al carcere. È per questa ragione che è stato detto: «Si può lasciarel'inquisizione senza essere arsi, ma non già senza restarne scottali». Q uesto nuovo metodo, inventato dalla Chiesa e tutto fondato sulla intolleranza e sul sospetto, sarà subito accolto da tutti gli stati laici - con esclusione dell'Inghilterra - e adottato per i delitti comuni e soprattutto per quelli politici. Resterà immutato fino al 1808, quando Napoleone creerà quello che i giuristi chiamano il sistema misto. Si dividerà il processo in due parti: quella istruttoria e quella dibattimentale. La prima- per l'accertamento dei fatti-svolta seguendo del tutto il sistema medioevale, con il giudice istruttore che accoglie nei verbali • solo quelle testimonianze e quei documenti che, a suo giudizio, è necessario conservare per il dibattimento pubblico, il quale si svolgerà - in un secondo tempo- con ilmetodo accusatorio. Avremo così l'istruttoria congelata, che verrà sciolta e controllata nel giudizio pubblico. Questosistema misto ( o congelato)- che otterrà il più grande successo e verrà adottato da tutti gli stati a sistema inquisitorio - è una «burletta», come è stato definito da un giurista italiano. Infatti, non è chi.non avverta l'ipocrisia che c'è in un dibattimento che si chiama di «rito accusatorio» e che si celebra a distanza di anni dagli avvenimenti che si tratta di giudicare, quando alcune prove non sono più ripetibili, il ricordo dei fatti è sfocato, molte persone che avrebbero dovuto testimoniare o sono morte o hanno la memoria ingiallita, mentre resta vincolante solo la congelazione che ha operato il giudice istruttore nel verbale, la sola.che possa dare una testimonianza certa, l'unica in base alla quale i giudici del dibattimento sono costretti - loro malgrado - a giudicare. Se volessimo cercare le ragioni del successo in campo laico, vedremo che sono le stesse della sua afferrµazione in campo ecclesiastico. Come analoghe saranno le giustificazioni. E se la Chiesa aveva giustificato l'impiego .del _metodoinquisitorio con il dovere assolutoche essa avevadi salvarel'anima dell'individuo, gli stati laici lo giustificheranno con l'altrettanto imprescinqibile necessità di salvare il bene cornune. Con tali presupposti l'intolleranza e il sospetto entrano fra i mezzi leciti che il potere può usare per arrestare i presunti attentatori dell'ordine costituito.
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