Brian Eno, Harold Budd Ambient 2 - The PlateaDI of Mirror EG, 1980 John Cage Cheap lmitation Cramps, 1978 Giancarlo Cardini suona Erik Satie Cramps, 1981 Wakt regia di Yash Chopra, musica di Ravi Bombay, B.R. Chopra films, 1963 National Geograplak vol. ll(i, N. 6, dicembre 1969 Lotus Intcrnational N. 26 Ardùtettuna Ibrida, 1980, I Harald Szeeman Monte Verità Catalogo della mostra, Ascona, 1978 Magazzini Criminali Crollo Nenoso Bologna, Italian Records, 1981 Alighiero Boetti, Anne-Marie Sauzeau-Boetti Classifyn&the ThollSalld longest Rivers in the World, (1977) Ascoli Piceno, pp. 1002, lire 30.000 Passaggi planetari (Franco Bolelli) L a nuova musica, i vecchi spazi scenici: ecco una coesistenza che non è proprio più possibile. Perché i luoghi tradizionalmente deputati all'ascolto (teatri, sale da concerto, gli stessi stadi del rock), se mantengono forse una funzione in rapporto all'assetto convenzionale della musica, appaiono irreparabilmente anacronistici davanti alle profonde mutazioni che il linguaggio sonoro sta vivendo. E perché nella musica stessa sta venendo alla luce una tendenza che non si configura affatto come località nuova su una mappa d'ordine, ma implica uno spostamento d'orizzonte delle stesse modalità di produzione della forma. È della musica per ambienti che si tratta, ed è davvero una nuova dimensione del linguaggio quella che essa ha spalancato. Laddove infatti gli scenari tradizionali agiscono nel senso di un appiattimento sull'ordine della rappresentazione, la musica per ambienti innesca una straordinaria sensibilizzazione tanto del suono che dell~spazio in cui si irradia. Laddove i luoghi istituzionali riaffermano un modello bloccato e unidimensionale della percezione. corrispondente alla tradizionale frantumazione dei sensi, la ambient music muove nel senso di una ricomposizione imprevista delle risorse sensoriali. E non è soltanto questione di nuovi spazi: la strada o i saloni d'aeroporto non sono di per sé migliori conduttori di intensità di quanto lo sia il teatro. È che la musica per ambienti comincia proprio dove finisce la musica dei generi o della semplice contaminazione: al di là, cioè, di quella dimensione rituale che ogni modello di concerto tradizionale (dalla classica al rock all'avanguardia) non cessa mai di ribadire. Prima ancora che per conformazione logistica, gli ambienti tradizionali funzionano infatti in senso coercitivo proprio in quanto la prevedibilità dell'apparato e della situazione annulla o comunque assorbe in gran parte l'effetto-sorpresa che il linguaggio sonoro porta in sé. Al contrario, la musica per ambienti conduce non solo la qualità del linguaggio ma anche quella dell'evento in uno spazio cosi pieno d'aria, che in esso è proprio la ritualità a scomparire e l'imprevedibilità a diventare questione decisiva. Per una musica cosi al di là di tutte le coordinate abituali, trovareambientialla sua altezza è dunque qualcosa di connaturato alla qualità del linguaggio: e a funzionare in questo senso ossigenante non possono essere certo gli ambienti intossicati dall'abitudine. F uori dai luoghi deputati, dentro il sistema nervoso dell'esistenza. Per mandare in frantumi la separatezza dell'ordine spettacolare e immettere lampi di sorpresa sugli sceLa pas~i!n~,,.fredda nari del quotidiano. Sì, dentro il quotidiano. Ma senza alcuna traccia di quei toni punitivi e sofferenti che designano gli sforzi dell'arte di «radicarsi nella realtà». Niente radici, qui: perché la musica per ambienti è quanto di meno realista possa esserci. Un passaggio di luci, invece; un effetto di straniamento che sfasa irrimediabilmente la trama dell'esistente. Perché il solo rapporto che la ambient music può stabilire con la realtà quotidiana è quello di un passaggio tanto seducente quanto fluido e intrattenibile. Un attraversamento imprevisto che non si dà mai soltanto come irruzione spettacolare e agitatoria. Ecco, allora: la sensibilità estrema della ambient music per i luoghi inaspettati non può davvero essere ridotta all'espediente plateale dove la sorpresa di oggi è invariabilmente la noraperti, nei quali la struttura agisce come scenografia della forma. È musica che contiene una stupefacente quantità d'aria, musica di longitudini stratosferiche e· di latitudini surreali. «Musique d'ameublement» per Erik Satie, «Discreet Music» per Brian Eno, questa musica disdegna ogni collocazione centrica, non è avida di concentrazione, eppure ugualmente incanta. Piuttosto che predominare sull'ambiente, funziona in senso ossigenante, come aria incondizionata. Agisce come arredo, come situazione atmosferica, come affezione dinamica, come spostamento d'aria. Ed è così che questa musica è al tempo stesso la più futile e la più funzionale, la più vibrante e la più lieve. Da Fils des Etoiles a Living Room Music fino a Music for Airports ·e a The Plateaux of Mirror (e fino alla Visoccupa1i organizzali della /is1aBanchi Nuovi ma di domani. La musica per ambienti non è certo il teatro di strada che non desiste dall'affliggerci, non è l'animazione, non è l'occasione carnevalesca. Per la ambient music non è affatto questione di carnevale contro quaresima o di quaresima contro carnevale (due facce complementari della stessa medaglia d'ordine). La nuova sensibilità estetica ignora queste logiche a una dimensione. Non è dunque né spettacolarità commestibile (la festa: istituzione dell'anti-istituzione, ideologia dell'antiideologia), né rito per una setta, appartato dalle mode (questa è ancora la cultura, ancora l'avanguardia). Passare sul quotidiano, sulla moda, sullo spettacolo, invece, e qui essere metamorfici e inafferrabili come un effetto di intensità. Questa è la musica per ambienti, e la conformazione dei luoghi in cui irradiarla non può non essere in sintonia con questa sua natura ineffabile. Ambienti di passaggio, dunque. Gli aeroponi di End e il treno di Cage,e spiagge, stazioni, stadi, supermarkets... Niente luoghi delirnitat1, per una musica irriducibile a qualunque limite. Da Erik Satie a Brian Eno attraverso John Cage: è questo il percorso della musica per ambienti. Un percorso che non è un itinerario storico ma un tracciato di intensità. E in Satie come in Cage come in Eno, la musica si di- .stende in spazi .incondizionatamente Obscure e alla Lovely Music, ad Alvin Curran e a David Tudor), la musica affina al massimo la sensibilità per le vibrazioni del suono, dell'aria e degli ambienti. Ogni musica per ambienti è così una mappa di rapporti spaziali e - vibrazionali sulla quale ogni passaggio e spostamento traccia nuove connessioni; proprio come accade con i mutamenti di luci, con le sfumature dei colori, con i riflessi e le trasparenze. E con la stessa, naturale eleganza. Perché se c'è qualcosa che segna nevralgicamente la musica per ambienti e di cui essa è formidabile conduttrice, è proprio il raffinatissimo taglio estetico. Un'estetica che non è un sistema e non è una teoria, ma è piuttosto sensibilità. Un'estetica che è quella dei grandi musicisti, ma è anche simultaneamente quella dei grandi arredatori, dei grandi conversatori, dei grandi trattatori di atmosfere. Impercettibile eppure indelebile. Indefinibile, ineffabile, inafferrabile, eppure intensa come nessun 'altra costellazione sonora.Ed è graziea questanuova estetica, grazie alla musica per ambienti, se quello che si può ancora fare con i suoni è infinitamente più grande di ciò che è stato-fatto finora. P erché quella che con Satie e con Cage era ancora un'intuizione luminosa quanto laterale, ha preso oggi la cresta dell'onda fino a «fare tendenza». Non più immobilizzata nel ,proprio statuto di avanguardia, la muI sica per ambienti pdò distendersi in uno spazio che è queÙo dell'assenza dei limiti e dell'infinitezza. (Un vero e proprio iperspazio: ecco come chiamarlo). Ed è in questo passaggio dalia logica concettuale all'intensità come pratica della fusione fra profondità e superficie, che sta la differenza fra le composizioni di Satie e di Cage e i progetti di Eno. Così, dove la quinta strada e il treno di John Cage staccavano il biglietto per il grande viaggio dal mondo dei rumori ai rumori del mondo, le musiche ambientali di Brian Eno si spostano fino a quell'angolo di congiunzione fra metropoli e deserto che è al tempo stesso il massimo dell'astrazione e il massimo della fisicità geografica. E qui la ambient music mette a fuoco la prppria dimensione planetaria, e lascia intendere che non ci sarà futuro per chi non parla linguaggi planetari. Perché è soltanto nell'apertura incondizionata di un iperspazio linguistico,. emotivo e intellettuale, che è possibile slittare via dalla frequenza dell'identità e mettere simultaneamente in gioco le qualità più diverse. Così Ambient I e 2, dove pure il piano di Robert Wyatt e quello di Harold Budd sciorinano atmosfereà la Satie. Innanzitutto, al piano si combinano le aperture elettroniche di Eno, e la stessa disposizione del suono su piste multiple imprime alla forma un intensissimo effetto d'aria. E 0poi questa musica fa vibrare al tempo s_tessole corde della freddezza e quelle del sentimentalismo, coniuga fra loro lucidità ed eccitazione, è insieme la più semplice e la più inarrivabile. Ed è chiaro che questa fusione dei contrari è la possibilità linguistica più avanzata e pure è la più lontana dall'avanguardia. Perché la relazione che intercorre fra la ambient music e le installazioni sonore dell'avanguardia è la stessa che passafra l'iperspazioe la conquistadi un nuovo territorio, fra il nomadismo come modo d'essere e l'esplorazione di una regione localizzata. E dove l'avanguardia classica è costretta dal proprio stesso ruolo a muoversi sempre e solo in avanti, quella della ambient music è una tendenzialità incondizionatamente aperta nella quale tutto, davvero tutto, è possibile. Ecco perché dietro di sé la musica .per.ambienti non ha storia négenf!ao- - - - - - - -- -- logie, ma piuttosto presagi e anticipazioni. (Ed ecco anche perché non c'è traccia di testi scritti che la riguardino: l'infinitezza ha traiettorie troppo ellittiche per il respiro corto degli specialismi, anche quando ad abbozzarla sono personaggi «sicuri» come Satie e Cage). E anche la funzione di questo arredamento effimero che è la ~usica muta sensibilmente. Erik Satie la vagheggiava discretamente futile, quando parlav11di «una musica che sia parte dei rumori dell'ambiente, che attenua i rumori dei coltelli e delle forchette senza dominarsi, senza imporsi». Ma è proprio in virtù di questa futilità, di questo «lusso» che è la musica-arredo, che Cage dirà di Satie «non è questione della sua importanza. È che lui è . indispensabile». Nessun dubbio, allora: la musica per ambienti non rientra né nella sfera dei bisogni sociali né in quella speculare del tempo libero, ma si irradia sulla frequenza del fascino. Dove non è più questione di sopravvivenza, ma di vita. Niente di importante, appunto, per la realtà esistente, tutto decisivo per un universo possibile. La noche repetida (Sandro Lombardi) B isogna cominciare stabilendo alcune equazioni: metropoli= steppa, megalopoli=deserto, o anche sistema nervoso=sistema elettronico, geografia=delirio. • I. La città è un precipitato di stati mentali e di percorsi fisici che si condensano nella figura dell'orizzonte- la veduta che si inquadra nelle coordinate ortogonali della finestra - il filtro ovattato attraverso cui determinare i propri micro-sistemi di rapporto con la città stessa, assumerla nell'interno della stanza chiusa che è micro-metropoli e micro-steppa, navicella spaziale e wagon-lit, cavallo e cammello. La città, fuori, con le sue torri incandescenti, snoda un linguaggio di pura comunicazione'. UJ.1 sovraccarico di informaziorti. La stanza dentro, è un precipitato chimico di orizzonti, una macchina delirante, il luogo di formazione delle rotture e delle mitologie. 2. La città non è il luogo dei centri quanto delle periferie, è spinta centrifuga e interregno, è zona di passaggio e di attesa, di frontiera e di nomadismo: un mondo intermedio, una linea di deriva, attraversata da infinite linee di scambio: i porti gli aeroporti le stazioni, i sentieri le strade le autostrade, la polvere la spiaggia il mare: i luoghi dell'impero delle steppe, le oasi del deserto. Dove tutto è senza storia, aperto e indefinibile, in una situazione permanente di autosottrazione. Autosottrarsi ai terreni e ai percorsi delimitati, autosottrarsi al pieno e vagare nel vuoto, fare e disfare bande, vivere la città come steppa, sede instabile e in divenire per il nomade vagabondo barbaro, di chi fonda il suo potere sul vento. Questa mitologia scrive il suo linguaggio negli spettacoli che facciamo, come graffiti sulle mura o sulla roccia. Il cavallo la freccia e la tenda sono gli strumenti per colpire velocemente ed essere già lontani: l'onda radio, l'annuncio e la frequenza sono i nostri strumenti, le parole di un linguaggio ibrido. 3. I luogi dell'attesa e dell'attacco. Si determina un orizzonte inteso come fonte di emissione di stimoli e impulsi linguistici. Rovesciare la pelle della città e scoprirvi la steppa. Rovesciare i cervelli e scoprirvi la pelle, come superficie o «campo», ancora una volta lungo di attraversamenti e buchi neri, senza centro e senza storia. Immagine mentale di uno spazio indefinito, omogeneo, senza poli attrattivi, attraversato la notte da jene, scimmie e sciacalli, battuto dal vento. Luogo delle infinite possibilità di percorsi. In ogni caso: luogo da attraversare, non in cui accamparsi. Orizzonte postatomico, ipercontaminato, sovraccarico di segnali- onde radio onde magnetiche onde d'urto ondeggiamenti. Pia- .neta nomade: la pantera mutante, la galassia nomadica: senza passato e senza storia, la fredda purezza di una geografia possibile. Una vita vissuta unicamente -nella geografia dei suoi - - -- - -- - - - - - - -_, ..... 00 °' ....,
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