Alfabeta - anno III - n. 21 - febbraio 1981

Cfr. Incontro-dibattito su Arte e Metropoli nella società postmoderna Roma, Biblioteca della Galleria d'arte moderna, giovedì 8 gennaio 1981 L'incontro ha aperto la rassegna «Paesaggio metropoliiano fra arti e teatro» (8 gennaio-27 febbraio), curata da Giuseppe Bartolucci e patrocinata dall'Arei e dall'assessorato alla Cultura del comune di Roma. Rifiutando una interpretazione riduttiva del tema, e confidando nella disponibilità del pubblico ad un approccio di scarso richiamo spettacolare, Bartolucci ha impostato l'ordine dei lavori dando ampio rilievo alla riflessione filosofica sul postmoderno. Il blocco degli interventi di apertura (Formenti. Perniola. Ferraris. Bertetto) riproponeva infatti i temi degli ultimi numeri di Aut Aut e della Rivista di Estetica .òe gli altri interventi della ma1tina1a (Zabala. Boatto, Alinovi) suggerivano spunti di minor impegno. ell'insieme l'attenzione si è concentrata sull'esperienza spaziotemporale. sullo statuto dell'immagine, sulle pratiche di simulazione e sull'identità eslet ica che definiscono la «cosmopoli» postmoderna. Più legata alle esperienze e agli interessi concreti degli operatori culturali del sellare la seconda parte della giornata. con interventi-evento (ricordiamo fra gli altri: Ghezzi sul videogioco, Assante sul rock. Carella per il Beat 72 e una conversazione del gruppo dei Magazzini Criminali) che hanno confermato la trasparenza di una macchina spettacolare che non chiama più il pubblico alla «partecipazione». ma si mimetizza. i identifica nei comportamenti del pubblico. Se contrapposizione vi è stata fra i due momenti. essa riguarda soprattutto gli «attori»: un fastidio che nonnasce da differenza di linguaggio. ma da una omogeneità (almeno di immagini) tale da apparire buona per tutti gli usi. Al contrario, il modo in cui il pubblico ha assorbito imparzialmente il lutto (sia pure con l'aiuto del lucido lavoro di «traduzione» e coordinamento di Artioli e Bartolucci) ha confermato la necessità. per chi parla o comunque comunica. di abbandonare ogni illusione e pretesa di malinteso «rigore» professionale e imparare ad indossare diverse maschere. c.f Petr G. Bogatyrev Il teatro delle marionette a cura di M. Di Salvo - Prefazione di R. Leydi, Introduzione di I. Sordi Brescia. Grafo edizioni, 1980 pp. 154. lire 9.500 Un po' curioso il montaggio di questo interessante libretto: invece di aprirsi con i due saggi del grande etnologo e folklorista russo Bogatyrev. tradotti dalla Di Salvo, si apre con un saggio mollo serio di Italo Sordi, ma che non fa per niente da introduzione. trattando di «burattini, marionette. pupi: la tradizione italiana», mentre la vera introduzione. e illuminante. si trova in appendice al volumetto come « ota sull'autore». scritta dalla slavista curatrice. A parte le poco chiare inversioni. sono qui presenti di Bogatyrev due lavori: il primo «Il teatro ceco delle marionelle e dei buraltini e il teatro popolare russo». il secondo «Sulla correlazione di due sistemi semiotici vicini. Il teatro delle marionette e il teatro di allori». Più descrittivo il primo, in cui si tratta delle due correnti. la naturalistica e la stilizzante. del teatro ceco dei pupazzi (come è noto. in russo kukla è termine indicante sia le marionette maneggiate da sopra col filo. sia i burattini maneggiati da sotto con la mano; mancano i «pupi» nostrani mossi da un bastoncino di legno); tale teatro viene mes o a confronto più che col dramma popolare ceco con quello russo e ciò in rapporto tanto alla somiglianza di procedimenti stilistici quanto alla tecnica della partecipazione orale del pubblico Di una certa originalità il secondo saggio. dove è messa a fuoco la differenza dei due sistemi semiotici (teatro d'atlori vivi e di marionette) dovuta alla presenza intermediaria del marione11ista.oltre che ad altri traiti specifici dei due teatri e dei loro spettatori. Proprio da questo saggio prenderà spunti l'acutissima ricerca di Lotman sul rapporto autore/marionetta, statua/bambola. Molto utile la bibliografia sul grande studioso russo e assai gradevoli, oltre che pertinenti. le riproduzioni fotografiche di burattini e fondali di Enrico Vassura (I 887-1979), illustre burattinaio lodigiano. Maria Corti Action + Incontro dell'intelligenza urbana Rassegna di rock, poesia. performance organizzata da Poesia metropolitana, Teatro Miele, Illegal production Milano. Teatro Miele, 27-30 Novembre 1980 Dopo quella Palatina, ecco ora quella metropolitana. Il salto è necessariamente più lungo della gamba, e non sono io a farlo ma i tempi. Precauzione che mi me11egià in contrasto con l'avvenimento. avendo questi giocato - è d'uopo dirlo - 1u11ele carte a sua disposizione. senza preoccuparsi di lesinare sugli effetti. Che restano da computare. Si è visto di tutto in quei quattro giorni. Uno spazio le11eralmen1e eclaté. rabbiosamente fluorescente - il colore proprio della nuova generazione metropolitana - figurazioni «gimnopediche» dei ragazzi del maestro Ciang (scuola di Kung-fu), Blackout di Baiestrini orchestrato da poeti (Valeria Magli. Giulia Niccolai. Michelangelo Coviello. Ermanno Krumm, Yon Bonazza. da non confondere con lo scrivente). balletti radioattivi, bande rock e poesie DOC (Kemeny. Graffi. Toti. Lamarque ecc.). li tulio su uno sfondo urbano «allucinato» alla parete del palcoscenicosullaqualei giovani vomitavano una musica che non rappresenta né esprime più niente, ma che produce solo nuove aggregazioni spaziali per un desiderio non disposto a invecchiare nel chiuso ovaltato dell'istituzione. Per un pubblico che forse è stato la vera causa di tulio, in primis dell'eccezionalità dell'evento. Poesia, immagine, musica, teatro. La combustione di questi quattro elementi nell'arco di quei quattro giorni ha forse cambiato il modo di percezione stessa dello spazio urbano, almeno per i protagonisti, costretti a uscire fuori dal loro specifico frammentato e messi in urto con realtà che, per quanto contigue. restano comunque non omogenee, dando vita così a una miscela di cui è attualmente difficile valutare tutte le sue valenze esplosive. Vincenzo Bonazza Werner Herzog Sentieri nel ghiaccio Collana «Prosa contemporanea», diretta da Franco Cordelli Milano, Guanda. 1980 pp. 79. lire 5.500 Werner Herzog (nato a Monaco di Baviera nel 1942, autodidatta, insieme a Fassbinder, Wenders e Kluge, tra i maggiori registi tedeschi, ha girato, a partire dal 1962 una ventina di film e documentari, tra cui L'enigma di Kaspar Hauser, 1974, La bai/ara di Srroszek, 1977, Nosferaru e Woyzeck 1978) ha scritto con Sentieri di ghiaccio uno dei più efficaci racconti di questi ultimi anni, facendo interagire una realtà del tutto inverosimile, fantastica e stori'ca insieme (un vero viaggio a piedi da Monaco di Baviera a Parigi, dal 23 novembre al 14 dicembre 1974, per «andare in soccorso», dunque per impedirle di morire, dell'amica Lotte Eisner, critica cinematografica cui il nuovo cinema tedesco deve moltissimo), con gli scalti e gli scarti della propria immaginazione, fondandola nel proprio corpo messo asceticamente alla prova dai tremendi disagi di un viaggio impossibile. La scrittura sembra diventare così come un prolungamento del braccio e della mano spesso gelati, di Werner, e affonda le proprie radici nella prova cui sono soltoposti i pur robusti stivali di questo pellegrino volutamente fuori tempo. I temi che si intrecciano in queste poche, densissime, pagine, il viaggio, il pellegrinaggio, il gelo, il buio, la luce, il sonno, l''.lmica morente, la bussola, la neve, la pioggia ... acquistano tulta la forza simbolica con la quale possiamo tentare di aprirci un varco nel reale. La bussola portatile di cui Werner si serve per raggiungere Parigi è metafora di una scri1tura che, a suavolta, è metaforadel corpo e il corpo è incarnazione del viaggio. Pericolo di metafisica? Forse. ma si traila. semmai. di una metafisica dell'interno, non trascendentale. un punto dove l'io tende a ricostituirsi. come è necessario. Anronio Porta Jacques Lacan Della psicosi paranoica nei suoi rapporti con la personalità tr. il. di Giacomo Contri Torino, Einaudi, 1981 pp. 388, lire 15.000 È la tesi di dot.lOllltO in medicina di Lacan. discussa nel I 932, pubblicata quello stesso anno presso l'editore Le François, ripubblicata nel 1975 per Les Editions du Seui! - «non senza reticenza». scrive Lacan -. con l'aggiunta dei «Primi scritti sulla paranoia» (composti tra il I 93 I e il I 933. e pubblicati su riviste mediche ma anche letterarie. appartenenti airarea surrealista). Si tratta di scritti lontani. molto diversi sia per stile che per riferimenti culturali e teorici. dagli Ecrirs che Lacan verrà pubblicando nel dopoguerra. In questi ultimi. come è noto. Lacan si propone come legittimo successore di Freud. e si avvale di supporti teorici che comprendono l'antropologia di Lévi-Strauss, la linguistica di Jakobson, la filosofia di Nietzsche e ancor più quella di Heidegger. Molto diversa la situazione nel '32. Prima di lutto, Lacan non è ancora psicanalista. ma psichiatra: la bibliografia posposta alla tesi comprende i testi di Freud. di Abraham. di Jones e di Jung; ma è composta principalmente da classici della psichiatria otto-novecentesca. tede ca e francese (BleuIer, il maestro di Freud; Janet e Clérambault; Kraepelin e Kraft-Ebbing; i fenomenologi, Brentano e Jaspers). e da molti filosofi. scelti in modo eterodosso: Boezio, James. Lalande e Klages. Poi. non sono infrequenti i richiami al materialismo dialettico, in seguito completamente abbandonato da Lacan che viceversa si avvale. in questa sede. di riferimenti al marxismo per opporsi al « materialismo volgare». meccanicistico, predominante neirideologia psichiatrica (alla pubblicazione di questo libro nel '32. rHumanité. organo del Pcf. vi rintraccerà un primo tentativo di congiungere psichiatria e marxismo). Infine, è sensibile l'influenza del Surrealismo, e di Dati in particolare, che proprio in quegli anni stendeva i suoi scritti teorici sulla paranoia critica. Di tutta questa rete di riferimenti, forse solo l'influsso surrealista è ancora registrabile nel Lacan degli Ecrirs e dei Séminaires; il restante apparato rimarrà un orizzonte lontano, che talvolta affiora tra le righe dei testi della maturità e della vecchiaia, ma che non ne costituisce l'ossatura teorica. Anche il campo di studi, la paranoia, verrà abbandonato: pochi anni dopo, al congresso di MarienbaJ, Lacan presenterà la prima versione del suo scritto sullo stadio dello specchio come costitutivo della formazione dell'io; e orienterà le proprie ricerche verso il trattamento delle nevrosi, considerando come incurabili le psicosi. paranoia compresa. Ma. al di là di tulle queste evidenti fratture tra il «primo» e il «secondo» Lacan (fratture a cui converrebbe aggiungere. come dato teorico. un umanismo di base che sarà completamente abbandonato quando il pensiero di Lacan incontrerà l'antiumanismo filosofico. antropologico e linguistico), resta una continuità di base. Si traila del privilegio indiscusso che Lacan accorda. in sede metodologica. alla teoria sui dati empirici. Scrive Lacan nel '32: «La nostra è innanzitutto una resi do11rina/e. E da questa dottrin~ i fatti da noi riferiti traggono non solo il senso ma il rilievo»; e ancora: «Da Adamo in poi, i famosi 'fatti' si offrono all'osservazione degli uomini, pur apparendo loro, in quanto Ja11i. sotto aspetti ben diversi dopo quest'epoca lontana: anche ai nostri giorni, il selvaggio della Malesia ha la pretesa, senza dubbio, di 'attenersi ai fatti'. II postulato crea la scienza. e la dottrina lo elabo~a. Il valore della scienza è rappresentato dalla legge economica da essa imposta nei postulati>. Privilegio della teoria sui dati empirici. primato della struttura sui suoi componenti: dati che si ritroveranno estremizzati. con un crescendo sempre più esplicito. nel Lacan della maturità e della vecchiaia, sino a costituire la specificità, il tratto distintivo, del lacanismo. m.f Brizio Montinaro Diario Macedone con Anghelopulos sul set di «Alessandro il Grande» Milano. Il Formichiere. 1980 pp. 193. lire 8.000 Brizio Montinaro. intuendo la nostra quasi invidia per la sua avventura macedone, ce ne ha apprestato una descrizione ricca di interessantissimi dati, i quali formano in effetti una seconda storia a fianco di quella narrata nel film, al pari fabulosa e realistica insieme. Si tratta di un diario che va dall'8 dicembre 1979 al 27 marzo 1980. tenuto quasi quotidianamente su tutto ciò che cadeva sotto gli occhi di Montinaro e gli suscitava eterogenei stupori. Primo aspetto conturbante: Anghelopulos. sfidando l'universo capitalistico e la sua maniera di fare films, realizza il proprio quasi senza mezzi. non pagando gli attori ma solo spesandoli, girando in un paesello di montagna della Macedonia. Dotsicò, gelido d'inverno e disabitato dall'ultima guerra. meta solo estiva di pastori emigranti coi greggi: tutto il paese sarà sei. ognuno dormirà in un sacco a pelo, un elicottero settimanalmente farà i rifornimenti e si porterà via gli eventuali malati. Insomma. una comune di duecento persone circa che passa senza soluzione di continuità dalla vita quotidiana al set. sicché i guai dell'una sono quelli deiraltro: se nevica. ad esempio, non si gira. Anghelopulos, avversato dai poteri politici ed economici. domina con la sola forza della sua imprevedibile personalità su attori e materiale umano locale, stranamente ignari tutti non dico della sceneggiatura, ma della storia stessa narrata nel film. In questa atmosfera un po' epicoeroica, un po' intessuta di sublime improvvisazione, fra scene girate con entusiasmo collettivo e lunghe discussioni ideologiche, ecco il nostro Montinario recitare e scrivere insieme il ~uo diario, prezioso documento di un fatto oggi raro: un vivere in gruppo che già sconfina in un creare arte. E qui forse è stata Anghelopulos a fare da lievito e la pazienza intelligente di Montinaro a chiudere il vasto tutto in uno stimolante libro. Maria Coni

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