..... 00 °' ..... canica. Temi e questioni di cui conviene - come appunto è stato fatto a Ferrararestringere il campo su alcuni settori soltanto in cui l'atto censorio agisce sulla comunicazione o sulla rappresentazione dei fatti, sul modo di significarli, di esprimerli, di produrli concettualmente con la parola o l'immagine, di farli esistere nel consumo di massa. Tenendo a mente che il momento di una cultura di massa non viene scelto occasionalmente ma al contrario si impone oggi come punto di vista generale, come chiave di lettura dell'universo mediologico contemporaneo. Temi e questioni di grande peso non solo nel quadro di una economia politica dell'informazione e dell'industria culturale, ma anche nella direzione di un discorso specifico sulle forme politiche assunte dai partiti e in particolare dai partiti della sinistra, cioè quei partiti che storicamente sono legati alla crescita delle masse, alla valenza politica dei processi di industrializzazione, alla produttività sociale dello sviluppo <;temocratico. Nuove competenze nel campo massmediologico e critica della forma storica del partito di classe possono qui saldarsi con profitto; ed è anzi urgente affrettarsi nell'operazione. Infatti, l'incomprensione del fatto censorio e delle sue dinamiche nel campo dell'informazione trova il suo corrispettivo nella estrema arretratezza delle strategie di sinistra, nella rigidità del rapporto tra comando politico e competenze intellettuali o tecniche all'interno dei partiti stessi, in una pratica censoria rozza e dunque tanto inefficace al partito quanto utilizzabile dalla controparte. E si potrebbe continuare ma potrà essere fatto più estesamente in altre occasioni. A Ferrara, credo siano state toccate questioni fondamentali per poter procedere più speditamente nella direzione che ho detto sopra. In questa sede, più che fare il resoconto delle relazioni e del dibattito vorrei soffermarmi su qualcuna di quelle questioni che a mio avviso hanno assunto una particolare evidenza. R emo Bodei, elencando le diverse concezioni e pratiche di censura storicamente emerse nella nostra civiltà industriale - una storia che attraversa con curiose omologie sistemi totalitari e sistemi democratici, ideologie permissive e ideologie repressive, politiche della mediazione o integrazione e politiche dello scontro verticale - giunge a ricordare l'assassinio come forma massima di censura, come eccesso cli autorità, come determinazione spietata di una norma che ha possibilità e «diritto» di uccidere chi trasgredisce. Vale a dire che comunicazione e rappresentazione possono trovare modalità di controllo estremamente articolate nel grado di violenza oggettiva richiesta dall'intervento su chi comunica o rappresenta, ascolta o vede: questa violenza o va lasciata esistere, graduando la sua spontaneità (un contenimento di pericolo con piccole dosi di pericolo, diceva ancora Bodei), oppure viene esercitata in modo occulto o su livelli di violenza diversi, oppure, infine, viene concentrata in una forma esemplare di cui il delitto è la rappresentazione più loquace. È interessante notare che alla radice delle teorie dell'arte contemporaneanon a caso costituitesi sulla spinta dei primi clamorosi processi di industrializzazione, socializzazione e massificazione - troviamo la metafora dell'assassinio. In questo ambito l'assassino è il modello avanzato e progredito di artista: l'autore di un testo esemplifica il suo potere trasgressivo nei confronti delle norme della comunicazione attraverso l'immagine del delitto. Dunque nel cuore stesso dell'avanguardia intellettuale - laboratorio di tecniche per la futura società di massa contemporanea- la figura dell'assassino aveva il significato del massimo di trasgressione nei confronti di una forma testuale intesa come il massimo di potenziale censorio. Quella azione «liberatoria» dell'assassino fu presentata come fascinazione e seduzione del pubblico, accettandone la sua natura conflittuale e violenta, cominciando sin da allora - al punto di origine del rapporto produttivo di integrazione tra cultura d'élite e cultura di massa - a privilegiare il momento del consumo anche nei modelli di organizzazione del lavoro creativo, della produzione. E proprio quella azione liberatoria, quell'epoca felice di sperimentazioni delittuose e perverse, quella negazione d'ogni morale, doveva al contempo costituire nuove e più rigide forme. L'arco di esperienze storiche, che dall'esteta innovatore si spinge sino al rapporto tra terrorista e informazione, coincide con l'intero percorso coperto dalla vita, crisi e frantumazione delle forme della rappresentazione e della comunicazione nei paesi industrialmente avanzati. Il delitto è anche l'elemento normativo e pertinente del genere poliziesco, cioè di un dispositivo tipico della grande industria culturale dell'editoria e del cinema. li cadavere nasconde il sottile reticolo di norme e trasgressioni che il detective deve scoprire. Questo genere di massa e di consumo, questa «macchinetta» standardizzata e ripetitiva, disvela una identità originaria tra assassino e investigatore, mostrando il nesso stretto, funzionale e socialmente produttivo, tra la trasgressione delle norme e i percorsi tortuosi e «critici» mediante i quali tale norma può sopportare lo sviluppo, conservarsi nel conflitto, mantenere il suo potere comunicativo, informare. Dunque è essenziale un discorso sulla forma, necessario per il tempo presente, laddove sempre più acutamente si fanno sentire le voci di coloro i quali sostengono il nesso stretto tra massificazione e distruzione dell'ideologia, della razionalità, dei significati. Necessaria riflessione sulle forme della comunicazione, laddove sostenere che è caduta ogni possibilità di produrre significati porterebbe al paradosso evidente di un mondo che non comunica, di persone che non parlano, di eventi che non accadono, e per giunta porterebbe alla negazione di ciò che invece i teorici della catastrofe per la catastrofe maggiormente sentono e cioè l'esistenza di un dominio, la violenza di un comando, il potere della macchina sociale. N on a caso nel convegno ferrarese è stato più facile accettare una analisi non conformistica del meccanismo censorio se essa restava legata ad un piano concettuale, ad un'area tradizionale per quanto rinnovata del pensiero filosofico, ad un metodo critico per quanto aggiornato. Ed invece è stato molto più difficile comprendere i discorsi di Ellis Danda e Adriano Aprà sulla forma cinematografica, cioè sulla forma classica dell'industria culturale. Qui si dimostra che i termini attuali della crisi dei modi di produzione della comunicazione e dunque dei dispositivi censori si misurano sulla scomparsa, obsolescenza, frantumazione di rapporti e norme formali e non sull'assenza di significati. Si dimostra che proprio la nostalgia nella forma cinematografica classica (il grande cinema di genere hollywoodiano che come ricordava Aprà «faceva risplendere gli schermi») riscalda il nostro pensiero sino a fargli cogliere, nell'eccesso di una assenza senza alternativa o sostituzione, la sostanza effettiva della fase di passaggio da una cultura dello spettacolo ad una cultura dell'informazione. Nostalgia della censura, di una pratica censoria cioè capace di norme solide e definite, significa avere nostalgia dell'autorità delle tecniche di dominio necessarie all'espressione, della efficacia delle parole e dell'immagine, del piacere dell'evento. Significa essere conservatori e reazionari solo se la consapevolezza di un universo formale in dissoluzione e il desiderio della sua antica potenza vengono utilizzati come utopia di un ritorno, come invenzione nel futuro della Grande Forma del passato, come perpetuarsi di norme e tecniche destituite di ogni effettiva praticabilità. In altri e più semplici termini, proprio avendo vissuto sino in fondo il desiderio del cinema normativo, si può capire il flusso ininterrotto della comunicazione elettronica; ma solo pretendendo di far funzionare la televisione o la stampa di massa come il cinema o la letteratura si compie una operazione reazionaria. A questo punto quello che appare un progetto minimale e appartato, settoriale, tecnicistico, si rivela essere il piano più avanzato a disposizione, per rendere possibile l'innesto di qualsivoglia pratica innovativa. Fa bene Paolo Fabbri a invitarci sempre alla ricerca analitica dell'oggeuo del discorso per non perdersi sulle approssimazioni e sulle clamorose sviste delle vecchie strategie politiche, ideologiche, metodologiche. Desiderio di censura. In effetti sembra un paradosso inutile e dannoso. Ma vediamo di scioglierne meglio le implicazioni: desiderio di norme su cui potere esercitare l'insieme di manipolazioni che rendono forte il discorso; desiderio di una autorità da trasgredire nei vari modi, occulti o palesi, traslati o metaforici, con cui la trasgressione esercita il suo potere; desiderio di percorsi emotivi, passionali, con un alto indice di definizione in cui affondare i propri meccanismi di rimozione; desiderio di divieti e manipolazioni su cui eccitare la fantasia, scoprire immagini segrete, aprire fratture e determinare amputazioni; desiderio di una violenza coercitiva a cui rispondere con altrettanta violenza; desiderio di segreti e cifrari di cui scoprire la chiave di lettura; desiderio di codici ricchi di clausole, di tranelli, di interdizioni, di misteri con cui potere contrattare. Desiderio dunque di un terreno di scontro linguistico avanzato, tecnologicamente progredito: capace di significato. Ecco perché nostalgia delle forme conchiuse e definite: nostalgia del cinema come ultima occasione di spettacolo dotato di leggi con una loro coerenza. Ma, anche, ecco perché l'occhio deve necessariamente rivolgersi alla televisione, all'universo elettronico: qui il conflitto insito nelle pratiche della significazione, ha raggiunto il massimo livello tecnologico e il terreno dello scontro si è fatto sofisticato. Non più forme conchiuse, spettacoli, messa in scena coerente in termini spaziotemporali, ma un flusso continuo di informazioni, una «totalizzazione> del momento del consumo rispetto alla produzione. Di conseguenza in una società dell'informazione le strategie e le pratiche censorie hanno subito una modificazione radicale. S tiamo vivendo i tempi di trapasso da una cultura della produzione (privilegio dei «luoghi> e dei «soggetti» della produzione, privilegio della «forma» della merce, della sua «oggettualità») ad una cultura dei consumi (privilegio del ciclo nel suo complesso, delle forme frantumate della fruizione, del consumo come fattore determinante il significato dell'oggetto): in questo nuovo contesto il gioco di potere tra legalità e segreto, tra norma e trasgressione, tra tolleranza e censura, perde i sicuri riferimenti di cui poteva godere in una società dello spettacolo. Nel cinema o anche nel telefilm (come ultimo tentativo di sopravvivenza del cinema rispeuo alla TV) era ancora possibile scoprire le omologie linguistiche di uno scontro dualistico efromale, tipico, ripetiamo, di una cultura della produzione (lavoro contro capitale, classe operaia contro borghesia, campagna contro città, bene contro male e così via). ella televisione, nella manipolazione elettronica, i linguaggi dominanti nella società dello spettacolo si sono fatti strumenti intermedi, attrezzi necessari e pur tuttavia parziali, conoscenze settoriali o quanto meno preliminari; ma i modi del conflitto, della contrattazione, della «guerra» tra i significati, si sono fatti complessi sino ad una apparente «babele», ad una moltiplicazione e polverizzazione minuta tanto delle regole quanto della dinamica di sviluppo delle trasgressioni che sostengono tali regole. Questa «babele» è forse analizzabile e praticabile (se gli strumenti della ricerca sapranno stare :ii tempi rapidissimi dello sviluppo), ma è certo che nei modi in cui la censura è componente costitutiva dell'informazione elettronica, questa non trova più alcuna corrispondenza con il meccanismo manicheo di una cultura della produzione: nessun dualismo frontale ma uno «scambio» sempre più rapido di punti conflittuali, di soggetti che agiscono, di strategie alternative. Dire e non dire; lasciare dire e non lasciare dire; costringere a dire e a non dire: l'universo massmediologico ha moltiplicato e allo stesso tempo distrutto il patrimonio classico della censura, ma - ed è qui che dobbiamo ricominciare a pensare - ciò non toglie che il nesso tra rapporti di forza e informazione non continui a produrre innovazioni censorie efficaci, tecniche di potere fondate sull'occultamento o sulla coercizione linguistica, dispositivi di ricezione autoregolati, manipolazioni e così via. Resta probabilmente valida, ancora, la distinzione fondamentale- strategicamente e politicamente - tra apparecchiature censorie sofisticate, risultato di una scelta di potere socialmente maturata, e apparecchiature rozze, risultato di una scelta arretrata o «patologica». Nel nostro presente italiano questi due poli si intrecciano e confondono portando con sé, nella stessa ambiguità, le «politiche> e le «teorie» di quanti si assumono il ruolo di controparte nel rapporto tra chi infprma e chi è informato. L'AVVENTURAUMANA VITA E MORTE DELLA MEDICINA L'Ònline cannibale di Jac:ques Attali. Uno de;°libri piu letti e discussi in Europanell' ultimo anno. Lire 10.000 Nella stessa collana Cannibali e Re. :Le origini delle culture di M. Harrls. (3' ed.) Lire 8.000 / Le clttl del padri. Re, pastori, ladri e prostitute nelle dvlltà preindustriali di G. Sjoberg. Lire8.500 CRONACA DI UNA TRIBÙ 11 monda degli 1nc1..1. 1 guayald c:ecciatori r-..mac1i del Paraguay di Piene Clastres. L'affascinante racconto del lavoro •sul campo• di un antropologoche ha lasciato in eredità un'opera di crescente importan za. Con 21 ili. e 23 disegni di .,.__.._ Chavy. Lire 10.000 SETTE UTOPIE AMERICANE L'architetturdael socialismocomunitario 1970/1975 di DoloresHayden. Il rapporto Ira ideologia e architettura. progetto so ciale e progetto fisico, in sette comunità utopistiche americane nel corso -di due secoli. in appendice uno scritto di Gianni Baget-Bozzo. Con oltre 245 ili. Lire 25.000 MESMER o la rivoluzioneterapeutica di Franklin Rausky. Avventuriero,ciarlatano. uomo do tata di poteri paranormali.maniacò o pre cursore della moderna psichiatria. antici patore di Freud. di Moreno o di Wìlhelm Reich?Soltanto ora la storia comincia a r6ndere giustizia alla singolare personali tà del medico tedesco. Lire 9.000 MARGARET C. JACOB I newtoniani e l1 rivoluzione lngl1689/1720. Il primo tentativo di vasto re spiro di stabilire una connessione orga nlca e documentate fra Idee scientifiche e ambiente politico e sociale In cui esse , si svilupparo_no~.Ire 12.000 LA VITA INTELLIGENTE NELL'UNIVERSO di J. $. $kovsldJ e Cari S■gan. Edizione Italiana accresciuta a cura di Ubero So ' sio. Siamo soli o esistono milioni,miliardi di altre civiltà all'interno dell'universo? Dallacollaborazionetra uno scienziato rus so e un astrofisico americano un libro appassionante su uno dei problemi più avvincenti della scienza moderna. Con 154 ili. e 18 tav. a colori. Lire 28.000 MEDICINA E POTERE COI.LANAFONDATA0AG.A MACCACARQ LA MEDICINA NELCAPITALISMO di Vi cente Navarro. 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Lire 6.500 L'IMPIEGO DEI FARMACI IN PSICHIATRIA di TrevorSilverstone e PaulTurner. Schi zolrenia. stati d"ansia, disurbi del sonno problemi sessuali. eccetera. Un manuale che copre tutto l"arcodell"impiegodei far maci in psichiatria nella loro azione, con iroindicazone e interazione con altri far maci. lire 11.000 TERAPIA PSICOANALITICADI GRUPPO Introduzionee cura di Stefan de Schill. Prefazione di DavidGerst. Un panorama completo dei diversi metodi di applica zionedella psicoterapiadi gruppo.Una gui da ormai classica per affrontare in una dimensione socialmente attiva il disturbo individuale.lire 18.000 Feltnreilli nov,ta e successi ,n hbrena
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