Alfabeta - anno III - n. 20 - gennaio 1981

:.. to si fa più netto e impersonale, la donna diviene esteriorità, esce da tale rapporto alienante, e accoglie in sé la voce della Natura repressa. La Strega colma un vuoto, funge da dimensione di recupero, di compensazione: una funzione che si estende lungo il secolo della lebbra ('300), dell'epilessia ('400), della sifilide ('500), prima che, col '600, Satana cessi di identificarsi con la Donna, diventandone nemico, e lei la sua vittima; sarà allora questa la stagione dei grandi processi di stregoneria. Infine, Michelet non vede nella Strega l'Altro assoluto, la Singolarità romantica del Poeta e del Mago: se il mondo rifiuta la Strega, è perché vi si riconosce, perché proietta in essa una parte di sé, indispensabile ma intollerabile: come lo sciamano (indica ancora Barthes), essa è la figura che permette alla società di vivere le proprie contraddizioni: esclusa dal mondo ma necessaria al mondo, volta ad una prassi continuamente rovesciata in un tragico paradosso. Come dimora di questa vicenda, bisogna figurarsi innanzitutto un radicale decentramento: il villaggio, la campagna; e qui, le condizioni di schiavitù e di malattia che alienano la libertà del contadino. La Legge, il Potere, la Chiesa soprattutto, impongono il sacrificio, reprimono, suggeriscono una sublimazione: «L'attesa e la speranza della morte» -come dice Michelet. Nel popolo, a partire da questa frustrazione di base, si genera l'idea dell'avvento di una figura che assolva a tutti i bisogni e a tutti i desideri repressi, che eserciti le «magistrature» naturali della collettività: la guarigione degli ammalati, la consolazione degli afflitti, il culto dei morti, l'organizzazione delle feste. Il vuoto causato dalla demissionaria repressione del Prete e del Signore coincide con l'avvento della figura della Strega. E questa rivolta, questo rovesciamento saranno operati da chi più cumula frustrazioni e repressioni: la Donna, in quanto polo passivo della storia. La donna diventa dunque strega: donna-medico, donna-consolatrice, donna-evocatrice di defunti, donna-comunicante, donna-dispensatrice dei doni. Senonché, per il suo stesso statuto di deviante, di deviazione clandestina e compensaroria, essa viene ad un tempo espulsa e integrata, assimilata e fagocitata. li suo statuto è la negatività, come dire che essa non acquisisce mai uno statuto eversivo positivo: essa diviene l'abitatrice della landa, degli spazi vuoti: vuota essa stessa, compensatrice di un vuoto, il suo spazio è la notte. La sua verità è una verità rovesciata, una verità che opera su di un rovescio, senza mai poter imporre la propria presenza affermativa. Per questo, l'esercizio delle sue funzioni è parodico, lavora su un capovolgimento parodistico delle istituzioni riconosciute: il sabba è una messa rovesciata, Satana occupa il posto della divinità, i sacramen(i da lei officiati sono quelli stessi della Chiesa: battesimo, sacerdozio, matrimonio. A questo punto, si dovrebbe anche proporre-come fa Barthes-una scomposizione strutturale di questa figura e di questa funzione, e distinguere tre grandi sradi o stari della Strega: uno latente (quando la moglie del servo si fa ~pazio accogliente ai richiami del «petit démon du foyer» ), uno trionfante (quando la strega si fa sacerdotessa e, avendo stretto il «patto», opera sortilegi) e uno decadente (quando la strega è integrata e si fa «professionista»). E poiché la Strega è una funzione ma anche una persona, ai tre stadi della funzione si possono far corrispondere tre tipi di auributi: la fragilità, prima, la leggerezza, che fa la donna ricettiva e sensibile alle impercettibili voci del focolare; il trionfo del corpo, poi, il suo dono pieno, l'esuberante espansività; infine, la gracilità, la malizia sottile e insinuante. Inoltre, le sono proprie differenti dimore: il focolare, luogo dell'intimità passiva; la landa o la foresta, quasi a suggerire che il represso si libera negli spazi più selvaggi che siano; l'interno ambiguo, poi, uno spazio subdolo e soffocato. Da ultimo-e sembra essere proprio qui il centro segreto del libro di MicheJet - la funzione si concretizza in tutta un'erotica speciale, propria alla donna ma in quanto essa è Natura, cioè irrazionalità progressiva: «La natura le ha fatte streghe. È il genio della donna, e il suo temperamento. Nasce fata. li ritorno regolare dell'esaltazione la fa sibilla. L'amore la fa maga. La sua intuizione, la sua malizia la fanno strega ... In certi giorni è veggente, rapita dal sogno e dal desiderio ... Al principio, la donna è tutto». Ma, detto questo. non è forse superfluo sottolineare anche le carenze e i limiti (ancora, appunto, una vicenda di limiti ... ;) della ricostruzione pre-etnologica di Michelet, fondata su una serie di sostituzioni in base alle quali la Sorcière è trasmutata senz'altro in Bonne dame, in Belle dame (laddove, invece, sarebbe stato opportuno porre l'accento sull'ambiguità delpharmakon di cui la strega si fa .dispensiera, vale a dire la belladonne), il Male diventa Bene, e viceversa. Forse il problema della magia, della stregoneria va posto, come ha fatto Georgcs Bataille, e proprio a proposito di questo testo, annullando l'opposizione reversibile Bene/Male, e articolando le asimmetriche categorie del Sacrificio e del Maleficio (entro cui andrebbe iscritta l'esperienza magica). Secondo Bataille, il Sacrificio è all'origine di un legame sociale, fonda un'istituzione mediante un'effusione, cioè una comunicazione: ma il Sacrificio - rispondendo ad un primordiale desiderio di esorcizzare l'ombra della morte, di allontanare il funebre, di cancellare le tracce, i segni, i simboli della sparizione e della perdita- si configura come funzione conservatrice, come mantenimento della vita, delle opere, ·lcll"ordinc. sia pure attraverso un momentaneo disordine; il Maleficio, invece, all'interno di una struttura rituale, è il rito che tende ad annullare il rito, esprimeun'infinitanostalgiadella lacerazione e della contaminazione, di un culmine del possibile, si pone come trasgressione dei limiti, eccesso, esplosione, orrore: mira ad accrescere l'intensità dell'esperienza, mentre,il sacrificio tende ad instaurare una durata conservativa. Oppure, infine, la problematica della magia va inserita, in prospettiva di antropologia psicanalitica, in quella, più ampia, dei rapporti intercorrenti tra nevrosi (o psicosi) e cultura. li che è stato fatto egregiamente, a più riprese, da Geza Roheim. Come è noto, egli ha istituito un parallelo tra i fatti di cultura e la nevrosi, in quanto la civiltà si pone come una serie coerente di «sistemi di difesa contro l'angoscia». Al- .traverso le frustrazioni materne, la libido tende a bipolarizzarsi in un'antitesi fra «aggrapparsi» e «cercare» -, cioè in una tendenza regressiva verso la madre e in una tendenza opposta tesa a reperire nuovi sostituti della madre. La civiltà è un prodotto di Eros, ma avendo imparato ad accettare oggetti sostitutivi, l'Eros non rimane che parzialmente soddisfatto; senza abbandonare il desiderio di riconquistare l'oggetto originario, esso è sempre alla ricerca.di nuovi sostituti. È nel corso di questa ricerca inesausta che si formano le istituzioni, la famiglia, la tribù, la nazione, e gli oggetti culturali specifici. Così, più comprensivamente, si potrà affermare che la civiltà - la cultura - «è un'immensa rete di tentativi più o meno riusciti per proteggere il genere umano dal pericolo della perdita oggettuale, di sforzi colossali compiuti da un bambino che ha paura di essere lasciato solo al buio». O ra, all'interno di queste equivalenze, qual è la posizione della magia? «Le forme originali della magia - dice Roheim - hanno le stesse radici della fantasia schizofrenica», pur senza essere identiche. Infatti, la magia può essere considerata come un atteggiamento controfobico, il passaggio dalla passività all'attività, mentre la schizofrenia resta un sostituto, un simulacro dell'azione. Ma anche la magia va considerata nell'ambito di una relazione oggettuale e dei suoi sostituti: perché, se esiste presso i cosiddetti popoli primitivi una magia d'amore, di guerra, del fare canoe, una magia cioè che è seguita dal compor- . tamento pratico, c'è anche una magia in cui all'incantesimo non si può far seguire l'azione. Ciò significa che la magia è radicata anch'essa nella situazione simbolica madre-figlio, poiché il reale ambientale indica in primo luogo la Madre: la madre fronteggiata con il desiderio e con le manifestazioni del desiderio, ma anche la madre come momento di frattura fra desiderio e gratificazione, ossia come frustrazione. Ma più precisamente, per Roheim la pratica del magico si configura come rivolta e liberazione dal Super-lo, identificandosi con la parte inconscia dell'Io, con un 'articolazione bifase della libido (investimento dall'oggetto al soggetto, e proiezione verso l'oggetto). Poiché l'uomo è un animale dall'infanzia protratta, poiché la magia trae origine da un'originaria situazione duale-unitaria (o unità duale) e poiché l'angoscia fondamentale è angoscia di separazione, il comportamento magico è fra quelli che più radicalmente - e disperatamente - mirano ad una riunione con l'oggetto. Tra l'appagamento del desiderio (a) e l'adattamento al principio di realtà (b), si può postulare l'esistenza di un principio magico (c) in base al quale il mondo esterno è affrontato come se potesse essere governato dal puro desiderio. Immesso nel tessuto della civiltà occidentale, questo spazio di articolazione del magico si configura allora come scandalosa alterità, come emergenza di un «pensiero selvaggio» all'interno di un «pensiero razionale», come un «lapsus del sistema» (N. O. Brown): uno di quei lapsus, di quelle pietre d'inciampo, di quelle falle per cui, attraverso la superficie intaccata del principiodi realtà, si penetra den-. tro la verità: la quale è sempre espulsa (all'esterno) e repressa (all'interno), ingenerando e producendosi in uno stato di perenne scissione, a quel modo che l'Io - come folgorantemente afferma M. Klein - «è incapace di dividersi dall'oggetto senza che al suo interno abbia luogo una lacerazione corrispondente». TESTIE DOCUMENTIDELLAFENICE ANDREA CAPPELLANO DE AMORE P"8ÌMXXXYl-380, /ir, 3].()()(J IL CODICEDELL'AMORCORTESE GUANDA a cura di Sergio Rufini L. 5.000 QeorgNDuby MATRIMONIO M■Dll!VALI! Introduzione di Ida Magli L. 6.000 C_,. Schmltt Tl!ORIA Dl!L PARTIGIANO L. 6.000 Luigi Dallaplccola PAROL■ I! MUSICA a cura di Fiamma Nicolodi L. 25.000 UNIVERSALAE fUMflTI Ilpptere mfc1eare Ristampe Claucle Lévl• Strauu IL CRUDO I! 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