Alfabeta - anno III - n. 20 - gennaio 1981

sky, Dello spirituale nell'arte). Nell'uomo «spirituale» annunciato da Kandinsky le sensazioni materiali «arrivano immediatamente all'anima e fanno vibrare per simpatia le vie corrispondenti che dall'anima vanno ad altri organi materiali». Così un colore, attraverso la profonda vibrazione psichica o «suono interiore» che converte le energie una nell'altra, può suscitare corrispondenti sensazioni tattili, olfattive, acustiche, motorie e viceversa, reciprocamente, in una interferenza di tutti i sensi, sinestetica in senso primo. Ed anche, sinestetica nel senso secondo, in una interferenza di tutte le arti. Le quali arti, nell'astrazione, non più legate al principium individuationisdella realtà «esteriore», liberamente inseguono le corrispondenze segrete che soggiacciono alle rigide scansioni del reale. Liberi dagli impacci della rappresentazione naturalistica i colori, pure vibrazioni luminose, possono mimare in libertà contrappunti e fraseggi delle sorelle vibrazioni sonore. Oppure la parola non più costretta a rappresentare oggetti «esteriori», cioè a significare significati, può giocare con le sue «interiori» risonanze sonore, realizzando quella parola tutto suono dell'origine di cui già schopenauerianamente scriveva Nietzsche e dove, nel «tono» più che nell'articolazione l'energia della «volontà> (Wille) direttamente si esprime senza la mediazione rallentante e greve della «rappresentazione» e dei significati. Si vagheggia cosi un'interferenza dei diversi processi di astrazione, e intorno a Kandinsky si riuniscono artisti operanti in diversi ambiti, pittori, musicisti ecc., il famoso Cavaliere Azzurro. Quale sogno dell'interazione e reciproco potenziamento delle arti il sogno sinestetico tende come suo campo naturale di sperimentazione alla scena. E come tale la scena è teorizzata da Kandinsky. Ma è un teatro antiteatrale questo, antispettacolare, senza i fasti di quello wagneriano, dove si consuma per pochi una comunicazione rituale profonda. Nascono le sintesi sceniche delle arti, sinestesie sceniche, tanto ricche di sensi quanto povere o prive di parole mentali (la parola, se c'è ,vale per quel che è fisicamente, per il suo corpo immediato più che per il suo rimando semantico). Quelle di Kandinsky (Il suono giallo e altre), sintesi astratte di colore, forme, corpi in movimento, voce e musica, fatti interagire secondo le corrispondenze simboliche suonocolore indagate nello Spiriturale nell'arte; o quelle dei cavalieri azzurri musicisti, la famosa Mano felice di Angelo Lumelli Trattatello incostante pp. 96 - Voi. n. l Gianni D'Elia on per chi va pp. 128 - Voi. n. 2 Giuseppe Guglielmi Ipsometrie pp. 112 - Voi. n. 3 Luigi Di Ruscio Istruzioni per l'uso della repressione pp. 128 - Voi. n. 4 Roma, Savelli Editori, 1980 Ciascun volume lire 3.000 e on «Poesia e realtà>, la nuova collana-<litesti curata per Savellida Giancarlo Majorino e Roberto Roversi, siamo già a quattro titoli: Trattatello incostante di Angelo Lumelli, Non per chi va di Gianni D'Elia, Ipsometri.e di Giuseppe Guglielmi e Istruzi.oniper l'uso della repressi.one di Luigi Di Ruscio. Sono libretti contenuti, di aspetto modesto ma decoroso e con una copertina fortemente «strillata». Secondo le indicazioni programmatiche ivi fornite la cadenza Schonberg, che, assai legato qui alle teorie di Kandinsky, intendeva «far musica con i mezzi della scena», una musica cioè non soltanto - per l'orecchio -di suoni, ma anche - per l'occhio - di forme e colori; o il Prometeo di Skrjabin. dove suoni e luci colorate interferivano secondo tavole di corrispondenze precise, ispirandosi alla sintesi di musica, gesto, luci, profumi dei riti religiosi. li teatro da par suo, che già da tempo mordeva il freno contro la tirannia della parola, ansioso di riacquistare dimensioni sensoriali perdute, ben volentieri si appropria di questa scenica sinestesia. Come nella rilevantissima Sturm-Biihne espressionista, dove a detta del suo artefice, l'assai kandinskyano Schreyer, in una ritualità così segreta che non ne è rimasto purtroppo quasi nulla, «La risonanza della parola liberava forme e colori. li movimento colorava la forma e plasmava il colore, il suono muoveva la forma colorata, la forma colorata risuonava», o sulla scena altrettanto magica di Schlemmer al primo Bauhaus (nella cosmogonia astratta del Balletto Triadico soprattutto), o in certe serate del Cabaret Voltaire, dove Hugo Bali che, legato a Kandinsky, aveva fatto teatro a Monaco proprio ai tempi del Cavaliere Azzurro, portava il sogno sinestetico fino in terreno dadaista. La sinestesia dell'avanguardia però, cosi come appare dagli scritti raccolti nell'almanacco Il Cavaliere Azzurro del 1912, soprattutto dallo scritto di Kandinsky Sulla composizione scenica, non ha nulla a che fare con quella wagneriana, monumentale accumulazione sommativa di linguaggi artistici, accostati secondo corrispondenze puramente «esteriori» in un gesto supponente desideroso di ricreare un mondo d'arte compiuto nella sua sferica totalità. La sinestesia del Cavaliere Azzurro, linearissima ed essenziale, è un accostamento dei mezzi espressivi secondo corrispondenze kandiskyanamente «interiori», è una compenetrazione intima e profonda, nella quale i linguaggi si contaminano in reciproci e trasgressivi arricchimenti, e da cui ciascuno prende l'avvio per dilatarsi ed espandersi trasgredendo i propri limiti naturali ovvero tradizionali. Anzi in fondo era questo che interessava all'avanguardia diversamente che a Wagner. Più che raggiungere la supponente «totalità» (anche se di totalità transitoriamente si parlò), sperimentare le possibilità di rivolgimento estremo dei linguaggi a cui la sinestetica interazione poteva condurre. Per l'avanguardia la totalità è un pretesto. Non il macro ma il micro le interessa, gli interstizi vuoti o in ombra fra i pieni ben distinti delle identità artistiche, margini e limiti, confini e cerniere, per percorrere i quali conviensi forse per un istante riportare le solide e ben distinte identità al loro fluttuante punto di fusione. Tant'è che non si ferma al momento scenico. La scena, spazio dell'incontro e ibridazione dei mezzi espressivi, per il Cavaliere Azzurro è forse soprattutto uno spazio simbolico, e comunque mai momento conclusivo ma aperto piuttosto a spontanei e inarrestabili proseguimenti trasgressivi all'interno dei singoli linguaggi artistici. Da quell'alambicco alchemico-di commistioni sinestetiche che fu il Cavaliere Azzurro il morbo sinestetico si propagò infatti per un amplissimo raggio spaziotemporale, avviando nei singoli linguaggi processi di alterazione e contaminazione microcellulare profonde e difficilmente reversibili. Le irradiazioni, più prossime o più remote, vanno dal Farbenk/angbild - immagine dei suoni colorati - di Kandinsky, ricco poi di implicazioni per molta pittura astratta, alla speculare Klangfarbenmelodie - melodia di colori sonori, cioè di timbri - di Schonberg, estensibile ed estesa fino allearticolazioni timbriche di .Webern. (I nomi chiasmicamente scambiati ben rivelano imprestiti e scambi: c'è pure lo Sprechgesang - canto parlato - nelle opere, musicali, di Schonberg e un Klangspreche11 - parlare per suoni - nel teatro, di prosa, di Schreyer). O fino all'alterazione ultima della lingua nella poesia sonora di Hugo Bali, che si ha quando una ventata di irriverenza dadaista porta all'estremo la protesta di Bali contro la parola «inaridita e resa inservibile dal giornalismo» e il suo tutto kandiskyano desiderio di parole sacre, fatte di puro «suono interiore». E fin qui la storia sembra chiara. Ma invece tanto chiara non è. Perché si dà il fatto che le sinestesie si accavallino nell'avanguardia, proliferino e si moltiplichino, e, viste in tutto quanto il complesso, la loro fisionomia e la loro storia siano assai più incerte. Ecco infatti che solo un anno dopo l'indagine su suono e colore dello Spirituale nell'arte esce il manifesto futurista di Carrà La piuura dei suoni, rumori e odori, dove in modo assai simile si dice di corrispondenze fra suoni-linee-forme-colori e di pittura totale che «esige la cooperazione attiva di tutti i sensi». Solo che qui, di bel bello, la mitica unità originaria del sensorio, la sinestesia, fa la sua ricomparsa inglobata nella vocazione sintetica e simultaneista del futurismo, in quelle che Marinetti chiamava le «compenetrazioni simultanee della vita moderna», ove tutto converge e si allaccia sì, ma non per una totale connessione magica o divina, bensì per una totale connessione di aerei e telegrafi, e dove l'energia che tutto supporta e unisce non è più quella alchemica-animistica dello «spirito», ma semmai l'energia elettrica. Nel manifesto di Carrà è per «amore della vita moderna essenzialmente dinamica e rumorosa» che bisogna portare nella statica pittura l'elemento dinamico del «suono». Se anche qui il colore in certo qual modo kandinskyanamente «risuona», non rimanda però a una vibrazione, energia, «suono interiore», animistico supporto della materia, bensl al mondo «esteriore», sonoro e rumoroso, della vita moderna. Si direbbe che il profondo sommovimento o «suono» interiore, opposto all'esteriorità, di Kandinsky, ovvero il suono espressione diretta della «volontà» di Schopenhauer e di Nietzsche, siano ribaltati qui all'esterno e ricompaiano come movimento o rumore della tecnica, secondo quella conversione in dynamis moderna della volontà-vibrazione vitalistica, tanto tipica del futurismo. Così ambedue le sinestesie combattono la riduzione mentale, astratta e statica, della parola gutenberghiana. Ma se quella combatteva la parola perché strumento prediletto della comunicazione di massa, dalla quale si ritraeva segreta e eversiva, questa, che viceversa i mass-media favoreggia, combatte la parola perché strumento di una comunicazione di massa «passatista» («li libro, mezzo assolutamente passatista di conservare e comunicare Poesiee realtà d'uscita dovrebbe essere di sei volumi all'anno. Non pochi, se rapportati a quanto fanno gli altri editori per i poeti italiani, soprattutto per i meno accreditati, gli irregolari, diciamo pure i marginali. Si tratti di puro debito informativo o di semplice costume culturale, davanti a una operazione editoriale nuova in genere la criticanon si lasciasfuggire l'occasione di parlarne. In effetti, diversi giornali, quotidiani e riviste, soprattutto di sinistra, quando i due curatori annunciarono l'imminenza della collana, se ne occuparono con interesse e tempestività. Ma una volta usciti i primi volumi, ben poche le recensioni, scarse le schede informative, minime persino le note collettive. E quelle in qualche caso prodotte hanno continuato, prevalentemente, a trovare Ang lo Maugeri spazio in giornali ad alta valenza ideologica (di sinistra) ma a bassa tiratura e limitata diffusione (anche se ogni copia venduta, come si suppone, almeno due sono i compagni che la leggono). Come mai? L'uso univoco, fortemente direzionato che ne è stato fatto, trova qualche spiegazione nel tipo di poesia pubblicato o è piuttosto il marchiodi fabbrica, per cosi dire, il responsabile di una circolazione che si deve considerare limitata soltanto rispetto ai canali tradizionali di diffusione ~tica (schede, note, recensioni) mentre non lo è affatto rispetto ai nuovi incontri, dibattiti, presentazioni, letture pubbliche, ecc.? Oltretutto, con un momentaneo spostamento dei termini, si potrebbe vedere in che direzione opera la canalizzazione alternativa e la capacità di assorbimento del mercato di certe case editrici come la Savelli: cioè a quale tipo di lettore ci si rivolge e quale pubblico in effetti risponde (se molto giovanile, se molto ideologizzato, se molto reattivo ....). Questo discorso però non è esclusivo. Anche per le collane di poesia degli altri editori succede più o meno la stessa cosa;sostenutotrafficodi ideeall'inizio, abbandono progressivo dell'oggetto dopo la sua apparizione. Solo che i canali di diffusione critica sono più collaudati ed è più facile un discorso di routine. Per il resto la realtà è quella che è. Viviamo in una società a grande potenziale comunicativo, che riesce ad alimentarsi, a tutti i livelli, ingoiando, trasformando, ed eliminando (cioè cancellando: è una condizione messa il pensiero», oppure «li libro, statico compagno dei sedentari» si legge nel manifesto La cinematografia futurista del 1916) a fronte dei «futuri», virtuali allora, mass-media come radio e cinema, chiassosamente anticipando l'avvento della comunicazione di massa non più essenzialmente tipografica come in quei lontani albori, ma orale, sonora, cinetica e visiva, cioè sinestetica, di oggi (sull'attacco al libro dei futuristi belle le pagine di U. Artioli in Lascenaeladynamis, Bologna 1975). Con il rovesciamento dell'«interiore» nell'«esteriore» e l'ass_unzionetotale della tecnica e dei mass-media, la sinestesia assume un tono nuovo, non più sacrale e ieratico ma buffonesco e pagliaccesco: cambiamento di tono ovvio se si pensa che quel che muove l'interesse sinestetico, nei futuristi, piuttosto che la mitica ricchezza originaria del sensorio sono le luminarie e il baccano delle metropoli e che l'ispirazione non viene questa volta dal rito e dal sacro, ma semmai dal Teatro di Varietà (manifesto di Marinetti del l9 l 3). C'è perfino una brillante e spassosa sintesi teatrale futurista, I pervertiti di M. Carli, che ha per argomento tutti quanti i motivi della sinestesia d'avanguardia, trasgressione e perversione compresa, ripresi però in chiave sottilmente comico-parodistica. Anticipazione e metafora della sinestesia parodisticamente riprodotta dai massmedia e della totale simulazione sinestetica di oggi? Sembra dunque che nell'avanguardia la sinestesia sia,ripresa in un gioco di specchi senza fine e si rifletta in un vortice di rifrazioni anamorfiche. Va a sapere poi se è la sinestesia esteriore dei futuristi un arrovesciamento all'esterno dell'antica sinestesia interiore o se è quella di Kandinsky un'interiorizzazione e spiritualizzazione dell'emergente realtà esteriore dei media sinestetici. In questo gioco di specchi e di illusioni ottiche sapere che cosa sia il rifratto e che cosa il rifrangente è una faccenda assai seria e fors'anche inutile o vana. La cosa è ingarbugliata. Se è vero però, come si dice, che col «senno di poi» oltre che riempire le fosse si capisce magari qualcosa di più, varrebbe quasi la pena a questo punto di andare a interrogare il «poi» di Kandinsky e di Marinetti, l'avvenuto di cui ciascuno a suo modo annunciava l'avvento, che presenta oltre a tutto l'indubitabile vantaggio di coincidere suppergiù con il nostro, pur dissennato, adesso. Ci provo magari una prossima volta. in conto) una quantità iperbolica di informazioni. Eppure ... È molto difficile farsi inserire, sia pure con un messaggio-lampo, nel circuito dei grandi mezzi di comunicazione di massa, soprattutto in quelli che contano a livello nazionale, che fanno opinione o si ritiene la facciano. C'è una quantità enorme di saggi, articoli, testi di poesia, dichiarazioni di poetica, manifesti e affini che non trovano spazio - letteralmente - né sul tavolo del critico né tantomeno· negli scaffali delle librerie. Figuriamoci nella borsa del lettore ... Per questi volumi di Savelli, che sarebbero potuti uscire con qualsiasi altra casa editrice, si è prodotta una specie di chiusura critica, ~ una sorta di perplessità che può essere i.t, interpretata o come sintomo di una / rimozioneideologicao come rifiutodi 1 .,, una connotazione specifica. Nell'un 1 ~ caso e nell'altro si è trattato di silenzio. ! Permane ancora la convinzione che tra casa editrice e mezzi di comunicazione di massa debba esserci una specie di patto non scritto, di convenzione acquisita agli atti di una reciproca collaborazione economica. Ma siamo ancora all'alleanza tra idiversi apparati dell'industria culturale, omologa all'alleanza di classe, oppure in questi

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