Alfabeta - anno III - n. 20 - gennaio 1981

musica; come operare il divenire, di- ~- venir clandestino, impercettibile, segreto; come scongiurare i quattro pericoli, il potere, la chiarezza, la paura e il disgusto; come ristabilire, dietro le ricomposizioni della coscienza e della ragione, le concatenazioni passionali, il piano degli affetti; come infine svincolare dalla cattura dello Stato, della repubblica dei dotti, delle scienze imperiali, del soggetto, dell'interpretazione e del significato, la macchina astratta con le sue sintesi di reale e la macchina da guerra con le sue velocità nomadiche. La sperimentazione è tutto questo, e altro ancora: ci sarà sempre un nuovo plateau per una nuova sperimentazione. Ma pensare è, comunque, insieme, viaggio, cosmogonia, cartografia e sperimentazione: niente a che fare con le migrazioni, le rappresentazioni, le genealogie e le normative, regime dei discorsi nello spazio imperiale e striato della cultura. Non vorrei aver l'aria, qui, di riassumere questo libro. Ne suggerisco solo alcuni vettori possibili, accanto ad altri, con le linee di un programma minimo: chi mai ha potuto raccontare un viaggio intensivo, chi può riprodurre una cartografia che coincide coi suoi territori, chi può descrivere una cosmogonia nel suo divenire? E, quanto alla sperimentazione, ne abbiamo abbastanza di consigli e ingiunzioni. Si tratterà, allora, semplicemente, di seguire i flussi, nell'immanenza delle loro connessioni e nelle singolarità delle loro produzioni. Con questa necessaria avvertenza: l'Anriedipo era il montaggio della macchina, con le sue sintesi, distribuzioni, congiunzioni oppositive: i paranoici e gli schizofrenici, i piani di trascendenza e i piani di immanenza, le linee di fuga e le riterritorializzazioni. Si era creduto di scorgere, nella trama di queste opposizioni, il profilo di una morale, per quanto inedita, sul corpo celibe della /oque autistica dello schizofrenico. Mille Plateaux, ove la macchina inventa le sue applicazioni, è allora, rispetto all'A/1/iedipo, il libro delle cautele: ci saranno sempre solidificazioni edipiche nel bulbo rizomatico; le lingue minori non sono, fatalmente, quelle regionali; l'organismo, e i suoi strati, devono essere disfatti prudentemente, per evitare le proliferazioni cancerose, i corpi senza organi totalitari e fascisti, l'indifferenziato; né si tratta di «tornare» a qualcosa, alle società primitive, per esempio, e di fare il negro o l'indiano; e il nc,madc non è, fatalmente, il rivoluzionario. C'è già tutto uno Stato, una soglia di Stato, e di città, nel nomadismo di Gengis Khan e di Tamerlano. Vi è infine tutta una mixité, tutto un lavoro del piano di consistenza sul piano d'organizzazione e di questo su quello. tutta una coesistenza di segmentarietà dure e molari e di segmentarietà duttili e molecolari, tutta una microfisica fascista a destra e a sinistra. Quanto alle concatenazioni (agencements ), esse devono essere sobrie, elementari, essenziali, le concatenazioni dell'artigiano cosmico e non quelle delle meccaniche infantili. Per questo Mille Plateaux è il libro più radicalmente antidualistico, il più lontano da ogni morale. Il dualismo è il limite costitutivo o asintotico dell'ontologia. con le sue negatività e positività estrinseche. coi suoi piani d'interiorità e di esteriorità. e con sempre, sullo sfondo, una morale. Qui non c'è, di reale, che il piano di consistenza, ciò che le macchine astratte, col loro engineering molecolare. congiungono e connettono. sia nel senso della destratificazione (sempre una macchina da guerra minaccia lo Stato militare) sia nel senso della cattura (sempre lo Stasto e le organizzazioni molari cercheranno di annettere, facendone una macchina suicida o di distruzione, la macchina da guerra). Fine dei dualismi, dunque e soprattutto di quello tra cui le società europee non hanno cessato di oscillare, il meccanicismo e il vitalismo. l'organicismo e il volantarismo, l'interno e l'esterno, con tutte le loro derivate politiche. E fine, altresì, dei positivismi vecchi e nuovi, con le loro evoluzioni. genealogie. transizioni. teleologie: l'ancien régime della storia. Il divenire non ha storia. Accanto a questi vettori di attraversamento. con le loro cautele. vorrei suggerire quattro usi (accanto, ancora una volta. ai molti altri possibili) e quattro funzioni eterogenei della macchina da guerra. 1) li pensiero guerriero. Tre «ideologie» hanno plasmato. secondo Dumezil. lesocietà indoeuropee: quella dei sacerdoti. quella degli agricoltori e quella dei guerrieri. Queste tre ideologie non hanno certamente, checché ne pensino gli storici, stratificato le classi sociali di queste società. ma hanno prodotto. come arcaismi. almeno due sistemi di pensiero: quello sacerdotale della Rappresentazione. dei Segni. dei grandi Significati. della riLawrence ferlinghetti The Secret MeaninS:;. ofThings duzione all'Uno. della Totalità. e dell'Interpretazione: pensiero di dominio di un reale già dato. di un reale scaduto. Quanto agli agricoltori, ai sedentari, essi hanno inventato le città. gli Stati. gli scambi, i contratti e il lavoro, e con questo tutte le scienze imperiali, con le loro legalità sovrane: legalità giuridica del reale, pensiero dell'ordine e della causa, con tutti i saperi delle scienze fisiche e sociali. Questi due sistemi della rappresentazione e della legalità non hanno cessato di attraversare le società europee. rimuovendo, occultando, annettendo il pensiero guerriero (lo Stato e l'arte militare). Ora, per la prima volta, riappare il nomade, la macchina da guerra come apriori concreto cli tutte le positività, contro i saperi riduttivi ciel sacerdote e quelli legalistici del sedentario, nelle loro vecchie e nuove alleanze. Queste alleanze sono denunciate in Mille Plateaux e, nello stesso tempo, vi si mostra come sia possibile, nel reale e attraverso il reale, sul piano cli quella che gli autori chiamano una micropolitica e una nomadologia. disfarle: le connessioni rivoluzionarie della macchina da guerra (che non fa la guerra ma produce il reale) contro le congiunzioni dell'assiomatica capitalistica (che ricompone il reale per fare la guerra). 2) L'economia della rarità. L'economia politica non è una disciplina, un sapere, nato nel XVIII secolo contro lo Stato di polizia e il mercantilismo: è il nostro modo stesso di pensare, il nostro modo di essere-al-mondo. È nel regime della rarità che si sono costituiti i desideri e i bisogni. che è emerso il valore. che si sono elaborate le pratiche politiche (sempre i pochi rappresenteranno i molti). che si sono installate le meccaniche di potere (che è merce rara e costosa). Tutte le nostre condotte, e le nostre morali, sono state tramate dalla rarità: morali e condotte di risparmio. di frugalità. di parsimonia. Sempre la crisi. nient'altro che la crisi. E la stessa razionalità non si è costituita, come pensava Freud, sul diniego delle pulsioni, bensì, più efficacemente, su questa economicistica del raro, sulla pretesa fatalità naturale della mancanza, sulla logica della privazione. Ci hanno costruito, su questo, un'economia politica del soggetto, con la legge negativa della mancanza, la regola estrinseca del piacere, l'idealità trascendente del fantasma. Ci hanno fabbricato, su questo, una sensibilità, una morale, una politica: frugalità dei sedentari e avarizia dei sacerdoti. E lo stesso pensiero dell'abbondanza e dello sperpero non è, di questa economia del raro, se non l'inevitabile complemento e il necessario risvolto, con le fatali controcondotte della trasgressione. Ora, di questa economia politica, di questa logica della rarità, la macchina da guerra, il pensiero e le concatenazioni macchiniche, mi sembrano essere per ora la sola, radicale, alternativa. 3) li paradosso della verità. C'è un altro dilemma cui siamo oggi affrontati e che mi pare esclusivo e costitutivamente insolubile. O condurre analisi sottili e microfisiche, dalla parte delle tecnologie e dei dispositivi, dei saperi e dei poteri, delle governatività, perdendo inevitabilmente di vista il reale, il reale della guerra, delle lotte e dei conflitti. O accampare il reale di queste guerre, lotte e conflitti. perdendo la possibilità di tutte le analisi fini dei meccanismi di potere e di ·governo. (Linea francese e linea italiana). Ora la macchina da guerra sembra restituirci il reale sia nella sua belligeranza radicale sia nella molteplicità molecolare delle sue determinazioni concrete. 4) L'indecidibile. Intorno allo Stato si sono annodate. una volta per sempre. la politica e la scienza, la politicità e la scientificità, con i tre regimi caratteristici della verità: l'induzione giuridica e scientifica, la coestensività tra legge fisica. naturale e giuridica, la continuità tra norma sociale e norma scientifica. Sono stati i tre regimi generali della polizia. della politica e della politesse. Intorno a questi regmu s1 sono cristallizzate le tre figure canoniche dell'intellettuale: l'intellettuale detective, che scopre e rivela i segreti dell'anima. del corpo e della natura; l'intellettuale pedagogo e precettore, che impone e assegna regole, metodi e leggi; l'intellettuale normativo, infine, che modula le regolarità dei grandi insiemi. Ora queste tre figure, produttrici di razionalità su piani diversi, non sono incompatibili con quelle degli intellettuali detti organici o critici: c'è sempre un po' di polizia, un po' di legalità, un po' di normativa anche in queste controfigure. È sempre una questione di razionalità. E non a caso il marxismo e la psicanalisi hanno continuato a sedurci. C'era infatti in essi spazio per le tre figure positive, simultaneamente, con nello stesso tempo. - e questo era l'effetto più perversodellaseduzioneil loro rovesciamento più o meno illusorio (tutto questo potrebbe facilmente essere dimostrato). Ora queste tre figure. con le loro controfigure, vanno accuratamente (sempre per via delle riproduzioni microfasciste) destratificate. Così. al posto dei segreti, che sono sempre, in ultima istanza, segreti di Stato. si comincerà ad essere sensibili al reale. là dove è enigmatico e indecidibile; al posto delle pedagogie, si potranno produrre saperi ininsegnabili; dietro le norme, infine, si libererà il nomos. con tutte le sue molteplicità e singolarità diffuse. Allora non avremo più avvenire, forse. ma saremo nel divenire e nella guerra: non il divenire di Spengler né la guerra dei militari, ma la macchina da guerra appunto, che ben poco ha a che fare con queste due catture e caricature. Diventeremo artigiani cosmici, metallurgisti, meccanici, monteremo la macchina pezzo a pezzo. sia con l'analisi che con la sperimentazione, e ne seguiremo i flussi. on produrremo più segni. leggi e norme, non scopriremo più segreti. non legifereremo più sovranamente. non faremo più cultura. Ciò che ci qualificherà non sarà più né la verità né i suoi regimi, né la razionalità vecchia e nuova, ma unosrile. semplicemente uno stile. lo stile di un pensiero. E non resterà. come riparo, che la tenda azzurra dei nomadi, la tenda azzurra che non è altro, come è stato detto. che il cielo «da cui aspettano tutto, e che è veramente il loro solo riparo». Elettrichseinestesie - O() °' Wassily Kandinsky Tutti gli scritti Milano, Feltrinelli, 1976- 79 (I edizione 1973-74) pp. 740, lire 50.000 (2 voli.) Wassily Kandinsky e Franz Mare li cavaliere azzurro Bari, De -Donato, 1976 (I edizione 1967) pp. 335, lire 6.000 Marinetti e il futurismo a cura di L. De Maria Milano, Mondadori, 1973 pp. 482, lire 3.000 V edere la musica, udire i colori, dipingere parole, poesie sonore, musiche fonetiche, spazi tattili, poesie visive, musiche profumate ... Da qualche tempo muri e giornali, poetiche e programmi si animano di simili ed altre formule sinestetiche, evocatrici di misteriose connessioni e corrispondenze fra i diversi sensi e le diverse arti. Chi mai avrebbe pensato di aver tanti sensi e che questi per segretissime condotte, si rispondessero e attivassero gli uni gli altri come nell'infanzia o nell'allucinazione? Ma è una vecchia storia. Così vecchia che riandarla tutta non si può. Si può-cominciare forse da quando il filo di questa storia smette di snodarsi nella realtà per entrare nel sogno: da quando la dimensione sensoriale profonda e totale, l'immagine di un mondo primordiale iridescente di sensi come un arcobaleno riappare nel sogno moderno, romantico o simbolista, sotto forma di nostalgia, e memoria di cosa perduta. Memoria di un'antica certezza, quella che riposava nelle vecchie sapienze sacrali - astrologiche o neopi-. tagoriche, alchemiche o teosofiche, in Bohme ad esempio - di un segreto isomorfico rispondersi e corrispondersi fra le tante voci della natura come fra i tanti sensi dell'uomo. É quell'antica memoria che si affaccia al sogno dei moderni, al rimosso di un lo sempre più sensorialmente deprivato, astratto e diviso, unilateralmente «specializzato» oltre che nel modo di lavorare in quello di percepire e sentire. La sinestesia perduta riappare così nel sogno dell'Io occidentale, un sogno che sempre più si dilata quanto più si assottiglia lo spazio di quell'Io e della sua parola: riduzione ad un lo cartesiano, «cogitante» e tutto mente, e ad Claudia Mo111i una guterlberghiana parola che dopo l'oralità abbandona, stampandosi, anche l'ultima sponda della fisicità sensoria, la calligrafia, in una progressiva estrema astrazione e deprivazione sensoriale, pari solo alla parallela astrazione e riduzione al misurabile e quantitativo operata dalla scienza galileiana sull'irid;scente, qualitativa natura. Contro questa frammentazione e deperimento sempre si volge il sogno sinestetico, per riallacciare il sensorio frantumato e diviso e per riattivare ricchezze e intensità sensuose-immaginose, «estetiche» cioè nell'accezione originaria. ella poesia novalisiana tutta suoni e colori, che sboccia dalla battaglia romantica contro la parola mentale veicolo della razionalità illuminista; nel baudelairiano rincorrersi e corrispondersi di suoni, profumi, colori (le famose Correspo11da11ces), ribelle all'esperienza depauperata della città e della massa; o in quel «verbo poetico accessibile, un giorno o l'altro, a tutti i sensi» di cui scriveva Rimbaud nelle sue coloratissime Voyelles. O ancora, in versione sospetta (questa volta non in gesto esoterico-eversivo, ma popolar-demagogico) nel Worrtondrama di Wagner, monumentalspettacolo musicopoetico volto proprio a quella massa dalla quale viceversa si scostavano, umbratili e segretamente trasgressive, le altre sinestesie. M a dove la sinestesia, nella sua versione esoterica-eversiva, si espande più libera e variopinta che mai è nell'avanguardia. Perché quell'Io cogitante a questo punto sembra proprio insalvabile, e per di più la sua parola, già depauperata e vuota, adesso è persin falsa, deformata com'è dall'informazione e dalla comunicazione di massa (in quei loro albori ormai lontani essenzialmente gutenberghiani, si pensi agli attacchi lanciati in queg!i anni contro la parola giornalistica dai grandi «viennesi» cn11c1 del linguaggio, Kraus e Musi!). Cosicché tutti sognano la sua sospensione, finalmente, nel silenzio o tutt'al più parole piene dell'origine, e il sogno sinestetico accorre di buon grado a riempire parole e ad animare silenzi di suoni, forme, colori. profumi o magici abracadabra. E poi nell'avanguardia la sinestesia ha dalla sua una grande alleata che le consente finalmente di sfrenarsi senza vincolo alcuno: l'astrazione. Tesa com'è a cogliere la sottile forza immateriale («interiore») prima del suo fossile sedimentarsi in limiti e forme concluse o del suo greve posarsi su oggetti e figure, l'alba dell'astrazione incontra spontaneamente anche quel punto sospeso nel quale le energie ancora sin-esteticameme si rispondono e corrispondono (prima di divaricarsi in ben separati sensi e ben separate arti) in una sintesi estetica nel senso primo e secondo del termine: sensoriale e artistica. Non è un caso allora che padre della sinestesia in terra d'avanguardia sia Kandinsky, padre, a quel che si dice, dell'atrazione stessa. E non è neppure un caso che il più profondamente calato nel fenomeno sinestetico sia il più mistico degli astratti, il Kandinsky teosofo e antroposofo che a Monaco agli inizi del secolo era punto di incrocio di molte antiche sapienze, slave e tedesche. occidentali e orientali. É nel punto di fusione dell'«anima» che animisticamente presiede alla materia, che le vibrazioni psichiche, supporto delle vibrazioni fisiche, si rispondono in «una sorta di eco o risonanza», come in quei «buoni violini che ad ogni contatto con l'archetto vibrano in tutte le loro parti» (Kandin-

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