Alfabeta - anno III - n. 20 - gennaio 1981

oO «La storia è certo molto importante. Ma se prendiamo una qualsiasi direzione di ricerca, vediamo che è storica per una parte del suo percorso, in certe zone, ma che è anche anti-storica, meta-storica ... In Mille Plateaux il 'divenire' ha assai più importaza della storia. Non è la stessa cosa. Noi cerchiamo per esempio di costruire un concetto di 'macchina di guerra': essa comporta innanzitutto un certo tipo di spazio, una dislocazione di uomini molto particolare, degli elementi tecnologici e affettivi (armi e gioielli ...). Una tale connessione è storica solo secondariamente, quando entra in rapporti molto variabili con degli 'apparati statali'. «Quanto agli apparecchi di Stato, noi li riportiamo a delle determinazioni come quelle di territorio, della terra e della deterritorializzazione: si ha un apparato di Stato quando dei territori non sono più sfruttati successivamente, ma sono l'oggetto di un confronto simultaneo (terra) e, di colpo, vengono presi in un movimento di deterritorializzazione. Questo costituisce una lunga sequenza storica. «Ma in tutt'altre situazioni, ritroviamo questo insieme di nozioni distribuite diversamente: per esempio i territori animali, il loro rapporto eventuale con un certo esterno che è come una terra, i movimenti di deterritorializzazione cosmica come nelle lunghe migrazioni. O come nel Lied: il territorio ma anche la terra o il Natale, e ancora l'ouverture, la partenza, il cosmico. In Mille Plateaux la parte sul ritornello mi sembra in questo senso complementare a quella sull'apparato statale, anche se non è lo stesso soggetto. Lo è nel senso che un altopiano comunica con un altro. «Altro esempio: noi cerchiamo di definire un regime di segni molto particolare che chiamiamo 'passionale'. È una successione di processi. Ora, questo regime lo si può trovare in certi processi storici (del tipo traversata del deserto), ma lo si trova anche, sotto altre condizioni, nei deliri studiati dalla psichiatria, nelle opere letterarie (Kafka, per esempio). Non si tratta assolutamente di unificare in uno stesso concetto, ma al contrario di riportare ogni concetto a delle variabili che ne determinino le mutazioni». La forma deflagrata di Mille Plateaux, la sua organizzazione acronologica ma datata, la multiplicità e la multivocità dei riferime111il,a messa in gioco di co11ce11piresi a prestito dai generi e dai campi teorici più vari e apparentemente eterocliti, 1u110ciò ha almeno un va111aggio,permei/e di arrivare come co11c/usio11eall'esistenza di 1111 ami-sistema. Mille Plateaux11011 fanno 11111a110111ag1m1a fanno nascere mille percorsi che, co111rariame11a1equelli di Heidegger, portano ovunque. Ami-sistema per eccellenza, patchwork, dissipazione assolwa: ecco Mille Plateaux. Ma mi viene il dubbio che forse le cose potrebbero stare diversamente. lnna11zitu110perché Mille Plateaux, come lei stesso ha dichiarato al' Are (n. 49, nuova edizione 1980) appartiene al solo generefilosofico, «allafilosofia nel senso tradizionale della parola»; e poi perché, malgrado il suo tipo di esposizione, sicuramente non-sistematico, traduce tuuavia una certa «visione del mondo», lascia vedere o intravvedere u,1 «reale» che 11011 è d'altra parte senza affinità con quello che descrivono e tentano di mostrare le teorie scientifiche contemporanee. /11 fin dei comi, sarebbe forse paradossale vedere Mille Plateaux come un sistema filosofico? «Assolutamente no. È diventata un'osservazione corrente oggi il venir meno dei sistemi, l'impossibilità di fare sistemi, a causa della diversità dei saperi ('non siamo più nell'800 ...'). Questa idea ha due inconvenienti: non si concepisce più un lavoro serio che su delle piccole serie molto localizzate e determinate; e, peggio ancora, si affida ciò che è più ampio a un non-lavoro da visionario, in cui ognuno può dire qualsiasi cosa. «In realtà, i sistemi non hanno in senso stretto perso nulla della loro vitalità. Oggi, nelle scienze e nella logica, assistiamo all'inizio di una teoria dei sistemi detti aperti, fondati sulle interazioni, che rifiutano soltanto le Plateaux noi cerchiamo di dire: ciò che è positivo non è mai certo (per esempio, non basta uno spazio liscio per vincere le striature e le costrizioni, né un corpo senza organi per vincere le organizzazioni). «Siamo stati talvolta rimproverati di usare delle parole complicate per essere chic. Questo non è solo malevole, è idiota. Un concetto ha bisogno qualche volta di una parola nuova per essere designato, così come qualche volta si serve di una parola comune alla quale dà un senso particolare. «In tutti i casi io credo il pensiero filosofico non abbia mai avuto un ruolo così grande come oggi, proprio mentre assistiamo all'installarsi di tutto un regime. non soltanto politico. ma cuile linee siano gli elementi costitutivi delle cose e degli avvenimenti. «È per questo che ogni cosa ha la sua geografia, la sua cartografia, il suo diagramma. Ciò che c'è d'interessante, anche in una persona, sono le linee che la compongono, o che essa compone, di cui essa si appropria o che crea. Perché privilegiare le linee in rapporto ai piani o ai volumi? In verità non c'è nessun privilegio. Ci sono degli spazi correlati a linee diverse, e inversamente (anche qui si potrebbe far riferimento a nozioni scientifiche, come gli «objets fractals» di Mandelbrot). Ci sono linee di un certo tipo o di un altro che avvolgono una determinata formazione spaziale o volumetrica. «Quanto alla seconda questione: 8!8LJ06R.APHIE. de U;f/iam BU.RR.DUBH.5. ~fVOLUTIfDlfNCTRONIQIJf. 1011 ,mJ re,m a,,,r TIH~,ctETl1Lf HORT~. • {r'-,, /.I... ,,,../ Lf ffSTIN NU. LAHAOI/Nf HOJJf. ll TUET rp URO/A. APIJH(l<f;ff/Nf. I" ...,NI' "''l (d, ~,a, 1111/ -~X~RMINA7f.!JR. t cu. •.,.... ,,,,J. j UNKY,. Cflfl.( l,lf-1. nuJ LIJ GAR.clS»NJSJVACU/N5, L1Ylf cl«M,11S. ra.,-,,., 11n/ LE HtTRO BLANC ·l"""-.,c----,.f-1,,. HAVR€" D€S SAINT.Sr;__;._.: FI_,_;.,., lfnj. AH P<XIK ESTLA J- AUTRIS {CJ. .._,.._ ,,,,). NOV[4XP/lfSS. t (j ~. ""'I flS 4f PJJ/{M }{DTJ e li/lH J'tHULTZ t,s. ,.,_,.;. ,111; causalità lineari e che trasformano la nozione di tempo. lo ammiro Maurice Blanchot: la sua opera non è fatta di frammenti o di aforismi, è un sistema aperto che costruiva in anticipo uno 'spazio letterario' opponibile a quello che oggi ci arriva. Ciò che Guattari e io chiamiamo rizoma, è precisamente un caso di sistema aperto. • «Vorrei tornare alla questione: che cos'è la filosofia? Perché la risposta a questa domanda dovrebbe essere molto semplice. Tutti sanno che la filosofia si occupa di concetti. Un sistema è un insieme di concetti. Un sistema è aperto quando i concetti sono riferiti a delle circostanze e non più a delle essenze. Ma d'altra parte i concetti non sono dati già fatti, essi non preesistono: bisogna inventare, creare i concetti, e in questo c'è tanta creazione e invenzione quanta nell'arte o nella scienza. «Creare dei nuovi concetti che abbiano una necessità, questo è stato sempreil compitodellafilosofia.Niente a che vedere con una ideologia. Un concetto è qualcosa che è pieno di forza critica, politica, e di libertà. Ed è proprio la forza del sistema la sola che può far sprigionare ciò che è positivo o negativo, ciò che è nuovo o no, ciò che è vivo o no in una costruzione di concetti. Niente è assolutamente positivo, tutto dipende dall'uso sistematico che se ne fa, e dalla prudenza. In Mille turale e giornalistico, che è un offesa al pensiero». Ci sono alcuni pu111siu cui desidererei che tornassimo. Abbiamo appena parlato dell'importanza che auribuite all'avve11ime1110P. oi del privilegio che accordate alla geografia in rapporto alla storia. Qual è allora lo statuto dell'avve11ime111n0ella «cartografia» che elaborate? E poiché è in questione lo spazio, bisogna tornare anche sul problema dello Stato, che voi collegate al territorio. Se l'apparecch;o di Stato instaura lo spazio striato della costrizione, la macchina di guerra tema di costituire lo spazio liscio su delle linee di fuga. Ma voi 111e11ei1neguardia: lo spazio liscio non basta a salvarci. Le linee di fuga 1101s1ono necessariame111eliberatrici. «Ciò che noi chiamiamo 'carta' o anche 'diagramma' è un insieme di linee diverse che agiscono contemporaneamente (le linee della mano formano unacarta). In effetti, ci sono tipi di linee molto differenti, nell'arte ma anche in una società, in una persona. Ci sono delle linee che rappresentano qualcosa e altre che sono astratte. Ci sono linee segmentate e linee non segmentate. Ci sono linee dimensionali e linee direzionali. Ci sono linee che, astratte o no, formano un contorno, e altre che non formano contorni. Queste sono le p_i_bùelle. Noi crediamo che noi definiamo la macchina di guerra come una connessione lineare che si costruisce su delle linee di fuga. In questo senso, la macchina di guerra non ha assolutamente come oggetto la guerra. Essa ha per oggetto uno spazio molto particolare, lo spazio liscio, che essa compone, occupa e propaga. li nomadismo è precisamente questa combinazione macchina di guerra - spazio liscio. Noi cerchiamo di mostrare come e in quale caso la macchina di guerra possa assumere la guerra come oggetto (quando gli apparecchi di Stato si appropriano della macchina di guerra, che all'inizio non appartiene loro). Una macchina di guerra può essere rivoluzionaria o artistica, assai più che guerriera. «Ma la terza questione mostra bene che esiste una ragione di più per non giudicare in anticipo. Si possono definire i tipi di linee, ma non se ne può concludere che questa è positiva, quella negativa. on si può affermare che le linee di fuga siano necessariamente creatrici; che gli spazi lisci siano migliori di quelli segmentati o striati. Come mostra Yirilio, il sottomarino nucleare ricostituisce uno spazio liscio al servizio della guerra o del terrore. In una cartografia si possono indicare unicamente dei percorsi e dei movimenti, con dei coefficienti di probabilità e di rischio. .È ciò che noi chiamiamo 'schizo-analisi', è la nostra analisi delle linee, degli spazi, delle fonne del divenire. Essa ci pare al tempo stesso molto vicina e molto differente dai problemi della storia». Linee, forme del divenire, avvenirne/I/i... Eccoci forse tornati alla questione iniziale, che riguardava le date. li titolo di ogni altopiano comporta una data: « 7000 a. C. - Apparecchio di cattura». «Anno zero - Visagéité»... Date fiuizie come lei le ha definite, ma J:he rinviano all'avvenimento, alle circostanze. Sono esse che determinano la cartografia di cui parliamo? «Che ogni altopiano sia datato, con una data fittizia, non è più importante del fatto che esso sia illustrato o che comporti dei nomi propri. Lo stile telegrafico ha un'efficacia che non deriva soltanto dalla sua brevità. Prendiamo una proposizione del tipo: 'Giulio -arriva ore cinque pomeriggio'. In sé 4uesta scrittura non è intressante. «Ma diviene interessante se riesce a dare una sensazione d'imminenza, di qualcosa che sta avvenendo, o che è appena avvenuta, dietro le nostre spalle. I nomi propri designano delle forze, degli avvenimenti, dei movimenti o delle cose in movimento, dei venti, dei tifoni, delle malattie, dei luoghi e dei momenti, ancora prima di designare delle persone. I verbi all'infinito designano un divenire o degli avvenimenti che oltrepassano i modi e i tempi. Le date non rinviano a un calendario unico omogeneo, ma a degli spazi-tempo che devono cambiare ogni volta ...Tutto ciò costituisce delle connessionidenuncie: 'Lupi mannari pullulare 1730' ... CCC>. Copyright Libération/Gilles Deleuze 1980 Bibliografia Ouvrages de Gilles Deleuze el Felix Guattari: L'Anti-Oedipe (Capitalisme et Schizophrénie, Tome J) Editioos de Minuit, 1975{trad. it. 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