Cfr. Eugenio Montale Mottetti a cura di Dante lsella Milano, Il Saggiatore, 1980 pp. 93, lire 5.000 Con questo volumetto si apre la collana« I Paralleli. Testi poetici del Novecento con apparati di lettura», diretta da Giovanni Giudici. Ottima l'iniziativa, felice la partenza: il mirabile commento di lsella ai Moueui infatti può considerarsi modello di quello che ci si augura sia in futuro un commento integrale a tutta l'opera del poeta, non solo per la puntualità dell'esegesi, ma per aver il critico portato alla vista l'intreccio di filiche, passando attraverso i Moueui, intessono l'intera opera poetica. Molti aspetti della piccola raccolta montaliana vengono qui assai bene illuminati: in primo luogo la costruzione a posteriori, con dislocazioni e aggiunte, della serie di mottetti secondo un'operazione poetica che può anche ricordare quella della Vita Nuova dantesca. In secondo luogo si deve a !sella il rilievo che assumono nei testi le varie letture montaliane, come dire le presenze delle voci del Pascoli, D' Annunzio, Carducci «barbaro», e ancora Dante, Shakespeare ecc. Su questa linea !sella, fedele «sponitore», accompagna di preciso commento il virtuosismo con cui Montale articola e fa interagire i vari livelli dei testi, in particolare il metrico-sintattico. Ma non si è forse ancora detto ciò che più. conta: questo canzoniere nel canzoniere (i Mo11e11i, si sa, fanno parte delle Occasioni) è il messaggio poetico moderno su un «amore di terra lontana». Clizia, presente-assente il cui incontro risale a sublime fatalità avvia nell'artista un processo di rievocazione che lsella con acribia critica segue nelle sue tappe di immaginario cogitativa, come direbbe un medievale, produttrice della «figura» femminile quale fantasma e miracolo poetico, con cui solo raramente il poeta giunge a comunicare. Così, la cosa più preziosa dell'amore resta la sua incertezza. Raccolta difficile per l'accentuata polisemia testuale, i Mo11e11i possono finalmente essere letti con un commento intelligente, ricco sul piano filologico e critico, nel cantiere di un raffinato lavoro di anni, che fa entrare il lettore nel cantiere montaliano con una rara qualità, un'elegante discrezione. Maria Corti Scienza e storia Quaderno di «Critica marxista» Roma, Editori Riuniti, 1980 p. 476, lire 14.500 Confronta, in questo libro collettivo, «Scene da un matrimonio: la difficile convivenza di epistemologia e storia della scienza» (tema che spero sia svolto in Alfabeta, perché è il più vivo nel lavoro teorico recente). Tagliagambe polemizza con la posizione di G. Giorello e M. Mondadori, espressa in più sedi e particolarmente nel famoso e introvabile quaderno 4-5 (1979) della Fondazione Feltrinelli, concernente la possibilità di «incorporare via via» in un programma di ricerca «tutte le applicazioni riuscite dei programmi rivali, sia pure in forma approssimata, e di spiegare le loro anomalie» (p. 39), secondo la proposta di Sneed e StegmUller, che è per Tagliagambe «una nuova forma di riduzionismo». E mi pare che si tratta qui più generalmente il problema del pluralismo. Tagliagambe, che riprende anche rilievi di C. A. Viano, oppone il conflitto fra i diversi stili di razionalità. Rintraccia un contrasto dentro la stessa «intervista» cliGiorello-Monclaclori a L. Geymonat. Tutto il fascicolo è una complessiva risposta iniziale cli parte marxista al neo-empirismo di Critica e crescita della conoscenza. Paolo Rossi legge l'ultimo Kuhn che «ha rivisto alcune delle sue posizioni» ed esplicita le diverse «immagini della scienza» nel Seicento (in contrasto con la recente storiografia che presenta Galilei come un imbroglione che usa espedienti illusionistici); Bellone interviene su Galilei e sulla complessità dell'introduzione cli nuovi dispositivi ottici nell'esperimento; Toraldo Di Francia riassume il problema del rapporto fra esperienza e teoria. I molti contributi di storia della scienza sono accuratissimi. Francesco Leoneui Vittorio Sereni Il sabato tedesco Milano, Il Saggiatore, 1980 pp. 88, lire 3.500 Questo libro di Vittorio Sereni, raccoglie, insieme al testo inedito che gli dà il titolo, il racconto L'Opzione, apparso per la prima volta in Questo e altro, nel 1964, e poi ristampato, c la poesia La pietà ingiusta. Anche /1 sabato tedesco, del resto, include alcune parti in versi, e tuttavia, più che di «prosa poetica» - nel senso che l'espressione ha assunto - parlerei, per questi scritti di Sereni, di «prosa meditativa». Pur nelle diversità di scrittura e nella loro distanza cronologica, le due composizioni raccolte nel libro, hanno infatti in comune di porsi come una inquieta interrogazione sul senso degli eventi e delle situazioni di cui parlano. La fiera del libro di Francoforte, la vicenda di una fantomatica opzione; o la dislocazione spaziale in una terra orientale non sono infatti che «occasioni» entro cui la prosa di Sereni esplicita il senso di una forma di vita, che appare anche scelta di vita: quella del distacco, pur se si tratta di un distacco che ·non esclude, ma solo sposta la modalità dell'essere implicato. Una palese atmosfera culturale mitteleuropea (Tonio Kroger? Torless? Laurids Brigge?) conferma quella che è stata definita «linea» - e potremmo dire vocazione- lombarda di Sereni; a conferma della unità del suo fare poetico e di queste elaborazioni narrative: narrative, se non altro, per l'incidenza di personaggi e figure che vengono costruiti in modo esemplarmente icaristico. ,« r,,t:7ii Furio Cerutti Totalità, bisogni, organizzazione. Ridiscutendo «Storia e coscienza di classe». Firenze, La nuova Italia, 1980 pp. XXV + 142, lire, 6.000 Si torna a parlare cliGyorgy Lukacs, grande protagonista del marxismo di questo secolo, morto una decina d'anni fa senza poter concludere l'ultima delle sue opere monumentali, addirittura un'«ontologia dell'essere sociale». Non di questa, però, si fa ancora questione (la quale, anzi, è passata quasi inosservata): di nuovo lo sguardo è attirato da quel testo, a lungo maledetto dal marxismo ufficiale, che si chiama Storia e coscienza di classe, un testo che risale all'inizio degli anni Venti, scritto al vento caldo della rivoluzione vittoriosa (quella sovietica) e sotto la spinta di una non sopita speranza di un generale sommovimento europeo. Curiosa è la vicissitudine di questo testo che, concedendo forte credito alla filosofia di Hegel (quando tutti ormai sembravano averla dimenticata), parla di dialettica e di reificazione, di classe e di partito: condannato dai dirigenti sovietici per il suo idealismo, rimasto sepolto per quasi quarant'anni, riscoperto dai teorici, divenuto cavallo di battaglia nel '68 tedesco, è stato poi di nuovo lasciato da parte proprio per il suo presunto idealismo (anche se, adesso, visto da altra prospettiva). Furio Cerutti, che si è formato a Firenze con Cesare Luporini, conoscitore diretto delle cose tedesche, dopo anni di militanza politica nell'area del Manifesto si è rimesso al lavoro teorico (non unico esempio) e ha pubblicato adesso una rilettura del Lukacs filosofo e politico di quel periodo effervescente. Un saggio severo e puntuale, ma l'autore non può fare a meno di «confessare» che, se parla solo di Lukacs, ha però in mente la massa di problemi che oggi urgono e che si usa raccogliere sbrigativamente sotto il titolo di «crisi del marxismo». Un momento, dice Cerutti: marxismi veramente «sani» non ce ne sono, ma non possiamo accontentarci di un'«immagine forfaittaria» del marxismo, alcune versioni sono più in crisi di altre. Lukacs potrà apparire «fuori moda», ma non è male sfidare la corrente contraria, in questo caso, perché non vada alla deriva una nozione, quella di totalità, che ancora ci serve e non poco. Non il tutto astratto e formale, che proprio Lukacs ci ha insegnato a criticare, ma la totalità concreta, materiale, soggettiva. Che significa? Significa che abbiamo bisogno di un punto di vista che non si arresti all'individuo o al frammento di realtà, ma contenga dentro di sé una «tensione» alla comprensione generale e complessiva. E che, per far ciò, appoggi i piedi su un terreno storico e politico adeguato: un appoggio materiale (non solo pensato o desiderato) che legittimi la tensione alla totalità. Rimossa l'etichetta di comodo di «idealismo», Cerutti rileva molto opportunamente che in Storia e coscienza di classe c'è un'ambivalenza: una fuga verso un'ottimistica filosofia della storia, in cui tutto si risolve senza residui, e, al tempo stesso, il problema lacerante di costruire una totalità concreta, non dimentica dell'individuo, le sue diversità, i suoi bisogni.Fin qui, possiamo forse seguire Cerutti: ma per Lukacs l'appoggio era il proletariato come fatto assodato, nucleo forte della storia a venire. Quest'appoggio oggi /__._(,_~. M. non risulta più stabile: la chiave della ~L , teoria non riesce più a girare in questa serratur.a. E, forse (qui sta il vero • • . e- ;!<lealismo» di Lukacs), neanche::~r~ Savinio Musicien, 1914 Récital mi-scénique par Luigi Rognoni. Multhipla Records N. 3 «La prima vocazione di Albero Savino è la musica. La pittura verrà più tardi ( l 926-27) quando entrerà in rapporti con André Bretone i surrealisti. Vocazione precoce la sua, se si pensa che a dodici anni ottiene il diploma di pianoforte e di composizione al Conservatorio di Atene e due anni dopo ( 1905) scrive un Requiem per la morte del padre; a quindici anni un'opera, su libretto proprio, Carmela, nella scia del teatro musicale verista, talché la partitura interessò Mascagni che la propose a Ricordi per la pubblicazione. Ma non se ne fece niente. Savinio stesso, in breve tempo avvertì che bisognava imboccare altre strade; e lo avvertì nel 191O, quando giunse a Parigi, dopo aver approfondito lo studio dell'armonia e del contrappunto con Max Reger a Monaco. Vi giunse come compositore e pianista e richiama presto l'attenzione di Djagilev e Strawinsky, di Max Jacob e Guillaume Apollinaire». Così comincia lo scritto di Luigi Rognoni che presenta questi due splendidi long-playing curati dalla Multhipla Records. Vale la pena di citare ancora dalla presentazione un passo tratto dalla cronaca del tempo: «Non possiamo passare sotto silenzio il modo con cui Savinio interpreta le sue opere al pianoforte. Esecutore di una abilità e di una forza incomparabile questo giovane compositore, che ha orrore della giacca, sta davanti al suo strumento in maniche di camicia; ed è uno spettacolo singolare vederlo agitarsi all'estremo, urlare, fracassare i pedali, descrivere mulinelli vertiginosi, picchiare pugni nel tumulto delle passioni, della disperazione, di gioie scatenate. Ma questo giostrare, che in un altro potrebbe risultare grottesco cd esibizionista, in Savinio non cessa di· fortemente impressionare, poiché la sincerità vi è manifesta. E, dopo ogni pezzo, s'asciugava il sangue che aveva macchiato i tasti». Più vicino a Erik Satie che a chiunque altro, Alberto Savinio è tuttavia assolutamente originale, profetico. La sua musica datata 1914 ascoltata oggi sembra avere sorpassato John Cage: è insieme esplosiva e divertente, passionale e irridente. A costo di rompere le scatole a tutti è assolutamente indispensabile che riusciate a procurarvi questi due dischi. a.p. TabeDa di marcia N. O. Giugno 1980 Messina - Soc. Cooperativa «Tabella di marcia» pp. 126, lire 2.500 Ci giunge con ritardo il N. O di Tabella di marcia, rivista letteraria semestrale pubblicata a Messina. La segnaliamo egualmente in questa rubrica per l'importanza che ci sembra rivestire il nascere di una rivista - di buon livello culturale e di felice scelta tematica- in Sicilia.Rispettoad alcunidecenni fa - quando era sede effettiva di due case editrici, la Principato e la D'Anna, e intorno alla libreria Ferrara, a Vann'Antò, a Luca Pignato, traduttore di Mallarrné, a Salvatore Quasimodo, si raccoglieva un nutrito gruppo di giovani - nel dopoguerra - il silenzio, o quasi. Tabella di marcia saprà interrompere - o rompere - questo silenzio? Ce lo auguriamo. Intanto pubblica, tra l'altro, poesie in inglese di Amelia Rosselli, un acuto e informato saggio di Roberto Bugliani su una poesia di Fortini, uno scritto di Aldo Maria Morace su Silvio D' Anzo. La redazione: Sebastiano Addamo, Maria Attanasio, Anna De Stefano, Angela Giannitrapani, Aldo Maria Morace, Olga Moschella. Ancora un'osservazione: la rivista è stampata con il contributo della Regione Siciliana. È un buon segno. Che gli Enti Locali, spesso cosl prodighi • quando si tratta di spettacoli, mostre, convegni, si decidano a scoprire tutta l'importanza del lavoro «sotterraneo» delle riviste? Mario Spinella Poesia ballerina Azioni danzate da Valeria Magli Testi poetici di anni Balestrini, Corrado Costa, Michelangelo Coviello, Marta Fabiani, Milli Graffi, Antonio Porta Regia di Lorenzo Vitalone Musiche di John Cage, Marce) Duchamp, Erik Satie, Demetrio Stratos Milano, Teatro di Porta Romana 9, IO, 11 dicembre I980 Il talento di Valeria Magli consiste soprattutto nel sapere portare gli effetti di straniamento fino a un limite di assenza così crudele e insopportabile da svelare, tra sentieri di ghiaccio, attimi di una vitalità che poteva sembrarci perduta. Per danzare il corpo comincia a negarlo e la negazione .diventa l'unica chance possibile per il ritrovamento: essere marionette fino al punto da ridiventare umani, al ritmo delle claqueaes. C'è un sentimento di sfida nel porsi sulla scena e nella scelta dei tempi e dei ritmi, di sfida verso il pubblico; come a dire: voglio vedere chi è capace di arrivare fin dove arrivo io, dove comincia il sorpasso o si avverte come il soffio di una brezza tiepida. In questo spettacolo molto bello e da non perdere, Valeria ha bisogno di testi elementari, scanditi sul vocabolario delle assonanze e sul rimario, antica e ancor produttiva passione di Baiestrini. La poesia di Balestrini ha un'eleganza ballerina (di qui il felicissimo titolo), invita al godimento e va presa alla lettera: è piena di immagini soffici e suadenti. Il contrappunto di Valeria è invece crudele per scoprire le vie di un'interazione fruttuosa: così tra i due « testi» (il corpo ballerino di Valeria e le parole scelte da Balestrini) nasce il ctesto» teatrale, inquietante, irritante e infine sorprendentemente umano (né super né sotto - umano). Notevole anche la sezione intitolata Papier dove sono entrati testi di altri poeti ma penso che la lettura ne avrebbe tratto giovamento se il pubblico agganciato nel foyer fosse stato fatto entrare dopo un massimodi cinque minuti, magari in fila indiana, come a seguire il pifferaio magico. Quello dei tempi è un problema da rimeditare, per Valeria, al di là delle necessarie provocazioni. Allora, forse, gioverebbe anche un confronto tra testi decisamente neo-dada e testi che inseguono testardamente un significato lirico. Antonio Porta -
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==