Alfabeta - anno II - n. 19 - nov.-dic. 1980

Temp(ipiù)moderni Benjamin Coriat La fabbrica e il cronometro - Saggio sulla produzione di massa Milano, Feltrinelli, 1979 pp. 177, lire 6.000 Andrea Graziosi La ristrutturazione nelle grandi fabbriche 1973 - 1976 Milano, Feltrinelli, 1979 pp. 155, lire 2.500 Harry Braverman Lavoro e capitale monopolistico - La degradazione del lavoro nel XX secolo Torino, Einaudi, 1978 pp. 450, lire 7.000 Le temologie elettroniche L e analisi della ristrutturazione capitalistica in corso procedono in modo confuso. A volte i problemi posti dall'introduzione delle tecnologie elettroniche vengono decisamente sottovalutati: ad esempio, perché si sottolinea la relativamente scarsa diffusione delle nuove tecnologie, senza tener conto che non siamo in una situazione statica, in cui la quantità e la qualità degli elementi in gioco sono fissate in modo definitivo, ma al contrario si tratta di fare i conti con una fase di passaggio da un modello di sviluppo ad un altro, in cui quantità e qualità degli elementi sono cambiate ed è cambiato anche il loro rapporto. In altri casi, pur diagnosticando per i prossimi anni una elevata crescita delle tecnologie elettroniche, si orienta l'attenzione esclusivamente sul problema della disoccupazione tecnologica, senza analizzare i salti di qualità che si verificano nei modi di erogazione e di organizzazione del lavoro. E anche quando questa tematica viene affrontata, alla descrizione dei caratteri dei nuovi assetti organizzativi della produzione si accompagna un'estrema eterogeneità di valutazioni, in cui non riesce a prendere forma una precisa «linea» della sinistra. Vi è un sostanziale accordo nell'individuare i principali elementi di innovazione tecnologica: robotizzazione di alcuni segmenti del ciclo produttivo, decisivo aumento delle macchine a uso elastico rispetto alle macchine specializzate, tendenza a sostituire la catena di montaggio lineare con strutture «modulari», diffuso processo di computerizzazione che investe tanto la singola unità produttiva quanto il coordinamento e l'integrazione di diverse unità produttive, ecc. Tuttavia su tali fenomeni vengono poi formulati giudizi addirittura opposti. gli uni piuttosto che sugli altri. Nel complesso, ci si trova di fronte a elencazioni di cause, effetti, caratteri generali e casi particolari in cui non è possibile distinguere tra aspetti presumibilmente duraturi e fenomeni transitori, preparatori di cambiamenti più significativi; tra settori effettivamente trainanti, punti di forza di un nuovo modello di accumulazione, e settori subordinati, investiti in via «sperimentale» delle innovazioni tecniche (questo genere di incertezza regna, ad esempio, in tutta la discussione sul significato del decentramento produttivo e sul ruolo delle piccole imprese nella ristrutturazione). Molto spesso, il dibattito in questione sembra non tener conto della precedente discussione sulle cause della crisi, rischiando di rendere schizofreniche le ri$poste della sinistra alle offensive ideologiche borghesi portate avanti su questo terreno (si pensi a come certa «sinistra sindacale» è passata dalla tesi per cui la crisi non è imputabile alle lotte operaie all'idea che la ristrutturazione rappresenti esclusivamente una risposta a queste ultime). Se le carenze e le incertezze rilevate potrebbero far pensare a un semplice problema di ritardo del marxismo nel cogliere le trasformazioni del sistema capitalistico, questa appariscente divaricazione tra il tema generale della crisi e l'analisi dei concreti processi di ristrutturazione in atto evidenzia l'esistenza di un limite teorico più profondo. Coriat osserva che «se gli storici o i sociologi del lavoro si sono trovati impegnati a studiare la razionalizzazione del lavoro operaio, nessuno ha assunto come oggetto di studio il rapporto tra processo lavorativo e accumulazione del capitale ... Così le serie descrittive dell'operaio al suo posto di ·lavoro, le analisi delle relative tecniche di organizzazione da un lato, e le teorie e i modelli economici dello sviluppo, dall'altro, sono rimasti estranei gli uni agli altri» (p. 11). Questa critica, rivolta da Coriat alla scienza borghese «all'interno della quale la scissione è spinta a tal punto che processo lavorativo e accumulazione del capitale definiscono campi di due distinte discipline, la 'sociologia del lavoro' da una parte, le teorie dello 'sviluppo' economico dall'altra» (p. 64), può ben essere estesa all'elaborazione marxista. Anche in essa il tema della dinamica del modo di produzione capitalistico (i tentativi di ricostruire lo sviluppo dell'accumulazione capitalistica e di spiegarne l'andamento ciclico) rimane tradizionalmente separato rispetto a quello dell'organizzazione capitalistica del lavoro e delle sue trasformazioni. Maria Turche/lo ci», mentre l'analisi della forma capitalistica del processo di lavoro è oggetto tutt'al più di una ricognizione descrittiva. Ed è chiaro che l'eventuale giustapposizione di queste diverse indagini non elimina, ma ribadisce la loro sostanziale estraneità. Su questo terreno, dunque, emerge una grave subalternità del marxismo all'impostazione borghese, una incapacità di portare avanti a questo livello la critica dell'economia politica. (Di recente, al principio di novembre 1980, si è tenuto a Milano un convegno del Manifesto sul tema del lavoro: di esso tuttavia, con valutazioni e critiche, ~Jrà utile parlare più oltre, in possesso di tutti i materiali; qui è bene ricostruire alcuni elementi teorici di fondo}. Discontinuità e ciclicità dello «sviluppo» Nel ventaglio di posizioni differenziate e contraddittorie presenti nella discussione sul processo di ristrutturazione che oggi è in atto, i libri di Coriat e di Graziosi fissano un giudizio convergente. «Questo processo non porta al superamento del taylorismo ... ma semmai ad un suo approfondimento ... L'introduzione dell'elettronica comporta l'aumento della dequalificazione che il taylorismo aveva spinto all'estremo», afferma Graziosi (p. 134); e Coriat precisa che la nuova tecnologia «non si richiama a principi nuovi e 'rivoluzionari'. In fondo si tratta di una nuova maniera di mettere a profitto il doppio principio che regge la linea di montaggio classica ... : a) produzione a 'flusso continuo'; b) frazionamento del lavoro, riproposto su una base diversa e con diverse modalità di applicazione» (p. 146). tari» e di ridurre ulteriormente i tempi morti della produzione, mentre si sposta ancora più in alto la demarcazione tra chi pensa e chi esegue. La subordinazione reale del lavoro al capitale ne esce rafforzata. Considero di tutto rispetto l'impostazione in questi termini del problema della ristrutturazione. Un'ottica direi sacrosanta, se paragonata a un certo fiorire di ipotesi circa le possibilità di «ricomposizione delle mansioni», di «riappropriazione del lavoro», addirittura di «sviluppo di un sapere operaio» insite nelle nuove tecnologie. Nonostante il linguaggio sindacalese, le direzioni aziendali hanno fatto tesoro di queste espressioni. Graziosi riporta numerosi esempi. Gli elementi di continuità dell'organizzazione capitalistica del lavoro, precisamente individuati e giustamente sottolineati da Coriat e da Graziosi, non debbono tuttavia far perdere di vista le «differenze specifiche» che separano l'attuale fase di ristrutturazione tecnologica dai «tempi moderni» di Taylor e di Ford. Non si tratta soltanto di precisare meglio le caratteristiche delle tecniche di produzione basate sull'elettronica, o di inserire maggiori distinguo nel parallelo tra montaggio modulare e montaggio lineare (del resto, il materiale fornito soprattutto da Coriat è assai ricco in proposito). L'esigenza - teorica, più che analitica - è piuttosto quella di porre l'accento sulla discontinuità e ciclicità dello sviluppo capitalistico. La sottovalutazione di questo aspetto di complessità, di questo procedere per salti e rotture della dinamica capitalistica ha sempre avuto effetti deleteri per il marxismo. La tetragona fiducia della Terza Internazionale nello sviluppo delle forze produttive (sviluppo lineare, appunto, cumulativo, sicuramente indirizzato verso il comunismo) ne è un esempio. Ma, entrata in crisi questa visione teleologica «oggettivista», un certo operaismo le ha contrapposto una forma di soggettivismo altrettanto finalistico e adialettico. Non è certo questo ilcaso di Graziosi, e nemmeno di Coriat (nonostante la sua convinzione che Negri abbia colto l'essenza dello Stato del capitale}. Interessa osservare qui come il punto di forza di tale impostazione «soggettivistica», abbastanza diffusa, negli anni scorsi, sia una lettura del taylorismo come punto di arrivo in qualche modo definitivo del capitalismo. o • talistica del lavoro si trasforma in sua forma di apologia: in quanto divisioni, figure e stratificazioni sociali, ruoli capitalistici vengono accettati dentro la definizione di «operaio sociale»; la produzione basata sull'automazione non si tocca, tanto la «socialità» si recupera altrove, nella miracolosamente incontaminata sfera dei bisogni. Si tratta, evidentemente, di un esempio limite, e tuttavia significativo, delle possibili conseguenze di questa idea di un capitalismo «compiuto» in Taylor, che serpeggia un poco in tutti gli studi sull'organizzazione del lavoro. Per tornare ai nostri autori, tale idea è senz'altro presente in Coriat, che tende a suddividere la storia del capitalismo in avanti-Taylor e dopo-Taylor, attribuendo soltanto a quest'ultima «era» la piena vigenza (o.quanto meno la completa generalizzazione) delle stesse categorie di salario e merce. Ne sembra invece esente il Graziosi, almeno per quanto è dato di cogliere nel suo libro sulla ristrutturazione in cui l'indagine è specificamente limitata alle grandi industrie italiane. Alcuni brevi ma assai stimolanti accenni al problema del tempo del capitale e alla elasticità e variabilità del suo concetto (cfr. p. 36) fanno anzi intravvedere una notevole attenzione per gli aspetti dinamici e le capacità di trasformazione della struttura capitalistica del processo di lavoro. La storia del «controllo» Non c'è dubbio, infine, che una certa sopravalutazione del taylorismo sia presente già in Braverman. Dalla sua analisi risulta che con Taylor si passa dal controllo sul processo di lavoro (attuato mediante la sorveglianza, l'imposizione di norme contro le distrazioni, ecc.: in pratica, con i metodi del plusvalore assoluto) al controllo del processo di lavoro (attuato mediante la prescrizione imperativa delle mansioni e del modo di compierle). li ruolo di Taylor «è stato quello di rendere consapevole e sistematica la tendenza, prima inconscia, della produzione capitalistica. Assicurare cioè che l'operaio, col declino delle arti e dei mestieri, sprofondasse al livello della forza-lavoro generica e indifferenziata, adattabile a un ampio ventaglio di compiti elementari, mentre la scienza Alcuni vi intravedono positivi aspetti di ricomposizione del lavoro, presupposti di una riappropriazione operaia del sapere; altri denunciano l'aumento della sottomissione reale del lavoro al capitale che dalle nuove macchine deriva. E poiché sul piano della rilevazione empirica non si riesce, in effetti, ad andare al di là di una giustapposizione di «aspetti positivi» e «aspetti negativi», diventa scelta pu.- ramente soggettiva- «politica» in senso volontaristico - porre l'accento suIn questo senso, il taglio empiristico che si riscontra nelle analisi della ristrutturazione, più che esprimere i limiti di un primo approccio non ancora sistematizzato, legati all'urgenza delle trasformazioni in atto, testimonia come tale separazione si sia consolidata a livello metodologico: al tema dell'accumulazione e dello sviluppo capitalistico sono riservati i «modelli teoriContinuità sostanziale, dunque, tra il nuovo «modello cibernetico» di organizzazione del lavoro e «Scientific Management» di Taylor. Le tecnologie elettroniche consentono di spingere la parcellizzazione delle mansioni oltre i"tayloristici «movimenti elemenSe per ilm~rxismo terzinternazionalista la società borghese finiva a quel «certo» - per altro indefinibile- grado di sviluppo delle forze produttive, per i teorici «soggettivistici» il capitalismo si compie e di fatto si conclude con Taylor e Ford. Il dominio basato sulla subordinazione reale del lavoro ha attinto il proprio limite; il comando del capitale diventa «fittizio», si fa imposizione politico-ideologica sganciata da esigenze tecniche. La dequalificazione dei produttori è giunta al massimo, ogni traccia di mestiere e di professionalità è cancellata; l'operaio è come una pagina bianca su cui si può scrivere il «comunismo». La critica dell'organizzazione capiin pieno sviluppo si concentrasse nelle mani della direzione» (p. 121). Ci è .,.., Konrad Lorenz L'etologia I fondamenti e i metodi dell'e· tologia: la "summa" del pensiero di Lorenz. Un grande avvenimento per la cultura scientifica. Cari G. Jung Opere Volume 9 Gli archetipi e l'inconscio collettivo Jung affronta in questi scritti della maturità, tra i più ricchi di spunti e di applicazioni, i temichiave della sua riflessione. Sigmund Freud Biografia per immagini Torna in libreria l'affascinante album fotografico su Freud: piùdi 300 immagini,documenti e testi in gran parte inediti. Sigmund Freud Opere Volume 12 Indici e bibliografie Il volume che completa l'edi· zione delle Opere: uno stru· mento prezioso per cogliere il disegno segreto che ha ispirato la ricerca di Freud, per capire la sua cultura e ilsuo metodo di lavoro. William E. Arens Il mito del cannibale Il cannibalismo è una realtà storica, o un mito inventato per criminalizzare i "diversi"? Un saggio al centro di un vivacissimo dibattito internazionale. 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