Alfabeta - anno II - n. 19 - nov.-dic. 1980

RogérKempf DANDIES BAUDELAIR_~)EAMICI Il culto della differenza • nell'epoca dell'uniforme ultimi titoli nella .,_.. collana:· AlbertCamus IL MITO DI SISIFO prefazionedi CorradoRosso J.-A. Barbey et Aurevllly IL CAVALIEREDESTOUCHES a curadi CerioCordÌé • prefazionedi JacquesPetit Fernando de AoJaa LACELESTINA a curadi CorradoAlvaro Introduzionedi CesareSegre Madamedu Detrand LETTEREA VOLTAIRE a curadi LisaBaruffi Testi famosi del Novecento poetico italiano e straniero con apparati di lettura l!ugenlo Montale MOffBTTI • testosulicenzaMondadorl L'Impresa Scientifica Severo Sarduy BAAROCO Introduzione di Fulvio Papi Un grande fenomeno artistico ricostruito alla luce del paradigmi della scienza moderna L. 5.500 Bibliotecà di Scienze dell'Uomo AA.VV. IL GIORNALISMO COMI! PAOFl!SSIONI! a cura di Paolo Baldi La prima compiuta definizione del lavoro del giornalista: il contesto organizzativo, i processi di selezione, le routines, le finalità della comunicazione ... L. 14.000 Le Silerchle - Nuova Serie Vittorio Sereni IL SABATO TEDESCO Virginia Woolt UNA STANZA TUff A Pl!R SIÌ Introduzione di Marisa Bulgheroni L. 3.500 PROSA CONTEMPORANEA Dopo cinquant'anni di attività dedicata alla poesia di tutto il mondo, Guanda interviene nel campo della narrativa con una scelta rigorosa di autori italiani e stranieri e con la proposta di un nuovo equilibrio tra ricerca letteraria e piacere del testo. Sono in libren·a i primi tre volumi WERNER HERZOG, SENTIERI NEL GHIACCIO pagine 80, lire 5.500 UGO LEONZIO, IL CIELO E LA TERRA pagln, UO, 1/r, 6500 GEORGES PEREC, UN UOMO CHE DORME pagine 96, lire 6()()() GUANDA nuto simbolico della conoscenza o di qualsiasi altra forma spirituale, tanto più dovrà venir meno il suo puro contenuto essenziale». O ra. vengono alla mente due domande: a) perché la configurazione della piazza, benché rettangolare o quadrata, è pensata generalme.nte come circolare anche da coloro che vi trascorrono parecchio tempo? b) che rapporto esiste tra la piazza e tutti gli oggetti di forma circolare, quando per oggetti si intende anche le più frequenti rappresentazioni simboliche dell'astrologia e del-tempo? Certamente. queste domande non troveranno qui soluzioni. ma è utile tentare di chiarire, almeno approssimativamente. perché la piazza è pensata come circolare anche se nella realtà empirica non lo è. Se la piazza viene ripensata come realtà circolare, riportando la configurazione del topos al genere delle cose circolari. accade. come scrive Bachelard nella Fenomenologia del rotondo, di «conservare un doppione di essere e di apparenza» (p. 255). Pervenendo ad una determinazione fenomenologica delle immagini, Bachelard afferma che queste sono «princeps>. incise nella nostra memoria e che «esse approfondiscono ricordi vissuti, ,spostano ricordi vissuti per farli diventare ricordi dell'immaginazione». È qui, sempre secondo Bachelard, che «si rumina primitività» (p. 60). È altrettanto chiaro che è nella memoria l'incisione dell'essere primitiv~ mai dime~ticato, e1 che l'immaginano è complice del suo ritorno nel '.'rico_rd? vissuto». Apparentemente 1deahsuca e psicologistica, questa interpretazione va metaforicamente difesa, fino alla «poetica della reverie» per riconoscere la presenza dell'im: magi~ario o della «fantasia spaziale» (Cass1rer) nella trasformazione della polis. Allora, il ritorno della circolarità n_etie_rmini dei «princeps», è ricompo: SIZ!one dell'immaginario contro la geografia del capitale. Il paradosso geometrico del quadrato che racchiude il cerchio, dove nella presenza del primo vi è l'assenza del secondo, riporta l'attenzione su uno dei problemi classici della geometria greca, cioè l'impossibile quadratura del- cerchio attraverso la riga e il compasso. Questo paradosso ricorda l'intuizione bachelardiana per cui «l'essere rotondo» è continuità freudiana di energia, e la sua quadratura è l'interdizione di questa energia, la sua misura civile. Anche Gilbert Durand riconosce la capacità del cerchio e del quadrato di costituirsi come archetipi, dal momento che «le figure chiuse quadrate o rettangolari, portano l'accento, simbolico, sui temi della difesa dell'integrità interiore. La cinta quadrata è quella della città, è la fortezza la cittadella. Lo spazio circolare è piuttosto quello del giardino, del frutto, dell'uovo o del ventre, e sposta l'accento sim?olico sulle voluttà segrete dell'inllmttà. Per la fantasticheria geometrica, non ci sono che il cerchio o la sfera a presentare un cerchio perfetto» (G. Durand, op. cit.) Come il sovrastante, anche l'interdizione verticale degli edifici occulta e delimita alla vista il resto della città. La parzialità visiva contro la dominazione sullo spazio. La parzialità visiva s'identifica, non solo nell'immagine-simulacro dei palazzi che sovrastano, ma anche nel percorso, nella strada, nella tran~itoria percezione, nel passaggio f1Dahzzatoalla meta. Nella sua totalità, la città si presenta come insieme di luoghi-tempi dotati di significato, tanto che «poiché _glielementi del tempo IDquanto tali esistono solamente per il fatto che la coscienza li percorre e in questo percorso li separa l'uno dall'altm, questo atto del percorrere, questo d1scursus passa nella forma caratteristica ~el concetto di tempo» (Cassirer). E 11caso del centro storico bolognese: l'ordinata geometria, la centralità della piazza per il nucleo medioevale rivela un'organizzazione dello spazio ancorata ad un principio unificatore, quindi ad una scansione del rapporto spazio-tempo sconosciuta alle immagini della città conteJTiporanea. Per Cassirer, non è la somma delle sensazioni visive, cinestetiche e tattili a contenere la forma unitaria che chiamiamo spazio, ma invece è la totalità delle sensazioni che riceviamo dalla città. In particolare, la forma prende luogo sohanto se «pensiamo già posta una 1Df1D1dtài possibili direzioni e solo il complesso di queste direzioni costi-' tuisce la totalità dell'intuizione spaziale». Quindi l'immagine spaziale che noi possediamo della piazza ha luogo «per il fatto che noi ampliamo in ques!o senso una singola visione prospettica relativamente limitata, per il fatto che noi la utilizziamo come punto di partenza e come stimolo per costruire. IDbase ad essa, un tutto molto complesso di relazioni spaziali». Lo spazio, transito o percorso, raramente si emancipa nelle forme totali dell'esperienza o almeno esso viene percepito nella parzialità territoriale, poiché è già venuta a mutare, pericolosamente, la «coscienza rappresentativa» dello spazio urbano in una visione antropologicamente diversa per chi abita in un quartiere dormitorio oppur~ nel centro storico. Insomma, per dirla con Foucault «i codici fondamentali di una cultura - quelli che ne governano il linguaggio, gli schemi percettivi, gli scambi, le tecniche, i valori, la gerarchia delle sue pratiche- definiscono fin dall'inizio, per ogni uomo, gli ordini empirici con cui avrà da fare e con cui si ritroverà» (M. Foucault, Le parole e le cose, Milano, Rizzoli, 1978, p. 10). Evidentemente a questo punto non è più possibile pensare alla città in maniera unitaria, ma piuttosto come poli-stratificazione di culture, la cui separatezza è un interessante campo di studio relativo al percorso urbano e alle forme in cui viene rappresentato. Anche se in modo semplicistico, è molto importante considerare il fatto che_all'individuo sociale è stata carpita, IDcambio della civiltà, la capacità e 1~possibili!à d_i nterargire con lo spaz1_0comumtano. Questa capacità, all'IDtemo del processo di divisione del s~pere, è capitalizzata nelle prestaziom separate dell'architetto che ne ha fatto arte e rappresentazione del dominio. Quale inversione di tendenza se non la distruzione in modo spettacolare degli edifici del potere civile o ecclesiastico? D urante la rivoluzione francese la rivolta del 14 luglio 1879 a Pa;igi portò alla distruzione della Bastiglia. Anche questo può essere considerato un avvenimento di questa trama storica il cui percorso conduce alla ricerca dei documenti, popolari e non, relativi alle distruzioni. Per confermare l'importanza data da questi documenti allo spazio territoriale è utile ricordare «i dodici articoli' di Memmingen» in cui i contadini tedeschi, che parteciparono assieme a Thomas Miinzer alle rivolte del 1524 in Germania, esponevano il loro programma antifeudale. Nell'articolo X si afferma che «chiunque si sarà ingiustamente appropriato di terreni appartenenti alla comunità sarà tenuto a fame restituzione». Circa due secoli e mezzo dopo, nell'articolo XVIJ dei diritti dell'uomo e· del cittadino del 1789, si affermava il diritto inviolabile della proprietà ed i casi legali della sua privazione in termini di necessità pubblica. È evidente che nel primo caso la forza della rivolta tedesca era nella propria capacità destabilizzatrice dell'ordine sociale, e quindi l'articolo ha il tono dell'educazione alla giustizia popolare, mentre nella dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino alla comunità del territorio si oppon~ la legalità della borghesia. Questi documenti stanno a dimostrare, ancora una volta, che «il mito giustifica le istituzioni esistenti narrandone la loro origine sacra, ma nello stesso tempo si serve di queste stesse istituzioni per significare certi principi di organizzazione logica che reggono i rapporti degli uomini con l'universo> (L. Sebag, L'invenzione :..cit, .. In questo ordine rappresentativo, la distruzione delle grandi immagini simboliche del dominio, diviene non a caso la distruzione del simulacro per l'avvento della presenza, prima non rappresentativa, delle derive popolari. Non dovrebbe stupire il fatto che Leon Battista Alberti, autore dei dieci libri De re aedijicaroria stampati a Frrenze nel 1485, avesse ben chiaro il ruolo politico della città e il ruolo dell'architettura come complementare al potere del re o del tiranno. Ciò che risulta veramente importante è che non solo l'Alberti dà consigli per la difesa dai nemici esterni e stranieri, ma addirittura dal popolo che abita la città. Nel libro quinto dice: «Secondo Euripide la folla è per propria natura un avversario temibilissimo; se poi alla sua forza unisce l'astuzia e l'inganno, diviene affatto invincibile». Così la struttura urbana in trasformazione ridefinisce il palazzo come il grande protagonista della scena cittadina e la città diviene il luogo dei conflitti, del commercio politico come della formalizzazione dei rapporti sociali. Nella stessa Bologna, il palazzo della Signoria dei Bentivoglio fu distrutto nel 1507. Nessuno nasconde che questo fatto di furore popolare appartiene al mito di una Bologna «rossa» e sempre protesa ad offrire un'immagine del popolo capace di opporsi alle angherie del potere. Ricorriamo ancora una volta all'etimologia: la parola «monumento> viene dal latino monumentum, da monere, far ricordare, cioè in definitiva ammonire_ Questo ci porta non solo a definire l'architettura come fatto sociale, ma anche a definire la sua funzione come prevalentemente legata alla memoria e alla percezione visiva. L'istituzione autoritaria giustifica così la sua continuità con la continuità delle sue forme nella storia che sono anche forme architettoniche, nello spazio e nel tempo. Quindi la piazza diviene rappresentazione simbolica, partecipando al compito del mito cdi istituire una intenzione storica come natura, una contingenza come eternità> (R. Barthes, Mili d'oggi)- ln questo modo si è operato cun gioco di prestigio» che ha rovesciato il reale, Io ha vuotato di storia feticizzando invece la sua appartenenza alla storia e lo ha riempito di «insignificanza umana>. Se la funzione del mito è quella di svuotare il reale si potrebbe allora dire che la piazza è vuota di uomini che vivono, ed è piena di miti che_visi rappresentano e si organizzano mtomo alla realtà empirica_ Occorre ricordare con J. p_ Faye che «la storia è prima di tutto narrazioneche va dalla periferia verso il centro> (J. P. Faye, Introduzione ai linguaggi totalitari, Milano, Feltrinelli, 1975, P13). Questo movimento di accentramento nel caso della piazza non acquista solo un valore metaforico, ma di smistamento che l'ideologia dominante compie sui fatti reali della storia e delle forme attraverso le quali si trasmette, eliminando o estetizzando la pericolosa narrazione e il «lavoro della talpa» ne! fo_lcloredi classe, ricomponendo qumd1queste forme nei modelli che vengono a formare i «centri> rappresentat~i dominanti. <t,

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